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Autore: Selene Silver    09/04/2011    4 recensioni
Izzy Stradlin, nome d'arte di Jeffrey Dean Isbell (Lafayette, 8 aprile 1962), è un chitarrista e cantante statunitense, famoso per aver suonato nei Guns N' Roses dal 1985 al 1991.
Quarantanove anni e sei ancora il sogno proibito dell'adolescente allupata qui presente! Tanti auguri, IzzyBell; per il tuo compleanno ti ho regalato Axl!
(Tre capitoli scritti in tre momenti diversi della vita di Izzy: diciannove anni, a Lafayette, ventinove in tour con i Guns e adesso... aspettatevi delle belle e recensite! =D)
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Axl Rose
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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2011

«Un altro anno, Jeff!» Isbell faticò a non sbuffare. D'altro canto, fra il telefono incastrato fra spalla e orecchio, il pacco di pasta e la pentola in una mano e l'altra che frugava nel frigo, non avrebbe davvero potuto fare nient'altro.

«Grazie, Saul. Ma non dirlo troppo ad alta voce.»

Il chitarrista, dall'altra parte della cornetta, fece la sua tipica risata fragorosa. «Cos'è, ti vergogni di ammettere la tua vecchiezza? Su, i quarantanove non sono poi così male. Ci sono sempre i cinquanta per deprimersi… fra un anno.»

«Non fare così lo spiritoso, a te non manca molto. Fra l'altro, sei stato tu stesso a dirmi di sentirti più vecchio, da quando è nato Cash.»

«No, io ho detto di sentirmi maturo. È diverso.»

«A proposito, come sta la famigliola?»

«Oh, tutto a posto. Ci hanno raggiunti per la data a New York, è fantastico. Se solo London e Marie smettessero di tirarsi i capelli sarebbe ancora meglio.»

Jeff rise, estraendo difficoltosamente un barattolo di salsa di pomodoro dal frigo. Richiuse lo sportello con un piede e cercò un punto libero dove appoggiare tutta la roba che aveva in mano; purtroppo però aveva già occupato tutto il bancone. Una cosa non sarebbe mai cambiata: non sarebbe mai stato un bravo cuoco né una persona ordinata. «E fra Susan e Duff come va?»

Slash sbuffò. «Per adesso è tutto rose e fiori. Entro domani lei inizierà a tirargli le scarpe. Matt dice che lo tireranno scemo.»

«Immagino che dopo il concerto di Justin Bieber i Velvet Revolver siano uno strazio per le figlie di Duff.»

«Ah! Io non permetterò mai che i miei ragazzi inquinino casa mia con quella roba. Per il compleanno di London gli ho regalato il primo CD degli Iron Maiden.»

Jeff alzò gli occhi al cielo, trovando finalmente un posticino dove appoggiare la pasta e la salsa. «Sai, credo sia un po' piccolo per cose come 666.»

«Naah, prima o poi amerà la vecchia musica  e mi dirà grazie perché non gli ho lasciato comprare il CD dei Nickleback.»

«Oppure ti odierà a morte.» Riempì la pentola d'acqua e la sbatté sul fornello acceso, tentando di non scottarsi le dita.

«Cosa vuoi saperne, Isbell?» ribatté Saul, ma rideva. «Piuttosto, come passerai i tuoi quarantanove? Solo soletto con una chitarra e del gelato?»

Jeff fece un sorrisetto. «Direi di no. Viene a trovarmi Bill.»

«Ah-ah, cenetta romantica a lume di candela?»

«Seguita da una gran scopata» assicurò: dall'altro capo della cornetta Slash pensava che lui scherzasse, ma era un povero illuso. Lui era serissimo.

«Va be', senti, è tornata Perla, devo andare.»

«Oh, immagino che tu sia dispiaciutissimo di lasciarmi alla mia solitudine.»

«Io stanotte non la passerò in bianco, Isbell.»

«Neanch'io, te l'ho detto. Divertiti e salutami i ragazzi.»

«Certo. E buon compleanno!» Jeff scosse la testa, posando il cordless sul caricatore ed andando a pesare la pasta. Probabilmente sarebbe venuta fuori solo colla, ma valeva la pena fare lo sforzo di far vedere ai vicini che era solo una cena innocente fra vecchi amici. See, come no.

 

Mezz'ora dopo, la pasta era un grumo immangiabile ed innaffiato di salsa di pomodoro, e faceva davvero schifo a vedersi. Jeff lo buttò nella spazzatura: be', col casino che c'era in cucina Bill non avrebbe potuto dire che lui non ci avesse provato. Il campanello suonò e lui sentì un fremito di aspettativa: non si vedevano da un po', Bill era stato in giro. Ma era tornato per il suo compleanno; un deterrente per smettere di odiare le feste, probabilmente.

Jeff andò ad aprire e lo sentì già da dietro la porta: stava canticchiando la sua versione di Since I don't have you.

Alzò gli occhi al cielo. «Sei davvero patetico, lo sai?» Aprì la porta e se lo ritrovò davanti: treccine rosse, camicia da cowboy e mani dietro la schiena, come il bravo studente che non era mai stato. Quella posa innocente lo insospettì.

Bill sorrise. «Be', è vero. Comunque è un bruttissimo modo per accogliermi, ultraquarantenne che non sei altro.»

«Devo ricordarti che siamo coetanei? E cosa mi stai nascondendo, lì dietro? Ti avviso: non faccio entrare in casa mia molotov o che so io.»

