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Autore: Charlize_Rei    03/02/2006    6 recensioni
Bellatrix Lestrange... quasi tredici anni rinchiusa nella prigione di Azkaban... Una mente forse rifugiatasi nella follia. L'adorazione incondizionata per il Signore Oscuro, affamato di potere e, soprattutto, di anime... fino a quando l'incontro con colui che tutti i Mangiamorte considerano il Traditore cambierà radicalmente le vite di molte persone, innescando una serie imprevedibile di eventi che trascineranno il mondo magico in una Seconda Guerra, il cui esito dipenderà sia dalle scelte fatte sia, in eugual misura, da quelle non fatte. Le carte si mescoleranno, la parete che separa i nemici dagli amici si farà sempre più sottile. E mentre Voldemort si avvicina all'immortalità, c'è chi lotta senza sosta per impedire l'inizio della fine.
Genere: Dark, Drammatico, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Luna Lovegood, Remus Lupin, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Bellatrix Lestrange e gli altri personaggi che compaiono in questa fanfiction sono proprietà di J

Bellatrix Lestrange e gli altri personaggi che compaiono in questa fanfiction sono proprietà di J.K. Rowling e di editori come Bloomsbury, Bros, Salani. Nessuna violazione del copyright si ritiene pertanto intesa.

 

 

“La natura è un tempio dove colonne vive

lasciano a volte uscire confuse parole;

l’uomo vi passa attraverso foreste di simboli

che l’osservano con sguardi familiari.

 

Come echi lunghi che da lontano si fondono

in una tenebrosa e profonda unità

vasta quanto la notte e quanto la luce,

i profumi, i colori e i suoni si rispondono.

 

Ci sono profumi freschi come carni infantili,

dolci come oboi, verdi come praterie

-         e altri corrotti, ricchi e trionfanti,

 

che hanno l’espansione delle cose infinite,

come l’ambra, il muschio, il benzoino e l’incenso

che cantano l’abbandono dello spirito e dei sensi.”

 

Charles Baudelaire, “Corrispondenze”, Les Fleurs du Mal

 

 

Ab imis fundamentis

- Dalle più profonde fondamenta -

 

 

- Signor Longbottom -

La voce di Minerva McGonagall sembrava sul procinto di spezzarsi. A passi silenziosi si era avvicinata al lungo tavolo dei Grifondoro, dove decine di ragazzi stavano pranzando tra il chiacchiericcio confuso e stordente della Sala Grande. Molti visi si girarono verso di lei, sorpresi di vederla comparire all’improvviso alle loro spalle.

Neville Longbottom alzò il viso smagrito dal piatto, ancora con le posate strette tra le mani.

- Voglia seguirmi nel mio ufficio – continuò la professoressa, stringendo le labbra nella difficile impresa di controllare le sue emozioni in modo adeguato. Si voltò, senza aspettare la reazione di Neville, che, confuso, si affrettò a fare come gli era stato chiesto. Il ragazzo si alzò dalla panca un po’ impacciato, cercando di districare la divisa che si era aggrovigliata al solito intorno alle caviglie. Minerva McGonagall era già ad alcuni metri di distanza quando si fermò, in preda ad un ripensamento. Le sue spalle sembravano insolitamente fragili e cascanti.

- Potter, Granger, Weasley – esclamò, voltandosi  ancora verso il tavolo – siate così gentili e solerti da accompagnare il signor Longbottom. Se non sbaglio voi ne siete a conoscenza… - aggiunse poi, a voce tanto bassa da essere a stento udibile.

Un altro rumore di panche spostate e i tre coetanei si alzarono, guardandosi l’un l’altro senza pretendere di nascondere la sorpresa, la curiosità e un sottile senso di gelida inquietudine che aveva cominciato a strisciare subdola.

