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Autore: Lady Darcy    13/04/2011    1 recensioni
Forse anche i cattivi hanno una storia. Forse il cattivo può anche essere il PROTAGONISTA della storia. Se ci fosse molto di più dietro quell'antagonista e prima dell'eroe che conosciamo? Voi-sapete-chi è davvero?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti, Voldemort
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO XX

Eroi si nasce

 
  “Life’s but a walking shadow, a poor player                              
That struts and frets his hour upon the stage                             
And then is heard no more.                                                        
It is a tale told by an idiot, full of sound and fury,
Signifyng nothing”. 
            
                                                      

“La vita non è che un’ombra che cammina,                                                                                                                                                                                   
un povero attore che s’agita e si pavoneggia
per un’ora sul palcoscenico e che poi scompare
nel silenzio. È la storia narrata da un idiota,
colma di suoni e di furia, senza significato”.
                                                      Macbeth, atto V, scena V



Elisabeth e Piton comparvero appena fuori dal confine, di fronte agli alti cancelli del castello di Hogwartz. Ai loro occhi sembrò immerso in una quiete innaturale.
- Sembra che lui non sia ancora arrivato- costatò Elisabeth – Ma Harry deve essere già qui. Devo trovarlo e proteggerlo mentre cerca l’Horcrux-
- Entriamo- disse Piton
- Che cosa? Perché tu vuoi entrare nel castello?-
- Si presume che io sia ancora il Preside e tu come pensi di entrare senza di me? Inoltre ci sono buone probabilità che io trovi Potter prima di te- le labbra di Piton si piegarono in una smorfia che era quanto di più simile ad un sorriso la sua faccia potesse tollerare.
La ragazza annuì e lui alzò la bacchetta aprendo il vasto cancello. Leggeri come sospiri, quasi volarono fino all’enorme portone di quercia.
La Sala Grande era immersa nel silenzio più assoluto e nell’oscurità infranta solo dallo scintillio del suo cielo stellato.
- Qui ci separiamo- sussurrò Piton- Quando il Signore Oscuro arriverà dovrò riunirmi a lui-
-Perché? Una volta iniziata la battaglia non potresti finalmente gettare la maschera?-
Lui distolse lo sguardo in un chiaro rifiuto.
- Qual è il piano Severus? Ammesso che Harry riesca a trovare e distruggere l’Horcrux di Corvonero e ad uccidere Nagini poi come farà a sconfiggere lui? Qual’era l’idea geniale di Silente?- chiese lei, in un ultimo, accorato appello.
Piton la fissava intensamente, dai suoi occhi neri come il cielo di quella notte Elisabeth capì che il piano di Silente aveva un solo ed unico esecutore. Le sue labbra sigillavano l’ultimo e più importante segreto, anche per lei, l’unica che era stata in grado di aprirsi un varco nella sua anima impenetrabile.
- Fai solo in modo che Potter sopravviva fino a quel momento…il resto dipenderà da lui- disse infine.
Quello era il tempo del commiato, ma Elisabeth non voleva lasciarlo andare. Non riusciva a muoversi, non sapeva cosa dire. Negli occhi di lui cercava invano qualcosa che la rassicurasse sull’orribile presentimento che si stava facendo strada dentro di lei.
Alla fine Piton alzò il braccio e sfiorò con la punta delle dita un ricciolo che le ricadeva vicino al viso, a malapena Elisabeth sentì il suo tocco quasi impercettibile che le carezzava la pelle.
Durò un istante.
Un battito di palpebre e l’ultima cosa che vide  fu il guizzo del suo mantello nero che scompariva per una rampa di scale immersa nel buio.
Elisabeth rimase paralizzata da quel muto addio che così chiaramente aveva letto nei suoi occhi.
Però in quel momento doveva farsi forza, qualunque fosse il piano che Piton stava seguendo così scrupolosamente, di certo non comprendeva lei. Doveva trovare Harry e subito.
Si chiese se era già arrivato al castello, da dove avrebbe cominciato le ricerche. L’Horcrux era un oggetto di Corvonero, quindi non sapendo da dove cominciare probabilmente sarebbe andato nel dormitorio dei Corvonero. Cominciò a salire le scale. Sapeva che era in una torre, ma Elisabeth non conosceva bene Hogwartz, per fortuna c’era la sua magia a guidarla.
Pensava di essere quasi arrivata quando il silenzio perfetto venne infranto dallo scoppio di molti incantesimi. Istintivamente si mise a correre verso l’origine di quel rumore, ma si bloccò di colpo quando sentì delle voci. Rischiava di imbattersi nei professori di Hogwartz o peggio ancora nei Mangiamorte, non doveva assolutamente farsi vedere. Mentre cercava un nascondiglio, senza sapere perché si ritrovò a guardare fuori da una delle finestre ogivali, appena in tempo per vedere una figura nera che come un enorme uccello filava via lontano dal castello.
Piton aveva lasciato Hogwartz.

