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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    21/04/2011    2 recensioni
[SpoilerFutureArc][5927+VongolaFamily+Dino]
Tsuna sospirò, poggiando la penna sul foglio lasciato per metà bianco, e chiuse gli occhi: odiava litigare con gli altri, restava troppa amarezza da ambo le parti, pur se le volte che accadeva erano rare...
Dieci anni sono passati ma il 5 Gennaio è una data che nessuno dei Vongola può dimenticare.
Fic in due capitoli.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: G, Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PERICOLOSAMENTE IN BILICO

CAPITOLO 2

5 GENNAIO 2018

La mattina arrivò troppo velocemente per il Decimo, che saltò su al suono penetrante della sveglia: il ragazzo ebbe un sobbalzo mentre la sua mano usciva faticosamente dall’intrico di coperte per allungarsi fino al comodino per spegnere la suoneria, mentre la voce che veniva dall’apparecchio cantava una canzone in giapponese, la sua lingua madre.

“Listen To The Stereo!! Tonight! Tonight! Tonight! HEDDOFON nara sutechi-“

Le dita snelle e affusolate del giovane interruppero la canzone proprio un istante prima che esplodesse in tutto il suo splendore confusionario, strappandogli un sorriso: aveva scelto quella canzone in particolare, come sveglia, perché era quella che la radio stava trasmettendo quando lui, Lambo, Reborn e I-Pin erano tornati indietro dopo lo scontro con Byakuran, era quella che sua mamma stava ascoltando in quegli istanti.

E gli era rimasta nel cuore.

Tsuna scosse la testa, cercando di allontanare tutti i pensieri, per concentrarsi solamente sull’incontro imminente.

Il suo intuito continuava a punzecchiarlo come un tarlo o un tafano particolarmente grosso, e così era andata avanti per tutta la notte, malgrado la vicinanza di Gokudera, che solitamente contribuiva non poco a tranquillizzarlo: e ora, doveva decidere.

Ignorarlo e andare come se nulla fosse successo?

Non andare?

Nessuna delle soluzioni gli sembrava la più indicata, anche alla luce delle riflessioni cui era giunto quella notte, in bagno, prima che il Guardiano della Tempesta lo fosse venuto a prendere letteralmente di peso per riportarlo a letto, rimproverandolo per qualcosa che, vuoi il sonno vuoi la bocca impastata di Hayato, non era riuscito a comprendere.

Con un sospiro rassegnato, il bruno si mise seduto sul materasso, sbattendo più volte le palpebre per mettere a fuoco la stanza che lo circondava, piena di luce.

Con un mugolio soddisfatto, si stiracchiò, scivolando poi fuori dal letto alla ricerca delle pantofole.

Sotto la madia, vide un paio di occhi brillanti e gialli.

“Muku-chan, restituiscimele.” affermò lui con un sorriso, allungando il braccio per cercare di raggiungere l’essere rintanato là sotto; un miagolio infastidito, seguito da un tonfo attutito, precedettero l’uscita di una palla di pelo fulva dall’incavo tra mobile e pavimento, che andò a strusciarsi senza troppi complimenti sulle gambe del Boss.

Questi lo accarezzò affettuosamente dietro le orecchie, prima di permettergli di allontanarsi.

Sawada lo guardò mentre sgusciava fuori dalla porta, poteva sentirlo quasi mentre scendeva le scale con passo felpato, confuso con le ombre, e non poté fare a meno di ridacchiare tra sé e sé: Muku-chan, il gattino che Chrome aveva trovato nel giardino dell’HQ, il gattino che la ragazza aveva allevato e accudito.

Il gattino che era stato chiamato col nome di Rokudo e che era diventato un po’ la mascotte dell’intera Famiglia.

Gokudera era solito dire che era centomila volte meglio del vero Mukuro, Ryohei era d’accordo con lui e, anzi, aveva proposto di cercare un gatto-Hibari.

Prima di venir bersagliato dall’occhiata di fuoco del Guardiano della Nuvola, che già aveva imbracciato i suoi tonfa.

Ma Chrome si era innamorata di quella palla pelosa e lui ricordava perfettamente il giorno in cui la ragazza gli aveva chiesto se poteva tenerlo.