Hermione si chiese dove potesse essere Luna Lovegood. Dumbledore aveva comunicato a tutta la scuola, in Sala Grande poco prima del pranzo, che sia lei che Severus Snape erano partiti per questioni personali. Non aveva aggiunto altro. Hermione non aveva fatto quasi caso all’autentico urlo di gioia che si era levato dalla tavola dei Grifondoro. Il felice pensiero di non avere ore di lezione con Snape per un bel po’di tempo era passato in secondo piano, impegnata com’era a riflettere su cosa il Preside aveva appena detto. Questioni personali di Snape, dopo i problemi di salute che aveva avuto? Cosa poteva essere successo a Luna? E poi perché Minerva McGonagall sembrava così turbata? Decise di farsi spedire l’indomani una copia del Quibbler, forse avrebbe scoperto qualcosa…

- Professoressa McGonagall… - cominciò Hermione, raggiungendo velocemente l’insegnante ancora immobile.

- Non ora, Granger – mormorò la donna, senza però dare segno di essere irritata. La ragazza ammutolì come se l’avessero schiaffeggiata sulle labbra.

I suoi occhi attenti avevano notato le linee tese dell’anziano volto, le labbra esangui, lo sguardo lucido della donna che sembrava d’un colpo rattrappita sotto il peso di qualcosa di indicibile. Hermione sentì un brivido ghiacciato scenderle giù per il corpo.

E’ successo qualcosa di grave.

Si voltò verso Ron, fissandolo intensamente come se volesse trasmettergli quella consapevolezza entrata di prepotenza nella sua testa, ma il sedicenne dai capelli color fiamma sembrava distratto, pensieroso, e non le prestò attenzione. La ragazza sbirciò per un attimo Neville.

Occhi smarriti su un incarnato pallido.

Sembrava qualcuno che cercasse invano di scacciare un orribile presentimento.

Harry Potter camminava al suo fianco, la preoccupazione nello sguardo.

Giunsero ben presto nell’ufficio dell’insegnante di Trasfigurazione. La McGonagall li fece accomodare, mantenendo costantemente quell’espressione angosciata che le era così poco consona.

La donna si avvicinò a Neville, che stringeva i braccioli della sedia con tanta forza da sbiancarsi finanche le unghie. Il respiro era diventato veloce e superficiale.

- Neville…abbiamo appena saputo… vedi, poco fa… tua madre… - cominciò l’anziana vicepreside, faticando a trovare le parole.

Non ce ne fu bisogno.

Con un urlo il ragazzo scoppiò in pianto, scosso da singhiozzi irrefrenabili. Affondò il viso congestionato nell’incavo delle mani, mentre gli altri tre ragazzi si alzarono per correre ad abbracciarlo, nonostante sapessero quanto quel gesto fosse quasi del tutto inutile.

Ma era l’unica cosa che potevano fare.

 

……………………………………………………………

 

Lo sferragliare del grande ascensore in risalita giungeva attutito ai loro sensi in allerta. Il Nono Piano che ospitava l’Ufficio Misteri e le scalinate per le aule del Wizengamot si allontanò velocemente, sparendo sotto i loro piedi.

Luna continuava a guardarsi intorno, come se riconoscesse qualcosa. O almeno era quello che Snape, tenendola per mano, pensava.

 

Severus non si era mai sentito così in vita sua.

Esposto, nudo, vulnerabile.

Eppure sotto quello sguardo bianco era senza difese.

Strinse le dita intorno alla bacchetta, saggiandone la conosciuta e rassicurante levigatezza. La sua magia lo confortava, si sentiva sollevato al pensiero che, nonostante si trovasse nel Regno delle Ombre, fosse in grado di compiere incantesimi come se non avesse mai attraversato quel Velo.

Il suo sguardo scrutò l’ambiente circostante. La folla di maghi e streghe che si riversava nell’Atrium dagli ascensori e dai camini rumoreggiava incessantemente, ma Severus riusciva a percepire solo un debole vociare indistinto, come se tutto l’immenso atrio del Ministero fosse immerso in un mare di ovatta invisibile. Lui e la ragazza Corvonero stavano camminando sullo stesso pavimento di lucido legno scuro calcato dal centinaio di persone che si trovavano in quel momento con loro, eppure non avrebbero potuto incontrare nessuno.

Vedeva uomini e donne passargli accanto, ma era come se costoro fossero separati da qualcosa che li rendeva inarrivabili. Corpi si muovevano intorno a loro; braccia, mani e gambe spostavano l’aria, tuttavia Severus e Luna restavano inaccessibili, camminando solitari in quella dimensione occultata tra le pieghe del mondo.

