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Autore: Rowena    17/04/2011    1 recensioni
Due anni fa, Percy Weasley è tornato a fare parte della sua famiglia. Due anni fa, malgrado tutto, i suoi parenti erano felici di averlo di nuovo con loro.
Due anni fa. Ma ora Percy è diventato un grandissimo rompiscatole, al punto che i suoi cari, teneri, dolci, adorabili parenti hanno deciso che devono sbarazzarsi di lui. E che diavolo, Perce!
Epilogo online: «Audrey, ti volevo chiedere una cosa», esordì con un certo imbarazzo, mentre la ragazza, che si era allontanata un poco per annusare il profumo delle rose selvatiche, si voltava. «È una cosa importante e spero che non la giudicherai affrettata, perché io sto davvero bene con te e credo che sia arrivato il momento per fare un passo del genere».
Alla strega mancò il respiro: possibile che Perce volesse… No. Era troppo presto. Si frequentavano da sei mesi scarsi, nemmeno, era impossibile che fosse davvero pronto a fare quello che lei temeva. Non il compassato, razionale e metodico Percy Weasley!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Audrey, Famiglia Weasley, George Weasley, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Qualcosa non andava, Audrey riusciva a percepirlo nettamente. Non aveva sangue di Veggente – non aveva neanche mai preso in considerazione di seguire le lezioni della Cooman, un po’ per cinico scetticismo e un po’ perché sapeva che vi sarebbe stato Percy – eppure aveva un dono nel prevedere i problemi. Soltanto nell’occasione quella della secchiata di vernice e da allora aveva imparato a farsi furba.
Erano passati tre giorni dall’ultima volta che aveva visto Perce. No, cinque, ragionò meglio: era stata molto presa dal lavoro e dai vari disastri che lei e i suoi colleghi avevano combinato – non avrebbero mai e poi mai dovuto provare un incantesimo esplosivo in un sotterraneo – tanto che sulle prime non vi aveva badato, ma alla fine i conti non tornavano.
Percy aveva capito subito che non era adatta a un rapporto di coppia troppo appiccicoso, eppure non era da lui nemmeno sparire in quel modo. In genere cercava di andare a prenderla al lavoro quando gli capitava, il che voleva dire quasi ogni giorno, vista la vicinanza tra il Ministero e Diagon Alley, e quando non poteva la avvisava per tempo,così da non farle perdere un minuto ad aspettarlo. E ora, all’improvviso, spariva in quel modo.
Audrey non sapeva spiegarsi questo cambiamento: aveva provato a contattarlo via gufo, ma non aveva ricevuto risposta. Perché quella novità improvvisa?
Non le sembrava di aver fatto nulla di male…
Inoltre, da un paio di giorni le sembrava di essere seguita mentre andava al lavoro, ma se si voltava non vedeva nessuno alle proprie spalle. Forse stava diventando paranoica?
La donna entrò nel Ministero e cercò di togliersi di dosso quella sensazione tanto sgradevole, ignara che in realtà c’erano davvero due spioni che la stavano osservando.
«Secondo me questa storia del pedinarla è inutile, George», sbuffò Ginny togliendosi un paio di enormi occhiali scuri. «Tanto fin qui non possiamo vedere nulla, se se la fa con Kingsley… consumeranno negli uffici, no?»
Il fratello si morse un labbro prima di rispondere, molto mesto. «A dire la verità, io spero di scoprire che lei non se la faccia con Kingsley, sarebbe una vera delusione».
«E la storia dell’abito da sposa?», ribatté la ragazza arricciando il naso.
«Ci possono essere altre spiegazioni, forse, non mi fido del giudizio di Percy. Stava cercando da qualche tempo un motivo per far naufragare la cosa, me ne sono accorto, e questo episodio è capitato al momento giusto». Erano state piccole cose, commenti poco sicuri su dettagli insignificanti che secondo lui, forse, dovevano portarlo a interrompere la loro relazione. «Perce è molto, molto insicuro, lo sai. Quando ha qualcosa di bello per sé, si convince di non meritarlo davvero, o che una cosa così stupenda non possa durare».
