That’s all…
Ron passò un
dito sulle copertine dei libri perfettamente allineati nella grande libreria a
parete di casa Granger, ammettendo che fosse, effettivamente, d’effetto.
Adorava
quella casa. Così ordinata, così ampia, così luminosa, così Babbana.
Amava quella
casa, ma forse questo era solo un riflesso incondizionato del fatto che amava
profondamente chi ci stava dentro.
Sospirò,
seguendo ancora con il dito, il profilo di quei volumi, che in gran parte erano
sicuramente di Hermione.
In quelle
ultime settimane, aveva frequentato spesso quella casa e, nonostante l’imbarazzo
iniziale, stava abituandosi a quegli oggetti bizzarri, a orientarsi in quelle
numerose stanze, a trovarsi spesso a contatto con i genitori di Hermione.
Per quanto
aveva potuto constatare, anche la signora Granger amava leggere. Quando andava
a trovare Hermione, Ron non si Smaterializzava mai direttamente dentro casa,
quindi spesso gli capitava di incontrare la padrona di casa sul grande portico
sul davanti, intenta a leggere libri Babbani sul dondolo, oppure in salotto,
con le gambe incrociate sul morbido sofà - in una posizione che gli ricordava
Hermione in modo impressionante -, oppure nel soggiorno, vicino alla vetrata, o
in cucina…
Insomma, era
degna madre di Hermione.
“Trasfigurazione
avanzata… Creature magiche, cure e rimedi… La legge magica, volume uno…”.
Ron continuò
a tracciare la linea immaginaria, sfiorando le copertine lisce di quei tomi. Per
quanto anche la signora Granger fosse un’appassionata lettrice, qualcosa gli
diceva che quei libri non erano suoi…
“Le streghe
del Medioevo… Babbani e Mondo Magico… Elfi in-”.
Sussultò nel
leggere l’ultimo titolo.
Inclinò la
testa, in modo da poter leggere orizzontalmente la scritta in oro, parecchio
rovinata, incisa sul bordo.
Elfi in
rivolta, volume otto.
Lo afferrò,
estraendolo dalla fitta fila di libri. Chiuse un momento gli occhi,
accarezzando la copertina graffiata, poi lo aprì…
Aprì gli
occhi, svegliandosi di soprassalto.
La testa gli
doleva, gli occhi bruciavano, la luce gli dava fastidio. D’istinto si portò una
mano davanti al viso.
- Scusa, Ron…
non volevo svegliarti. Mi dispiace.
Ron percepì
la mano piccola e forte di Ginny accarezzargli un braccio. Cercando di
abituarsi alla fioca luce della Sala Grande, tolse la mano dal viso, cercandola
con lo sguardo.
Tirò su con
il naso - Non fa niente, figurati - la guardò.
Aveva lo
sguardo stanco, afflitto.
Si grattò la
testa, svogliatamente - Stai arrivando adesso? Non hai dormito per niente?
Ginny annuì,
accucciandosi meglio sul divano - Ho dormito qualche ora giù, con Bill e… George.
Quel nome li
fece trasalire entrambi.
Ron percepì
la pesantezza alla testa aumentare, il cuore stringersi, lo stomaco sparire…
Fred.
Fred, morto.
Chiuse gli
occhi, attendendo che il respiro tornasse, che l’aria lo liberasse da quel
senso di soffocamento.
Ancora,
Ginny gli strinse un braccio.
Ron le prese
la mano. Poco distante da loro, Harry dormiva profondamente su una poltrona,
lui, più degli altri, stravolto dalla sofferenza, dalla stanchezza, dalla
responsabilità di tutto ciò che era accaduto.
- Ginny, dov’è
Hermione?
La ragazza
sollevò leggermente il capo, cercandola con lo sguardo, come se fosse possibile
che lui non l’avesse vista - L’ho… l’ho incontrata prima. Qualche ora fa. Mi ha
detto che faceva un salto in infermeria a vedere com’era la situazione… e che
poi sarebbe subito venuta qui… non è arrivata?
Ron scosse
la testa, alzandosi - Vado a cercarla- con un’ultima stretta, lasciò la mano di
Ginny.
- Vuoi che
venga con te? - le chiese lei, facendo per alzarsi.
- No, no…
vado io. Forse è… meglio così - disse, ingoiando il vuoto.
Ginny annuì
- D’accordo. Vi… vi aspetto qui.
Doveva
essere l’alba.
