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Autore: H o l l y    21/04/2011    4 recensioni
“Ognuna di loro era stata scelta in base ad una peculiare abilità.
Tenten aveva una tecnica eccellente, mentre la grinta di Temari consentiva esibizioni fenomenali.
Il portamento e la naturale eleganza di Ino erano pari solo alla delicatezza e leggiadria dei passi di Hinata.
Sakura infine, s’immedesimava a tal punto nei personaggi da vivere le loro stesse emozioni”.
Storia di cinque ballerine.
Cinque ragazze prima di tutto, colte nel tentativo di conciliare un grande sogno con la ricerca dell'amore.
E se tutto ciò accadesse a Sakura? Durante la prima del suo debutto, magari...
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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 .:Capitolo due:. – Viaggi
 
 
 
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Ino correva a perdifiato, zigzagando tra i pendolari che all’una del primo pomeriggio popolavano la stazione ferroviaria.
Il pesante borsone che portava a tracolla e l’enorme trolley che trascinava le impediva movimenti particolarmente agili. Già un paio di volte aveva rischiato di investire un passante.
Rallentando appena la propria marcia, estrasse il cellulare dalla tasca del giubbino bianco.
Controllando l’ora, notò con orrore come mancassero appena cinque minuti alla partenza del treno che l’avrebbe condotta all’aeroporto di Tokyo.
-Maledetta sveglia, maledetto papà!- ringhiò contro colui che non aveva provveduto a svegliarla prima.
Correndo come un’indemoniata e lanciando frequenti occhiate disperate al display del cellulare, la signorina Yamanaka si preoccupava di molte cose… fuorché di dove andasse.
Era inevitabile che, prima o poi, si sarebbe scontrata contro qualcosa; tanto che quando avvenne non perse neppure tempo a stupirsi.
La valigia le sfuggì di mano e cadde al suolo con un tonfo sordo, i capelli le volarono intorno al viso impedendole di vedere chiaramente il volto del malcapitato.
Ino mulinò le braccia e puntò i piedi nel tentativo di mantenersi in equilibrio ma il peso dello zaino sulle spalle la trascinò al suolo. Udì un gemito quando il suo gomito si abbatté sul viso dello sconosciuto.
-Razza d’idiota! Guarda dove metti i piedi- una voce alle sue spalle la fece sobbalzare, oltre a toglierle le parole di bocca.
Ino si rialzò come una furia, sistemandosi i capelli scompigliati e rassettandosi i vestiti.
Senza degnare di uno sguardo il ragazzo steso a terra, si affrettò a raccogliere gli oggetti che le erano caduti.
Il ragazzo si mise a sedere e la imitò, afferrando di scatto il cellulare e controllando che non si fosse danneggiato.
-Devi scusarlo- le disse un secondo ragazzo mentre, con un sorriso a trentadue denti, le porgeva il portafogli che era caduto –Shikamaru è un misogino, non sa come si trattano le signorine-.
Ino fulminò il secondo ragazzo (un moretto ghignante e abbronzato) con uno sguardo carico d’odio e gli strappò scortesemente l’oggetto dalle mani. Era già in abissale ritardo… ci mancavano solo due imbecilli a farle perdere tempo prezioso.
-Certo, come no- sibilò, trattenendo gli insulti che avrebbe normalmente sputato se non fosse stata tanto di fretta –addio, eh!-.
Ino fece per andarsene, ma il moro ancora seduto a terra le afferrò il polso sottile, costringendola a voltarsi –potresti almeno scusarti… sai, potevi farmi male- brontolò fissando i suoi occhi blu marino.
-Che cosa?!- sibilò Ino. Questo era veramente troppo per lei.
Non solo quel tizio l’aveva investita, era un misogino maleducato che non l’aveva neppure aiutata a raccogliere i propri oggetti… ma pretendeva pure delle scuse?!
-Senti bello- cominciò prendendo fiato –non so chi ti credi di essere, ma IO sono…-.
La voce secca e nasale dell’interfono ferroviario interruppe il suo monologo, ricordandole che il suo treno era in partenza.
-… molto in ritardo. Sei fortunato che non ti denunci per molestia, addio!- gridò riprendendo la sua corsa sfrenata contro il tempo.
Shikamaru e Kiba la osservarono allontanarsi, la bionda coda di cavallo che le ondeggiava sulle spalle seguendo il ritmo della sua corsa.
-Però che caratterino- commentò Kiba, ridacchiando.
-Che perdita di tempo…- sospirò Shikamaru, giocherellando con il cellulare e già pregustando un tranquillo viaggio in treno.
-E’ un peccato che non la rivedremo mai più- rise Kiba, lanciando un’occhiata complice all’amico –era così carina-.
Ma Shikamaru non rispose, fissava intensamente il display del proprio cellulare. Folgorato.
-Hei- lo chiamò Kiba –che c’è?- insisté poiché cominciava a preoccuparsi.
Shikamaru impiegò diversi minuti a riprendersi, fino a quando mormorò –sai amico, credo che la rivedremo-.
-Ah si?- fece quello molto scettico –e come fai a dirlo? Sei un indovino?-.
-No- Shikamaru alzò lo sguardo su di lui –semplicemente ci siamo scambiati i cellulari- disse mostrandogli la foto sul display che ritraeva cinque ragazze in tutù che sorridevano abbracciate.
 