Era lo stesso motivo per cui Percy negli ultimi mesi era diventato così appiccicoso e petulante nei confronti dei fratelli, pensò Ginny, come se fosse incapace di credere che i rapporti tra loro si fossero davvero appianati. Sospirò: «Cosa dobbiamo fare? Detesto questi sotterfugi».
«Io direi di parlare con Audrey: è una persona sveglia, ma se davvero si sentisse colta sul fatto… Tu te ne accorgeresti?»
«Non annuso le bugie, se è questo che intendi, ma non mi sembra una persona così brava a mentire. Quando le abbiamo proposto di uscire con Perce ci era sembrata strana, con Angelina, ma non sapendo dei suoi trascorsi con quell’idiota non vi ho dato peso».
Era abbastanza per George, che sentiva davvero il bisogno di chiarire la faccenda: Perce sembrava in lutto ed era sempre più lugubre, tanto che gli aveva concesso una settimana di ferie. Una persona così depressa non poteva lavorare in un negozio di scherzi!
Percy non ne aveva approfittato, però; si era buttato a letto e per un paio di giorni non si era nemmeno alzato. Era uno stato tale che il fratello gli aveva revocato le vacanze, obbligandolo a stare al lavoro per tutta la giornata così da essere sicuro che quello stupidone non si annegasse sotto la doccia, quando usciva per controllare la ragazza e verificare quanto ci fosse di reale nelle allucinazioni di Perce.
«Andiamo, voglio vederci chiaro», ribadì alla sorella, facendo segno di seguirla. Dovevano chiarire tutto, anche perché aveva promesso alla ragazza che le avrebbe fatto passare le pene dell’inferno se avesse fatto soffrire Perce. E stava accadendo, perciò se la responsabilità era di Audrey… La ragazza avrebbe fatto meglio a scappare il più lontano possibile, per il suo bene.
Scesero fino agli scantinati del Ministero, là dove si provavano gli incantesimi sperimentali, decisi a fare una bella sorpresa alla ragazza di Percy.
«Anch’io spero che non sia vero, sai?», disse Ginny mentre uscivano dall’ascensore. «Era da tanto che non vedevo Percy così felice… Forse non lo è mai stato, addirittura. Se Audrey davvero lo sta ingannando, potrebbe non riprendersi più».
«E perché non dovrebbe riprendersi mai più?», li gelò una voce alle loro spalle.
Audrey. I due Weasley si fissarono a vicenda per un attimo: la donna era uscita come loro dall’ascensore, e non si erano accorti della sua presenza! Effettivamente, forse Percy era davvero loro fratello…
«Allora, com’è che starei ingannando Perce? Spiegatevi». Audrey sembrava sul piede di guerra, aveva un aspetto più tirato del solito, come se non avesse dormito molto.
«Qui le domande le facciamo noi», ribatté con baldanza Ginny, mentre George cercava di mantenersi serio nonostante ormai cominciasse a credere che si trattasse di un gigantesco equivoco, ovviamente causato solo da Perce. «A che gioco stai giocando con mio fratello?»
«Quale dei tanti? Il qui presente vorrebbe farmi da allibratore scommettendo sulle tue sportive… Per il resto, è Percy che è sparito, io non ne so niente».
«E se ti dicessi che sappiamo benissimo che ci sono fiori d’arancio in arrivo?»
Audrey spalancò la bocca, shockata, e i due inquisitori si convinsero per un attimo di avere la vittoria in pugno. «No, vi prego: non ditemi che la Skeeter se ne è uscita con un altro dei suoi articoli!»
Non era questa la risposta che i Weasley si aspettavano. «Cosa?», domandarono infatti all’unisono.