Dalle
finestre, dagli squarci sui muri, dalle pareti semidemolite trapassava la fioca
luce mattutina.
Ron
attraversò quei corridoi che tanto aveva amato durante gli anni di scuola,
quasi senza riconoscerli.
Erano
spenti, erano quasi distrutti, erano morti.
C’erano
ammassi di detriti ovunque.
L’ala ovest
era completamente demolita.
Trattenne il
respiro quando si trovò a passare davanti alla Sala Grande.
Ringraziò
mentalmente quando si accorse che lo spesso portone di quercia era stato chiuso.
Proseguì
verso la sua meta. Verso di lei.
L’infermeria
non era mai stata così gremita di gente.
Il caos di
quella stanza, contrastava il silenzio assoluto del resto del castello.
Sembrava che
i vincitori di quella Guerra durata anni fossero riuniti tutti lì dentro, tra
quelle quattro mura.
Alcuni
giacevano nei letti, con testa o arti fasciati. Altri avevano squarci addosso,
altri ancora bevevano pozioni…
Feriti, sì.
Ma vivi.
C’era la
vita in quella stanza, c’era la gioia di avercela fatta.
Vagò con lo
sguardo in mezzo alla gente, mentre la morsa che gli attanagliava lo stomaco
sembrava alleviarsi un minimo.
E poi la
vide.
In fondo, ad
un lato della sala. Stava medicando il viso di una signora che aveva un
profondo taglio sulla fronte.
Ron non
riuscì a fare a meno di guardarla e la stretta si allargò sempre di più, sempre
di più…
La signora
continuava a parlare, giustamente felice. Hermione di tanto in tanto annuiva,
rivolgendole sorrisi forzati… ma il suo sguardo era spento, la sua espressione
vuota.
Quella non
era Hermione.
La vide
congedare la signora, ormai medicata, e rivolgerle un altro sorriso finto di
fronte ai suoi ringraziamenti.
- Hai
intenzione di continuare fino allo sfinimento? - le disse, arrivandole da
dietro.
Hermione
sobbalzò, voltandosi. Ron notò che il graffio che aveva sul mento era stato
ripulito. Il viso era pallido e in capelli erano annodati in malo modo sulla testa. Indossava
ancora la maglietta strappata della sera prima.
- Sì… cioè
no… - fece lei, passandosi una mano sulla fronte e guardandosi intorno - Sto
bene.
- Non stai
bene - disse lui, scansandosi per far passare Madama Chips con un carico di
pozioni e solventi - Ti porto via di qui.
Questo sembrò
riscuotere Hermione - No! No, no… devo preparare una pozione aggiustaossa… un
signore ne ha bisogno… io devo…
- Vorrà dire
che la farà qualcun altro - insistette Ron, afferrandola per un braccio - Non
dormi da due giorni, Hermione. Devi staccare la spina - disse deciso,
trascinandola di qualche passo.
- Ma, Ron… -
protestò lei.
- Hermone -
disse lui, fermandosi e guardandola in faccia - non pensi che riposandoti un
paio d’ore, poi sarai più utile a tutti?
Lei lo fissò
qualche secondo; provò anche a ribattere, ma alla fine lasciò perdere - Lascia
almeno che ti pulisca quelle ferite - disse alla fine lei, sfiorandogli una
guancia.
- Andata -
acconsentì lui - Ma usciamo di qui.
Hermione
annuì e dopo aver recuperato un disinfettante e alcune garze, seguì Ron fuori
dall’infermeria, dove li accolse un malinconico e desolante silenzio.
- Di qua -
disse lei, d’improvviso, guidandolo verso un corridoio.
Camminarono
per un po’ tra le macerie, fino a raggiungere la fine di quel tunnel: lì le
pareti erano completamente crollate, qualsiasi fosse stata quell’aula era stata
completamente buttata giù.
Ma Hermione
non si fermò; proseguì ancora, salendo su quelle macerie, fino a quando non
furono completamente fuori.
Senza
neanche averla cercata, si ritrovarono ad avere una visuale del parco di
Hogwarts, circondato però, da cumuli e cumuli di macerie.
Hermione
fece qualche passo avanti, dando le spalle a Ron e per alcuni secondi rimase ad
osservare l’inquietante spettacolo che si estendeva sotto i loro occhi.
- Questo è
tutto - disse lei, ad un certo punto, con voce atona, distaccata.
Fu un
bisbiglio, un sussurro quasi.