Da quel momento il Castello sembrò risvegliarsi. Le porte dei dormitori si aprirono di scatto riversando per i corridoi frotte di studenti assonnati, allarmati e in piena tenuta da notte. Le arrugginite e cigolanti armature presero vita e marciarono giù per le scale insieme al fiume di ragazzi che istintivamente convergevano nell’unico luogo capace di contenerli tutti contemporaneamente: la Sala Grande. Elisabeth fu letteralmente trascinata dalla corrente per due rampe di scale prima di riuscire a districarsi dall’orda di ragazzini. Fortunatamente quasi nessuno fece caso a lei. Ad un tratto percepì un’intensa cappa di magia impregnare l’aria di Hogwartz, segno che i professori stavano erigendo le loro difese.
In quel momento Elisabeth sentì l’ultimo suono al mondo che avrebbe voluto udire.
- So che vi state preparando a combattere. I vostri sforzi sono futili. Non potete fermarmi. Io non voglio uccidervi. Nutro un enorme rispetto per gli insegnanti di Hogwartz. Non voglio versare sangue di mago. Consegnatemi Harry Potter e a nessuno verrà fatto del male. Consegnatemi Harry Potter e lascerò la scuola intatta. Consegnatemi Harry Potter e verrete ricompensati. Avete tempo fino a mezzanotte-
La voce di Voldemort colma di gelida determinazione tacque. Era risuonata vivida e chiara entro i confini di Hogwartz come se provenisse dalla terra stessa, portatrice di un solo messaggio: la morte.


La ragazza si voltò di scatto e quasi andò a sbattere contro Minerva McGranitt.
Entrambe erano così stupite che rimasero un istante immobili a guardarsi. Elisabeth conosceva la fama della professoressa e subito scartò l’ipotesi di farsi passare per una studentessa qualsiasi. Inoltre il corridoio ormai deserto non offriva alcuna via di fuga, il chiasso era un sottofondo lontano, nessuno avrebbe interrotto il loro faccia a faccia.
Lo stupore della McGranitt era rivelato dal suo pallore mortale, ma non le impediva di trapassarla con il suo sguardo felino.
- Gray- disse con un tono di voce indecifrabile. Il reticolo di rughe che circondava gli occhi socchiusi sembrava scolpito nella pietra.
-Io non sono…-
-Lo so chi sei- la interruppe – L’Ordine della Fenice crede che tu sia una nostra preziosa alleata… ma vederti qui, in questo momento, ti fa sembrare una spia- le sue labbra erano una fessura quasi invisibile – Devo sapere da che parte stai-
Per tutto il tempo la professoressa le aveva puntato contro la bacchetta con gelida determinazione.
- Capisco- disse Elisabeth allargando le braccia in segno di resa – Io sono dalla parte di Harry Potter, dalla parte di Silente…dalla parte di mia madre, lei è stata la prima a combattere questa guerra. Questa è l’unica prova che posso darle- detto questo attirò la mente della McGranitt nella sua, con una forza a cui era impossibile resistere. Lei cercò di ritrarsi, spaventata da quello che in un istante la ragazza aveva fatto e che poteva benissimo essere un attacco, ma si ritrovò letteralmente a guardare con gli occhi di Elisabeth. Percepì i suoi sentimenti, indagò le sue intenzioni. Poi, un attimo dopo, come se nulla fosse accaduto era di nuovo se stessa.
- Mio Dio…Elisabeth- finalmente abbassò la bacchetta e con sorpresa della ragazza le appoggiò una mano sulla spalla – Averti qui è come riavere lei-
- Allora mi aiuti. Mi aiuti a trovare Harry Potter e a proteggerlo-
- Tutti gli studenti si stanno riunendo nella Sala Grande insieme agli insegnanti, perché una volta messi in salvo i più piccoli è da lì che inizierà la resistenza, ma Harry doveva…-
-….Cercare qualcosa per conto di Silente, lo so-
- Bene…- rispose con uno sguardo strano- L’ultima volta che l’ho visto stava cercando i suoi amici, non so dove sia andato, ma forse potrebbe essere ancora nella Stanza delle Necessità…l’abbiamo usata come passaggio segreto per far arrivare i membri dell’Ordine nel Castello-
- Stanza delle Necessità? E dov’è?-
-Al settimo piano. Ma appare soltanto a chi ne ha davvero la necessità. È di fronte ad un arazzo: passaci davanti tre volte pensando intensamente a quello di cui hai bisogno-
- Grazie- disse Elisabeth con greve riconoscenza.
La McGranitt annuì, la guardò correre verso le scale e scomparire nei piani superiori. Sperò con tutta se stessa di aver fatto la scelta giusta.

