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Autore: 48crash    16/04/2011    2 recensioni
Sara, una 15enne disadattata, scontrosa, figlia di genitori separati in maniera drammatica, costretta a rinunciare al suo sogno, con un fratellino insopportabile e una madre depressa. Combattuta fra la voglia di integrarsi, e il desiderio di chiudersi nel suo guscio e non pensare più a nessuno.
Tutto nella sua vita procede in maniera pressochè identica fino all'estate del 2010, quando la madre decide di portarla in vacanza nell'ennesimo posto diverso. Questa volta un paesino toscano dove Sara crede che passerà la solita estate pietosa. Ma l'incontro con una persona speciale le farà cambiare idea, su se stessa, e sul suo modo di rapportarsi con gli altri.
Questa è la prima ff originale che pubblico, non la prima che scrivo. Al fatto che io abbia cominciato a scriverla un po' di anni fa è duvuto lo stile strano con cui è scritta, e che potrebbe non piacere. Io ho cercato di sistemarla per quanto potevo.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco, la mia estate sta cominciando. Come tutti gli anni, sono sola. Ma non soltanto questo dettaglio è sempre uguale.
Appena metto un piede sull’asfalto so che sarà un’estate come le altre: io, senza nessuno, con mia madre reduce da un divorzio e un capricciosissimo fratello di 9 anni, in un posto che mi è nuovo e a cui non mi abituerò.
S. Vincenzo in Toscana, questa è quest’anno la meta prescelta da mia madre. Ogni anno un posto diverso, così fa da 15 anni. In questo modo anche se mi facessi degli amici non li rincontrerei.

Siamo in un appartamento carino, 1° piano in un condominio di fronte al mare. Mio fratello Luca fortunatamente dorme con mia madre, in una camera con vista sulla ferrovia, su quel treno che ci ha portato qui. La mia camera accede ad un piccolo terrazzo, è riempita da un armadio e da un letto matrimoniale che per un mese e mezzo, 6 lunghe settimane, sarà il mio letto. Almeno da questo terrazzo vedo il mare.

La spiaggia è bellissima, la sabbia fine, il mare limpido. I ragazzi e le ragazze giocano a calcio, a pallavolo o nuotano e i bimbi usano secchielli e palette per fare castelli in riva al mare. Io non mi unisco mai ai loro. Non li conosco. E non so nuotare. Non credo che imparerò mai.

È notte. La mia prima giornata al mare è stata orrenda.
Piango. Non ho nulla da fare a parte piangere. Ho passato un altro anno di scuola presa in giro da tutti e umiliata. Non so se riuscirò mai a cambiare la mia vita.
I miei genitori, per quanto io riesca a ricordare, non mi hanno mai appoggiato: qualche anno fa, partecipavo ad un corso di ginnastica artistica, me la cavavo bene, e soprattutto mi piaceva; un giorno c’è stata una gara, ho partecipato e sono stata classificata tra le prime dieci; poi ce n’è stata un’altra, e io sono arrivata seconda su trenta ragazzine Quando, vedendomi così sicura, gli istruttori mi hanno chiesto di partecipare a delle lezioni aggiuntive come preparazione a gare più importanti, pagando un po’ di più rispetto alla quota mensile per ogni lezione, i miei genitori non mi hanno mandato. << Troppi soldi >>hanno detto. Erano divorziati, ma su questo erano d’accordo.
Poi c’è stata la volta dello stage. Mi avevano domandato se volevo andare qualche settimana in Svizzera in una palestra specializzata per un allenamento intensivo con tutto il gruppo, la quota settimanale da pagare per questo era di circa 500€; avevo chiesto al miei genitori se potevo fare un paio di settimane, una l’avrebbero pagata loro, una io. Per un po’, sembrava che tutto filasse liscio, che avrei potuto farle, poi se ne sono venuti fuori che non volevano che una ragazzina di 11 anni e mezzo se ne stesse in giro sola per “tutta l’estate”, che il trasporto lo dovevano comunque finanziare loro, che mi stavano dando anche troppo, che la società stava pretendendo troppi soldi da loro. Con i soldi che avrebbero dovuto dare a me per partecipare allo stage alla fine io, mia madre e Luca(siccome i miei erano già separati) abbiamo fatto una vacanza che ricorderò per sempre come la più orrida della mia vita, io mi sono pagata da sola lo stage e poco tempo dopo ho lasciato la ginnastica artistica.
I miei genitori non hanno cercato di fermarmi. Non gli importava quanto fossi portata o quanto amassi quello sport. Non gli è mai importato un granché di me. Al momento interesso a mia madre solo perché sono una quindicenne disadattata che le è tremendamente utile durante le sue crisi di depressione post-divorzio. Le quali, a dispetto di quello che dice lei, si verificano abbastanza spesso. E quando si verificano, chi è che le recupera gli antidepressivi? Che fa la spesa? Che cura, fa lavare(impresa assai ardua), va a prendere a scuola, nutre e mette a letto mio fratello? Che dà una parvenza di normalità a questa casa che altrimenti va a rotoli? Che le prende gli appuntamenti con lo psicologo? Che le disdice gli impegni di cui non vuole occuparsi personalmente? Che serve la merenda ai compagni di classe che Luca porta a casa per fare i compiti? Chi?
Ovviamente io, la cretina di turno. E chi altrimenti?
Ma è così. Certa gente nasce sotto una buona stella e certa gente no. E per chi nasce sfortunato, come me, non c’è niente da fare, perché non si ritaglierà mai un posto tra i fortunati, o anche solo una minima parte della fortuna che ha qualcun altro. Non c’è modo. Può solo sperare.

