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Autore: Jacqueline Crayle    19/04/2011    3 recensioni
< Un lampo di luce tagliò il buio della stanza.
Gli occhi di Jacqueline si serrarono istintivamente, poi lentamente cominciarono a schiudersi sul nuovo giorno.
‘Dove mi trovo?’ fu il primo, spontaneo pensiero.
La porta della camera era aperta, e sulla soglia si stagliava imponente la nera figura dell’uomo che, da un mese a quella parte, arrivava a svegliarla.
L’immagine familiare la riportò alla consapevolezza.
- Sono le nove. Hai fame? -  chiese il professor Piton.
Per tutta risposta, Jacqueline ricacciò la testa nel cuscino di piume, girandosi dall’altra parte.
La porta della stanza si richiuse con uno schiocco secco.
Lo stesso rituale si ripeteva ogni mattina da quando, a metà giugno, Jacqueline era stata accompagnata in quella stessa stanza dal silenzioso padrone di casa. >
Una fan fiction in 12 capitoli che coinvolgerà una ragazza smarrita, un castello magico e, come in tutte le fiabe che si rispettino, un misterioso principe dai capelli corvini e il naso adunco : )
Buona lettura!
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Severus Piton
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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CAPITOLO 1: Dove mi trovo?

 

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Premessa:
Questa è la continuazione di altre tre FF, scritte da me qualche anno fa e andate perse nei meandri del mio vecchio (e defunto!) hardware.
Ne riassumo brevemente il contenuto:
1. Jacqueline è una ragazza di 13 anni. 
    Si trova nel suo orfanotrofio in Spinner’s End quando viene chiamata a frequentare il primo anno ad Hogwarts da un uomo che le si presenta come il professor Piton.
    E’ lui ad accompagnarla a Londra a settembre, salvo poi sparire.
    Ad Hogwarts viene assegnata alla Casa di Corvonero (è coetanea di Harry Potter), e stringe subito amicizia con Fred e George, e con la compagna di classe Cho.
2. Durante il 3° anno scopre di essere sorella di Sirius Black (lo apprende spiando una conversazione tra Lupin, che le si affeziona, e Piton).
    Dopo la fuga del fratello, si troverà costretta a tornare in orfanotrofio, ma rimarranno in contatto via posta.
3. L’estate prima del 5° anno si trova alla Tana quando Fred le dichiara il suo amore. 
    Inizia una relazione felice, ostacolata solo dalla perfidia della Umbridge e dalla trionfale fuga dei gemelli. Con Cho e Ginny (sua nuova amica) partecipa all’ES.
    Sirius muore e Jacqueline dà la colpa a Harry.
    Lupin non vuole lasciarla sola ma non può occuparsi di lei, e chiede a Piton (che Jacqueline scopre abitare in Spinner’s End) di prenderla con sé per l’estate.
Il corso degli eventi è fedele a quello del sesto libro della saga salvo per 5 modifiche:
- Jacqueline! (E quindi i suoi rapporti con i personaggi originali)
- Gli alunni del primo anno a Hogwarts hanno 13 anni e non 11
- Piton dovrebbe essere diventato professore di Difesa contro le Arti Oscure e invece insegna ancora Pozioni
- Tonks dovrebbe essere depressa (vedi capelli grigio topo!) e invece è felice come una Pasqua
- Cho ha un anno in meno (è coetanea di Jacqueline e quindi anche di Harry e co.)

 

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Un lampo di luce tagliò il buio della stanza.
Gli occhi di Jacqueline si serrarono istintivamente, poi lentamente cominciarono a schiudersi sul nuovo giorno.
‘Dove mi trovo?’ fu il primo, spontaneo pensiero.
La porta della camera era aperta, e sulla soglia si stagliava imponente la nera figura dell’uomo che, da un mese a quella parte, arrivava a svegliarla.
L’immagine familiare la riportò alla consapevolezza.
- Sono le nove. Hai fame? -  chiese il professor Piton.
Per tutta risposta, Jacqueline ricacciò la testa nel cuscino di piume, girandosi dall’altra parte.
La porta della stanza si richiuse con uno schiocco secco.
Lo stesso rituale si ripeteva ogni mattina da quando, a metà giugno, Jacqueline era stata accompagnata in quella stessa stanza dal silenzioso padrone di casa.

