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Autore: Jacqueline Crayle    20/04/2011    1 recensioni
< Un lampo di luce tagliò il buio della stanza.
Gli occhi di Jacqueline si serrarono istintivamente, poi lentamente cominciarono a schiudersi sul nuovo giorno.
‘Dove mi trovo?’ fu il primo, spontaneo pensiero.
La porta della camera era aperta, e sulla soglia si stagliava imponente la nera figura dell’uomo che, da un mese a quella parte, arrivava a svegliarla.
L’immagine familiare la riportò alla consapevolezza.
- Sono le nove. Hai fame? -  chiese il professor Piton.
Per tutta risposta, Jacqueline ricacciò la testa nel cuscino di piume, girandosi dall’altra parte.
La porta della stanza si richiuse con uno schiocco secco.
Lo stesso rituale si ripeteva ogni mattina da quando, a metà giugno, Jacqueline era stata accompagnata in quella stessa stanza dal silenzioso padrone di casa. >
Una fan fiction in 12 capitoli che coinvolgerà una ragazza smarrita, un castello magico e, come in tutte le fiabe che si rispettino, un misterioso principe dai capelli corvini e il naso adunco : )
Buona lettura!
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Severus Piton
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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CAPITOLO 2:  Riabilitazione                                                                                        

 

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Arrivò agosto, caldo e insopportabile.
Il sole batteva forte sui muri di mattone rossicci delle case in Spinner’s End, e l’afa era opprimente.
Jacqueline passava le ore più calde della giornata nella sua stanza, al riparo dai raggi insistenti, contemplando il soffitto e spostando i granelli di polvere sospesi sopra di lei a colpi di bacchetta.
Più della ragazza soffriva Sullivan, la salamandra, appiattita sul fondo della sua vaschetta e con la testolina nascosta sotto le felci sottratte al giardino.
Di tanto in tanto, Jacqueline estraeva svogliatamente dal baule di scuola il libro di Storia della Magia, o quello di Trasfigurazione, ma non passava molto tempo prima che tornassero a dormire con gli altri effetti.

Una mattina tardi, quando il sole era già alto, Piton bussò alla porta della soffitta.
Prima che Jacqueline, ancora sotto le coperte, avesse il tempo di svegliarsi del tutto, il professore aveva già aperto la porta.
- Devo parlarti -  si limitò a dire, richiudendola alle sue spalle.
La ragazza, ancora in camicia da notte, si tirò su a sedere, sistemandosi i capelli arruffati e coprendosi il petto con le lenzuola.
Dopodiché, come sempre, si limitò ad ascoltarlo.
- Questa mattina presto sono stato in Grimmauld Place per consultarmi con l’Ordine a proposito della tua collocazione -
Jacqueline si fece subito più attenta.
- In breve, non è il caso che tu rimanga ancora qui. La famiglia Tonks si è offerta volontaria per ospitarti… Dopotutto in qualche modo sono tuoi parenti -
- No... -  mormorò Jacqueline, fissando attonita il professore davanti a sé.
- Penseranno loro ad accompagnarti a Londra a settembre -  continuò lui, ignorando l’interruzione.
- No -  ripeté lei più decisa.
Piton prese atto della protesta in corso, ma non si scompose.
- Perché? -
Era la loro prima conversazione dopo due mesi di quasi totale silenzio.
- Mi lasci rimanere qui -  disse Jacqueline d’un solo fiato.
Piton scosse la testa, - Non è sicuro per te rimanere qui troppo a lungo -
- Non voglio vedere nessuno -  ribadì lei, allontanando con rabbia le lenzuola e fissando i propri occhi supplici in quelli freddi e neri dell’uomo in piedi in mezzo alla stanza.
- L’Ordine decide - 
- No! -  Jacqueline si alzò dal letto, vacillando verso di lui e inciampando.
Si aggrappò con le mani alla tunica nera del professore, mentre lui le afferrava i polsi impedendole di cadere ai suoi piedi.
Lasciò che quelle braccia gracili gli cingessero la vita. 
- Mi dispiace -
Jacqueline, inginocchiata sul pavimento, lo strinse più forte.
Sapeva che prima o poi si sarebbe dovuta preparare a lasciare il proprio rifugio sicuro, riparo dal mondo esterno, ma pensava che quel momento fosse ancora lontano.
Nascose il viso nella stoffa della tunica quando sentì le prime lacrime di rabbia rigarle le guancie.
Piton lasciò passare qualche minuto. Poi, piano, la scostò.
- Ti accompagnerò domani dopo colazione -
Fu tutto ciò che disse prima di uscire dalla porta, lasciando Jacqueline sola, immobile sul pavimento, i luminosi granelli di polvere sospesi intorno a lei.
**
 
