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Autore: alister_    17/04/2011    1 recensioni
I vampiri hanno le loro abitudini, le loro esigenze, le loro regole. Mentre la vacanza in Romania del giovane Marcus si trasforma nel peggiore degli incubi, il vampiro centenario John si ritrova faccia a faccia con il suo creatore, che non pare essere molto tollerante nei confronti della sua condotta. Una semplice mattinata di due vampiri a Bucarest, con tutti gli spargimenti di sangue del caso.
[Seconda classificata al "Vampires ain't gentle" contest della Writers Arena]
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aima

 

 

2

 

 

Uno dei vantaggi di avere più di quattrocento anni? Difficilmente si devono chiedere indicazioni stradali, anche se ci si trova a muoversi per le ampie e caotiche strade di Bucarest in cerca di un'imprecisata scuola superiore.

Si muoveva agile e leggiadra tra i passanti, guardandosi attorno con sguardo vispo. Era così bello trovarsi lontana da casa, per una volta, fuori da quella sontuosa reggia in cui era prigioniera, assoggettata alle rigide gerarchie della sua famiglia. Ad un estraneo- ad uno come Marcus- poteva sembrare un paradosso che una creatura come lei avesse il permesso di allontanarsi da Praga solo in determinate circostanze; eppure, per quanto le dolesse ammetterlo, il suo stesso status di vampiro plurisecolare, proprio perchè le conferiva l'onore e il privilegio di essere annoverata tra i pochi Nobili della Repubblica Ceca, segnava anche la sua condanna ad un'esistenza di dolorose rinunce e odi a stento repressi. Non importava quanto fosse forte, veloce e letale in confronto agli umani e a gran parte degli stessi vampiri; se paragonati ai settecento anni di giochi di potere e di sangue di Damien, i suoi quattro secoli non valevano nulla. Oltre l'alto portone di legno della loro reggia, era lui a comandare, e lei non poteva farci niente, almeno fintanto che non fosse riuscita ad eliminarlo e ad impossessarsi del potere, nello stesso modo in cui lui aveva fatto fuori suo fratello per prendere il suo posto di capo.

Il cielo di Bucarest risplendeva di un tenue chiarore diffuso e quella tonalità chiara e discreta d'azzurro era una piacevole distrazione dalle nuvole plumbee e gonfie di pioggia che erano solite infestare Praga per gran parte dell'anno. Una lieve brezza sfiorava il suo braccio lasciato parzialmente scoperto dalla camicia a mezza manica, ma quel primo segno autunnale non intaccava in alcun modo la sua pelle abituata a un freddo eterno e profondo.

La città era un piacevole contrasto di nuovo e vecchio, di verde e grigio, e pulsava di vita, nei veicoli che riempivano le ampie carreggiate, nei cittadini che si avvicendavano sui marciapiedi puliti e costeggiati da aiuole curate.

L'occhio le cadde su una vecchietta dall'aria spenta. Avvolta in uno scialle scuro, era curva dietro un banchetto pieno di ciambelle dalla forma irregolare. Covrigi, pensò, e per un attimo la mano fredda di suo fratello che gliene porgeva uno le sembrò vicina, viva, reale. Ricambiò con un sorriso e una manciata di monetine lo sguardo vacuo della vecchia, e il suo viso solcato da una ragnatela di rughe si raddolcì per un istante.

Ivory si portò lentamente la ciambella alle labbra. L'aveva già fatto, in un'altra vita, quando per la prima volta aveva calpestato il suolo di quella città, allora completamente diversa. Suo fratello le aveva comprato un covrig e gliel'aveva offerto senza dire una parola. Allora lei l'aveva morso timidamente, e quel sapore dolciastro le era sembrato il migliore che avesse mai assaggiato. Era stato il suo ultimo pasto da umana: quella sera stessa, suo fratello l'aveva strappata alla sua vita miserevole, vampirizzandola proprio nella terra dei vampiri. Forse per questo il ricordo di quel pasto frugale consumato per strada persisteva vivido a discapito dei secoli; o forse quella ciambella storta le era parsa tanto speciale solo perchè a porgergliela era stato suo fratello, quel fratello che le aveva dato la vita e che ora le era stato strappato via.

Chiamarlo fratello era improprio. Il sangue li aveva uniti, ma solo nell'atto del trapasso dalla vita alla vita dopo la morte.