Riemersero lentamente nella Londra babbana, avvolta dalla tenue luce del vespro. Snape accese la punta della sua bacchetta con un lieve movimento, aspettandosi che Luna facesse altrettanto, ma la ragazza si limitò a stringergli la mano con maggior forza, rimanendo immobile.

- Non posso usare la magia, professore – disse con un filo di voce.

Snape la guardò, spiazzato. – Perché?- fu tutto quello che riuscì a chiedere.

- Non mi è concesso – sussurrò, guardandosi intorno. Severus la imitò, pensieroso.

 

Fu solo allora che comprese di non essere più soggetto alle regole del tempo.

 

Di fronte a sé vide strade strette in terra battuta che, con la pioggia che cadeva senza bagnarli, si era tramutata in fanghiglia. Vide case di nuda pietra e tetti di rami e paglia, dalle finestre buie e senza vetri, con le porte di legno tarlato, punteggiate qua e là da chiodi semidivelti.

Vide carri trainati da massicci cavalli dal pelo lungo che transitavano lentamente davanti a misere locande appestate dall’odore di zuppa rancida e pane stantio. Un uomo avvolto in logori indumenti gli passò accanto, portandosi dietro il lezzo di letame secco che gli incrostava le scarpe di corda e stoffa.

Non capiva…

Gli sembrava di essere arrivato in pieno Medioevo…

Un rumore di zoccoli sempre più intenso alle sue spalle lo mise in allerta.

Il Professore di Pozioni si voltò di scatto. Un purosangue nero, appesantito da una lucente armatura grigia, come lo era l’uomo che lo cavalcava, sfrecciò velocissimo accanto a Luna, i crini della coda che frustavano l’aria. Snape sbatté palpebre, incredulo.

Erano nel Medioevo.

- Per tutti i Numi… -

La ragazza non parve nemmeno accorgersi del terreno che vibrava sotto i suoi piedi per la potenza del galoppo… anzi, non sembrava essersi accorta di nulla, continuando a fissare dritto davanti a sé, ferma come una statua.

L’uomo non aveva idea di cosa Luna stesse vedendo, ma non fece in tempo a rendersi conto di quello che stava succedendo perché la scena davanti ai suoi occhi cambiò ancora. Le case fatiscenti tremolarono, poi svanirono lentamente, stemperandosi nell’ombra della sera imminente. Al loro posto comparvero cumuli di macerie, che intasavano strade ormai impraticabili, e alti complessi di case popolari, molte delle quali sventrate da esplosioni.

- Non è possibile…-

Il suono lacerante di una sirena squarciò l’aria e a questo si unì il rombo terrificante dei motori di centinaia di aerei.

Luftwaffe.

Un fiume umano si riversò allora in quella strada, uomini, donne, bambini che correvano disperatamente verso il rifugio più vicino, urtandosi, ondeggiando, quasi calpestandosi, tutti presi da un’indicibile paura.

L’esplosione di una bomba che cadde non molto distante da lo fece quasi cadere a terra. La folla urlò, dimenandosi come un gigantesco animale ferito, e prese a muoversi con furia maggiore, cercando di evitare i mattoni, le lamiere e i calcinacci che sbarravano la via in più tratti.

Merlino, quello era un bombardamento.

Seconda Guerra Mondiale.

Il cuore di Snape accelerò i battiti, mentre la comprensione trovava la strada della sua mente.

 

Il Regno delle Ombre era in tutti i tempi della storia dell’Uomo, e tutti i tempi erano nel Regno.

 

Severus si sentì schiacciato. Trovare Voldemort in quella dimensione sarebbe stato impossibile… non sapeva da che parte andare, come muoversi, che via percorrere.

Si sentì irrimediabilmente perduto.

Questi erano i suoi pensieri, mentre lo scenario di fronte ai suoi occhi sbalorditi cambiava nuovamente: le macerie scomparvero insieme alla folla ululante per essere sostituiti da alberi che svettavano altissimi in mezzo a un fitto e intricato sottobosco. Fu allora che Luna, immobile sino a quel momento, mosse un passo in avanti, portandolo con sé.  