Il mattino seguente, Jacqueline si alzò prima del solito.
Preferendo evitare la colazione, decise di dedicarsi direttamente alla valigia da preparare.
Non aveva molto con cui riempirla: i pochi vestiti, la divisa di Corvonero, i libri di scuola, la scacchiera magica, il set di pozioni e la bacchetta.
Dopo aver chiuso a chiave il lucchetto si guardò intorno, controllando di non aver dimenticato niente.
‘Sullivan!’  ricordò all’improvviso, portandosi una mano in fronte.
Come portarla con sé?
Scese in cucina per cercare un contenitore adatto, ma si fermò quasi subito vedendo il professore seduto al piccolo tavolo di legno, al centro della stanza.
- Buongiorno -  le disse.
Dopo averlo fissato qualche secondo, Jacqueline accennò un - buongiorno – di rimando e gli diede le spalle, cercando di ignorarne lo sguardo sulla propria schiena e concentrandosi sui ripiani della credenza.
Adocchiò una ciotola, ‘Troppo tonda’, una scatola di latta, ‘Troppo piccola’…
- Cerchi questa ? -
Si voltò di scatto.
Piton spingeva sul tavolo verso di lei una gabbietta di metallo con il fondo rinforzato.
Jacqueline arrossì appena: non erano molti i gesti di aperta gentilezza che le rivolgeva.
- Grazie -  l’afferrò veloce e tornò in soffitta.
 
Si vergognava del piagnisteo che aveva esibito davanti al coinquilino il giorno precedente.
Dopo tutto, pensò lasciandosi cadere sul letto, era il suo professore.
‘Il mio professore…’
Che cosa avrebbero pensato i suoi compagni se avessero assistito a quella scena?
Piton era l’insegnante più temuto della scuola, quello dal quale mantenere le distanze, con cui non è mai il caso di sbilanciarsi. Anche a Jacqueline incuteva molto rispetto.
Stare in casa sua, vedere il luogo in cui viveva, sedere allo stesso tavolo, usare il suo bagno, non aveva diminuito di molto il senso di timore che aveva sempre provato nei suoi riguardi.
E quello che era successo il giorno precedente… quell’atto le era uscito in modo incredibilmente spontaneo.
Ma ora che l’impeto di emozioni si era acquietato e le lacrime si erano asciugate, si sentiva incredibilmente sciocca.
Da parte sua Sullivan, la cui vita tranquilla di salamandra lo dispensava da patemi analoghi a quelli della padrona, apprezzò il regalo e si acciambellò in un angolo della nuova casa, mentre Jacqueline vi trasferiva il muschio.
Terminò, ammirò l’opera, e decise che era pronta per scendere.
Diede un ultimo sguardo a quella che per quasi due mesi era stata la sua isola di salvezza, e la porta si chiuse definitivamente.
Jacqueline tirò un sospiro e, mentre scendeva lentamente le scale a chiocciola, accolse con rassegnazione il senso di insicurezza e di abbandono che, ad ogni gradino, sempre più riniziava a crescere in lei.
**
 
Il viaggio fu breve e silenzioso.
Dopo aver camminato fino alla seconda traversa di Spinner’s End, si addentrarono in uno stretto vicolo cieco e, accertatisi che fosse effettivamente deserto, si smaterializzarono.
Poco mancò che Jacqueline vomitasse sul grazioso zerbino color malva sul quale erano ‘atterrati’. Dovette fare appello a tutto il suo orgoglio Corvonero per contenersi!
Piton le gettò un rapido sguardo, come a volersi accertare dell’effettiva tenuta del suo stomaco, e suonò il campanello.
Ted sono arrivati! -
Vai tu tesoro? -
La porta si spalancò, e Jacqueline sgranò gli occhi.
In piedi davanti a loro stava una donna di media statura, morbida, con una chioma di cespugliosi ricci color mogano e un sorriso caloroso. Profumava di miele e lievito.
- Piacere, sono Dromeda, tu devi essere Jacqueline -  la salutò gentilmente.
‘E tu devi essere mamma orsa’  pensò la ragazza di rimando, un po’ preoccupata.
- Piacere - strinse la mano della donna con un debole sorriso, tornando a sistemarsi nervosamente i capelli.
- Prego, prego, entrate -  li invitò la signora Tonks facendosi da parte.
 
Varcata la soglia, si trovarono in un piccolo salotto molto accogliente e ordinato, accuratamente ammobiliato in legno.
Da una sedia si alzò un uomo minuto e dall’espressione cordiale, che tese la mano ad entrambi.
- E questo è mio marito, Ted -  li presentò la padrona di casa.
- Caro - gli si rivolse poi, mentre con la bacchetta faceva comparire due sedie in più per Piton e Jacqueline, - Sai che fine ha fatto tua figlia? -
- Eccomi mamma! -  in quel momento comparve alle loro spalle una donna molto giovanile, simile in tutto al padre eccezion fatta per la corta chioma, di un acceso color rosa cicca!
Jacqueline l’aveva incrociata accidentalmente solo una volta, in compagnia di Sirius.
‘Sirius…’
Ora che la guardava bene, i suoi occhi le ricordavano quelli del fratello.
La stessa spensieratezza.
Per un istante le due figure si sovrapposero, e nella sua mente galleggiò un’immagine di Sirius con i capelli rosa, che le strappò il primo sorriso dell’estate.
 