Le piaceva inventare storie, da viva. Bugie, per la precisione, innocenti bugie per darsi un tono di fronte agli altri orfanelli che vivevano per le strade di Praga agli inizi del diciassettesimo secolo. Così un giorno, per rendere più credibile la leggenda sulle sue nobili origini agli occhi di quei quattro insulsi mocciosi, aveva additato lui, quell'ufficiale dell'esercito così giovane, bello e biondo da sembrare irreale, e aveva detto: “Lui è mio fratello, e un giorno di questi verrà a prendermi e mi porterà via con sé nella sua reggia”.

Nessuno le aveva creduto, ovviamente, almeno finchè lui non le si era avvicinato, in un'uggiosa mattina d'ottobre, ed aveva iniziato a parlarle come se fosse davvero sua sorella. I suoi occhi chiari avevano penetrato il suo sguardo e le avevano fatto intendere che lui sapeva tutto, conosceva tutte le sue frottole e capiva, la spalleggiava. Cominciò ad andarla a trovare di frequente, e lei, sporca e mal nutrita, si sentiva ogni volta sempre più inferiore alla sua bellezza sfavillante. E quando lui le aveva detto di dover partire alla volta della Romania, l'aveva seguito senza alcuna esitazione. Poco importava che la notte fosse solito intrattenersi con belle giovani dell'alta società che si rivelavano immancabilmente sparite nel nulla il mattino dopo: aveva capito che in lui c'era qualcosa di strano, di oscuro, ma non le importava, perchè finalmente qualcuno l'aveva degnata dell'attenzione che attendeva da sedici anni. E quando aveva condiviso con lei il suo segreto trascinandola con sé nel mondo delle tenebre, ne era stata felice: era finita la sua patetica vita di inutile orfanella, era cominciata la sua esistenza di creatura bellissima e letale. Ma, soprattutto, era al fianco di suo fratello e aveva l'opportunità di restarci per l'eternità: era questo che più l'aveva riempita di euforia.

Dopo quella breve tappa in Romania, avevano girato l'Europa in lungo in largo, mietendo vittime e proteggendosi a vicenda, come una vera famiglia. E poi, anni e anni dopo, erano tornati a Praga, e quello era stato l'inizio della fine.

Diede un piccolo morso alla sua ciambella e masticò con lentezza il boccone, per assaporarlo. Ma non c'era nulla da assaporare: non sentiva niente. Da secoli ormai le sue papille gustative non percepivano altro sapore che quello irresistibile del sangue.

-Stai cercando la tua umanità perduta?-

Una voce beffarda la sorprese alle sue spalle. Senza voltarsi, senza scomporsi, gettò il covrig quasi intatto in un cestino della spazzatura.

-Non mi manca la mia umanità. M'interessa il progresso, non il regresso-, replicò, asciutta. -E comunque non è molto carino prendere alle spalle una ragazza-.

Si voltò con uno scatto repentino del capo e si ritrovò davanti il sorrisetto sardonico che si aspettava di vedere. Biondo, pallido e slanciato come sempre, Lysander Von Rilken le si affiancò lungo l'ampio marciapiede. Indossava una lunga giacca grigia sotto la quale spuntava l'orlo arricciato di una camicia bianca d'altri tempi. I capelli chiari, che gli sfioravano morbidi le spalle, ondeggiavano elegantemente al ritmo del suo passo rilassato e splendevano come oro sotto i raggi di quel sole settembrino.

-Ero stufo di aspettarti. Ammettilo, ti sei persa-.

-Certo che no. Io non mi perdo mai, sei tu che mi dai appuntamento in luoghi insulsi. Mi spieghi che diavolo dobbiamo fare in una scuola?-

Si voltò per rivolgergli al meglio il suo sguardo inquisitorio, ma lui l'afferrò improvvisamente per un polso e la costrinse a fermarsi. Un autobus le passò davanti a meno di due centimetri dalla punta dei suoi piedi e fece svolazzare la gonna del suo scamiciato. Quando, subito dopo, una macchina quasi le sfiorò un ginocchio, si decise a fare un passo indietro. Alzò lo sguardo, e sbuffò: semaforo rosso.

-Attenta-, le sorrise mellifluo Lysander lasciandole andare con delicatezza il braccio.

-Si sarebbe spaccato l'autobus, non certo io-, commentò lei a bassa voce, seccata: odiava essere redarguita. Nonostante avesse quattrocentoventidue anni suonati, la gente si ostinava a trattarla come una bambina solo perchè aveva conservato il viso da bambola che aveva da adolescente.