«Quella vecchia megera», sbottò la ragazza scuotendo il capo, «sta cercando da un pezzo di tornare alla ribalta con qualunque mezzo. Sapete, no? Dopo che è stata sconfessata per tutte le bugie nel libro di Silente, per non parlare della vergognosa linea che ha tenuto nei suoi articoli sotto il regime dei Mangiamorte, nessuno l’ha più voluta pubblicare, poiché non la ritengono credibile…»
Audrey spiegò che la Skeeter era così ossessionata dal bisogno di tornare sulle prime pagine che era disposta a tutto pur di avere uno scoop sulle sordide relazioni – sordide secondo lei, almeno – che correvano tra il Ministro e la sua ormai ex-assistente. «Una volta l’ha seguito fino a casa e… Ma non siete qui per questo, a giudicare dalle vostre facce».
Ginny si stava stufando, ormai, tutte quelle chiacchiere non e piaceva, e le sembrava di essere sviata dalla vera storia. «Audrey, poche storie: Percy ti ha visto con Kingsley mentre provavate degli abiti da matrimonio!»
Si erano aspettati di tutto, dal panico alla confessione in lacrime, ma nemmeno George avrebbe potuto immaginare di scatenare una risata isterica come quella in cui scoppiò la ragazza. Audrey continuò a sghignazzare per diversi minuti, tanto che nel frattempo fece comparire una sedia su cui appoggiarsi, ormai troppo provata da stare in piedi sulle proprie gambe.
«Ma dico, siete ammattiti? Non stiamo neanche insieme e dovremmo sposarci così di punto in bianco, lo credete davvero? Lo crede quell’idiota?» domandò con un tono di voce più acuta, riferendosi indubbiamente a Percy. I due fratelli lo sapevano, era lo stesso modo in cui si alzava il timbro a Bill quando parlava del terzogenito Weasley.
«Lo ritenevamo credibile… Almeno fino a quando non hai fatto l’imitazione di una iena. Accidenti, Audrey, posso registrarti in qualche modo? Una risata del genere dovrebbe venirmi utile per la nuova linea di scherzi che sto creando».
Ginny gli tirò una gomitata nelle costole, infastidita: non avevano già abbastanza grattacapi?
L’inquisita intanto cercava di asciugarsi le lacrime senza sbavare quel filo di trucco che aveva messo per mascherare un minimo le sue occhiaie. «Kingsley effettivamente sta per sposarsi, ma di certo non con me. Siamo buoni amici, come lo devo dire? Non siamo fatti per stare insieme, siamo troppo diversi: impazzirei dietro al suo disordine, neanche i miei gatti combinano tanti guai!»
«Ma Perce ti ha visto con il velo addosso, lui…»
«Lui è il re degli stupidi, quando vuole! Ecco perché avevo quella sensazione sgradevole da un po’», sibilò Audrey. «Quella cretina della commessa non voleva credere che non fossi la fidanzata e mi ha messo il velo in testa. Ho accompagnato Kingsley nel negozio per scegliere il suo completo, come ogni testimone di nozze dovrebbe fare».
Testimone? Ora le cose cominciavano a essere più chiare. In effetti, aveva molto più senso che fosse il testimone ad accompagnare lo sposo in quel genere di commissioni che la sua promessa…
Per George fu troppo: fu il suo turno di scoppiare a ridere come un matto, mentre Ginny si chiedeva sempre più disperata se fosse finita al circo, o allo zoo. «Lo sapevo, io lo sapevo che era tutta colpa di Perce».
«È ridicolo, se penso che volevo dire a Percy quella sera stessa dell’invito al matrimonio…», aggiunse Audrey con voce amara. «Volevo suggerirgli di mettere un vestito, visto che io sarò in smoking per distinguermi dalle damigelle della sposa, che saranno travestite da bomboniere giganti».
Ed ecco anche Ginny presa dalle risate come una matta, improvvisamente leggera. «Allora è tutto a posto…»
«Un corno, quell’idiota è seriamente convinto che lo tradisca con un ex che ormai per me è come un fratello e si rifiuta di parlarmi. Cosa devo fare?», domandò la disperata strega, che era incredula a tutta quella assurda situazione.