Finite le presentazioni e dopo che la signora Tonks ebbe amorevolmente ingozzato Jacqueline di biscotti e puro affetto materno, Piton si congedò e le ragazza fu accompagnata da Ninfadora al piano superiore.
- Ehm, Ninfadora… - 
- Ti prego, chiamami Tonks! -  la interruppe prontamente, mentre la sua chioma si infiammava di un esplicito color fuoco, - Odio quel nome! -
- Tonks… - Jacqueline corresse rapida il tiro, - Non vorrei esservi di troppo disturbo -
- Non scherzare! Punto numero uno sei praticamente di famiglia, punto numero due mia madre non vede l’ora di coccolarti, e punto numero tre… non so come tu sia riuscita a convivere con ‘Mr. simpatia’ per due mesi, ma hai di sicuro bisogno di una pronta riabilitazione! A questo penserò io -  concluse girandosi verso di lei e facendole l’occhiolino.
**
 
Detto fatto. La famiglia Tonks prese molto seriamente il proprio ruolo.
In un mese, Jacqueline riacquistò l’appetito (a forza di zuccotti di zucca e dolcetti fatti in casa) ma soprattutto la parola.
La madre di Tonks le ricordava molto la signora Weasley: la stessa calorosa premura, lo stesso affetto spontaneo. Solo più pacata e con una vera ossessione per l’ordine!
Jacqueline passava la maggior parte delle giornata nella piccola camera che condivideva con Tonks, godendosi la riscoperta sensazione di appartenere a una famiglia.

- Materia preferita -  attaccò una sera Tonks, seduta al tavolo della cucina, scartando una cioccorana.
- Incantesimi -  rispose pronta Jacqueline, riponendo nel cassetto le forchette appena asciugate.
- Professore preferito - 
- Vitious! - 
- Voto peggiore preso fin’ora - 
- ‘S’ in Storia della Magia… ci tengo a specificare che era un test a sorpresa - 
- Compagna più simpatica - 
- Ginny Weasley, eravamo diventate molto amiche durante le estati passate alla Tana. E Cho Chang, del mio anno, può sembrare un po’ superficiale ma è una valente compagna di banco -
- Compagno più odioso -
- Blaise Zabini, è da un anno che mi sta addosso e non mi dà pace -  rispose alzando gli occhi al cielo. 
- Oooh, J. fa conquiste! -  la prese in giro Tonks, stampandosi in faccia un ghigno perfido. 
- Ma smettila! -  la rimproverò Jacqueline, scoppiando a ridere e cacciando la testa sotto la sedia per raccogliere un cucchiaino fuggiasco.
Da quando aveva lasciato la casa di Piton, pensava spesso alla scuola e ai suoi amici; con affetto e, allo stesso tempo, con preoccupazione.
Li aveva abbandonati senza dare spiegazioni, probabilmente suscitandone il risentimento.
Ne aveva nostalgia, ma allo stesso tempo desiderava poter rimanere lontana da tutti ancora un po’… 
Con Tonks, magari.
**
 
Quando arrivò l’ultimo giorno di vacanze, Jacqueline non riusciva a prendere sonno.
- Tonks, stai dormendo? -  bisbigliò dal suo letto.
- Non più -  rispose l’amica, sbadigliando sonoramente e voltandosi in direzione della sua voce.
- Mi scriverai quando sarò a Hogwarts? -  le chiese Jacqueline, dando voce ai suoi timori.
Tonks si mise a sedere.
- Ahi! -  esclamò Jacqueline quando il cuscino la colpì a tradimento.
- Certo che ti scriverò, ne dubitavi?! -  chiese l’amica con finta indignazione.
- Ma no, è che sarai impegnata con l’Ordine e tutto il resto… -  si giustificò.
- Tranquilla, non ti abbandono J. - 
- Ok… ma non chiamarmi Jay! -  la rimbeccò.
Chiuse gli occhi con il sorriso ancora sulle labbra.
A tradimento il suo pensiero andò a Piton.
Chissà dove si trovava in quel momento…
‘E' a casa sua, dove vuoi che sia?!’
Chissà se aveva sentito qualche differenza la mattina, facendo colazione da solo…
Jacqueline si diede della stupida per quel pensiero e, finalmente, si addormentò.
 

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Allora. Questo capitolo è di preparazione a quello più decisivo: l'arrivo a Hogwarts. 
Vorrei ringraziare i 60 gentilissimi che hanno letto il primo capitolo e scusarmi per eventuali errori di battuta (so di farne un sacco)...
Abbiate pazienza :)
A presto!
Lily
  
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