Tsuna era affezionatissimo a lei, come a una sorellina, e si era spaventato quando l’aveva vista tutta graffiata in volto e zuppa da capo a piedi, dritta in mezzo all’ingresso, con quel batuffolo peloso stretto tra le braccia sottili; non aveva potuto dirle di no, non a quello sguardo così pieno di affetto e amore per quel micio orfano di una casa.

Ed era stato quindi adottato dai Vongola.

E si era particolarmente innamorato delle sue pantofole.

Un bussare lieve riscosse Sawada dai suoi pensieri, ed eccola! La Guardiana della Nebbia era comparsa sulla soglia della porta, con Muku-chan in braccio.

“Buongiorno.” salutò il giovane con semplicità, raccogliendo da terra la vestaglia, “Buongiorno, Boss…” bisbigliò lei, chinando leggermente la testa: “Dormito bene?” domandò imbarazzata, poggiando i vestiti sulla sedia, “Benissimo, dove sono tutti?” s’informò Tsuna, finendo di allacciare la cintura.

Dokuro abbassò lo sguardo: “Sono già andati, tranne Lambo-san, che è di sotto, la aspetta per accompagnarla.” spiegò lei, sempre tenendo lo sguardo ostinatamente basso; il Decimo sparì in bagno per cambiarsi e, quando uscì, la ritrovò nella stessa posizione in cui l’aveva lasciata.

“Chrome, va tutto bene?” chiese il giovane uomo, preoccupato: d’accordo, era sempre stata timida, ma credeva che gli anni trascorsi fianco a fianco avessero mitigato questa sua caratteristica, perlomeno in seno alla Famiglia.

Lei annuì, alzando lo sguardo: aveva gli occhi lucidi.

Improvvisamente, la ragazza afferrò le mani del bruno, portandosele al cuore: “Boss, non vada… Ho una brutta sensazione…” bisbigliò lei con voce roca e quasi sull’orlo delle lacrime, “Questa riunione è pericolosa!” affermò lei, cercando di trattenere il pianto.

Sawada sgranò gli occhi: non aveva mai visto Chrome esplodere in quel modo e una reazione simile da parte sua era giustificata solo da un timore reale e tangibile, un pericolo imminente; non era solo una paranoia degli altri e un’influenza delle loro paure sul suo intuito.

C’era veramente qualcosa in agguato.

Fu quella la molla che fece scattare qualcosa in Tsuna.

In quella manciata di secondi, Vongola Decimo aveva deciso come agire e come muoversi.

Abbracciò brevemente la ragazza, cercando di tranquillizzarla: “Vedrai, non mi succederà nulla.” la rassicurò, scompigliandole affettuosamente i capelli corti, “Muku-chan avrà ancora le mie pantofole da mordicchiare al mattino.” disse con una vaga risata, prima di afferrarle il polso con fermezza, “Andiamo, ci stanno aspettando.”.

§§§

“Sei davvero sicuro?”

La voce preoccupata di Lambo fermò Sawada nel momento in cui stava per entrare nel portone della magione dove si sarebbe tenuto l’incontro; il ventenne si voltò verso il Fulmine, incrociando così gli sguardi di tutti i suoi uomini, sguardi pieni di paura e inquietudine.

Con un sorriso, abbracciò idealmente tutti loro.

“Si, vi posso assicurare che non sarà oggi che il Cielo cadrà.”.

E con questa semplice frase, sparì oltre il pesante portone.

§§§

La sala che era stata scelta dai Leroy per la riunione si trovava al secondo piano, secondo le indicazioni che Philip, il Boss di quella Famiglia, aveva fatto pervenire a ogni invitato.

Una Famiglia strana, quella dei Leroy, entrati da pochissimo nell’Alleanza.

Perfino i Bovino, che erano un piccolo gruppo, molto riservato, non si fidavano di loro e avevano parlato con molta franchezza durante la loro introduzione nell’Alleanza: “Sono viscidi quanto una lumaca di mare.” aveva dichiarato con fermezza l’ex Boss di Lambo, che rispettava profondamente Tsuna, malgrado la sua giovanissima età.

Sulle prime, in effetti, non ci aveva fatto caso, ma in quel momento i pensieri di Sawada erano concentrati solamente sulle parole che erano state dette quel giorno.