 

Era… nebbia. Si, simile alla nebbia, si disse, mentre camminava.

Un vapore grigioazzurro che si torceva su se stesso in volute sottili, etereo, solo debolmente consistente.

Strie monocrome che collegavano il mondo.

Sua madre glielo aveva detto, una volta, molto tempo fa.“C’è qualcosa che tiene unita l’umanità, Luna, nonostante quest’ultima abbia spesso tentato di lacerarla.

Ricordava quel giorno.

Aveva sette anni e non aveva capito bene quello che la sua mamma, intenta a rimestare in un calderone un denso liquido lattescente, stava cercando di spiegare.

“Vedi, bambina mia, le persone… tutte le persone, anche quando si trovano in totale isolamento, non sono mai completamente sole. C’è sempre qualcosa che le unisce al resto della gente. Per molti ciò è una gioia, per molti altri un tormento. E’ nell’indole dell’uomo anche il tentare di distruggere questi legami” aveva continuato Diana, tergendosi il viso accaldato con un panno ormai umido. Luna aveva taciuto per qualche istante, cercando di riordinare i pensieri.

Che cos’è l’indole, mamma?”

“L’indole? Beh…Diciamo che è la natura dell’essere umano.”

Sua madre aveva sorriso.

Perché le persone vogliono distruggere i fili, mamma?”

Diana l’aveva guardata, gli occhi così simili ai suoi tanto che Luna aveva avuto l’impressione di vedersi riflessa.

“Non sono esattamente ‘fili’, piccolina, ma come paragone è davvero calzante. Molte persone temono quei fili, Luna. I legami spaventano, specialmente se non ci si aspetta di averne.

Lei aveva riflettuto in silenzio per un po’, aggrottando le sopracciglia in un’espressione matura che non si conciliava con il suo volto infantile. Poi aveva fatto una domanda.

Anche Tu-sai-chi aveva paura dei legami?” aveva chiesto, il visetto serio, le piccole mani screpolate dal rigido freddo inglese.

“Si, Luna. Specialmente lui li temeva” aveva risposto la madre, con voce pacata. La bambina aveva spalancato gli occhi, stupita.

Pensavo che Tu-sai-chi non avesse paura di nulla, visto tutte le cose terribili che ha compiuto!”

Il volto di Diana si era fatto distante, come se stesse osservando attentamente qualcosa. Guardò di fronte a sé, attraverso la finestra che si apriva sul muro settentrionale della stanza e che dava sulla campagna inglese, addormentata sotto una coperta di neve fresca. Rimase silenziosa per qualche istante, i pensieri inaccessibili e occultati da un’espressione calma, poi tornò a guardare la figlia, che non aveva smesso per un solo momento di fissarla.

Tu-sai-chi ha compiuto quelle cose terribili proprio per liberarsi dalla sua paura, piccola mia.”, disse, quasi sottovoce.

“Non capisco. Però non è riuscito a fare quello che voleva fare, vero, mamma? E’ morto, lo sanno tutti!”

Sua madre le aveva accarezzato una guancia, con affetto, ma non aveva risposto.

Luna, già dimentica della sua domanda, le era andata incontro, abbracciando le sue ginocchia e Diana si era chinata per poterla prendere in braccio.

“Luna, piccola mia.”

Il suo angelo leggero e mingherlino dagli occhi troppo grandi.

L’aveva stretta a sé, baciandola sulla fronte e sui capelli che profumavano di shampoo per bambini. Sua figlia aveva ricambiato il bacio, incollando le labbra umide sulla punta del suo naso, con un risolino divertito. Quella birbante amava schioccare baci sul naso per qualche bizzarra e sconosciuta ragione.

“ I love you, mummy!”

 

- Luna! –

 

“I love you, mummy…”

 

- Luna Lovegood! -

Una voce nota la strappò brutalmente ai ricordi della sua infanzia. Si fermò di colpo, rischiando di far incespicare il suo compagno di viaggio.