 
 
Nel frattempo, al bar dell’aeroporto di Tokyo, c’era chi si godeva un delizioso cornetto alla crema accompagnato da un forte caffè come sveglia.
Tenten sorseggiava la bevanda scura e sbocconcellava il dolce, la mente piena di pensieri.
-Tenten… ti senti bene?- chiese Hinata premurosa, notando la sua disattenzione.
-Cosa?- fece quella, riscuotendosi –oh… si, si certo… sono solo… ehm- Tenten pareva imbarazzata.
Hinata corrugò le sopracciglia, sorpresa dal suo strano comportamento. Era raro vederla tanto in ansia, neppure prima delle competizioni più importanti Tenten si faceva prendere dal panico.
-Ne sei certa?- insisté con dolcezza –se vuoi parlarne, sono qui-.
La ragazza sorrise delle premure che Hinata stava dimostrando, decise così di vuotare il sacco. Infondo, lei era sempre tanto gentile… certamente non si sarebbe presa gioco di lei…
-Ecco… vedi Hinata, io…-.
-Scusatemi!- una voce squillante la interruppe bruscamente.
Hinata e Tenten alzarono lo sguardo sulla figura che si era appena avvicinata al loro tavolo, incontrando gli occhi blu di un ragazzo che non doveva essere molto più grande di loro.
-Si?- chiese Tenten, sorpresa da quell’intrusione.
Il ragazzo sorrise mostrando una fila di denti bianchissimi in contrasto con il suo incarnato olivastro –scusate per l’interruzione ma io e il mio amico Neji-  disse indicano un ragazzo alle sue spalle –avremmo un problemino-.
Il ragazzo incominciò a spiegare, grattandosi la nuca imbarazzato –ecco, è più di un’ora che aspettiamo due nostri amici… dovevamo partire con il volo delle sette ma ancora non si sono fatti vivi…-.
-Potreste, gentilmente, prestarci un cellulare? Solo per sapere dove diavolo sono finiti!- concluse tutto d’un fiato.
Tenten e Hinata lo fissarono per qualche istante, poi si guardarono negli occhi, indecise se fidarsi o meno.
Intuendo i loro dubbi, il biondino si affrettò a spiegare –purtroppo ho finito il credito e Neji non ha il cellulare… vi assicuro che ve lo restituiremo!-.
I suoi occhi ardevano di sincerità e, prima di rendersene conto, Hinata si ritrovò a sfilare l’oggetto dalla tasca e porgerlo docilmente allo sconosciuto.
Il volto del ragazzo si aprì in un sorriso di sincera gratitudine –oh grazie, sei davvero un angelo!- disse afferrando l’apparecchio e scatenando una serie di reazioni nella ragazza che andavano dal più profondo imbarazzo alla piacevole sorpresa… passando per l’incredulità.
 
 
 
