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Autore: Aribea398    16/04/2011    2 recensioni
Cassandra, vampira sempre abituata a vivere nei sotterranei di Venezia, è a capo, insieme al suo patrigno Edgard, di tutti i vampiri che abitano il nostro mondo moderno.
Dopo una notte di caccia per le vie della città rischia di uccidere un ragazzo, Florenzo, che, scoprendo il loro segreto, diviene il "padrone" di Cassandra.
Lei all'inizio è scettica, ma ritornerà a vivere grazie ai suoi occhi cobalto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo già postato, ma ricorretto!

Peace

Ridiscesi per la terza volta quel giorno giù nelle segrete cercando di incontrare meno guardie possibili. Entrando nella mia stanza mi buttai a peso morto sul letto e il copriletto di piume mi avvolse in un morbido abbraccio.

Dopo aver sistemato i capelli sul cuscino mi misi ad osservare i teli semi trasparenti verde smeraldo che andavano a formare il baldacchino.

Cercavo di pensare a tutt'altro che non fosse Florenzo, ma la sua rabbia continuava a tornarmi in mente. Lui mi aveva cacciato da casa sua per una ragione illogica e anche infantile: credeva che avrei fatto del male alla sorellina, preoccupazione immotivata. I vampiri non toccherebbero mai dei bambini, loro sono… intoccabili, inviolabili e candidi. Preferirei morire che fargli del male.

Ora però avrei dovuto giustificarmi con Edgard, si infurierà se mi vedrà qui e non a servire il ragazzo.

Mi tolsi le scarpe buttandole da qualche parte della stanza e iniziai a fischiettare una canzoncina allegra finché non sentii i passi del mio patrigno che percorrevano il corridoi. Trattenni il fiato cercando di far rallentare il battito del mio cuore che sembrava impazzito.

<< Quanto volte ho detto a voi guardie di non entrare… >> Si fermò sulla soglia, gli occhi spalancati ed interdetto se entrare o no.

<< Scusa, pensavo che una guardia fosse entrata… >> lo zittii con un segno della mano e con la stessa lo invitai a sedersi affianco a me. Con un movimento fluido si tolse gli stivali neri e si sdraiò nell'altro lato del letto, sciogliendosi la coda di cavallo e accavallando i piedi.

Dopo un sonoro sospiro si girò da un lato e mi guardò negli occhi: << Perché non sei con il signorino? >> disse sorridendomi paternamente. 

Sospirai a mia volta: << Abbiamo "discusso". >> aggiunsi l'ultima parola facendo con l'indice e il medio di entrambe le mani i segni delle virgolette.

Edgard si strofinò nervosamente gli occhi e mi prese una mano: << Ti va di spiegarti meglio? >> finì baciandomi dolcemente il dorso e strofinandoci il naso sopra.

Dopo aver ritratto la mano e posizionando entrambe dietro la mia testa, fra cuscino e nuca dissi sull'orlo delle lacrime: << Tu sei troppo bravo con me, non mi merito tutta questa gentilezza. >> catturai velocemente una lacrima salata che mi era scivolata fino al labbro con la lingua e cercai con tutte le forze che avevo di iniziare a raccontare.

<< Quando siamo arrivati a casa sua sono salita per prima. Nel loro appartamento ho incontrato la sorellina: non avrà più di dieci anni ed è malata di cancro, morirà. >> Edgard fece una smorfia, anche lui ama i bambini come me. << Sono stata pochi secondi con lei, poi Florenzo ci ha scoperte e si è arrabbiato. Mi ha spinto contro il muro, ancora non so come ha fatto. Lui mi ha detto di andarmene e di non toccarla mai più. Mi ha preso addirittura per i capelli. Pensava che gli avrei fatto del male; come ha fatto a pensare che io avrei fatto del male ad una creatura così meravigliosa e fragile. >> Mi strinsi al suo busto e lui mi accolse come speravo iniziando ad accarezzarmi la schiena, come per calmare calmare i singhiozzi.

Restammo così per un paio di minuti finché lui si staccò da me dicendomi rassegnato che doveva andare a controllare i lavori del tunnel: era da diversi giorni che stavamo facendo un nuovo passaggio segreto che sarebbe finito proprio diverse centinaia di metri più in là della casa del ragazzo. A volte la dea Fortuna è veramente bendata.

