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Autore: _Sihaya    17/04/2011    1 recensioni
[Riveduta e corretta]
Quale minaccia incombe su Jage Town? Perchè Rukawa è tornato in città?
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akagi Takenori, Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa, Ryota Miyagi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sihaya's Wild West'
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Capitolo 9 - Questione di tempo

Sihaya’s Wild West

(di _Sihaya)

 

- riveduta e corretta -

 

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CAPITOLO 9 - QUESTIONE DI TEMPO

 

“NOOOO!” Ayako urlò disperata, liberandosi dalla stretta dello sceriffo.

 

Due colpi.

 

Due colpi distanti una frazione di secondo.

 

Il rumore sordo degli spari aveva squarciato il silenzio e l’aria, ora, puzzava di polvere da sparo.

 

La pistola del vice sceriffo cadde in terra ricoperta di sangue. Il ragazzo fece un passo indietro, barcollando.

 

Mitsui, sul tetto del saloon, era raggelato; guardava sconvolto la pistola che teneva fra le mani.

 

Non aveva sparato.

 

Non ne aveva avuto il tempo.

 

Hycoc era stato dannatamente più veloce.

Ryota cadde a terra supino e una macchia rosso scuro si allargò lentamente sotto di lui.

 

Hycoc era ancora in piedi.

 

Mitsui era sconvolto, ammutolito.

 

Perché non aveva sparato? Perché aveva esitato? Quell’indecisione era costata cara!

 

Eppure continuava a non capire: aveva sentito due spari. Due colpi di pistola.

 

Vide Ayako correre verso il corpo di Ryota, inerme. “AYAKO! Va’ via di lì!” gridò angosciato.

 

Da lassù si sentiva impotente: Ayako non lo aveva sentito e lui non poteva fermarla. Allora prese a due mani la pistola puntandola contro Hycoc. Questa volta non avrebbe esitato. Mirò, con mano ferma, alla testa del bandito. Il dito fremeva sul grilletto.

 

Lo teneva sotto tiro, ma l’uomo vacillò.

 

Mitsui trattenne il respiro e intuì cosa gli aveva impedito di sparare.

 

Era stato un movimento simile a quello. Doveva aver registrato inconsciamente una lieve oscillazione dell’obiettivo e questo lo aveva fatto esitare.

 

Allora capì.

 

Hycoc era stato colpito pochi attimi prima che potesse farlo lui, da lassù.

 

Aveva sentito due colpi e uno di quelli era destinato al ricercato.

 

Non poteva essere diversamente.

 

Il corpo del bandito perse l’equilibrio e cadde a terra, privo di vita, a conferma delle sue ipotesi. Mitsui sospirò, liberandosi in un colpo di tutta la tensione che aveva in corpo. È finita, pensò alzandosi per scendere nella piazza.

 

Ryota era riuscito a colpire Hycoc.

 

Mitsui guardò il vice sceriffo disteso a terra. Ayako piangeva sopra di lui.

 

Akagi si avvicinò ad Ayako in lacrime e incurante del sangue che si spargeva attorno a lei, sporcandole gli abiti.

 

“Perchè? Perché?!” gridava in preda ad un pianto convulso e incontrollabile.

Hanamichi la prese per le spalle cercando di tirarla lontano. “Calmati, Ayako,” disse, ma lei non voleva saperne di allontanarsi dal ragazzo.

 

“Haruko, vai a chiamare un dottore!” gridò Akagi chiamando la sorella.

 

“Ayako, alzati, Ryota è ferito dobbiamo portarlo da un medico!”, tentò nuovamente Hanamichi. Ayako si voltò a guardarlo cercando di focalizzare l’attenzione sulle sue parole.

 

Ryota è ferito, aveva detto.

 

Ferito.

 

Ayako si sollevò meccanicamente dal corpo del ragazzo: i suoi abiti erano intrisi di sangue, ma il suo petto si alzava e si abbassava affannato. Respirava.

 

Era stato colpito alla spalla destra.

Il ragazzo aprì gli occhi incrociando i suoi e le sorrise.

 

Lacrime calde continuavano a scenderle dalle guance, ma ricambiò il sorriso. Provò il desiderio intenso di abbracciarlo stretto per dirgli quanto era felice, ma pensò che quello avrebbe acuito il dolore provocato dalla ferita.

 

Il vice sceriffo, dolorante, si mosse appena: “A-Ayako,” balbettò.

 

“Non affaticarti Ryota, non parlare,” suggerì lei premurosa, accarezzandogli la guancia. Quel gesto gli procurò un brivido dolce. Arrossì.

 

“Ayako…” continuò Ryota affannato, incurante del dolore e dell’arrivo del medico.

 

“… Ayako… me lo dai un bacio? … Un bacio prima di morire?” disse sorridendo.

 

Lei rimase senza parole: era lì a terra ferito e sanguinante eppure aveva ancora voglia di fare lo stupido.

 

Il dottore arrivò e, aiutato da Akagi, sollevò Ryota ponendolo su una branda di tela.

 

Ayako gli rimase vicino. “Non dire scemenze Ryota. Tu non sei in punto di morte…”, lo ammonì cercando di assumere un’espressione di rimprovero, ma non ne fu capace.

 

Lui chiuse gli occhi e sospirò: “Che cosa devo fare Aya?” ribatté scoraggiato, “devo morire per farmi baciare da te?”

 

Ayako, senza parole, guardò il ragazzo che nonostante la ferita e il dolore le sorrideva felice per il semplice fatto che lei gli fosse accanto. La sua espressione serena, però, non poté cancellare l’amarezza che quell’ultima frase aveva lasciato nel cuore della ragazza.

