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Autore: OpunziaEspinosa    10/04/2011    14 recensioni
Alzo lo sguardo e, fermo sulla porta che non chiudo mai, un ragazzo in sneakers, jeans strappati, maglietta bianca con scollo a V, zainetto nero appoggiato ad una spalla, mi osserva incuriosito.
Dio sia lodato... Questo deve essere il mio assistente.
“Tu devi essere Edward.” Sentenzio alzandomi e precipitandomi allo schedario dove conservo la copia madre della dispensa.
“Sì… sono… Edward…” Mi risponde confuso.
“Avresti dovuto essere qui almeno dieci minuti fa!” Lo rimprovero mentre recupero i documenti che mi servono.
“Chiedo scusa?”
Porca miseria, ma chi mi hanno mandato? Un deficiente?
È il suo primo giorno, è in ritardo, quasi non si è presentato, ed invece di scusarsi, chiedermi se ho bisogno di qualcosa, darsi da fare insomma, se ne sta lì, impalato sulla porta con lo sguardo da ebete.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO 8 –  Supereroe

 
“Attenta!” esclamo, afferrandola per la vita e impedendole di cadere rovinosamente a terra. Vorrei tanto si togliesse i tacchi vertiginosi che indossa perché sono una vera e propria bomba ad orologeria. Sbronza com’è, rischia di inciampare ad ogni passo, ma di certo non posso farla camminare scalza su questo pavimento sudicio! È meglio che la tenga stretta e che la trascini fino al suo tavolo. Se la fortuna mi assiste ce la faremo, e riusciremo anche a mantenere un briciolo di grazia e dignità.
“Serve aiuto?”  mi chiede un cameriere lanciando  uno sguardo scettico all’ubriacona che tengo tra le braccia.
“No. No, grazie,” lo congedo educatamente. Ma Bella non ha nessuna intenzione di passare inosservata, a quanto pare.
“Che vuoi?” gli chiede aggressiva. “Pecché mi guardi? Smettila di guaddami… tanto io non ti voio… io voio lui!” E mi getta le braccia al collo.
Riecco l’alito di vino… e ti pareva…
Incuriosite dal trambusto, le persone sedute ai tavoli vicini si voltano verso di noi perplesse e, nell’istante in cui realizzano cosa sta accadendo,  cominciano a ridere sommessamente. Fantastico… Stavo giusto pensando a come mantenere grazia e dignità.  Mi sa che è una causa persa.
“Bella, ci stanno guardando tutti,” le sussurro imbarazzato in un orecchio nel vano tentativo di tranquillizzarla.
“E alloraaaa? Io non o ggnnente da nascicondere,” dichiara fiera, schioccandomi un bacio umidiccio sulla guancia.  E poi, rivolgendosi minacciosa al piccolo pubblico di fronte a noi, minaccia: “Non ridete voi!”
Il che, ovviamente, non fa altro che divertire ancora di più tutti quelli che ci stanno intorno.
Cristo santo, che situazione… Non avevo mai vissuto niente del genere, prima d’ora!
Spero solo che tra questa gente non ci sia qualcuno che conosco. Se Tanya venisse a sapere per vie traverse che stasera una bella donna ubriaca si sta pubblicamente strusciando contro il sottoscritto,  mi staccherebbe la testa con un’accetta.
“Bella, forza, andiamo.”
La trascino a fatica dall’altra parte del locale, verso i nostri amici che, come sospettavo sarebbe accaduto, hanno nel frattempo fatto conoscenza e chiesto di rimuovere il paravento,  trasformando i due tavoli da tre in un ampio tavolo da sei.
Emmett ci accoglie sghignazzando. “Hey! Che fine avevate fatto? Vi davamo per dispersi!”
Bastardo.
“Edward,” continua Jasper. “È con immenso piacere che ti presento Alice e Rosalie.”
“Non dovreste farla bere così!” le rimprovero subito, ignorando le formalità, e nel frattempo aiuto Bella ad accomodarsi su una delle due sedie libere. Quella accanto alla mia, com’era logico che fosse.