-Certo, ma non sarebbe il miglior modo di passare inosservati, non credi? Se non vogliamo dare troppo nell'occhio, è bene uniformarsi alle abitudini della massa-.

-Parla quello che indossa ancora le stesse camicie che sfoggiava nel Settecento-.

-Touchè-, le concesse Lysander con le labbra distese in un altro sorriso, che però si spense non appena captò il pericolo. Ivory si era infatti allontanata furtiva per piazzarsi davanti alla vetrina di uno negozio di oggetti rari e antichità e i suoi occhi scuri già luccicavano di gioia.

-Che delizioso parasole!-, disse, raggiante, e Lysander si trovò costretto ad afferrarla di nuovo per un polso.

-Dopo. Ora non abbiamo tempo-, la liquidò, trascinandola via dal negozio. -E poi gli anni in cui dovevi proteggerti dalla luce del sole sono passati da un pezzo-.

-Il fatto che sia un vampiro plurisecolare e ben nutrito non significa che non sappia apprezzare e desiderare dei begli oggetti. Comunque sia, non mi hai ancora detto che abbiamo di tanto importante da fare!-

-Che impaziente-. Lysander alzò per un breve istante gli occhi al cielo. Più volte Ivory aveva cercato di capire di che colore fossero, ma senza successo. Nelle sue iridi si mescolavano l'azzurro cristallino di una fonte d'acqua e il cupo verde di un fondo di bottiglia, e dietro quelli che sembravano due gelidi pezzi di vetro splendeva, discreta e pericolosa, una scintilla rossa che sapeva di sangue.

Le indicò con le dita lunghe e affusolate un edificio pochi metri più avanti. La famigerata scuola, pensò sarcastica, adattando la sua andatura al passo svelto che aveva adottato il suo accompagnatore.

Lysander aggirò la porta principale- sul quale scorse di sfuggita una locandina colorata su cui troneggiava la sigla di un'associazione che non conosceva- e si fermò di fronte alle ampie finestre che davano su un aula per le conferenze e gli incontri extra-scolastici. Una quarantina di ragazzi sedeva assorta in un silenzio annoiato, mentre un uomo sui trent'anni dall'aspetto elegante teneva il suo discorso. Lysander le indicò con il mento leggermente appuntito l'attrezzatura per il prelievo del sangue alle spalle del relatore e lei, incuriosita e accigliata, tese l'orecchio e prestò attenzione alle parole di quello strano individuo.

Sapete perchè è importante donare il sangue? Sapete quante malattie necessitano di continue trasfusioni?”

Spalancò gli occhi, perplessa, mentre Lysander scuoteva il capo con una smorfia di disgusto impressa sul viso. Restarono ancora qualche minuto in silenzio, sfruttando i loro sensi da vampiri per ascoltare senza alcun problema il discorso dall'esterno.

La Romania è uno degli ultimi paesi europei in quanto alla donazione del sangue e ciò significa che è necessario importare dall'estero un considerevole numero di sacche. Il che ci espone a rischi pericolosi, in quanto non possiamo essere certi della provenienza e dell'affidabilità di quel sangue. Per questo è particolarmente importante donare il sangue! Voi che siete giovani dovete essere sensibilizzati al problema della donazione del sangue, perchè voi siete il futuro! Quando i pochi attuali donatori saranno troppo vecchi per poter donare, come farà un Paese già in difficoltà come questo a coprire il suo fabbisogno interno, se nessun giovane prenderò il loro posto? Per questo sono qui, per farvi capire che il futuro è nelle vostre mani! Allora, chi si fa avanti?”

Un silenzio stagnante ed imbarazzante calò tra la platea mentre l'uomo scandagliava i presenti con un sguardo a metà tra l'indagatore e l'accusatore. Qualche ragazzo bisbigliava con il vicino di posto- sussurri impercettibili sul che schifo, non ci penso neanche che non sfuggirono alle orecchie fini di Ivory e Lysander- qualche altro puntò lo sguardo colpevole sul pavimento, nella speranza che qualcuno si facesse avanti o lo togliesse da quella difficile situazione. Al sensibilizzatore sfuggì un sospiro abilmente calcolato, e dal pubblico si alzò un giovanotto alto e aitante, che, tra lo sguardo ammirato e preoccupato dei presenti, si fece largo fino al lettino bianco.