Comunque tornando al tunnel, in questo modo saremmo potuti uscire anche di giorno, senza che gli uomini ci potessero scoprire. Sembrerà come se uscissimo da una cantina.

Quei pochi secondi mi servirono per distrarmi, ma quando Florenzo ritornò violentemente ad occupare i miei pensieri presi di nuovo la mano di Edgard: << Sono davvero così malvagia? Cioè, la gente mi vede come un in individuo pericoloso? >> Facendomi un buffetto sulla guancia mi rispose in modo dolce: << Tu non sei malvagia, tu sei una delle persone più candide che conosca. Sono fiero di essere tuo padre. E poi rifletti su questa cosa: un fratello vede la sorellina malata fra le mani di una vampira. Tu come reagiresti? >> Abbassai la testa annuendo e mi risdraiai fra i cuscini. 

<< Scusa Edgard, tu dici di essere mio padre, ma quanti anni hai in realtà? >> Gli dissi con un sorriso di sfida sul volto.

<< 1463. 1464 l'11 marzo. Perché? >> Feci di no con la testa alzando il busto e incrociando le gambe. 

<< Io ho diciannove anni da 1181 anni? Tu? >> Si girò verso di me con le mani sui fianchi, una che teneva gli stivali che si era tolto precedentemente. 

<< Davvero no te l'ho mai detto? Comunque ventisei. >>

Così dicendo si richiuse la porta dietro di se e lo sentii allontanarsi fino a non udire più un suo passo.

Mi alzai di malavoglia e iniziai a girovagare per la stanza come se non conoscessi ogni suo angolo. Mi fermai davanti al muro dove incollavo i fogli ove scrivevo le frasi celebri che più mi piacevano: " Il mondo sta rimanendo senza geni: Einstein è morto, Beethoven è diventato sordo e io comincio a non sentirmi tanto bene…. Woody Allen." Risi sotto i baffi, quella battuta mi è sempre piaciuta.

Decisi di andare a girovagare per i corridoi costringendomi a non pensare a quel ragazzo, ma continuava a tornarmi in mente. Io sono malvagia: Edgard se n'era andato e non c'era più nessuno a consolarmi.

Passarono Richart e Sebastian che mi salutarono sorridenti. Loro non mi avrebbero potuto consolare, riflettendoci quella che io chiamavo famiglia reale per non era una famiglia: non ho legato con nessuno tranne Edgard e rimirando tutti gli anni passati una cosa sola e nitida mi venne in mente. Io ero per loro come una madre autorevole.

Non gli ho mai trattati come miei pari, per me loro sono sempre stati come dei ragazzini, anche se Richart e Sebastian avevano più anni di me quando sono stati trasformati.

Dovevo soddisfare i miei dubbi e andai subito alla ricerca di Angelica e Sofia. Le trovai che stavano salendo la scala a chiocciola per il passaggio segreto.

<< Salve Cassandra, andiamo a fare un po' di compere, sai com'è Angelica: è uscita la nuova collezione primaverile di non so quale stilista e ha intenzione di svuotare il negozio, da quello che ha fatto trapelare. Vuole venire con noi? >> Solo in quel momento mi resi conto che la maggior parte delle volte mi davano del lei. Ero veramente così autoritaria?

<< Non darmi del "lei" Sofia, mi da fastidio. Credo che uscirò con voi, ma dopo un po' me ne andrò. Devo fare una cosa. >> Le dissi sorridendole e cercando con lo sguardo Angelica.

<< Sbrighiamoci Sofia, altrimenti il passaggio segreto non lo possiamo più usare e credo che il comune non sia ancora aperto al pubblico, ma per poco… >> Fece appena in tempo a finire di parlare che i suoi occhi color cielo incontrarono i miei. Subito iniziò a balbettare scuse: << Sono desolata, non avrei dovuto urlare. Mi scusi, Cassandra. >> Come avevo fatto in tutti questi anni a non rendermi conto che tutti mi temevano qui? Dev'essere quel ragazzo, è colpa sua se ho iniziato ad analizzarmi dentro e a vedere il comportamento degli altri.

<< Ripeto, non datemi del "lei". Comunque se voi volete vorrei aggiungermi a voi, sempre se Angelica è d'accordo. >>

Guardai prima l'una poi l'altra e fui lieta nel vedere che sfoggiavano entrambe un grande sorriso.