“Hai ragione Edward, ma Bella è difficile da controllare…” si giustifica Rosalie mentre Alice scoppia a ridere vedendo la sua amica che si getta sul vino peggio di una belva assetata.
“Buonoooo!” esclama con entusiasmo, cercando di attaccarsi al collo della bottiglia e di berci direttamente.
“Bella! Porca miseria, la vuoi finire?” le ordino, strappandole di mano il vino e sistemandolo dall’altra parte del tavolo, lontano da lei.
Lei si lamenta cercando di raggiungere di nuovo la bottiglia. “Edwaaaard…”
“Bella, fai la brava, per favore...” piagnucolo, bloccandola sulla sedia. “Ragazzi datemi una mano!”
Ma nessuno di loro ha intenzione di farlo, e infatti passo il resto della cena a cercare di tener buona la mia ubriacona  e ad impedirle di bere.  Il mio problema più grosso è che, ogni volta che mi distraggo, o Emmett, o Jazz, o Alice le riempiono il bicchiere! L’unica dotata  di un briciolo di sale in zucca sembra Rosalie, ma sembra anche aver perso la testa per Emmett, così non mi aiuta per niente, concentrata com’è sui muscoli del mio amico.
La cena va avanti per un'altra ora, e Bella, ovviamente, tiene banco. È spassosissima, ma qualcosa mi dice che lo sia di natura,  e non solo stasera perché è sbronza. Rido di gusto per tutto il tempo, e ci sono dei momenti in cui a stento riesco a trattenere le lacrime.
Da quant’è che non mi divertivo così? Boh? Neppure me lo ricordo. La cosa più buffa che ho visto di recente è Tanya con la mousse di fragole spalmata in faccia. E non è roba da ammazzarsi dalle risate!
Dopo aver pagato il conto ci raduniamo sul marciapiede di fronte al ristorante.
Sembriamo tre coppie.
Emmett e Rose.
Jazz ed Alice.
Io e la mia dolce ubriacona.
“Che si fa, ora?” chiede Jasper, trascinando a sé Alice che ricambia l’abbraccio con una strana quanto inaspettata intimità.
“Come che si fa?!” esclamo confuso. “Bella deve andare a casa! È tardi. E poi non si regge in piedi!”
La sorreggo a fatica e comincio ad essere stanco. Cioè,  mi piace, adoro la sua compagnia, però ora è diventata un peso morto che non posso continuare a trascinare ovunque! Mi sta spezzando la schiena!
“Andiamo a ballare!” propone Alice, saltellando.
“Conosco un posto!” le va dietro Emmett, cingendo Rose con un braccio. “Il Lolly-Pop!”
“Sì, mi piace un sacco!” esclama Rose, mangiandoselo con gli occhi.
“Ok, allora si va,” dichiara Jasper, prendendo la sua ragazza per la mano e cominciando a camminare. “Alice dove hai parcheggiato?”
“Laggiù.”
“No! Ragazze, Bella deve andare a casa! È sbronza, ha bisogno di dormire!”
Ormai Bella è partita. Sonnecchia appoggiata alla mia spalla, e ogni tanto biascica qualcosa di incomprensibile sorridendo beata. Riesco solo a capire le parole Edward e bello.
“Allora portacela!”
“Alice, è amica vostra!”
Cavolo! Non posso portarla a casa io! Non è… non è… Conveniente? Appropriato?
“Sì, ma adesso è anche amica tua!”
“Rose…” Cerco di attirare l’attenzione dell’unica che ha un po’ di sale in zucca, ma niente. Anche lei è partita in quarta tra le braccia di Emmett in direzione del catorcio di Alice.
“21, Jump Street. Seattleeee,” urla mentre se ne vanno tutti ridendo.
Vaffanculo! Vaffanculo! Che amici del cazzo…
Mi guardo intorno sconsolato per un attimo, mentre i miei pseudo-amiconi scompaiono dietro l’angolo felici e beati.
Ok.