Avevo un’amica, qualche anno fa. Si chiamava Ilaria. L’avevo conosciuta alle medie, il primo giorno in quella scuola nuova e sconosciuta. Era la mia vicina di banco. Avevamo attaccato subito bottone.
<< Piacere, Ilaria. Se vuoi, Ila >>aveva detto allungando la mano verso di me.
<< Sara >>avevo risposto stringendogliela. << Conosci già qualcuno qui? >>
<< Ho un paio di amiche nella sezione C, qui nessuna >>.
<< Neanche io >>.
<< A quanto pare saremo compagne di banco quest’anno >>aveva detto lei.
<< Già >>era stata la mia risposta.
Era iniziata così la nostra amicizia, e, per un certo periodo di tempo, parve anche andare tutto bene. Mia madre aveva già divorziato da qualche anno, ma usciva con un tipo ed era felice. Era tutto normale, regolare. Io e Ila ci vedevamo spesso, anche fuori dalla scuola, facevamo i compiti insieme, parlavamo ore al telefono, andavamo pure a dormire una a casa dell’altra. Eravamo contentissime insieme. Ma non poteva essere così per molto.
L’anno dopo, ne sono successe di tutti i colori. Primo fra tutti, mia mamma si è mollata col tipo e, com’era già successo in precedenza, è ricaduta nel tunnel della depressione. Poi, Ilaria si è aggregata con una gruppo di ragazze in classe nostra che non facevano che andarsene in giro tutto il giorno a provarci con tutti i ragazzi della scuola e che non mi sopportavano. Ovviamente, Ilaria non ha fatto niente per farmi includere nel club, né mi ha parlato più per evitare di perdere la loro amicizia. In mezzo a tutto questo sfacelo mia madre mi ha chiesto di mollare la ginnastica artistica, che facevo da anni. Io le ho riposto di no. Ma quando ho visto che da sola non riusciva più a fare niente, ho smesso. Così, senza un motivo. O forse perché avevo capito che loro, i miei genitori, non ne potevano più di pagare i corsi e tutto il resto. Non sapevo che in quel modo rinunciavo a me stessa, al mio essere. Perché la ginnastica artistica per me era come vivere, come respirare, naturale. Rinunciavo a tutto così, senza neanche saperlo. Per cosa poi?
Mi piacerebbe trovare una persona speciale che mi volesse bene davvero.