Era possibile che Percy si fosse augurato di trovare qualcosa che non funzionasse nella loro relazione, per convincersi che le cose non andassero così bene come credevano? Le era sembrato che non credesse di meritarsi nulla di buono, perciò…
George le posò una mano sulla spalla. «Andiamo in negozio, adesso. Non potrà scappare: è il suo turno di lavoro, se prova ad andarsene lo licenzio e lo sbatto fuori di casa».
Audrey alzò un sopracciglio: «In un altro momento ti chiederei da quanto aspettavi una scusa per mettere in piedi questa minaccia, ma ora posso solo ringraziarti. Aspettate un minuto che avviso i colleghi… Vi conviene salire fino all’atrio, qui rimbalzano sempre incantesimi vaganti».
Era un’esperienza che nessuno dei due voleva provare, perciò, dopo un’occhiata, i due fratelli decisero di seguire il consiglio e tornare di sopra.
«Mi sento molto meglio», sospirò Ginny quando furono soli in ascensore, «ora il problema sarà far tornare Percy in sé, ma sono felice che questa brutta storia sia solo un parto della sua mente malata».
George decise di concedere qualcosa al fratello: «Forse anch’io avrei travisato, al suo posto. Si sente molto in soggezione nei confronti di Kingsley, ed effettivamente se Angelina fosse uscita con lui prima di me… È un paragone pesante, insomma!»
I due arrivarono nell’atrio e si guardarono intorno. Ginny sembrava ancora poco convinta.
«Perce però deve cominciare a concedere la sua fiducia alle persone che gli vogliono bene, e questo vale sia per Audrey che per noi: pensa a come ci è stato addosso in questi mesi, non è un segno del fatto che non crede di essere stato davvero perdonato?»
«Allora non ha problemi solo con me», commentò Audrey, che era comparsa dall’altro ascensore, prendendoli di nuovo di sorpresa. «Mm… dovremo togliergli il vizio lavorando tutti insieme, ma la prima passata è mia».
Si era tolta lo spesso grembiule in pelle di drago e gli occhialoni protettivi, e in abiti civili sembrava più rassicurante, se non fosse stata per la sua espressione spietata.
«Oh, eccoti qua, Audrey: andiamo?», domandò George sforzandosi almeno un minimo di non sembrare felice come un bambino a Natale.
Il terzetto riemerse a livello della strada e uscì dalla cabina, quindi si diresse nel primo vicolo e si Smaterializzò all’ingresso del negozio di scherzi.
Percy li notò soltanto troppo tardi, quando ogni via di fuga era ormai tagliata. Pensò a sparire nel nulla, ma suo fratello ripeté la minaccia del licenziamento in tronco e quindi si trovò bloccato in quella sgradevole situazione.
«Ciao», mugugnò sentendosi in trappola. «Cos’è, una spedizione punitiva?»
Audrey stava per esplodere, ma tentò di controllarsi, quanto meno per non fare scenate in pubblico. Inoltre, dal discorso che aveva sentito fare ai fratelli Weasley, la semplice ramanzina non avrebbe risolto nulla. Eppure, se Perce non fosse riuscito a fidarsi di lei, sapeva benissimo quale sarebbe stato il finale. «Dimmelo tu, c’è qualcosa per cui dovrei essere arrabbiata?»
«Vi lasciamo un pochino di privacy», suggerì Ginny strattonando il proprietario del negozio, che sembrava molto scontento. Quando gli sillabò che avevano sempre le Orecchie Oblunghe, George sembrò tirarsi un pochino su di morale, ma i due piccioncini gemettero.
Pace e privacy? Come no.
Quando i due si nascosero dietro lo scaffale delle Merendine Marinare, Audrey respirò profondamente. «Sai, se hai delle accuse da fare, dovresti parlarmi».