Mi sa che la devo proprio riaccompagnare a casa.
“Bella, Bella mi senti? Ce la fai a camminare?” le sussurro in un orecchio.
“Uhm-Uhm…”
“Ok, allora muoviti, coraggio.”
“Uhm-Uhm...”
Ma resta aggrappata a me come la solita cozza al solito scoglio.
“Bella… cammina… non lo stai facendo… avanti… un piede dietro l’altro….”
Finalmente ci schiodiamo dalla porzione di marciapiede di fronte all’ingresso del Rigatoni, e con immensa fatica raggiungiamo la Volvo che ho parcheggiato un paio di vie più in là.
La faccio salire, le allaccio la cintura, imposto il navigatore satellitare e partiamo.
Dio,  speriamo che non vomiti sull’auto…
A parte lo schifo di avere i sedili imbrattati, la sola idea di poter vedere qualcuno vomitare mi provoca dei conati pazzeschi!
Ecco, infatti.
Penso all’eventualità che Bella possa vomitare e già mi sento male. Così decido di abbassare un poco il finestrino. Un po’ di aria fresca farà bene ad entrambi, e soprattutto libererà l’abitacolo da questi effluvi alcolici.
Venti minuti più tardi parcheggio in prossimità di un palazzone della periferia più periferica di Seattle. Ma come cazzo si fa a vivere in un posto del genere? È brutto e sporco, ed è pieno di spacciatori e puttane.
Ormai Bella  è crollata. Russa beatamente – e rumorosamente - da quando siamo partiti.
Come io faccia a trovarla maledettamente attraente anche ora, mentre dorme con la bocca spalancata, emettendo strani grugniti,  è un mistero assoluto. Un po’ come l’origine dei cerchi nel grano, o delle linee di Nazca.
La trascino fuori dall’auto e la conduco a fatica su per i tre gradini che ci separano dalla porta d’ingresso. Non so neppure a quale piano si trovi il suo appartamento. Quelle stronze delle sue amiche non me l’hanno detto. E non mi hanno neppure detto  se c’è un ascensore.
Dio, ti prego, ti scongiuro, ti supplico, fa che Bella abiti a piano terra, o che ci sia un ascensore, almeno! Va bene anche un montacarichi, o una carrucola... Qualunque cosa pur di non doverla portare in braccio su per le scale! Ho la schiena a pezzi.
Appoggio Bella alla parete, la tengo su facendo leva con una spalla, apro la borsa che ho infilato a tracolla prima di scendere dall’auto per avere le mani libere, e comincio a rovistare tra le sue cose alla ricerca delle chiavi di casa.
Allora, vediamo un po’ cosa c’è qui. Delle gomme da masticare,  delle mentine (perché non me ne sono accorto prima, avrebbero fatto alla bisogna), una spazzola, un rossetto, cellulare, portafoglio... Oddio, che schifo! Un Tampax! E... Bingo! Le chiavi!
“Bella… Bella, svegliati… siamo a casa… a che piano?”
“Eeeeeh?”
“Bella, a che piano abiti? Ti ho riportata a casa.”
“Edwaaaaard… ho scionnooo…”
“Lo so, ora ti porto a letto…”
“Mmmmm… furbacchioooone…” comincia a sghignazzare. “Magari una cosa veloce, perché ho tanto scionnoooo…”
Oddio, ma cosa ha capito?!
“Bella, a che piano?”
“Ehhhh… Quattro!” E mi fa segno tre con la mano.
“Bella, terzo o quarto?”
“T’ho detto quattroooo…” ripete, sollevano in aria pollice, indice e medio.
Vada per il quarto.
Apro il portoncino,  e – Dio sia lodato per questo -  c’è un ascensore.
Quando le porte si aprono con un  “dling” lei esclama: “È pronto! Toiii l’arroscto dal forno…” E io, francamente, non so se piangere o ridere.
Finalmente raggiungiamo il quarto piano, e non mi resta che leggere i nomi sui campanelli per capire qual è il suo appartamento.
