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Autore: Joy    16/04/2011    5 recensioni
"Cosa sai di nostra madre, Katherine?"
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Katherine Pierce, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3°

CAPITOLO 3°

 

1849: 23 ANNI

 

 

Continuai a controllarla con discrezione nei due anni successivi, stando attenta a non mostrarmi mai né a lei né alla sua famiglia. E quando fu chiaro che non avrebbe superato l’inverno, decisi che era il momento di farmi avanti.

Andai da lei in una sera piovosa, fu una cameriera a farmi entrare. Finsi di essere una sua parente di grado lontano e una sua amica, ma avrei potuto risparmiarmi queste menzogne perché nessuno mi chiese niente.

Era ormai chiaro a tutti che la signora non sarebbe sopravvissuta a lungo.

Percorsi lentamente il corridoio buio, determinata a portare a termine il compito che mi ero prefissata.

Non avrei rinunciato questa volta, giurai a me stessa.

Da una porta socchiusa, quella che dava sul salotto, giungeva una lugubre litania e la voce del parroco di paese che salmodiava piano. Mi accostai quanto bastava per vedere uno stuolo di matrone in abito nero, con le mani giunte in ipocrite preghiere.

Sollevai brevemente gli occhi al cielo, infastidita. Non dubitavo dell’esistenza di ogni creatura dell’inferno, ero una di loro, ma un Dio benevolo non aveva mai incrociato la mia strada, neanche quando avevo ancora l’innocenza per invocarlo.

Discosto da loro, Giuseppe Salvatore sedeva sprofondato in una poltrona, la testa china e un bicchiere tra le mani.

Non si accorse neanche della mia presenza e la bottiglia di cognac sul tavolino vicino a lui, me ne diede spiegazione. Era vuota.

Riconobbi in un angolo della stanza il maggiore dei suoi figli: il bambino che aveva ereditato gli occhi di sua madre. Lo osservai mentre si avvicinava con cautela a suo padre e lo chiamava in un sussurro.

Quello alzò brevemente lo sguardo e chiamò a gran voce la bambinaia.

-Non ti avevo raccomandato di tenere i bambini lontani da me, oggi?!- tuonò, appena una massiccia donna di colore entrò nella stanza.

-Perdonatemi, signore.- si scusò quella.

Teneva in braccio un altro bambino, di un paio d’anni. Riconobbi subito anche lui.

-Andiamo, Damon.- continuò afferrando svelta la sua mano restia, e soffocando sul nascere le sue proteste lo trascinò fuori dalla stanza.

Quando mi passarono accanto, la donna mi rivolse un breve cenno di saluto, ma il bambino non alzò neanche gli occhi e dopo un istante percepii chiaramente un singhiozzo.

-Non piangere.- ordinò rigida la bambinaia. –Lo sai che tuo padre non vuole.-

Si chetò all’istante, udii soltanto il suo respiro irregolare mentre spariva nel buio del corridoio.

La stanza dove lei riposava era al piano di sopra.

Mi avvicinai al letto con lentezza, l’aria sapeva di chiuso e di inutili erbe medicinali.

Lei giaceva immobile, le mani abbandonate sul lenzuolo e i capelli sparsi sul cuscino.

Sentii il suo cuore battere incerto, sul punto di fermarsi, e mi chinai a sfiorarle il viso.

Non avevo molto tempo, ma lei aprì gli occhi immediatamente.

-Katherine?- mormorò.

-Vi ricordate di me.- constatai.

-Non siete cambiata.-

Lei invece lo era.

Non aveva più niente della bambina che avevo conosciuto appena sei anni prima. Né il sorriso o le guance rosee, né i capelli splendenti; non aveva più neanche il suo consueto odore, di miele e camomilla.

-Siete venuta per salutarmi?- chiese, sollevandosi appena per appoggiarsi ai cuscini.

-Sono venuta per guarirvi.- chiarii sottovoce, stringendo la sua mano bianca.

-Niente può guarirmi.- mi rispose, distogliendo lo sguardo.