***

Quando arrivò al settimo piano fu chiaro che non avrebbe avuto bisogno di far apparire la Stanza delle Necessità. Il corridoio era semi distrutto e la doppia porta che nascondeva la stanza era ancora lambita da fiamme. Non poteva esserci  più nessuno dentro.
- Accidenti- sibilò Elisabeth fra i denti. Sembrava che Harry fosse un passo avanti a lei. Guardò l’orologio: segnava la mezzanotte. Il fragore e il bagliore degli incantesimi che penetrava dalla finestre diceva che la battaglia era iniziata. Elisabeth si fermò a pensare: poteva continuare a vagare come una trottola impazzita su e giù per il castello nella speranza di inciampare in Harry oppure poteva cominciare a combattere e farsi strada verso l’ultimo Horcrux. Nagini era l’ultima tappa e Nagini era con Voldemort quindi qualsiasi cosa fosse successa prima o poi Harry sarebbe andato a cercare Voldemort. E questo lui lo sapeva.
Si chiese dove sarebbe andata se fosse stata al posto di Voldemort. Dove avrebbe combattuto l’Oscuro Signore?
Poi pensò che se fosse stata in lui avrebbe cercato un posto da cui poter dominare la scena, da cui coordinare l’azione del suo esercito. Pensò che Voldemort non si sarebbe fatto largo a suon di maledizioni fino al portone del castello. Lui sarebbe entrato da vincitore quando ormai fosse stato conquistato.
Pensò che doveva essere vicino, ma non troppo.
Avrebbe provato ad Hogsmeade.
Nel giro di qualche minuto era fuori dal castello. Cercò di farsi largo nel caos di maghi e streghe che si davano battaglia, ma soprattutto fra le creature magiche più terrificanti che avesse mai visto. Un gruppo di aracnidi stava scemando fuori dalla Foresta Proibita, mentre la tribù dei Centauri cercava di ricacciarli dentro. La terra era scossa dall’avanzata di autentici Giganti e in lontananza Elisabeth riusciva a veder avanzare un’orda di spettrali figure dondolanti che non potevano essere altro che Inferi.
Mentre correva in direzione di Hogsmeade le si parò davanti un muro di roccia compatta. Alzò gli occhi appena in tempo di rendersi conto che si trattava di un gigante alto almeno sette metri che tese la manona e l’agguantò sollevandola in aria. Elisabeth si rannicchiò per proteggersi e quando lui aprì la mano si ritrovò di fronte alla sua bocca che era lunga quanto lei era alta e fitta di enormi denti giallastri. Seguendo solo l’istinto la ragazza dischiuse le labbra da cui scaturì una melodia surreale che annientò ogni altro rumore e avviluppò completamente il gigante. Il mostro si fermò imbambolato e parve rinunciare alle sue intenzioni bellicose. La dolcezza di quella musica lo cullava e ben presto gli occhi si fecero sonnacchiosi, ma Elisabeth continuò a cantare finchè non si chiusero del tutto. Allora l’enorme mole del gigante barcollò per un attimo e si schiantò al suolo.
 Mentre cadeva, dall’alto, Elisabeth riuscì a vedere un mantello nero piuttosto familiare scomparire in direzione del villaggio di Hogsmeade.
Si lanciò al suo inseguimento, ormai certa che stava seguendo la pista giusta. Il villaggio era deserto. Si guardò intorno nella strada principale animata solo da negozi chiusi e credeva di averlo perso, quando vide l’inconfondibile sagoma sparire all’interno di una casa diroccata e cadente che non sarebbe stata fuori luogo in un film dell’orrore.
Stava per seguirlo quando sentì un gelo irreale farsi strada dentro di lei fino a ghiacciarle il cuore. Ogni spazio del suo campo visivo fu riempito dai neri mantelli logori e dai rantoli irregolari dei Dissennatori.
Il villaggio ne era pieno e lei era circondata. Sentiva già le forze venirle meno.
Poi rivide nitidi davanti a sé un paio di profondi occhi neri, si ricordò come l’avevano guardata, l’esatta espressione.
E allora pensò che non poteva essere stata l’ultima volta che si vedevano, che non poteva essere un addio. Non era più una ragazzina inerme, stavolta non si sarebbe fatta battere da quelle creature. Sentì la forza del potere dell’Angelo bruciarle dentro come non era  mai accaduto e annientare il potere malefico dei Dissennatori. Con una voce che non riconobbe urlò – Expecto Patronum!-
Una figura enorme si materializzò, illuminando ogni cosa con un accecante bagliore argenteo, con poche ampie falcate caricò i Dissennatori, che si dissolserò in una pesante nube di fumo nero.
Poi l’animale, muovendosi con maestosa grazia e forza le andò incontro ed Elisabeth vide che il suo Patronus era una tigre dal manto argenteo e dagli occhi d’oro colmi di una saggezza senza età.
Fissò la ragazza con uno sguardo di avvertimento e poi si dissolse.
Prima che potesse fare qualsiasi altra cosa Elisabeth colse un movimento in lontananza e si nascose dietro il muro di una casa. Da lì vide Lord Voldemort uscire dalla Stamberga Strillante, accompagnato solo dall’orribile figura di Nagini che fluttuava a mezz’aria dentro una specie di bolla trasparente.
Reprimere il fiotto d’odio che l’aveva invasa vedendolo le costò uno sforzo sovrumano, ma si costrinse a restare calma, ad aspettare.
Era sicura da un momento all’altro avrebbe seguito il suo padrone.
Era certa che anche lui sarebbe uscito…con la sua solita espressione indecifrabile e un po’ arcigna, completamente avvolto nel mantello nero e nella sua aura di potere e determinazione. Severus Piton.
Ma quando si rese conto che non sarebbe più uscito da quella baracca Elisabeth aveva già compiuto tre quarti del tragitto che la separava dalla Stamberga Strillante. Accecata dalla paura e dalla fretta quasi distrusse la porta e si lanciò su per le scale marce che cedettero quasi subito a tanta furia. E poi, senza rendersene conto arrivò sulla soglia della stanza.