Smith… Stefani… Douglas… Eugenides… Chang… Swan!
Eccolo! Ormai manca poco, solo qualche passo ci separa dalla sua camera da letto. La sistemerò sotto le coperte e poi me ne andrò. 
Tanya non mi aspetta, stasera. Me ne andrò a casa e mi farò una bella dormita. Mi toglierò dalla testa questa strana serata e questa Isabella Swan.
Illuso… La rivedrai lunedì in ufficio! Come diavolo fai a togliertela dalla testa, Edward? Lobotomizzandoti?
“Bella? Bella mi senti? Io vado.” le sussurro, accarezzandole i capelli dopo averla delicatamente adagiata sul letto e coperta con una trapunta.
“Noooo… non andareeee…” mi supplica con gli occhi chiusi afferrandomi la mano.
Bella…
“Bella, devo andare. Devi dormire.” E le auguro la buonanotte dandole un bacio sulla fronte.
L’osservo ancora per qualche istante nella sciocca speranza che aggiunga qualcosa, ma sembra essere crollata di nuovo.
Così mi decido ad andarmene. Prima di richiudermi la porta alle spalle però, indugio per un attimo nel piccolo salotto e mi guardo intorno. Una delle pareti è occupata da un grosso collage composto da una miriade di fotografie. Mi avvicino e comincio ad osservarle. Alice, Rose, un sacco di ragazze e ragazzi che non conosco (i suoi amici, suppongo), forse i suoi genitori. La cosa che mi diverte di più è che Bella, in queste foto, non è mai in posa.  Prende sempre in giro l’obiettivo, facendo delle smorfie, o assumendo uno sguardo buffo. Lo sapevo che era uno spasso anche da sobria!
Continuo ad osservare le immagini di fronte a me, rapito dall’allegria e dalla gioia di vivere che emanano.
Ecco Jacob Black.  Detesto questo tizio! È così pieno di sé. Santo cielo, rilassati! Oggi sembrava volesse staccarmi la testa a morsi quando gli ho proposto di riaccompagnare Bella a casa!
‘Fanculo, Black. L’ho riaccompagnata a casa lo stesso, anche senza la tua benedizione.
La foto di Bella con lui è la mia preferita perché, malgrado lei gli stia dando un casto bacio sulla guancia, gli fa le corna a sua insaputa e, con l’aria furba, sbircia in direzione dell’obiettivo.
È troppo scema! In senso buono, ovvio.
Sono quasi tentato di prendermela. Quasi-quasi me la prendo…
Sto per staccare la foto quando sento un tonfo sordo provenire dalla camera di Bella. Un rumore che assomiglia tanto a… un corpo umano che si schianta al suolo?
“Bella?” chiedo allarmato, voltandomi di scatto.
E poi vedo un’ombra trascinarsi carponi e in modo scomposto fino in bagno.
“Puaaaaahhhhh…”
Oh, cazzo!
“Puaaaaahhhhh…”
Cazzo, cazzo, cazzo!
Sta vomitando! Sta vomitando!
“Puaaaaahhhhh…”
Bella, non puoi farmi questo, no!
Sento già lo stomaco chiudersi, e i conati contorcermi le budella.
“Puaaaaahhhhh…”
Ma perché non me ne sono andato subito? Perché ho voluto curiosare tra le sue cose? Idiota… Idiota!
“Puaaaaahhhhh… Puaaaaahhhhh…”
Cosa faccio? Non posso abbandonarla proprio mentre vomita l’anima! Se le accadesse qualcosa?
Così mi faccio coraggio e la raggiungo.
Dio, che schifo! Ha lasciato una scia di… ma che roba è? Spaghetti? Polpette?
Che schifo-che schifo-che schifo!
Stando bene attento a non calpestare alcunché abbia un aspetto molliccio e maleodorante,  la raggiungo e la trovo riversa sul pavimento, di fianco alla tazza del water.
 “Bella… Bella, come stai?” le chiedo inginocchiandomi di fianco a lei. “Ecco, tirati su…”
“Edwaaard?” mormora con un filo di voce.