L'uomo, prima di penetrargli la vena e succhiargli artificialmente via il sangue per immagazzinarlo in una sacca, gli pose le solite domande di routine- se avesse preso farmaci di recente, se avesse qualche malattia particolare...- con una nota di urgenza nella voce che acuì i sospetti di Ivory. Sospetti che trovarono una conferma quando il sangue iniziò a sgorgare da quel braccio giovane e pieno di vita e nello sguardo dell'uomo si accese una scintilla famelica che ben conosceva.

Si voltò incredula verso Lysander, con gli occhi spalancati e la bocca contratta in un'espressione che esprimeva tutta la sua indecisione tra una risata e una smorfia di disgusto.

-E' incredibile...- disse, sbattendo le lunghe ciglia scure. -Mai vista una cosa simile. Voglio dire, è decisamente... anticonformista. Ingegnoso, aggiungerei, in un modo abbastanza disperato, ma comunque ingegnoso. Ed è... terribilmente patetico-.

-Patetico, già-, le fece eco Lysander, continuando a fissare con disprezzo la creatura oltre il vetro che a stento reprimeva la sua vera natura.

-Perchè lo fa?-

-Non vuole fare del male alla gente, ma non è abbastanza forte da rinunciare al sangue umano. Così sfrutta tutta la sua intelligenza da scienziato per architettare questi fantasiosi stratagemmi-. Scosse la testa in un moto di stizza e le lanciò un rapido sguardo con la coda dell'occhio. -Mi stupisco che non vada a pregare le donne con il ciclo di lasciargli leccare il loro sangue mestruale-.

Ad Ivory sfuggì una risata per la battuta e un sonoro bleah all'idea.

-Che razza d'immagine dà al mondo di noi! La sua esistenza è un insulto per ogni vampiro-, proseguì imperterrito Lysander, e il suo sguardo questa volta si strinse attorno a quella figura che fissava con cupidigia le vene pulsanti di una ragazza che aveva coraggiosamente seguito l'esempio del suo compagno di classe. Le sue pupille si ridussero a due fessure, e Ivory riconobbe in quegli occhi inclassificabili l'istinto del cacciatore che si preparava a balzare sulla sua preda.

-Immagino tu sia qui per porre rimedio a un tuo sbaglio, vero?-, chiese, seria.

-Sì-, le rispose lui lentamente, prima di decidersi finalmente a riportare il suo sguardo su di lei -E dire che sembrava così promettente. John Harris, inglese, nato a Londra agli inizi del Novecento, scienziato di discreta fama con la passione per gli studi di geologia che allora andavano tanto di moda. Mi ricordo ancora dell'entusiasmo con cui mi parlò dei milioni di anni che ci mette una roccia a formarsi. Non era semplicemente appassionato al suo lavoro, ne era... ossessionato. Pensa, quando mi rivelai a lui per quello che ero, mi pregò di trasformarlo. Voleva vivere abbastanza a lungo da osservare con i suoi stessi occhi quei fenomeni che aveva passato la vita a studiare. L'idea che il mondo stesse continuando a trasformarsi ad una velocità troppo lenta perchè i suoi occhi umani potessero scorgerne i segni lo tormentava. Per questo mi chiese a gran voce l'immortalità, e io gliela diedi-.

Con quella conclusione, Lysander diede sfogo a tutta la sua innata teatralità e le strappò un sorriso: erano così simili, a volte.

-Trasformi sempre gente strana, Lysander-, gli disse, con il tono comprensivo che una mamma userebbe con un figlio che combina troppe marachelle.

Lui non ne sembrò affatto turbato, e, anzi, sfoggiò un sorriso smagliante che cancellò la luce assassina che brillava nei suoi occhi sostituendola con un lampo di assoluta compiacenza.

-Vedessi la mia ultima creatura-, disse, entusiasta. -Una studentessa di una di quelle odiose e rigide scuole femminili private di cui è piena zeppa la Germania. L'emarginata della situazione, con tutte le compagne di classe che la prendevano in giro dal mattino alla sera per il suo aspetto anonimo e la sua anemia. La prima cosa che ha fatto non appena si è risvegliata come vampiro è stata prendersi la soddisfazione di trucidare quel branco di puttanelle. Mi è così grata di averle concesso la possibilità di avere finalmente la sua rivincita che ora mi è più fedele di un cagnolino. Fa' qualsiasi cosa io le ordini, ed è così squisitamente... sanguinaria-.

