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Autore: Tinotina    18/04/2011    6 recensioni
Voldemort e Bellatrix, nulla più che semplice passione - solo questo - sfociata però in una bellissima bambina, non voluta, abbandonata, ma mai lasciata.
E quando si ritroveranno, su schieramenti opporti, cosa scegliere?
Cosa fare? Chi essere?
Questa è una Fanfic On Demand presa dal forum di EFP. Idea originale di jaybree88
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Tom Riddle/Voldermort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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3.Come Ali Di Corvo

 
Kreacher aveva ricevuto un ordine.
Kreacher doveva portare la bambina di padrona Bellatrix al sicuro.
Kreacher avrebbe fatto il suo dovere.
E Kreacher conosceva solo un posto dove la bambina sarebbe stata sicuramente accolta e protetta nel migliore dei modi. Un posto rispettato da tutti i maghi.
Così, presa la cesta contenente la piccola fasciata e dormiente, si smaterializzò con un sonoro “Puff”.
Riapparirono poco dopo ai margini di un antico castello le cui torri altissime e le mura imponenti potevano suscitare sentimenti di inadeguatezza a tutti coloro che non erano invitati ad entrare.
Il castello trasudava magia; antica e recente, grazie alle generazioni di maghi che, ciclo dopo ciclo, erano state accolte ed educate da quelle mura .
Si, quella era Hogwarts.
Il luogo in cui nessuno veniva abbandonato.
Il luogo abbastanza degno di ospitare la piccola Black.
Kreacher non temeva quelle pietre, no. E non le avrebbe temute neanche in seguito.
Aveva ricevuto un ordine; e lo doveva portare a termine.
Al sicuro, al sicuro. Doveva portarla al sicuro.
Entrò senza fatica all’interno, superando quegli incantesimi di protezione che quei maghi compivano per proteggersi dai propri simili, ma che non impedivano l’accesso a lui, che possedeva un altro tipo di magia.
La notte nel frattempo si era impadronita di ogni angolo, inglobato ogni luce, zittito ogni suono.
Regnava incontrastata nell’aria che, ubbidiente, prese a scorrere lenta e gelida mentre la Luna, unico faro in quell’oscurità, illuminava la Terra e impotente si mise ad osservare, come faceva fin dalla notte dei tempi.
Kreacher ora camminava leggero su un pavimento marmoreo. La cesta volava appresso a lui sorretta da un banalissimo incantesimo di levitazione, e ondeggiando qua e là mantenne stabile il sonno della bambina che stava lì sdraiata.
I quadri alle pareti non fecero caso all’esserino che vagava nel corridoio, i fantasmi non udirono niente che potesse indurli ad accorrere; il nulla sembrava il padrone assoluto.
Avanzò veloce in quel luogo di scale e intrecci fino a che non arrivò davanti a un maestoso gargoyle.
L’elfo provò ad attraversare quel passaggio che, tutti sapevano, portava all’interno dell’ufficio del Preside della scuola; carica attualmente occupata da Albus Silente.
Tentò varie volte di entrare, ma il custode del passaggio non volle sentir ragioni: non si entra senza parola d’ordine.
Kreacher un primo attimo si smarrì – come avrebbe fatto ora a portare la piccola al sicuro? Oh, la padrona Bellatrix si sarebbe arrabbiata, sicuro, sicuro. Ma Kreacher era stato bravo- lui l’aveva portata a Hogwarts – la padrona non punirà Kreacher per questo; la bambina era al sicuro. Padrona Bellatrix capirà che la bambina è al sicuro e non punirà Kreacher. Si, si, andrà così. Padrona Bellatrix capirà … - dopodiché decise di lasciare la cesta ai piedi della statua.
Non è che Kreacher non nutrisse in se una coscienza, ma proprio non riusciva a comprendere la gravità dell’azione che aveva appena compiuto.
Lasciare lì la bambina, in balia di se stessa, non era per lui una cosa cosi grave.
Lui aveva semplicemente obbedito agli ordini: la bambina, all’interno delle mura, era al sicuro e ciò era quel che doveva fare.
Fece per andarsene quando la piccola si destò un momento, scalciando quel lenzuolo che la riparava dal freddo.
Aprì i suoi grandi occhi di bimba e sorrise a quegli occhi verdi di elfo. Con le sue piccole manine cercò di afferrare quelle enormi orecchie per stringerle a se, mentre Kreacher, impaurito da quel piccolo gesto di vicinanza, si allontanò terrorizzato.