“Sì, sono io.”
“Sto male…”
“Ci sono qui io. Va tutto bene, sono qui con te.”
La tiro su a sedere e l’appoggio alla parete. Prendo un asciugamano, lo bagno, e glielo passo sul volto, per pulirla e rinfrescarla.
Sono quasi fiero di me stesso. Riuscire ad affrontare un ubriaco vomitante è una vera e propria sfida per me. È una cosa che non ho mai fatto. Neppure all’università. Ho sempre lasciato che fosse Emmett a prendersi cura di Jazz, o Jazz a prendersi cura di Emmett. E quando ero io ad essere ubriaco… Beh, ero io. Non ho mai provato molto schifo nei confronti di me stesso. Solo degli altri.
Passo la mezz’ora successiva a tenere Bella per i capelli mentre vomita tutta la cena e il vino nel gabinetto. Poi, quando il peggio è passato, la prendo in braccio e la riporto in camera.
L’adagio di nuovo sul letto, e do un’occhiata al vestito sporco di vomito. Oddio, cosa faccio? Non posso lasciarle addosso quella roba! Ma non posso neppure spogliarla! Non posso vederla seminuda. Non posso!
Alla fine decido che è squallido lasciare che indossi per tutta la notte quell’abito sporco e maleodorante, così apro la cassettiera e cerco qualcosa per cambiarla.
Oh, santo cielo! Con tutti i cassetti proprio quello destinato all’intimo dovevo aprire? Di fronte a me un trionfo di reggiseno-mutandine-tanga-pizzi-cotone-merletti mi strizza l’occhio e mi spalanca le porte dell’inferno.
Ma Edward Masen è un uomo tutto d’un pezzo. Edward Masen non si lascia corrompere. Edward Masen non concepirebbe mai di sottrarre uno dei tanga di Isabela Swan da questo cassetto e tenerlo per sé. Magari una foto sì, la ruberebbe. Ma un tanga no. Quello mai.
Mi infilo veloce un tanga in tasca, guardandomi intorno con circospezione, e poi apro un altro cassetto. Ecco, qui c’è un sacco di roba interessante: semplici e caste magliette. Fin troppo caste… Hey! Ma questo è abbigliamento maschile! Le cose di Black, senza dubbio.
Leggermente stizzito afferro una maglietta a caso e mi appresto ad affrontare la sfida del secolo: spogliare Isabella Swan.
Mi avvicino con il cuore in gola e mi siedo di fianco a lei.
Ce la puoi fare Edward. Non sei un maniaco (anche se rubi biancheria intima dai cassetti delle signorine).
Faccio scorrere la lampo del vestito giù, lungo la schiena.
Dio, ti prego, fa che indossi qualcosa sotto! Lo so, poco fa ti ho supplicato  per avere un ascensore, e mi hai esaudito, ma mi concederai anche quest’altro piccolo favore, ne sono certo. In fondo ti sto chiedendo di fare in modo che lei non sia nuda! Voglio dire: quale Dio serio e che si rispetti punirebbe uno dei propri figli costringendolo ad adocchiare una sensuale e provocante nudità femminile?
Riapro gli occhi e... sì, porta della biancheria intima. Anche piuttosto casta, mi pare.
Le sfilo il vestito con una certa fatica e, con altrettanta fatica, le infilo la maglietta pulita e profumata di bucato.
Perfetto. Ce l’ho fatta.
Ho affrontato un ubriaco vomitante, il corpo seminudo di una donna bellissima, e sono ancora tutto intero. Praticamente sono un supereroe.
“Bella, io vado,” le bisbiglio in un orecchio.
“Noooo… non andareeee…” mi implora lei con un filo di voce e prendendomi la mano.
Poverina… è uno straccio.
“Ok, sono qui, tranquilla. Resto qui con te finché non ti addormenti,” le sussurro in un orecchio.
E mi accoccolo sul letto, di fianco a lei.
 

   
 
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