Pure Enma, che assieme a Dino era uno dei più grandi amici del giapponese, aveva espresso perplessità per quell’entrata così improvvisa; si, ne avevano parlato a lungo prima di decidere, ma anche una volta presa la decisione, c’erano comunque delle perplessità da parte di tutti.

Tsuna scosse la testa: doveva essere lucido da quel momento in avanti, non poteva lasciarsi distrarre.

Al dito, sentiva il familiare peso dei due anelli e il tepore che gli circondava le spalle lo fece sorridere: Natsu, e anche Giotto, erano con lui.

Rincuorato da quel pensiero, finalmente raggiunse la sala.

Il lungo tavolo che era stato sistemato al centro della stanza era già occupato da alcuni degli ospiti; con un rapido colpo d’occhio, il bruno ne contò cinque, lui escluso.

Enma e Dino erano già arrivati.

“Tsuna-kun!” salutò il rosso con calore, correndogli incontro non appena lo aveva visto entrare; Shimon Decimo lo abbracciò affettuosamente, subito imitato da Cavallone: “Mi spiace per ieri, fratellino.” dichiarò subito l’italiano, “Mi sono intromesso in qualcosa che riguardava solo voi e…” ma il minore lo interruppe, “Lascia perdere, abbiamo chiarito.” replicò, “E poi, avevate ragione a essere preoccupati. Sono sicuro che non vedono tutti l’ora che sia finita questa riunione.”.

I due annuirono, poi accompagnarono Tsuna a salutare gli altri Boss presenti.

Fu un attimo.

Nel momento esatto in cui i vari capifamiglia si erano riuniti attorno a Tsuna, un esplosione potentissima spaccò letteralmente in due l’aria.

Seguita da una scarica di mitra.

§§§

Situazione di merda.

Tre parole emblematiche, per le quali Gokudera stava maledicendo sé stesso, chiunque fosse stato il responsabile di suddetta situazione e qualche decina di divinità appartenenti ai pantheon più disparati.

Non necessariamente in quest’ordine.

Col cuore in gola, il Guardiano della Tempesta stava correndo su per le scale, facendosi strada tra il pulviscolo e i detriti, in testa al gruppo di sottoposti che, a ranghi serrati, cercava di tenere il passo con lui e nel contempo di raggiungere il più velocemente possibile il luogo della deflagrazione.

Fumo e polvere invadevano gli stretti corridoi, pieni di detriti e quasi impraticabili tanto più si avvicinavano al secondo piano.

La loro paura era palpabile.

Cosa avrebbero trovato?

La zona attorno al salone era totalmente distrutta: tubi dell’acqua rotti sgocciolavano il loro contenuto sul pavimento, creando una fanghiglia densa e appiccicosa, quelli che un tempo dovevano essere stati i cassettoni dorati del soffitto, ora erano solamente inutili pezzi di legno bruciacchiato sparsi un po’ dovunque, le pareti erano state letteralmente sbriciolate dallo scoppio, che Gokudera identificò come causato da dinamite. Tanta dinamite.

“Bastardi…” ringhiò il giovane argenteo, facendosi strada tra le rovine: “Spero che Decimo non abbia nemmeno un graffio, altrimenti…”.

Seguito dai suoi compagni, Hayato fece irruzione nella sala, bloccandosi improvvisamente sulla soglia, con gli occhi grandi come tazzine da caffè.

In contrasto con la devastazione che li circondava, i cinque Boss sembravano stare relativamente bene.

Erano seduti a terra, frastornati e confusi, impolverati da capo a piedi ma erano vivi.

Vivi.

L’unica parola che contava in quel momento.

Un momento…

Cinque?

Dovevano essere in sei.

Dove diavolo era finito Tsuna?!

A larghi passi, l’argenteo si avvicinò a loro: era spaventato, anche se cercava di non darlo a vedere: “Tutto bene?!” chiese con voce stridula, aiutando Kozato ad alzarsi in piedi, al ragazzino tremavano le ginocchia mentre si aggrappava al coetaneo, “S-Si…” biascicò, stringendo a sé un drappo nero impolverato come se da esso dipendesse la sua vita.