No, no. La bambina appartiene a padrona Bellatrix; Kreacher non può toccare la bambina.
La piccola, visto l’allontanarsi dell’elfo, si spaventò anch’essa.
In fondo, cosa aveva chiesto, se non un minuscolo abbraccio?
Aveva fatto qualcosa di male e per questo non lo meritava?
Tutto ciò, nella mente della neonata, portava a una sola conseguenza inevitabile.
Piano piano, più forte, sempre più forte, iniziò a piangere.
Quel gridare il bisogno disperato di una piccola carezza, ad un ritmo sempre più sostenuto, svegliò l’intero castello.
I quadri iniziarono a lamentarsi e a dibattersi chiedendo silenzio; i fantasmi che non avevano bisogno di sonno, iniziarono ad affrettarsi per raggiungere il luogo, parlottando tra loro : in quella notte era sicuramente accaduto qualcosa di insolito.
L’elfo si impaurì: aveva fatto piangere la figlia di padrona Bellatrix! Si sarebbe punito duramente! Si, si. Aveva sbagliato e si sarebbe punito.
Dopo un’ultima occhiata alla bambina, si smaterializzò in direzione del maniero in cui alloggiava padrona Bellatrix e dove poi si sarebbe chiuso le sue grandi orecchie nel forno caldo.
 

 
Tutto quel chiasso portò Albus Silente e Minerva McGranitt, preside e vice-preside della scuola ad accorrere davanti al gargoyle.
Quel che trovarono, li lasciarono sbigottiti : una bambina, chiusa in una cesta ormai logora, piangeva disperata circondata da vari fantasmi; i quali, non volendosi perdere l’avvenimento, erano subito giunti al luogo del fracasso.
Quel ciarlare di mille voci sovrapposte fece agitare ancor di più la bambina, già spaventata dal suono della smaterializzazione, fino a che l’ordine perentorio della strega non zittì quadri e fantasmi.
<< Silenzio! >> gridò << Non la vedete come piange? Smettetela immediatamente e tornate alle vostre occupazioni. Sir Nicholas, affido a lei il compito di rimandare nel dormitorio i capiscuola che oggi stanno facendo la ronda. In quanto a voialtri, dormite, vagate, non mi interessa; ma se vedo anche uno solo di voi …>>
<< Suvvia, suvvia, Minerva cara >> intercedette il professor Silente << Non si agiti così tanto. Piuttosto non crede sia meglio portare questa povera bambina in un luogo asciutto e darle un po’ di latte caldo? Sarà affamata, a giudicare dagli strilli >>
Minerva rimase interdetta dall’ordine ricevuto ma, senza porre obiezioni, prese la bambina tra le braccia e partì in direzione delle cucine dove, sicuramente, qualcuno stava già preparando quanto richiesto.
Sicuramente – pensava tra sé - Albus non è così ingenuo da non capire che qualcuno è entrato nel castello stanotte; qualcuno che ha lasciato questa bambina di proposito.
Mi chiedo chi sia questa bambina …
Forse fu proprio quella curiosità, o forse quell’istinto materno che non aveva mai avuto occasione di essere soddisfatto, a spingere la strega a guardare quel fagotto che teneva stresso a sé.
Era proprio una bella bambina. Si vedeva che era nata da poco tempo, data la grandezza del piccolo corpo e dai corti e radi capelli neri.
Gli occhi erano aperti, grandi e vispi. A prima vista si poteva dire che erano tinti di oro puro, ma se si guarda con attenzione; come in quel momento stava facendo la professoressa, si possono notare delle leggere pagliuzze nere come le ali di un corvo.
E mentre osservava quella piccola creatura che teneva tra le braccia, che la fissava a sua volta divertita, pensava a chi mai potesse aver voluto abbandonarla all’interno di Hogwarts.
Sapeva che anche il preside stava riflettendo sulla questione e che, di conseguenza, non avrebbe dovuto affatto preoccuparsi - Silente avrebbe fatto tutto il possibile per quella bambolina dagli occhi d’oro; l’avrebbe protetta e portata in un luogo sicuro – ma non riusciva davvero a smettere di preoccuparsi.
Dal momento in cui l’aveva presa tra le braccia aveva provato verso quella piccolina, un moto di protezione che non riusciva a spiegarsi.
Derivava forse dal fatto che non aveva mai avuto dei bambini suoi? O forse perché questa, diversamente da altri bimbi che aveva avuto il piacere di conoscere nel corso della sua vita, non aveva nulla?