Purtroppo però mi ritrovai sotto le loro complete attenzioni e verso mezzogiorno avevano comprato completi solo che per me. (vedi piè pagina)

Nonostante fosse ancora marzo e a Venezia si sentiva freddo quel giorno il sole brillava nel cielo in un modo che non ricordavo. Erano anni che non mi esponevo alla piena luce del sole.

<< Mi potete spiegare, di grazia, in quale occasione metterò tutti quei vestiti? >> Risero sonoramente, soprattutto Sofia.

<< Hai presente quel ragazzo? >> Mi disse Sofia affiancandomi e prendendomi a braccetto.

Capii subito che si riferiva a Florenzo e quindi non potei fare altro che annuire; a volte neanch'io sopportavo il suo potere perché finiva per sapere anche i fatti miei, compresa la mia ultima disavventura.

<< Tranquilla, di questa ne è a conoscenza solo la famiglia reale. >> E mi strizzò l'occhio. << E poi quel bel vestito rosso ti servirà. >> Disse saltellando e facendomi cadere le buste che tenevo in mano.

Provai a leggere nella sua mente il motivo di tale gioia, ma la ritrovai che pensava in una lingua molto simile all'albanese, un mistero per me. Non sopporto neanche quando uno mi mette la pulce nell'orecchio e non si spiega a fondo.

Angelica passeggiava placida davanti a noi, con gli occhiali a tenerle a posto i capelli a mo' di cerchietto e il viso leggermente rivolto verso l'alto, probabilmente per catturare il maggior numero di raggi solari possibili.

Controllai l'ora e mi resi conto che probabilmente fra mezz'ora Florenzo sarebbe uscito da scuola. Io sarò ad aspettarlo, a chiedergli umilmente scusa.

Ci fermammo in un piccolo bar con le sedie e i tavoli in ferro battuto per prendere un french toast e una bibita.

Provai a tirare fuori il portafoglio, ma loro mi dissero che avrebbero offerto loro: mi meravigliai del fatto che dopo quelle cifre astronomiche spese in quelle boutique avessero ancora più di un centesimo. Avrei dovuto dire ad Edgard di controllarle meglio se non volevamo finire in bancarotta nel giro di qualche mese.

Battevo nervosamente il piede contro la gamba di ferro del tavolo, pochi minuti e sarei dovuta andare dal ragazzo.

Dopo averle avvertite che se avrebbero speso un capitale per comprare vestiti che mai avremmo potuto mettere le avrei tolto la possibilità di accedere alla nostra cassaforte, mi indirizzai con passo svelto verso casa di Florenzo sperando che non fosse già arrivato.

Durante il tragitto riflettei sul fatto che conoscevo relativamente poco di lui, tranne dove abitava e che aveva una sorella. Non sapevo né il suo cognome, né che scuola faceva.

Quando raggiunsi casa sua mi resi conto che non era ancora nell'edificio perché non precepì il suo flusso di pensieri fra quelli degli altri. In compenso capii che la sua vicina aveva bruciato il polpettone e sentii pensieri tutt'altro consoni ad una donna.

Mi sedetti sui gradini e aspettai diligentemente contando quante persone passavano per la via: passatempo noioso, ma l'unico che mi era venuto in mente.

Quando arrivai a cinquantatré riconobbi il rumore dei suoi passi fra gli altri e mi alzai cercando di sistemarmi la camicia rossa che indossavo quel giorno e cercando di ravvivare il foulard nero a fiori grigi.

Appena i suoi occhi mi videro si fermò, interdetto. Poi con uno sbuffo così forte che riuscii a sentirlo, nonostante fosse circa cento metri da me, si rimise in moto e mi si fermò di fronte.

<< Ti prego di ascoltarmi. Sono desolata per quello che è successo e ti giuro sul mio onore che non mi avvicinerò mai più ai tuoi cari. Né io e né gli altri vampiri, naturalmente. >> Gli dissi cercando di sembrare il più neutrale possibile.

<< Io invece per scusarmi del mio comportamento esagerato… >> Sorridendo posò lo zaino su di un muretto e ne estrasse un foglio piegato in quattro. << Tieni, non è un gran ché, ma è l'unica cosa che mi posso permettere. >>

Aprii pian piano il foglio e scoprii un disegno ove riconobbi la mia fisionomia. << Questa tecnica si chiama "Manga", è nata nella zona del Giappone e della Cina… >> Lo interruppi con un gesto della mano.