- Mum …oh… pro-professor Snape…? -

Severus Snape l’osservò per alcuni istanti, sincerandosi che non si stesse sentendo male. Il viso della ragazzina era talmente pallido da farla sembrare malata. L’uomo avvertì la sua mano fredda tremare leggermente contro la sua.

- Spero tu abbia una vaga idea su dove stiamo andando! – berciò caustico.

La quindicenne guardò Severus Snape, fissò gli occhi su un volto che pareva traslucido.

 

Era come osservare una trasfigurazione continua.

Non avrebbe mai immaginato che l’insegnante più detestato di Hogwarts negli ultimi tempi – con la probabile eccezione di Dolores Umbridge – potesse celare ai più quello che lei stava vedendo.

Severus Snape custodiva qualcosa dentro di sé. Non riusciva a distogliere lo sguardo.

Era rassicurante. Caldo. Avvolgente. Vivo.

Era umano. Era bellissimo.

Luna non sapeva definirlo, ma altrettanto bene sapeva che fin quando Snape fosse stato lì con lei non avrebbe avuto paura.

- Certo che lo so, professore. Non lo vede anche lei? Dobbiamo seguire i fili, tutto qui! -

Non si accorse dell’espressione sconcertata sul volto dell'uomo, perché tornò a guardare la nebbia eterea che volteggiava in quella dimensione surreale. Tutto intorno a lei sembrava stranamente vivido e lucente, senza sfumature o gradazioni, dipinto a colori forti, quasi violenti, i contrasti netti, gli stacchi decisi. Oggetti e figure irriconoscibili erano ovunque, disposti senza alcuna logica; strade e vie si intrecciavano più volte, alberi, case, grattacieli, tutto era mischiato e sovrapposto in un caos strano ed inquietante. Eppure quel vapore azzurro avvolgeva ogni cosa, imbrigliando il mondo in una rete impalpabile e dirigendosi verso una meta sconosciuta.

 

Una meta sconosciuta, ma accessibile. E lei riusciva a scorgere la direzione da seguire per potervi giungere. Era sicura che quello che cercavano si trovasse lì, sui confini invalicabili di quel Regno.

Sapeva che sarebbe stato difficile. Il pericolo era in agguato, poteva sentire il suo fiato fetido sul collo. Strinse per la terza volta la mano di Snape, il cui palmo inaspettatamente caldo aveva cominciato ad intiepidire le sue sottili dita fredde.

Si, di nuovo quella sicurezza.

Luna si concentrò sulla nebbia che fluiva verso un’unica direzione.

“C’è qualcosa che tiene unita l’umanità, Luna”

Ora poteva vederlo.

Poteva vederlo con gli occhi resi ciechi dalla consapevolezza.

 

…………………………………………………

 

- Dunque sei arrivato troppo tardi -

La voce dell’Oscuro era bassa, gelida e controllata.

Affilata dalla furia repressa.

Lucius Malfoy cercò di non abbassare gli occhi a terra sotto quello sguardo agghiacciante, ma l’istinto fu più forte della sua pur salda volontà e si ritrovò in breve a fissare il pavimento di pietra spoglia. Sapeva bene che Lord Voldemort non tollerava inadempienze e conosceva altrettanto alla perfezione i modi in cui il suo Signore manifestava il proprio disappunto.

Non aveva paura per sé, non temeva una punizione, anche se atroce.

Il dolore non lo spaventava.

Lui aveva commesso un errore ed era giusto che adesso ne subisse le conseguenze. Si, avrebbe pagato, se l’Oscuro avesse voluto punirlo per il fallimento ad Emerald Ring, come aveva già fatto tempo prima con Nott, sebbene la Cruciatus che aveva scagliato addosso a quell’uomo per ore ed ore lo aveva portato sull’orlo dell’insania. Quello che non riusciva a tollerare, invece, era il pensiero che la Sua ira si scagliasse contro le persone che lui amava.

Lui…lui temeva per sua moglie.

Per suo figlio.

Il solo pensiero che la Sua vendetta potesse ricadere su di loro gli procurò un brivido di angoscia. La fronte alta e pallida si imperlò di gocce di sudore freddo, ma lui non osò muoversi per tergersi il volto, consapevole che l’Oscuro avrebbe percepito nei gesti inquieti la preoccupazione che aveva cominciato ad assalirlo.