Di nuovo, Ivory rise. Lysander era sempre stato decisamente perverso, anche per i canoni di un vampiro. Per nutrirsi seguiva l'esempio della maggior parte dei suoi simili e adescava con il suo fascino innato donne belle e giovani che seduceva e dissanguava nel giro di una notte. Ma ciò che gli procurava davvero piacere era cercare tra la folla la sua prossima vittima, osservarla discretamente da lontano per settimane, silenzioso come un'ombra, aspettare il momento adatto di agire e rivelarsi ai suoi occhi, e affondare finalmente i canini nel suo collo, succhiando via ogni goccia di sangue con esasperante lentezza. E poi, poco prima che gli occhi della preda si chiudessero per sempre, mordeva con i canini ancora sporchi di sangue il suo stesso polso e lasciava sgorgare nella gola del moribondo il suo sangue. Era quello il suo hobby: cercare soggetti interessanti da tormentare e trasformare, per poi vedere come si sarebbero comportati una volta rinati come vampiri. Nutrirsi era solo una piacevole necessità; era questa la sua vera passione, e lui la seguiva senza alcun freno, girando l'Europa da più di trecentocinquanta anni alla ricerca di individui che destassero la sua curiosità. Ivory gli invidiava tutta quella libertà: pur essendo annoverato tra i Nobili della Germania, Lysander era libero di fare ciò che preferiva spostandosi dove più gli aggradava. Anzi, nel castello in Westfalia che avrebbe dovuto essere la sua residenza primaria trascorreva ben poco tempo: questo perchè, in quanto unico rappresentante dei nobili di quella zona, non doveva rispondere a nessun altro all'infuori di sé stesso. Ecco i vantaggi di abitare in un Paese con più Casate di Nobili, pensò Ivory con invidia. In ogni caso, il suo essere così malsanamente deviato faceva sì che la maggior parte dei vampiri lo guardassero con un misto di sospetto e disappunto, proprio come guardavano lei, il vampiro con la faccia d'angelo che coltivava l'estetismo più che il culto del sangue. Probabilmente era per quel motivo che la loro amicizia durava da oltre tre secoli: il loro essere stravaganti, per così dire, li aveva fatti andare d'accordo sin dal primo momento.

-Invece il caro dottor Harris fu una vera delusione. Certo, all'inizio della sua nuova vita era smanioso di sangue come tutti i giovani vampiri, ma poi, col tempo, il suo lucido pragmatismo è tornato a farsi sentire e lui si è trasformato nel piagnone che vedi in quella sala. Ha dimostrato tutta la sua ingratitudine sparendo nel nulla senza neppure lasciarmi un messaggio d'addio. Che stupido maleducato. Si è illuso di poter sfuggire al suo creatore, e invece io non ho mai smesso di tenerlo d'occhio. Ora che si è messo a girare l'Est Europa fingendosi il promotore di un'associazione per la raccolta del sangue che cambia sigla ad ogni Paese non posso più lasciar correre. L'unico merito che gli rendo è quello di riuscire ad occultarsi abbastanza bene: stampa i volantini, si prepara il suo esilarante discorsetto su quanto sia importante il sangue, affascina presidi e insegnanti di turno perchè non pongano troppe domande e gli accordino il permesso di tenere i suoi stupidi incontri con la gioventù del luogo. E, una volta fatta scorta di sangue, taglia la corda e passa ad un'altra città, o ad un altro Paese, prima che le sue attività inizino a destare sospetto-.

-Tutto chiaro-, disse Ivory, mentre stringeva gli occhi per cogliere il suo pallido riflesso nel vetro della finestra e accertarsi che i suoi capelli fossero in ordine. -Tranne una cosa. Quale sarebbe il mio ruolo in tutto questo?-

Lysander sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi, uno di quelli che elargiva con generosità alle donne che voleva prima portarsi a letto e poi uccidere, e le sistemò dietro l'orecchio un boccolo ribelle, sfiorandole in una carezza fredda e lasciva la pelle vellutata del collo.

-Neppure io voglio dare nell'occhio, Ivory. Il tuo ruolo è quello di tenermi compagnia mentre aspetto il momento adatto per smembrare quel rifiuto ambulante, liebe-.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Postilla conclusiva:

Io ho una mia particolare idea della fisiologia dei vampiri, che credo abbiate dedotto dalla lettura.

In ogni caso, in fondo al prossimo capitolo pubblicherò una sorta di nota con tutte le specificazioni del caso!

L'idea dei covrigi mi è venuta leggendo il blog di LeftEye, Erasmus in Romania

Grazie a Carmilla e a Chiara per i commenti!

Ricordo a tutti (?) la mia pagina Facebook!


 

 

 

 

 

 


   
 
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