«Mi pare che tu abbia la coda di paglia», rispose Percy con astio, come se si rifiutasse di chiarire, «e poi non ho avuto bisogno di chiedere, ho visto tutto con i miei occhi!»
«Hai visto quello che volevi vedere, idiota: non mi sto per sposare con Kingsley» esclamò la ragazza innervosendosi.
«Cosa?» Il mago si sentì improvvisamente più leggero, ma non voleva dargliela vinta tanto in fretta. Avrebbe ascoltato cosa aveva da dire, valutato se era sincera e deciso cosa avrebbe fatto poi. Anche se aveva soltanto una volta tremenda di abbracciarla e dimenticarsi tutta quella brutta storia.
«Se tu fossi venuto a cena come previsto, ci saremmo risparmiati questo casino!» e gli spiegò tutta la storia, con Kingsley che era sceso fino al sotterraneo per annunciarle le nozze imminenti e chiederle di fargli da testimone.
In quel momento era entusiasta al punto da trascinarla direttamente nel negozio di abiti per scegliere il suo completo di nozze. Audrey si era intenerita molto, contenta di vedere il suo amico così felice.
L’idea che i sospetti di Perce potessero guastarle quel momento la infastidivano non poco, ma doveva essere matura abbastanza. Non le fosse importato della loro storia, avrebbe mollato quello sciocco per molto meno… Ma non era così: il Weasley meno Weasley della storia si era ricavato uno spazietto nel suo cuore da cui difficilmente sarebbe stato difficile sbatterlo fuori.
«Allora sposa la modella?», domandò quel testone rifiutandosi di capire l’ovvio.
La ragazza scosse il capo, ormai sentendo che la sua arrabbiatura stava scemando. «E chi, sennò? Io di certo non lo voglio».
«Ma io ho visto…»
«Capisco che potesse sembrare una situazione ambigua, però ammettilo: hai subito pensato il peggio senza concedermi nemmeno un briciolo di fiducia».
Era un’accusa pesante, lanciata senza mezzi termini, eppure Audrey voleva sapere la verità: non era sicura di poter continuare una storia con una persona che non si fidava di lei, era una situazione che a lungo andare logorava chiunque.
Si avvicinò al bancone, aspettando la risposta di Percy, che era rimasto immobile al suo posto ponderando la risposta corretta. Poteva tacere, poteva negare come un idiota, o poteva ammettere che gli avvenimenti degli ultimi anni avevano minato il suo già scarso amor proprio. In genere avrebbe taciuto, piuttosto che aprirsi a tal punto, anche se con la ragazza aveva già parlato di molte cose che in genere si teneva per se, eppure…
«Non è così, credimi. Se ti dicessi che mi fido di te e che ora che mi hai spiegato la situazione mi sento un idiota sembrerei ipocrita, non è vero?»
A un cenno affermativo della giovane strega, Percy decise che era arrivato il momento di affrontare i suoi dubbi e le paure che lo prendevano spesso nei momenti più impensabili.
Audrey ne valeva la pena. Audrey era quella giusta, la persona con cui avrebbe voluto stare per tutta la vita. Era una sensazione che aveva sempre avuto fin dai tempi della scuola, ma che allora aveva considerato una considerazione legata alla sua folle cotta.
La sua reazione all’idea che lei gli stesse mentendo, invece, gli aveva aperto gli occhi su quanto si fosse affezionato a lei in così poco tempo.
Sì, per Audrey valeva la pena di esporsi e mettersi a nudo, sperando che quello che aveva da dire le bastasse per perdonare la sua immensa stupidità.
«Te l’avranno detto anche i miei fratelli, io…», sospirò, prima di sputare fuori la verità. «Io ho sempre paura che le persone a cui tengo, le cose belle della mia vita spariscano così, senza preavviso. Anche se razionalmente so che è stupido, in un certo senso sento di non meritarmi nulla di buono, mi vergogno di come mi sono comportato in passato e ora non credo di essere degno di qualunque cosa mi renda felice».