“Che è successo?” chiese, facendo cenno a Ryohei e Yamamoto di aiutare gli altri e chiunque avesse bisogno di soccorso, gli bruciava la gola e gli occhi pizzicavano; Enma lo guardò con le lacrime agli occhi, consegnandogli l’oggetto che teneva tra le braccia: “Tsuna-kun… Tsuna-kun…” singhiozzò, nascondendo il viso sulla spalla di Gokudera, era sotto shock.

Dispiegato quello che era sicuramente un mantello, Hayato riconobbe il logogramma ricamato sopra.

Era quello del Primo.

Una serie di esplosioni che provenivano da fuori, improvvise e inaspettate, seguite da grida di dolore e lampi, fecero sobbalzare i presenti, che istintivamente corsero a mettere al riparo i Boss già duramente provati.

Solo Dino era riuscito a sgusciare dalla presa di Romario ed era rimasto.

“È Tsuna.” affermò con sicurezza il biondo, aveva una strana luce negli occhi mentre si teneva il braccio sanguinante: “Ci ha fatto scudo con il suo mantello, prima lo scoppio, poi la scarica di mitra, e infine è scappato fuori.” spiegò con fermezza, mentre Ryohei provvedeva a curare la ferita.

Non si vedeva nulla fuori: le fiamme e gli spari contribuivano a tenere abbassate le teste di Yamamoto e Gokudera, che si erano avvicinati a ciò che rimaneva delle finestre.

Ma di una cosa erano certi.

Quelle, erano Fiamme del Cielo.

Finalmente, la battagliò concludersi, e i due giovani videro distintamente la familiare sagoma del Decimo ergersi sopra le cime degli alberi, avvolto dalle sue stesse lingue di fuoco mentre osservava il parco disastrato ai suoi piedi, invaso dai cadaveri dei Leroy.

Giustizia era stata fatta.

Ma non appena ebbe toccato terra, Sawada si lasciò cadere sull’erba morbida, privo di sensi.

“JUUDAIME!!!”

Un unico grido eruttò dai petti e dalle bocche dei cinque Guardiani, mentre nella loro mente si accavallavano ricordi e consapevolezze e le paure esplodevano con la stessa violenza della dinamite che aveva distrutto tutto.

Tsuna non si muoveva.

Disteso tra l’erba e i fiori, col viso leggermente graffiato, il respiro accelerato e una brutta ferita al fianco che buttava fuori sangue, imbrattando la camicia e il prato, lì, col viso rivolto al Cielo che rappresentava la sua stessa forza, Sawada sembrava dormire.

Come un sol uomo, tutti i membri della Famiglia si slanciarono fuori dalla finestra, atterrando senza problemi a poca distanza dal corpo disteso sotto il tocco dolce e affettuoso del sole e del vento.

Il tempo sembrò rallentare, mentre si riunivano attorno a lui, mentre Hayato prendeva tra le proprie braccia il corpo del ventenne, i cui occhi stavano irrimediabilmente chiusi.

Si sentivano morire.

Non era vero nulla, non erano riusciti a sigillare quel futuro tanto odiato!

E avevano perso di nuovo!

LO avevano perso, di nuovo.

“MALEDIZIONE!!” urlò la Tempesta tra le lacrime che non si sforzava neppure di trattenere, che cadevano sulla mano sottile di Tsuna; non riusciva neppure ad alzare la testa, sapeva che, come braccio destro, avrebbe dovuto quantomeno dire qualcosa, dare un qualche ordine, ma non ne aveva la forza.

Nessuno aveva la forza di fare alcunché.

Si sentivano svuotati.

“Guardate cosa ho dovuto fare per darvi retta…”

Poche e semplici parole, ma che ebbero il potere di riscuotere i cinque giovani dal loro dolore, e abbastanza chiare e forti da non essere solo un sogno.

Gli sguardi di tutti si concentrarono sul viso di Sawada, che aveva aperto gli occhi, rivolgendo a ciascuno di loro un tenue sorriso.

Quegli occhi color caramello erano inconfondibili, così come quel sorriso infantile.

“TSUNA!” “JUUDAIME!!” “BOSS!”