-Guar...da...mi- sussurrò la voce spezzata di Piton a Harry Potter inginocchiato al suo fianco.
Elisabeth si sentì morire.
Si gettò accanto a lui, senza nemmeno degnare Harry, Ron ed Hermione che la guardavano stupefatti.
Non riusciva a staccare gli occhi da Piton, che senza più forza cercava di tamponare la ferita mortale sul collo da cui sgorgava sangue copiosamente. Le mani di lei andarono alle sue inbrattandosi dello stesso sangue. E lui la vide. Elisabeth avvicinò il viso al suo e Piton non guardò più Harry, ma si immerse negli occhi della ragazza. Non aveva la forza di parlare, di dirle quello che avrebbe voluto, ma fra loro le parole non servivano.
Elisabeth si sentiva annegare…era troppo tardi…non poteva salvarlo.sentiva che le stava scivolando fra le dita e che non poteva far nulla per trattenerlo. Vedeva il suo sguardo offuscarsi, percepiva la vita abbandonarlo e lei non riusciva a parlare, non riusciva a piagere…
Eppure una strana espressione, quasi di serenità, si era dipinta sul volto dell’impenetrabile Mangiamorte. Aveva portato a termine la sua missione, aveva espiato le sue colpe. E se Elisabeth non fosse arrivata l’ultima cosa che avrebbe visto prima di morire sarebbero stati ancora una volta gli occhi verdi di Lily….invece anche se per poco tempo, Elisabeth c’era stata, Elisabeth era il suo inizio…e con quell’ultimo sguardo si sarebbe portato via per sempre l’immagine del suo bel viso, dei suoi riccioli che per l’ultima volta gli sfioravano la pelle, di quegli occhi d’oro incredibilmente dolci ed insondabili.
Quello era il suo ultimo dono.
-Addio-


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Non vorrei che mi abbiate data per dispersa, ce l'ho fatta a pubblicare questo capitolo! In realtà questo doveva essere l'ultimo, invece a causa della sua lunghezza disarmante ho preferito dividerlo in due, sperando che questo abbia reso la lettura più piacevole e che vi siate concentrati sui punti salienti.
Purtroppo Piton ci ha lasciati, ho voluto mantenere intatta la sua fine tragica perchè è forse l'unica cosa che mi piace del settimo libro....però Elisabeth è arrivata proprio al momento giusto e quindi questo cambia un pò le cose per il caro Severus XD. Spero che siate curiosi di vedere come andrà a finire..
al prossimo (e ultimo!) capitolo...un ringraziamento enorme va a tutti coloro che mi seguono, nonchè a Rury che recensisce fedelmente e immacabilmente fa sbellicare dalle risate l'autrice ;)
  
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