- Lucius – sussurrò Voldemort. Quella voce lo trafisse.

Sentì come se qualche misteriosa forza lo obbligasse a rialzare gli occhi sul volto serpentino del suo Signore. Questi lo fissò con le pupille strette, inarcando le labbra sottilissime verso l’alto. Sapeva che l’avrebbe fatto e sapeva altrettanto bene che non avrebbe avuto la forza necessaria per opporsi… forse… forse Severus ne sarebbe stato capace, si disse, prima che Voldemort scagliasse su di lui il Legilimens, con tutta la terrificante, violenta potenza della sua mente.

 

Narcissa

Le immagini di lei, del suo bellissimo e regale viso, appartenevano a tempi recenti e remoti. Eccola bambina timida ed educata, le prime volte che si era recato a casa dei Black, in compagnia dei suoi genitori; la ricordò adolescente, rivide il giorno del loro fidanzamento, delle successive e sfarzose nozze… vide il visetto di un bimbo biondo immerso tra le lenzuola bianche e calde di una culla.

Draco

Il pianto fanciullesco. Il viso delicato e infantile.

Undici anni, la divisa di Hogwarts appena acquistata, il sorriso felice.

Dodici anni, i suoi occhi scintillanti di gioia alla vista delle sette Nimbus 2001.

“Oh, padre, grazie! Con queste vinceremo la Coppa, ne sono certo!”

Tredici anni, il giorno di Natale, nel viale del Malfoy Manor, mentre accoglieva gli ospiti con elegante disinvoltura.

Draco…

Voldemort scandagliò la sua mente, violò i ricordi alla ricerca di eventuali menzogne e lui non poté opporsi. Non tentò neppure di farlo, sapendo che sarebbe stato inutile. Si, ormai gli apparteneva. Per sempre.

Eppure Lucius riuscì a percepire qualcosa durante l’incantesimo.

Qualcosa che lo sconvolse.

La mente del suo Signore non riuscì a rimanergli del tutto sigillata… Lord Voldemort non poté chiuderla completamente: spiragli sufficientemente ampi si aprirono e lui fu in grado di catturare una piccola parte dei Suoi pensieri e progetti. Vide il dolore costante che lo assillava, la straziante sofferenza che quel corpo inadatto alla sua immensa potenza gli procurava, donandogli eterno tormento. Il volto di Barthy Crouch, con l’anima colmata da magia velenosa, balenò alla sua coscienza stordita. Poi, alla fine, la vide.

Una figura argentata, un essere dalla forma antropomorfa, in una prigione senza sbarre, circondata dal vuoto, destinata a rimanere lì per tutta l’eternità.

Il senso di orrore inumano che l’aggredì lo sopraffece, facendolo cadere pesantemente sulle ginocchia. Lo prostrò violentemente a terra, lasciandolo boccheggiante, scuotendolo sin nelle fondamenta dell’anima, squassando le certezze, sbriciolando i suoi punti saldi.

Non sapeva cosa significasse quello che aveva appena scorto, eppure dentro di sé sapeva, conosceva la risposta.

Lord Voldemort si era spinto oltre.

Troppo oltre.

La sua natura di essere umano si era ritratta urlando, inorridita e sgomenta.

L’incantesimo si spezzò, lasciando il biondo Mangiamorte in ginocchio e con il fiato corto. L’uomo si rialzò scompostamente, riuscendo con difficoltà a coordinare i propri movimenti.

- Vedo che non mi hai mentito, Lucius – disse l’Oscuro, piano  – Puoi andare, se lo desideri -

L’uomo non permise al senso di terrore di manifestarsi sui suoi lineamenti. Fece un passo verso Voldemort, si inginocchiò nuovamente per baciargli la veste e poi si smaterializzò.

Il Lord Oscuro si voltò, l’espressione indecifrabile sul volto marmoreo.

Conosceva la potenza dei legami, specialmente dei legami di sangue.

 

Aveva imparato a non sottovalutarli.