Le voci di tutti si accavallavano le une sulle altre mentre Tsuna, faticosamente, cercava di mettersi seduto: “Non provarci neppure, Sawada…” lo avvertì Ryohei, intanto che, col potere delle fiamme del Sole, cauterizzava la ferita che portava via le forze al suo Boss, “Stai un attimo sdraiato.” disse Chrome, imbracciando il tridente, pronta eventualmente a combattere.

Ma un gesto del giapponese la fermò: “Non è necessario…” bisbigliò con un filo di voce, “Li ho ridimensionati io.” disse solo, reclinando stancamente la testa sull’avambraccio di Gokudera; Hayato si asciugò furtivamente gli occhi, “Non dire nulla, ci penseremo dopo.” dichiarò lui, sorreggendolo, “Lambo, vai a prendere la macchina.” ordinò.

Presto detto.

Il Fulmine era schizzato via con la rapidità propria del suo attributo, seguito a brevissima distanza dalla Nebbia.

“Sicuro di stare bene?” chiese preoccupato Yamamoto, stendendogli sopra il mantello e stringendogli con forza la mano; Tsuna annuì: “Solo un po’ debole… Credo che sia stata l’adrenalina a tenermi in piedi e a permettermi di reagire; ma una volta esaurita, sono caduto a terra come una pera matura… Che figuraccia…” borbottò tra sé e sé il Decimo.

“Non dire stronzate, Juudaime…” borbottò Gokudera, abbracciandolo ancora più forte e dandogli un leggero bacio sulla fronte sudata: “Testa-Di-Polipo ha ragione, Sawada, l’importante è che tu sia vivo.” assentì Sasagawa.

“Gli altri?”.

“Gli altri stanno bene, fratellino. Grazie a te.”

La voce di Dino precedette di qualche istante la comparsa del trentenne biondo, seguito da Enma, entrambi accompagnati da Hibari.

“Buffo, avrei dovuto coprirti io le spalle, e invece è successo tutto il contrario.” rise l’italiano, scompigliandogli i capelli; Tsuna sospirò sollevato, rassicurando con uno sguardo Kozato, i cui occhi sembravano sul punto di sciogliersi, tanto erano lucidi: “Meno male… Stavolta ce la siamo vista davvero brutta…” ammise lui, alzando lo sguardo al cielo.

“Ti conviene non riprovare a fare un numero del genere, Tsunayoshi…” lo avvertì con tono iroso la Nuvola, comparsa all’improvviso in mezzo a loro, con la mano saldamente aggrappata al collo della camicia del Decimo: “La prossima volta potresti non essere così fortunato. E anche se scampassi all’esplosione e all’attacco, la tua vita si concluderebbe per mano mia, perché ti morderei a morte.”.

Kyouya mollò la presa sul colletto della camicia del ventenne, e si allontanò di qualche passo, ma non troppo.

“Tsuna-nii, la via è libera.”

L’arrivo di Lambo e Chrome pose fine a qualunque ritorsione che Gokudera poteva avere in serbo per l’ex capo della disciplina: con delicatezza, il giovane fu sollevato e fatto sedere sui sedili posteriori dell’auto, accanto alla Tempesta e alla Pioggia, che non avevano la minima intenzione di lasciarlo solo.

Prima che le porte si fossero chiuse, Tsuna alzò il braccio in segno di saluto verso i due amici, che lo fissarono con affetto: se erano vivi, lo dovevano al suo coraggio e al suo istinto.

“Andiamo a casa…” ordinò con voce fievole.

Non appena la macchina ripartì sgommando, il bruno si ritrovò a pensare, stretto tra Hayato e Takeshi, a quanto le loro esistenze, in quel giorno, fossero state pericolosamente in bilico tra la vita e la morte.

Era stata una scelta delicata, quella che aveva optato, ma era servita.

L’equilibrio era stato ristabilito e il Cielo non era caduto.

Aveva mantenuto la parola.

 

Grazie di cuore a LYRIN per aver recensito il primo capitolo e avermi reso partecipe di ciò che pensava.

Sono proprio contenta che questo esperimento abbia suscitato l’interesse di qualcuno.

E sono ancora più contenta di aver ricevuto un parere positivo.

Quindi, grazie di cuore.

   
 
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