Ma tornando ai ritardatari, troviamo in Sabaku no Temari un altro perfetto esempio.
Il tabellone orario le ricordava candidamente come mancassero appena cinque minuti alla partenza del treno che avrebbe dovuto prendere ma ciò non sembrava turbarla più di tanto.
Anzi, la ragazza camminava a passo sicuro e spedito, senza tuttavia scomporsi troppo.
Perfettamente controllata e riposta, Temari poteva vantarsi di aver dormito fino a mezz’ora prima della fatidica partenza.
A svegliarla era stato il fratello Kankuro che, inspiegabilmente, aveva deciso di alzarsi a un orario che precedesse il mezzogiorno.
Tuttavia Temari doveva ammettere di essere stupita dal proprio comportamento. Fino a ieri era assolutamente entusiasta dell’imminente partenza… ora invece…
Un’insospettabile morsa le serrava lo stomaco, vari dubbi si affacciavano alla mente.
Non era mai stata una persona ansiosa, a quello ci pensavano le sue quattro amiche, la compostezza e la tenacia la caratterizzavano in ogni momento.
Ora invece, mentre si avviava decisa verso la propria fermata, sembrava prendere coscienza del grandissimo passo che stava per compiere.
Londra.
Quello non era un gioco, ma una competizione seria come non ne avevano mai affrontate. Il tempo delle fiabe era terminato.
Aveva scelto la sua strada e non poteva tornare indietro.
Giunta alla pensilina sussultò notando il treno in partenza.
Spiccò una corsa sfrenata trascinando il pesante borsone, spingendo di malagrazia tutti coloro che intralciavano il suo cammino.
Fece appena in tempo a sgusciare tra le porte che con un fischio il treno annunciò la sua partenza.
Soddisfatta della propria impresa Temari si concedette un mezzo sorriso, quindi gettò un’occhiata intorno, cercando un posto libero.
Ne trovò uno accanto ad un paio di ragazzi che se ne stavano stravaccati ascoltando musica a un volume spaventoso.
Appoggiando la borsa ai suoi piedi e incrociando le braccia al petto, chiese con tono deciso –Posso sedermi, vero?-.
I due si degnarono di alzare lo sguardo solo dopo vari secondi.
-Mmm?- commentò molto significativamente il più vicino a lei, un ragazzo dai capelli castani e particolari segni rossi sulle guance.
Senza attendere una risposta Temari fece per sedersi, ma il secondo ragazzo la bloccò esclamando sbalordito –Tu. Tu sei la ragazza della foto!-.
Sorpresa, Temari non seppe cosa rispondergli. Era chiaro che la stesse confondendo con qualcun’altra.
-Dimmi- proseguì imperterrito il ragazzo –dov’è il mio cellulare? Sai è abbastanza essenziale… ho segnato il numero e la via dell’albergo, lì dentro- concluse come se ciò spiegasse tutto.
Temari rimase immobile a fissarlo per un lungo momento. Gli occhi di lui sfuggivano al suo contatto, mentre sul viso della ragazza si disegnava un ghigno divertito.
Senza proferire parola Temari si alzò di scatto e recuperò la borsa ai suoi piedi. Quindi si diresse a passo di marcia nello scompartimento successivo, in cerca di un nuovo posto a sedere.
Prima di chiudere la porta, tuttavia, lanciò un’occhiata divertita al ragazzo, commentando –Un modo davvero particolare di attaccare bottone con le ragazze, sai? Ma con me non funziona!- così se ne andò, lanciandogli un sorriso sfavillante che lo mise a disagio.
Tornado a seppellirsi nella stoffa del sedile, Shikamaru commentò a mezza voce –Il cellulare mi serviva davvero-.
-Vuoi dire che quella della Hotel non era una scusa?!- scattò Kiba, come se d’un tratto fosse stato punto da uno spillo, cercando di trattenersi dal mettere le mani addosso al compagno.
Shikamaru scosse placidamente la testa.
 
 
 