 

……………………………………………………………

 

- Lucius! -

Era piombato nel salotto del Malfoy Manor in modo tanto improvviso che Narcissa era sobbalzata al suono di quella materializzazione frettolosa. Si era alzata dalla poltrona su cui sedeva poco prima, aveva posato il libro che stava leggendo e gli era corsa incontro, notando immediatamente la sua espressione sconvolta.

- Lucius, cosa è… -

Il marito non la lasciò terminare, perché la afferrò per la vita e la trasse a sé, per stringerla in un abbraccio così intenso da mozzarle il fiato. Le mani di Lucius le premevano sulle spalle e sulla vita con insolita forza, mentre la testa di lui era poggiata sull’incavo del suo collo, sepolta sotto i lunghi capelli biondi.

- Lucius… -

L’uomo la strinse di più e lei avvertì finalmente la sua angoscia e disperazione.

Fu una sensazione quasi fisica.

Da quando lo conosceva non si era mai comportato in un simile modo. La donna alzò incerta una mano e gli carezzò la testa in modo rassicurante, non sapendo esattamente come comportarsi. Doveva essere successo qualcosa di terribile…

Il respiro di Lucius contro il proprio collo continuava ad essere corto e superficiale, i muscoli della sua schiena erano rigidi, le braccia che la serravano rimanevano immobili.

 

- Cosa è accaduto, Lucius? – sussurrò Narcissa contro la sua guancia fredda.

L’uomo si staccò brevemente da lei, guardandola con tanta intensità da farla arrossire come se fosse ancora quella ragazzina tredicenne che si era innamorata di lui a prima vista.

 

- Narcissa… - Il suo nome, appena sussurrato.

Lucius la guardò come se stesse osservando la ragione incarnata della propria vita. Avvicinò il volto al suo, osservando il lieve rossore che aveva colorato le gote di sua moglie. Non gli era mai parsa così bella come in quel momento.

La baciò con un trasporto centuplicato dal magma di sentimenti che ribolliva nella sua anima turbata e impaurita, cercando conforto sulle labbra della donna che amava, sul suo volto, tra i capelli morbidi, sulle linee armoniche della sua figura sottile.

- Narcissa… - mormorò ancora contro la sua bocca, intessendo in quelle sillabe amore, desiderio e inaspettata richiesta di aiuto.

- Cos’hai visto, Lucius…? -

La voce del marito le parve debole e distante, come se lui faticasse enormemente nel parlare.

- La fine… Ho visto… ho visto la fine. –

 

Continua…

 

Et voilà, il ventesimo capitolo!!

Vi confido una cosa: scrivere il pezzo di Luna e Severus è stato parecchio… complicato, ecco. Non sapevo come rendere esattamente l’idea che ho nella mia testa sciroccata del Regno delle Ombre e, soprattutto, come presentarla da entrambe le prospettive di Sev e Luna. Spero di non aver fatto troppo male…

Ed ora passiamo alle risposte!!

 

Vale: Grazie mille! Sono contenta che la scelta sia di tuo gradimento!! Purtroppo sono impegnata con gli esami e non posso essere troppo veloce con gli aggiornamenti… ma vedrò di fare il possibile!

 

Ida59: le tue recensioni sono sempre bellissime! Mille grazie! Hai interpretato abbastanza bene l’indizio sugli occhi di Luna, Diana c’entra qualcosa in questa storia… ma vedrai in seguito! (^^) Come vedi c’è un motivo per la cecità di Luna: senza di lei infatti Severus non potrebbe muovere un solo passo nel piacevole (??? Piacevole? Starai scherzando! – ndSeverus imbufalito) luogo in cui al momento si trova… Il nostro caro nonno Albus ha un formidabile intuito, ma ti assicuro che non sa nulla sullo strano “potere” che si manifesta in Luna – tra l’altro non è nemmeno un vero e proprio “potere”, perché non le consente di usare la magia. La nostra piccola Lunatica ha capito chi è veramente Severus… Ti ringrazio ancora per la bellissima recensione!

 

Chiara T: Grazie tantissime! Come vedi la sto continuando, anche se a velocità ridotta… A presto!

  
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