Era sola.
Ripudiata perfino dalla donna che l’aveva messa al mondo.
Non aveva una risposta a queste domande.
Non aveva una risposta. E non l’avrebbe avuta quella sera.
Ora mai era arrivata nelle cucine e l’ aveva affidata alle cure degli elfi.
In un attimo la bambina succhiò il latte con voracità, quasi non avesse mangiato nulla fin dalla nascita.
Impiegò diversi minuti per consumarlo interamente,e quando ebbe finito, subito s’addormentò, con un piccolo sorriso che increspava le guance magre.
La prese leggera con sé, salutò educatamente gli elfi, e si indirizzò verso l’ufficio del preside.
Lungo la strada non incrociò nessuno; avevano tutti paura dell’ordine da lei impartito.
Molto bene.
Non gradiva i pettegolezzi, né le chiacchiere in genere, in special modo quelle del tutto inutili.
La sicurezza della bambina era la cosa più importante ora, e le dicerie avrebbero fatto solo perdere del tempo prezioso.
Detta la parola d'ordine al Guardiano di pietra, la strega entrò nell'ufficio del preside, che la stava aspettando.
Il professor Silente era adagiato su di una sedia dietro l'imponente scrivania dell'ufficio. La mani incrociate davano all'uomo un'aria stanca, molto più di quando egli volesse effettivamente mostrare.
Non riusciva a capire come mai far crollare tutte le sue barriere, mostrarsi fragile, non lo spaventava quando aveva davanti il volto di Minerva.
Un volto sempre pieno di comprensione e rispetto, per lui.
<< Minerva cara >> la salutò << La piccola ha mangiato? >>
<< Oh si. Ha divorato tutto ed ora si è addormentata >>
<< Molto bene. Deve essere stata una giornata lunga per lei. Mettila lì; starà più comoda >> disse facendo apparire magicamente un grazioso lettino per neonati.
La strega la adagiò leggera e poi la coprì con una calda coperta.
<< Albus >> sospirò quando ebbe finito << Dobbiamo parlare >>
<< Suvvia Minerva! Ti prego di metterti seduta anche tu. Sei troppo tesa e preoccupata, stare in piedi non gioverà alla tua salute. E poi ho già pensato a tutto io, non hai bisogno di allarmarti >>
<< Cosa hai in mente, Albus? >> chiese dopo essersi seduta.
<< Nulla di particolare, mia cara. Noi non possiamo tenere la bambina, l'anno scolastico è appena cominciato e con tutti gli studenti in giro, la bambina non sarebbe al sicuro. Restare qui, per lei, è una cosa inammissibile >>
Il volto della McGranitt si scurì di colpo. Non che si aspettasse un esito diverso, ma quelle parole, intrise di una così cruda realtà, la risvegliarono come se fosse stata appena colpita da una secchiata di acqua gelida.
<< Suvvia, non faccia quella faccia. Non può rimanere al castello, ciononostante credo fermamente che chiunque l'abbia portata qui voglia soltanto il bene della bambina. Hogwarts non chiuderà le sue porte a lei, né a nessun altro, e per questo mi sono preso la libertà di affidarla a una buona famiglia. La stanno aspettando in questo momento. Dobbiamo proprio affrettarci, sempre se lei vuol venire con me nel dire arrivederci a questa giovane strega >>
Hogwarts non chiuderà le sue porte a lei.
Minerva era sicura di questo. Albus, in tutti questi anni, è stato il preside e l'uomo migliore da lei conosciuto. Sapeva che aveva capito l'importanza del passato – da come ne parlava sempre – e aveva capito che voleva assicurare a quella bambina un passato di cui non si sarebbe dovuta preoccupare in seguito.
Un passato felice e sorridente, con un solitario castello immerso nei più profondi ricordi inconsci.
E voleva far iniziare quel passato fin da ora.
<< Io … si, vengo molto volentieri >>
Cosi riprese con se la bambina,poi lo raggiunse e, prendendolo sotto braccio, in una nuvola di polvere si smaterializzarono.
Riapparirono molto lontano dal mondo magico.
Sembrava quasi di essere in un altro mondo.
Era un altro mondo.
E in quel mondo, una piccola casetta di mattoni a vista con un prato curato e le luci accese.
Aveva un'aria cosi pacifica che sembrava quasi invogliare i passanti ad osservare cosa succedesse all'interno, sbirciando attraverso le finestre.
Si, quella era Casa Granger. 
  
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