Un doloroso flashback la strappò alla polverosa soffitta.
Tre parole:  < Sirius è morto >
Una fitta al petto.
Aveva scoperto di avere un fratello dopo tanti anni di solitudine e in quel modo orribile, veloce come era arrivato, le era stato portato via.
Sola, di nuovo.
L'abbraccio di Cho e di Ginny, le frasi vuote dell’anziano preside, l'ira cieca riversata su Harry, unico vero responsabile della morte di Sirius.
Il letto duro dell’infermeria in cui si era rifugiata, e le parole sussurrate da Lupin sulla soglia.
< Non voglio che faccia ritorno in orfanotrofio ma non posso tenerla con me… >
< Non sono la persona adatta >
< Severus non ti ho mai chiesto un favore, ma ora ho bisogno del tuo aiuto >
E poi ancora, il fischio acuto della locomotiva, la nuvola densa di vapore che galleggiava sul binario mentre lei lo attraversava in trance. Le spalle strette nella salda presa di quell'uomo silenzioso che la conduceva con sé, sotto lo sguardo muto e attonito di compagni e professori.
E Fred. Fred, che aveva abbandonato senza dare spiegazioni.
Era passato un mese.
Il dolore acuto era andato via via affievolendosi, e un tiepido e ovattato sonno dei sensi aveva preso il suo posto.
 
Con un colpo di reni si rigirò nuovamente nel letto sentendosi, una volta in più, grata a quell’uomo che le aveva offerto la pace desiderata.
Attese ancora una manciata di minuti e poi, di malavoglia, si alzò.
La stanza era buia e polverosa, ricavata da una bassa soffitta: c’erano il piccolo letto di ferro, un grosso baule di legno in cui aveva riposto i pochi effetti scolastici, uno specchio scheggiato, e un vecchio armadio contenente i suoi vestiti.
Vi si diresse a piedi nudi, sgranchendo le gambe e sbadigliando silenziosamente.
Lo aprì e ne estrasse svogliatamente una salopette di velluto verde marcio e una maglietta a maniche corte nera.
Infilò le pantofole di tela e iniziò a svestirsi della leggera camicia da notte, mentre contemplava la propria immagine allo specchio: i lunghi boccoli castani ricadevano morbidi su un corpo magro, troppo magro.
Nelle ultime settimane non aveva quasi toccato cibo.
Il viso era pallido, e l’espressione troppo cupa per una ragazza di soli diciotto anni.
Finì rapida di vestirsi, distogliendo lo sguardo da quell'immagine dolorosa, infilò la maglietta e assicurò le bretelle della salopette.
Diede da mangiare a Sullivan, la piccola salamandra che giaceva beata sul fondo del suo vassoio, appoggiato sopra al comodino, e uscì dalla stanza.
Iniziò a scendere le buie scale a chiocciola, tastando con la mano la parete alla sua sinistra per non perdere l’equilibrio.
Procedette il più piano possibile, cercando di non attirare l’attenzione del coinquilino, ma proprio quando credeva di aver concluso l'impresa con successo, il piede scivolò.
Ebbe appena il tempo di avvertire il dolore all’osso sacro, che Piton comparve davanti a lei.
- E’ successo qualcosa? - 
La casa era piccola, e l’uomo aveva il dono di ‘materializzarsi’ in un battito di ciglia. 
Ma Jacqueline era altrettanto veloce, e prima che Piton avesse avuto il tempo di finire la frase, si era già alzata e si dirigeva rapida verso il bagno.
Senza guardarsi alle spalle aprì la porta, entrò, e la richiuse dietro di sé, appoggiandovi la schiena.
La convivenza di quella strana coppia si era basata fin dal primo momento su un tacito accordo fatto di scarsi contatti.
Si rivolgevano la parola solo lo stretto necessario e non invadevano mai i reciproci spazi.
Vivere nella casa del proprio professore avrebbe dovuto disturbare Jacqueline, almeno per i primi giorni, ma era rimasta così assorta nei propri pensieri da non lasciare spazio ad altri.
Raramente gli parlava, gli unici momenti in cui l’uomo udiva la sua voce era quando la ragazza si lavava e, sotto la doccia, cantava sottovoce. 