Tenten percorreva ansante l’angusto corridoio dell’aereo.
Le sue amiche avevano già trovato posto negli accoglienti sedili e attendevano pazientemente la partenza, tuttavia Tenten si trovava in una spiacevole situazione.
Il portellone era già stato chiuso, l’era quindi impossibile catapultarsi fuori dall’aereo, e le hostess non facevano che pregarla di accomodarsi.
-Accomodarsi un corno, oca giuliva che non sei altro!- gridò, fuori controllo, all’ennesima ragazza bionda e filiforme che cercava di farla sedere.
Tenten si stupì del suo comportamento, nonostante sapesse bene quanto fosse irascibile durante le sue crisi.
La ragazza si calmò un poco, appoggiando la schiena al sedile più vicino e cercando di regolarizzare il respiro.
Di colpo ricordò il discorso iniziato quella stessa mattina con Hinata. Era stata sul punto di confessarle tutto…
Hinata non si sarebbe presa gioco di lei, ma le altre? Cosa avrebbero pensato?
La ragazza maledisse la sua debolezza che la portava a cadere vittima di tali crisi di panico.
Tenten soffriva di claustrofobia dall’età di sei anni.
Precisamente da quando, alle giostre, era rimasta chiusa per due ore in un enorme e angusto gioco, tutto scivoli e passaggi segreti.
Aveva seguito varie sedute con psicologi anche molto preparati e aveva imparato bene a tenere sotto controllo il panico con svariate tecniche di rilassamento.
Ma quella era la prima volta che metteva piede in un aereo. Tutto ciò che la circondava sembrava essere così… stretto…
Come poteva, quel tostapane volante, contenere tutte quelle persone?!
Era assolutamente inconcepibile, non c’era abbastanza spazio. Non ci poteva essere!
La vista si fece annebbiata e il respiro irregolare. Tenten strinse con forza i pugni mentre si lasciava scivolare a terra, raggomitolandosi con le ginocchia al petto incurante degli sguardi curiosi che la circondavano.
Cercò di schiarirsi la voce ma la gola era come ostruita, bloccata.
Nel panico Tenten scordò completamente tutte le tecniche di rilassamento che conosceva, cominciando a respirare a pieni polmoni, tossendo e cedendo al panico quando capì che non arrivava sufficiente quantità d’aria ai suoi polmoni.
Tutto si stava facendo nero e annebbiato, quasi poteva vedere le pareti e i sedili chiudersi su di lei…
…qualcosa le toccò il piede destro.
Una voce sconosciuta, delle scuse biascicate amaramente.
-Ehi che stai facendo?-.
“Nulla che ti riguardi” avrebbe volentieri risposto, se solo fosse riuscita a smettere di ansimare come se stesse partorendo.
Dal suo mondo ovattato e sfuocato, Tenten colse vagamente una mano che si appoggiava sulla sua spalla ed un grido –Neji, le hai quelle pastiglie magiche, vero?-.
-Sono farmaci omeopatici e non caramelle Naruto, sappi che non ne avrai nemmeno uno-.
Tenten si sorprese di come riuscisse a seguire lucidamente la conversazione, persino i nomi le sembravano famigliari…
-Non sono per me! Sono per lei!-.
Altri passi e una mano sulla fronte.
Tenten seppellì nuovamente il volto tra le braccia.
-Ecco. Ne hai bisogno-.
Quando alzò lo sguardo, mise a fuoco due occhi tanto chiari da apparire bianchi. Tra le mani si ritrovò una pastiglia bianca e friabile.
 
 
 
-Ma quando partiamo? Sono secoli che siamo ancorati qui!- Ino si lamentava e giocherellava con la coda bionda.
Sakura si sistemò meglio sul sedile accanto al finestrino. Osservava le persone scorrere sotto di lei con muto divertimento.
C’era perfino una limousine nera e lucida.
“Wow” pensò Sakura “un ingresso davvero trionfale”.
-Ten eccoti! Dov’eri finita?- udì Temari apostrofare l’amica.
-Ero… al bagno…-.
Sakura continuava a fissare la macchina nera, ora era una questione di principio.
La vettura si era fermata e l’autista era sceso, precipitandosi ad aprire la portiera al passeggero. La ragazza era sempre più curiosa di scoprire chi fosse così schifosamente ricco da permettersi di parcheggiare la limousine su una pista di atterraggio.
Il passeggero scese dalla macchina, contemporaneamente il cuore di Sakura perse un balzo.
-SASUKE!- gridò a pieni polmoni, riconoscendo il ragazzo che tanto aveva sospirato.
Tutti i passeggeri si voltarono nella sua direzione, ma lei non ci fece caso. Con le mani premute sul vetro e le ginocchia sul sedile osservava la visione che si stendeva sotto di lei.
Proprio in quel momento auto parlante annunciò la partenza dell’aereo, strappandola al suo dolce sogno.
 
 
 
 
.: Note d’autrice :.
E finalmente riesco ad aggiornare!
Scusatemi, scusatemi, scusatemi. E’ davvero un periodaccio…

Il capitolo mi è uscito molto più lungo di quanto non volessi… e ho dovuto tagliare anche alcune parti!
Spero che non sia troppo noioso, ho cercato di dare spazio a tutti i personaggi.

 
Scappo, i miei fratelli gridano qualcosa di incomprensibile su una partita di calcio in casa.
Devo evitare il genocidio dei soprammobili!


Bacioni a tutti, aspetto con ansia i vostri pareri^^.
Grazie grazie a tutti!
Holly_94

  
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