<< Sono un essere antico, non un essere idiota. So cosa sono da molto più tempo di te. Però i canini potevi farli più lunghi… >> Come mi aspettavo sorrise e fui contenta del fatto di aver fatto pace con il mio padrone. << Posso tenerlo? >> Gli dissi cercando di assumere uno sguardo languido.

<< Emh… E' tuo… E' per te… E' un regalo per te… >> Si passo una mano dietro al collo in modo nervoso e mentre sogghignavo ripiegai il foglietto e lo misi nella tasca dei pantaloni.

<< Ho due domande da farti… >> Fece vorticare la sua mano come per incitarmi a continuare. << Qual'è il tuo cognome? >> La mia voce fu squillante e vivace senza che io lo volessi; cercai di ricompormi incrociando le braccia.

<< Emh… Fiorini? >> Sembrò più una domanda e mi scappò una risata, a quanto pare era uno dei tanti uomini che capitolava davanti ai miei occhi.

<< Florenzo Fiorini. Quindi Fiore Fiorini! >> Dissi nuovamente allegra, questa volta assumendo un tono canzonatorio.

<< Già. A volte i genitori sono proprio stronzi. >> L'ultima parola mi fece sussultare.

<< Ti prego, modera il linguaggio quando sei con me. Passando alla seconda domanda: che scuola fai, sempre se ne fai una. >> In quel momento un ragazzo saltò addosso a Florenzo facendolo cadere per terra. Lo scostai bruscamente e feci rialzare il mio padrone quando una voce sgraziata e roca per il fumo mi giunse alle orecchie: << Tranquilla, non te lo sgualcisco il tuo Fiorellino. Ma guardati, sembri più aggressiva di una pantera. E che pantera! Gente venite a vedere 'sta bomba. >> Si interruppe ridendo sguaiatamente. << Comunque bellissima… >> E mi posò una mano sulla spalla. << Io e il mio compare andiamo al Liceo Scientifico Benedetti, sull'Isola San Pietro. Ti ho sentito sai che glielo chiedevi. Cos'è Fiore, ti rimetti in attività? Perché dopo la Daniela non sei più uscito con nessuna. Ripensandoci è un eternità che non esci con nessuna. >> E gli passo una mano sul viso con fare da ubriaco. << Bello il mio Fiorellino, aprila come una lattina di pelati 'sta qua. Ti saluto che la mamma ha buttato la pasta e si fredda. E tu… >> Mi indicò ridendo di nuovo. << Se questo non ti soddisfa vieni da me che mi chiamano "Bananafish". >> E se ne andò cantando una canzone che doveva essere degli My Chemical Romance.

Ero rimasta alquanto interdetta, non avevo sentito tali volgarità neanche quando facevo la cortigiana e questa la dice lunga. Florenzo rimaneva in silenzio, gli occhi vitrei come se avesse visto un fantasma e la mascella contratta. Non si capiva se era shoccato o irritato.

Gli schioccai le dita davanti agli occhi e dopo qualche secondo socchiuse leggermente la bocca per poi dire: << Lo so che non vuoi che imprechi… Ma quel COGLIONE purtroppo è amico mio. Già, non aggiungere altro. Si fuma canne da quando ha quattordici anni. E tu ti chiederai: "Ma come fa uno alle due di pomeriggio a essere già strafatto?" Non lo so, so solo che da quando è un fattone non  lo riconosco più, cazzo! >>

Gli accarezzai i capelli per poi scendere verso il collo e la spalla per poi dire: << Sono dispiaciuta per te… E soprattutto per il tuo amico. Beh, insomma… Devo ammetterlo, nessuno mi ha mai detto una cosa del genere, ma è incredibilmente divertente. >> Dissi accasciandomi a terra ridendo e battendo le mani come per applaudire al monologo dell'amico "fattone".

Salimmo su e mentre facevamo le scale mi offrii di aiutarlo a fare i compiti: avrei dovuto copiare il Duomo di Milano, si prospettava una giornata lunga.

 

Vestiti:

Vestitino nero

Cappotto

Vestito da giorno

Completo da giorno

Vestito rosso

Scarpe

   
 
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