Sono di nuovo in spiaggia, sulla sdraio all’ombra leggo un giornale. Di tanto in tanto sbircio sugli altri.
Ad un certo punto, sollevo lo sguardo attirata dagli urletti isterici di qualche ragazzina. Mi guardo un po' intorno, poi capisco il motivo di tanta agitazione: un ragazzo bellissimo. Il taglio di capelli è uguale a quello di Brad Pitt quando impersonava Achille in “Troy”, solo un po’ più giovane e un po’ meno muscoloso. Il corpo e il viso mi ricordano qualche altro attore molto bello e giovane di cui non ricordo il nome. Ha la maglietta da bagnino e probabilmente lavora qui.
<< Ehi, Marco! >>gli urla una voce.
Ma chi è quella? … Beh, se c’è Achille ci dovrà pur essere la Elena di turno. In questo caso Elena è rappresentata da una ragazza che ha pressappoco la mia età, con i capelli biondo oro lunghi fino alle spalle, le labbra carnose ed un costume che lascia ben poco all'immaginazione che si è staccata dal gruppo di gallinelle e ora gira intorno al ragazzo in questione. “Elena” si avvicina al tipo, si scambiano qualche parola poi lei se ne va ancheggiando.
<< Marco è proprio un bel ragazzo, eh, Marika? >>domanda la vicina di ombrellone a mia madre.
<< Marco chi? >> fa lei, che non è mai attenta.
<< Il bagnino! … Guarda, quello là… lo vedi? >>

È pomeriggio. L’acqua è meravigliosa. Ma non so nuotare, ho troppa paura dell’acqua.
Mio fratello sta giocando sulla sabbia con alcuni vicini di ombrellone. Una bambinetta bionda e lentigginosa sui 7 anni gli sta vicinissima nella buca che stanno scavando. Un bimbo piccolo li segue ovunque vadano e viene trascinato qua e là dalla bambina che probabilmente è sua sorella.
Mia madre non è tornata in spiaggia dopo pranzo. Alle due del pomeriggio mio padre ha telefonato e lei si è ributtata giù; non credo che uscirà mai da questo tunnel. Spero almeno che adesso abbia preso i suoi antidepressivi, se mio fratello la rivede così si deprime anche lui.
Non sopporto questo mondo: sembrano tutti così felici, stanno sempre insieme, sono amici. Io non lo so cosa devo fare per integrarmi, penso che sia impossibile.
Sapevo che non avrei avuto niente da fare quindi mi sono portata i compiti. Mi metto a fare matematica.
Fisso per qualche minuto l'equazione che devo risolvere. Non è difficile. Non quanto capire cosa voglio combinare qui tutta l'estate.
Il mio telefono suona. Sullo schermo lampeggiante c’è la scritta “
mamma”. Non ho voglia di rispondere… Ma alla fine cedo.
<< Cosa c’è? >>
<< E non dirmi “cosa c’è”! Portami rispetto. Volevo solo sapere se va tutto bene >>.
<< Sì, mamma. Tutto bene >>. Odio quando fa così: piange, si dispera, e poi fa preoccupare anche mio fratello che si mette anche lui a piangere, e alla fine sono io che devo riallacciare i pezzi della famiglia. Accidenti, non capisco perché non si trova un uomo come tutte le altre.
<< Dopo ricordati di passare in rosticceria a ritirare il pollo, ti chiamavo anche per questo >>.
<< Ma è sotto casa, non potresti scendere una rampa di scale e… >>
<< No, non posso. Fallo tu. E non tornare a casa troppo tardi >>. Mette giù.
Dico a mio fratello che non deve ancora fare il bagno perché ha appena mangiato, lui frigna un po’, poi mi obbedisce.
Questa vita non la sopporto proprio. Mi infilo le cuffie dell’mp3 nelle orecchie, la musica è l’unica cosa che può calmarmi e capirmi in questi momenti. Riproduzione casuale, salta fuori When The Levee Breaks dei Led Zeppelin, che mi pare adattarsi straordinariamente al mio stato animo. Anche il mio argine sta per rompersi, forse si è già rotto, da qualche parte.
<< Don't it make you feel bad, when you're tryin' to find your way home, you don't know which way to go? >> urla Robert Plant.
"Già" penso io. "Non la trovo più, la strada. E non so cosa fare".
E l'argine, ormai, si è rotto.