«Non sono mai stato tipo da molotov» ribatté il rosso, fingendosi offeso.

«Certo che no… tu sei più tipo da "ti spacco la testa con l'asta da microfono perché devo fare il figo roteandola in giro"»

«E dai, è passato un sacco di tempo e non ti ho neanche sfiorato, quella volta.»

Jeff rabbrividì al ricordo di quanto ci fosse andato vicino. «Bah, va bene. Entra, ormai abbiamo fatto capire a tutti che passeremo solo una serata da vecchi amici.»

«Che idioti.»

«Puoi dirlo forte. Vieni.»

Non appena mise piede in casa, Bill annusò teatralmente l'aria. «Non dirmi che hai provato a cucinare, Jeff?»

«Dovevo far scena, no?»

«Non dirmelo, la pasta è diventata colla.»

Il moro incrociò le braccia e si finse offeso. «E se negli ultimi anni io avessi imparato a cucinare?»

Bill si voltò verso di lui con le sopracciglia inarcate.

«D'accordo, hai ragione. Ho buttato tutto.»

Sul viso del rosso baluginò un sorrisetto perfido. «Be', tanto non ho la minima intenzione di mangiare… cibo. Portami in camera da letto, così ti do il tuo regalo.»

Jeff rise. «È una proposta indecente? Non pensavo fossi così disperato da farmela.» Gli si avvicinò e lo baciò. Bill gli si premette contro, ma senza togliere le mani dietro la schiena. 

Quando si staccò gli occhi gli brillavano. «Ma insomma, Isbell, che vai a pensare? Io intendevo il regalo che ho in mano, non quello che ho nei pantaloni! Sei un pervertito!»

«Ah, io sarei il pervertito? Sei tu che parli sempre per doppisensi e mi confondi!»

Lo lasciò andare e lo guidò verso la camera da letto scuotendo la testa. Dentro c'era un gran caos di vestiti e sigarette, le lenzuola erano stropicciate e la sua semiacustica bianca se ne stava lì in mezzo, vissuta ma ben curata, con le corde cambiate di fresco. «Rimarrà sempre il tuo più grande amore, vero?» domandò Bill, improvvisamente serio.

Jeff scosse la testa. «Il secondo.»

«Sei troppo gentile.»

«No. Dico sul serio.»

Sul viso del rosso ricomparve un sorriso. «Okay, allora sposta il tuo secondo grande amore dal letto e poi chiudi gli occhi.»

Jeff scosse la testa, ma obbedì. Quando Bill si faceva prendere dalle sue "trovate geniali" era meglio non fare domande. Posò la chitarra sul suo cavalletto e si mise le mani davanti agli occhi.

«Non sbirciare!» urlò allegramente il rosso. L'altro sbuffò e fece quanto gli era stato detto, mentre lo sentiva affaccendarsi per la stanza canticchiando quelli che gli sembravano proprio i Bon Jovi. «Santo Dio, hai dimenticato di farti la dose d'insulina? Cos'è tutta 'sta melensaggine?»

«Oh, vedrai… Ne riparleremo domani mattina, quando sarai perfettamente appagato e non riuscirai a toglierti dalla faccia quel sorrisetto idiota che ti viene sempre dopo che stiamo insieme.»

«Sai che viene anche a te, sì?»

«Ma io rimango un gran figo comunque» ribatté Bill, disinvolto. Jeff non riuscì a trattenere una risata.

Dopo un paio di minuti, lo sentì battere le mani. «Okay, finito. Apri pure gli occhi.»

Il moro si tolse le mani dagli occhi e si guardò attorno. Subito gli scappò da ridere. Bill aveva tolto il lenzuolo ed aveva sparso petali di rosa rossi su tutto il letto. «I want to lay you down on a bed of roses…» canticchiò ora, guardandolo con la testa inclinata di lato ed un sorriso furbo sul viso. «Stavo pensando a cos'avrei potuto regalarti mentre ero in macchina e dalla radio è partita questa canzone… L'ho preso per un segno. Cioè, la prima idea era di farti un piccolo letto di tanti me, ma in effetti mi sarei ingelosito.»

«E poi di tipi contorti come te ne basta uno per una vita intera» ribatté Jeff, con la voce soffocata. Lo guardò e fece un gran sorriso. «Anch'io voglio layarti down

«E allora perché diavolo stiamo qui a parlarne?!» esclamò Bill, spalancando gli occhi. Gli si avvicinò e lo spinse sul materasso. «Onoriamo i cari vecchi Jovi come si deve, Jeff!»

«Direi proprio di sì.» Sorrise quando Bill gli cadde addosso e lo strinse fra le braccia, rovesciandolo sotto di sé. Si sentiva ancora in testa quella canzone smelensatissima….

I want to lay you down on a bed of roses

For tonight I sleep on a bed on nails 

I want to be just as close as the Holy Ghost is 

And lay you down on bed of roses...



Okay, conclusa. Smetto perciò di usurpare il computer di WhoKilledBambi postandola e spero che vi piaccia. Sì, lo so, la seconda è più piccante e non ho scritto proprio tutto ciò che volevo mettere in questa... approfondirò più in là. Mi spiace solo non aver potuto postare questa in tempo per il compleanno del mio IzzyBell, ma pazienza, in fondo è un ritardo di poche ore.
Sì, lo so che i Bon Jovi fanno venire il diabete, almeno a me. Ed il "layare down" è una citazione da Kill ed emmaTyler, grazie per il prestito ;)
  
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