Akagi da un lato e il dottore dall’altro fecero per sollevare la barella improvvisata, ma Ayako li fermò e afferrò la mano sinistra di Ryota, che la fissò sorpreso da quel gesto imprevisto.

Lei s’accorse di adorare quello sguardo, ingenuo e profondo allo stesso tempo.

 

Gli sorrise, poi si chinò su di lui e appoggiò le labbra sulla sua bocca. Gli diede un bacio tenero e dolce, dal sapore salato a causa delle lacrime che le avevano bagnato il viso. Ryota strinse la sua mano ancora più forte in preda ad un’intensa emozione, finché la barella si sollevò spezzando la magia di quel momento.

 

Guardò contrariato lo sceriffo che parlava alla ragazza: “Ayako, dobbiamo andare,” le diceva invitandola ad allontanarsi. Ryota strinse la mano di Ayako, deciso a non lasciarla andare.

 

Lei alzò lo sguardo verso lo sceriffo: “Vengo con voi.”

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Hisashi scese l’ultimo gradino del saloon e raggiunse la piazza che aveva appena visto svolgersi il duello. Si fermò a pochi passi dal cadavere di Hycoc e lo guardò con freddezza. Un unico colpo alla testa lo aveva freddato: la pallottola era conficcata con precisione millimetrica in mezzo alla fronte.

Mitsui ne fu basito. Si scostò dal corpo e si diresse dall’altra parte fermandosi accanto alla chiazza di sangue che aveva lasciato Ryota, si chinò a raccogliere la sua pistola poco distante. La rigirò fra le mani, sollevò il cane e la aprì.

 

Sussultò sorpreso.

 

Nel tamburo c’erano ancora tutte le pallottole e la pistola era completamente carica.

 

Ryota non aveva sparato alcun colpo.

 

Allora chi aveva ucciso Hycoc?

 

Si guardò intorno. Era mattino presto e in giro non c’era ancora nessuno. Non vide nemmeno Hanamichi, ma era sicuro che fosse lì fino a poco prima.

 

Alle sue spalle, un nitrito lo sorprese.

 

Si voltò e vide Rukawa, accompagnato dal suo cavallo, sollevare il cadavere di Hycoc e caricarlo sulla schiena di un secondo puledro.

 

“Aspetta!” gridò raggiungendolo.

 

Rukawa, con il piede già infilato nella staffa, si fermò.

 

“Cosa vuoi?” domandò secco.

 

“Sei stato tu, vero?” asserì Hisashi senza preamboli.

 

Il cacciatore di taglie non rispose e di nuovo fece per salire a cavallo.

 

“Perché l’hai fatto?” chiese Hisashi trattenendolo per un braccio.

 

L’altro si liberò dalla stretta con disprezzo.

 

“L’hai fatto per Ayako, perché lei te l’ha chiesto, è così?” insistette Mitsui.

 

“L’ho fatto perché c’è una taglia sulla sua testa!” rispose Rukawa afferrando le briglie e montando, finalmente, a cavallo.

 

“E ora dove te ne vai?!” chiese Hisashi, nervoso.

 

“Ti libero della mia presenza, è questo quello che volevi, no?”, disse l’altro caustico, guardandolo dall’alto in basso. Poi agitò le briglie e partì al trotto, seguito dal puledro carico del corpo senza vita del temuto Hycoc.

 

Hisashi chinò il capo, sconfortato. Quello scambio di battute gli aveva lasciato una strana amarezza in bocca. Si rese conto che, stupidamente, sperava che il volpino fosse tornato per restare a Jage town.

 

Tornò al saloon, soprappensiero, e vi trovò Hanamichi, seduto sui gradini dell’ingresso che guardava la piazza deserta.

 

Sorrideva.

 

Era felice che le cose si fossero risolte in quel modo.

 

Hisashi lo raggiunse: “Tu lo sapevi, vero?” chiese.

 

“Che cosa? Che era stato lui a sparare?” fece il rossino alzando lo sguardo.

 

Mitsui annuì e si sedette accanto a lui. “E che non era qui per restare,” aggiunse.

 

“Ti sbagli.”

 

Hisashi lo guardò con aria interrogativa: “Che cosa vuoi dire?”

 

“Voglio dire che tornerà,” spiegò Hanamichi, con un’espressione soddisfatta sul volto, “io lo conosco bene: noi gli manchiamo, gli manca tutta Jage Town.”

 

“Come puoi esserne sicuro?” protestò Hisashi scettico.

 

Hanamichi scrollò le spalle, come se la risposta fosse ovvia: “Perché io sono Hanamichi Sakuragi: il genio.”

 

E mentre Mitsui, rassegnato, si passava una mano sul volto, Hanamichi si fece serio, si piegò un po’ all’indietro e si appoggio sui palmi delle mani: “Ormai si è affezionato a noi,” aggiunse, “solo che è dannatamente orgoglioso per ammetterlo. Tornerà, credimi. È solo questione di tempo.”

 

Hisashi lo guardò, stupito e allo stesso tempo sollevato: l’ipotesi non era male.

 

“Può darsi…” disse alzandosi e dirigendosi verso l’ambulatorio del medico, con la sensazione di potersi finalmente lasciare il passato alle spalle.

 

In quel momento i rintocchi dell’orologio segnarono le cinque del mattino.

 

La giornata era appena incominciata.

 

$ - THE END - $

 

   
 
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