C’è acqua anche sotto la doccia, anche se qui non pare strabordare pericolosamente. Ci caccio a forza mio fratello prima di andare a casa.
<< Nooo! Non voglio!! >>strilla continuamente lui.
<< E invece te la fai la doccia, con tutta la sabbia che hai addosso sennò la mamma non ti fa neppure entrare in casa! >>urlo io, e lo ficco dentro con shampoo e bagnoschiuma anche se non penso che li userà. Non so da chi abbia preso Luca, io e mia madre lottiamo per avere la doccia libera, e ricordo che pure mio padre s’è sempre lavato molto, invece lui… Be’, si è capito come e quanto si lava lui.
Il cellulare all’improvviso lampeggia. Lo tiro fuori dal borsone e lo guardo.

Ricordati del pollo tesoro. Scusa per prima. Fai la doccia a tuo fratello. Ciao. Mamma

Questo è ciò che c’è scritto. Certo che ce la mette tutta per riprendersi e farmi stare allegra.
Un gigantesco schizzo d’acqua mi colpisce all’improvviso.
<< Razza di cretino! Cosa ti è preso? La doccia io l’ho già fatta, non ne ho più bisogno! >> urlo a mio fratello. Lo ricaccio dentro alla doccia tra le urla e schizzando acqua dappertutto. Una signora passa e ci guarda sdegnata mentre io arrossisco completamente. Arrossisco ancora di più quando passa Marco.
Alla fine riesco a chiudere il vetro della doccia con mio fratello dentro, ma sono anch’io bagnata fradicia.
Mia madre continua a mandarmi messaggi perché io passi a prendere il pollo. Le rispondo che ci andrò ma che non voglio più ricevere messaggi per questo dannato volatile!
Alla fine passiamo io e mio fratello in rosticceria.
<< Oh bimbina, come sta la tu’ mamma? La vidi passare questa mattina: c’aveva un visino così sbattuto! >> dice la signora dandomi il sacchetto col pollo.
<< Non male, è solo un po’ depressa. Domani starà meglio >>.
<< Dai, Sara, andiamo a casa, ho fame! >> si lamenta intanto mio fratello.

A casa mia madre è in cucina, aspetta con ansia il pollo per metterlo in tavola.
<< Tesoro, che c’è? >>dice a mio fratello abbracciandolo.
<< Sara non mi portava più a casa. E mi ha costretto a fare la doccia >>.
Che frignone. Non rispondo perché lo sapevo già cos’avrebbe detto. Tipico dei fratelli…




Bene, sono abbastanza provata. Questa storia l'ho trovata l'altro giorno, insieme ad almeno una ventina di altre, seppellita nel disco esterno del mio computer. Quasi me l'ero dimenticata, ma siccome l'idea mi pareva buona, dopo un po' di indecisione, ho deciso di pubblicarla. E di terminarla, magari.
La pubblicazione di questa ff è un passo importantissimo per me, anche perchè è come donarvi una parte di me stessa, in quanto Sara rappresenta un periodo della mia vita dal quale sono uscita con successo, ma che mi ha segnato. Ovviamente, la mia crisi non è stata così tremenda, e io sono fondamentalmente molto diversa da Sara, ma mi risulterà difficile recuperare lo spirito che avevo a 13 anni, e reimmedesimarmi nella ragazzina incrisata e persa che ero allora. Spero di farcela!
Originalmente, quando l'ho abbozzata, alcuni anni fa, il titolo era diverso. Ma poi ho deciso di intitolarla
When The Levee Breaks, in onore dei Led Zeppelin, che ho citato anche in questo primo capitolo. Secondo me, si addice moltissimo alle riflessioni della protagonista, e anche a quello che succederà in seguito.
Fatemi sapere cosa ne pensate ;)
Al prossimo capitolo :)
Lucy :***

 

  
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