Quella mattina, Jacqueline passò il tempo in camera sua a provare e riprovare i vecchi jeans, ormai quasi tutti troppo larghi.
Ancora una volta, ringraziò mentalmente l’inventore della salopette.
- Il pranzo - la voce veniva dalle scale.
Il momento dei pasti era il più imbarazzante della giornata.
Il rito silenzioso si svolgeva, fortunatamente, in pochi minuti: Piton mangiava e, di fronte a lui, Jacqueline fissava il piatto con gli occhi spenti che ormai la caratterizzavano.
Il pomeriggio passava lento come la mattinata finché, finalmente, quando la cena era consumata e i lampioni di Spinner's End accesi, Jacqueline si ritirava in camera.
Nel letto, aspettava con ansia il momento prima dell’arrivo del sonno, quando tutti i pensieri che di giorno le riempivano la testa e le annebbiavano la mente sparivano. 
L’attimo in cui poteva fingere di essere ancora la ragazza che, un anno prima, attendeva con impazienza l’inizio del quinto anno scolastico.
**
 
Il giorno dopo si svegliò abbastanza tardi, indugiando sotto le coperte.
Il calendario, inchiodato sul soffitto sopra al letto, sembrava più grande e più incombente del solito.
La scrutava con fare minaccioso, ma era soprattutto la data che quel giorno segnava, 18 luglio, a tenere impegnata la mente della ragazza.
O forse, pensò, erano gli insistenti ticchettii provenienti dalla finestra dall’altra parte della stanza: quattro gufi stavano appollaiati sul davanzale, picchiettando col becco sul vetro, e sembravano piuttosto risentiti.
Si alzò, scocciata quanto i quattro ambasciatori, e aprì la finestra per farli entrare.
Svolazzarono subito per la stanza, lasciando cadere le lettere sul pavimento e sparpagliando piume e penne ovunque.
‘Stupidi uccelli’
Li ricacciò fuori dalla finestra prima che avessero il tempo di adocchiare l'indifesa salamandra e tornò a sedersi sul letto, a gambe incrociate.
Tirò un sospiro profondo.
Sapeva già di chi erano le lettere, ma decise di dare comunque uno sguardo alle buste.
La prima scrittura era molto disordinata:  < Fred Weasley >.
La seconda era ampia e arzigogolata:  < Cho Chang >.
La terza era molto piccola:  < Ginny Weasley >.
L’ultima era precisa e curata:  < Remus Lupin >.
Trasse un profondo sospiro e si alzò di scatto.
Non avrebbe risposto a quelle lettere come non aveva risposto a quelle arrivate le settimane precedenti, la cui breve vita era tragicamente terminata nella spazzatura.
Tutto sommato, il giorno del suo diciannovesimo compleanno passò silenzioso e indolore come tutti gli altri. Piton non poteva saperlo, e lei non aveva motivo di metterlo al corrente. 
Il professore stava tutto il giorno chiuso nello studio, lo incontrava di rado al di fuori dei pasti, ma non ne era dispiaciuta.
Dopo la morte di Sirius cercava la solitudine ogni momento.
**
 
Una mattina di fine mese era a letto, assopita, quando sentì la porta al piano di sotto sbattere.
Poi delle voci concitate nell’ingresso.
- Mi faccia entrare -
- Sei in casa mia, ragazzo, non provare a dettare ordini -  la voce seccata di Piton.
- Devo vederla -
- Perché? -
- In primo luogo è la mia ragazza e in secondo luogo non risponde alle mie lettere-
- E questo non ti ha fatto pensare che non voglia avere a che fare con te - 
- Questo lo deciderà lei se permette -
- Fred… -  Jacqueline era in piedi sulle scale, in vestaglia.
Stringeva le braccia sottili intorno alla vita, mentre guardava il ragazzo dai capelli rossi con occhi addolorati.
- Jackie! -  gli occhi di lui si illuminarono mentre si dirigeva verso di lei.
- Vattene Fred -  lo sguardo era fermo, ma la voce tremò appena.
- Jacqueline, non mi importa di quello che dice Remus, devi tornare a casa con me -
- No, Fred. Non voglio vedere nessuno -
- Neanche me? -  il ragazzo fece un passo indietro, come scottato.
Cominciava a capire.
- Non me la sento di portare avanti alcuna relazione in questo momento -
Il silenzio era sceso nell’ingresso e tra le tre figure.
Fred guardava esterrefatto la ragazza, ritta immobile sull’ultimo scalino. Piton era un muto tutt’uno con la grigia tappezzeria.
- Come vuoi, Jacqueline - 
Furono le ultime parole di Fred prima di uscire dalla porta.
In un attimo era tutto finito.



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Capitolo n°1 concluso!
Premetto che è la prima FF che pubblico, quindi siate pietosi!
Ringrazio Mary per l'acuta recensione e chiunque altro vorrà dare il suo parere.. a presto,
Lily
  
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