-Qualcosa può farlo.- rimarcai decisa, ma lei scosse il capo.

-Non voglio più provare alcun rimedio.- sussurrò e mi sorprese rispondendo con forza alla stretta della mia mano. –Voglio solo vedere i miei bambini.- continuò, fissandomi intensamente. –Li tengono lontani per paura del contagio.-

Qualcosa s’infranse dentro di me.

Ripensai alla bimba che mi era stata strappata prima ancora che potessi vederla e alla rabbia bruciante che ancora provavo verso mio padre, e seppi che quant’anche le avessi concesso il mio dono, lei non sarebbe mai stata la mia compagna per l’eternità. Sarebbe vissuta vegliando su di loro, per sempre.

-Non desiderate essere libera dalla morte?- le chiesi ancora. –Non desiderate l’immortalità?-

Mi osservò confusa, inclinando la testa sebbene fosse debole; immaginai che non mi avrebbe creduto, ma non vidi ombra di scetticismo nel suo sguardo, solo stupore.

Vide qualcosa di potente in me e non dubitò di quello che avrei potuto fare.

Ma non le importava, semplicemente.

Sospirò debolmente dopo un istante e chiuse gli occhi esausta.

-E vedere i miei figli invecchiare e morire?- ebbe la forza di chiedere, retorica.

Non le risposi. Capii che avrebbe rifiutato comunque.

… E seppi anche, che a dispetto dei miei stessi desideri, non sarei stata capace d’imporle la mia volontà.

Fu l’unica persona che riuscì a piegarmi al suo volere.

Serrai i pugni, odiando l’impotenza che io stessa mi ero imposta, e lei se ne accorse.

Posò dolcemente una mano sul mio braccio. –Devo confidarvi un segreto.- sussurrò con un fil di voce.

Mi chinai su di lei e sentii il suo fiato contro il mio orecchio.

Dopo un istante sprofondò di nuovo nei cuscini, senza più forze: aveva profonde occhiaie e respirava a fatica.

-Badate a loro se potete.- si sforzò di dirmi.

Annuii, ma lei non mi vide ed io lasciai la camera senza salutarla.

Mi voltai solo una volta prima di varcare la soglia e mi resi conto che non avevo mai saputo il suo nome.

… Ma non aveva più alcuna importanza.

Scesi le scale ed entrai nella stanza dove poco prima avevo visto sparire la balia.

Si alzò in piedi, quando mi vide.

-Porta i bambini dalla madre.- le ordinai guardandola negli occhi. – E lascia che li abbracci un’ ultima volta.-

-Sì, signora.- rispose senza esitare e si affrettò ad eseguire.

Lanciai un’occhiata frettolosa al più grande dei bambini, aspettandomi in cambio uno sguardo freddo e sospettoso, ma lui mi sorprese con un sorriso spontaneo, talmente simile a quello di sua madre che mi tolse il fiato.

Mi voltai in fretta. Desideravo solo uscire da quella casa.

L’aria notturna e la pioggia gelida mi fecero sentire meglio, scesi in strada e osservai la facciata della villa, ripensando alle sue parole. Quelle che mi aveva sussurrato all’orecchio.

-Non siate triste. Vivrò per sempre nei miei figli.-

… E perché la sua eredità non andasse perduta, mi assicurai che i suoi figli vivessero per sempre.

 

 

Continua…

 

 

Angolino dell’autrice: ^_^

 

Perdonatemi per quest’orrore, avrei voluto che fosse più empatico. -_-

Uffa.

 

Con questo capitolo si concludono gli incontri tra Katherine e la signora Salvatore, nel prossimo faremo un breve salto nel 1864, prima di ritornare ai nostri giorni con l’epilogo.

Manca poco alla fine di questa storia e come al solito ringrazio chiunque abbia avuto la pazienza di leggere, mentre mi genufletto letteralmente davanti a chi ha avuto il buon cuore di commentare. ^_^

 

Passo e chiudo. -_^

 

 

 

  
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