La strega sembrò sconvolta da quel fiume di parole, quella chiara ammissione di stupidità e quel malessere che comunque si avvertiva. «Devi smettere di punirti, Perce, perché ti stai rovinando la vita. Hai così tanti parenti che ti vogliono bene e tu rischi di perdere tutto con questo atteggiamento insensato. Hai sbagliato, è vero, ma non puoi continuare così: devi perdonarti», sbottò alla fine, sentendo una lacrima all’angolo dell’occhio sinistro.
Il modo in cui Audrey riusciva a leggergli dentro spaventò Perce: era davvero così semplice comprenderlo nel profondo? Non riusciva a crederci.
«Perdonarmi per cosa?» domandò cercando di scappare, in qualche modo.
«Per aver voltato le spalle alla tua famiglia, per non aver voluto ascoltare la voce della ragione… Per la morte di Fred», concluse lei abbassando drasticamente il tono della voce, come se avesse paura a pronunciare quel nome nel negozio che il defunto aveva contribuito a creare e a renderlo incredibile.
Percy sgranò gli occhi dietro le spesse lenti che portava sul naso, senza riuscire a replicare, e Audrey seppe di aver colpito nel segno. «Non è stata colpa tua», proseguì, «perciò smetti di continuare a punirti come se dovessi espiare qualcosa. Non fai del bene a nessuno privandoti dell’opportunità di essere felice».
Era un discorso molto delicato, anche se andava affrontato, con cui rischiava di giocarsi tutto. La storia che George le aveva raccontato, sul ruolo reciproco che i due fratelli avevano assunto controllandosi ed evitando di commettere sciocchezze irreparabili, le aveva permesso di avvicinarsi di più alla comprensione di certi atteggiamenti tenuti da Perce, ma questo non le diceva quanto lui avrebbe tollerato una simile intromissione.
Stavano insieme da pochi mesi, in fondo, e non si erano visti per molti altri: poteva sembrare pretenziosa, ne era consapevole, o semplicemente impicciona, ma voleva aiutarlo a ogni costo.
Percy stava boccheggiando, forse per contenere il nervosismo, forse per evitare di dire cose che non pensava e che avrebbero potuto allontanare la ragazza per sempre.
«Tu non lo puoi sapere, avrei potuto…»
«Fargli da scudo col tuo corpo? Deviare in qualche modo l’incantesimo che l’ha ucciso? Non è detto che ce l’avresti fatta comunque».
Era brutale, ma Percy ne aveva bisogno. A quel punto, come per sostenerla, George comparve da dietro agli scaffali e le diede ragione. «Sai che è così, Perce, smetti di punirti. Sono riuscito io a superarlo, perciò devi farlo anche tu. Ti vogliamo bene, quindi basta stupidaggini».
Alle sue spalle, Ginny aveva gli occhi lucidi ma annuiva con energia, senza riuscire a parlare.
Il mago cercò di replicare ancora, ma di fronte a così tanto affetto tutti i suoi dubbi, i sensi di colpa e le ansie per non meritarsi quell’amore si sciolsero. Inghiottendo a vuoto, abbracciò Audrey, che ricambiò quella stretta soffocante con la stessa forza.
«Sono un idiota, perdonami», biascicò Percy.
Osservandoli, George pensò all’anello che aveva nascosto nella cassaforte al piano di sopra: era arrivato il momento per separarsi da Perce, almeno come coinquilini.
Erano entrambi pronti a crescere e a camminare da soli, e con due streghe così intelligenti, forti e comprensive nulla sarebbe potuto andare storto.



Ed eccomi di nuovo qua, è stato un aggiornamento più faticoso del solito, anche per il momento di dipendenza da contest che mi ha preso negli ultimi mesi e che mi ha lasciato poco tempo per aggiornare le longfics... Chiedo venia. ^^"
Comunque sono molto soddisfatta di questo capitolo e spero che piaccia anche a voi. Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando!

Rowi
   
 
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