Ron rimase
in silenzio dietro di lei, in attesa che aggiungesse altro. Ma Hermione non lo
fece.
Allora Ron
si avvicinò. Lei era immobile, guardava fisso davanti a sé; sembrava quasi
assorta… lui avrebbe voluto stringerla, poi scuoterla, poi stringerla ancora…
- Tutto
cosa? - si limitò a dire, invece.
Hermione all’inizio
non rispose.
- Tutto
cosa, Hermione? - ripetè allora Ron, toccandole una spalla.
Lei si
riscosse. Guardò la mano si lui sulla sua spalla, poi guardò Ron, poi di nuovo le
macerie che li circondavano - Tutto. Tutto quello… tutto quello per cui abbiamo
combattuto, Ron - disse con voce spezzata - Ecco cosa è rimasto. Distruzione e…
morte. Questo è tutto.
Ron scosse
la testa, con convinzione.
La prese per
le spalle e la scosse leggermente - NO, Hermione, no! - le disse, guardandola
negli occhi - Non… non abbiamo combattuto per questo! E’ normale che adesso
tutto ciò possa sconvolgerci ma… - prese fiato, cercando le parole - Ma bisogna
essere forti ancora per un po’, hai capito? Bisogna trovare ancora un po’ di
forza per aggiustare le cose e per… per far sì che ciò che è accaduto non sia
stato vano… d’accordo?
Hermione
continuava a guardarlo; un’espressione impassibile stampata sul volto. Non c’era
traccia di lacrime nei suoi occhi.
Ron non era
mai stato bravo con i discorsi d’incoraggiamento. Non quanto lei, almeno.
Forse era
perché, per la prima volta, era lei ad aver bisogno di un discorso del genere. Ron
non aveva mai dovuto spronarla o… consolarla per qualcosa.
Ma Hermione…
lei lo aveva sempre fatto, c’era sempre stata quando lui ne aveva avuto
bisogno.
- Dobbiamo
medicare quelle ferite, Ron - disse Hermione, riprendendo il suo classico tono
efficiente.
- Eh? - fece
stupito Ron, mentre lei svitava la boccetta di disinfettante.
- Se fossi
venuto prima…
- NO, no,
Hermione… ferma! - tentò di bloccarla lui - Dobbiamo parlare.
- …a quest’ora
si sarebbero quasi rimarginate…
- Tu non
stai bene, Hermione! Ti prego… parliamone un attimo! Non puoi tenerti dentro
tutto questo… insomma…
-
Sciocchezze, Ron - fece lei, tirando su con il naso - Io.sto.benissimo.
- No, non
stai bene, per la miseria! - sbraitò Ron, passandosi una mano tra i capelli.
- Va bene,
adesso forse brucerà un pochino…
Fu un
attimo.
Con un colpo
secco, Ron fece volare in aria la bottiglietta di disinfettante che Hermione
teneva in mano, la quale disegnò un arco verdastro in aria, per poi ricadere
con un tondo sordo sul prato, mentre liquido verde continuava a fuoruscire.
- ADESSO
BASTA, HERMIONE! - gridò Ron, sotto lo sguardo basito di lei - BASTA! NON PUOI
CONTINUARE COSì… NON DEVI REAGIRE COSì, MISERIACCIA! - riprese un attimo di
fiato, mentre il viso gli diventava rosso di rabbia. Sospirò, nel tentativo di
darsi una calmata - Lascia perdere gli altri per un attimo, lascia che sia io a
pensare a te! - le si avvicinò, senza toccarla - Non lasciarmi fuori, Hermione…
parlami, ti prego… - le si avvicinò di qualche passo e lentamente le sfiorò il
mento con un dito - Ti pregò - ripeté.
Hermione
aveva ancora un’espressione sconvolta, allucinata quasi. Tornò a guardare la
boccetta a terra, poi le garze, poi Ron.
Soltanto in quel momento, un guizzo, una luce le attraversò lo sguardo.
E Ron la
riconobbe.
Hermione era
tornata.
Si coprì il
viso con le mani, respirando forte - Ron… oddio, sono un mostro…
- No, certo
che no… - intervenne subito lui, avvicinandosi.
- Sono un’egoista,
invece! - ribattè lei, contorcendosi le
mani - Sai… vuoi sapere qual è stata la prima cosa che ho pensato… quando ho
visto questo?
Lui scosse
lentamente la testa.
Hermione si
passò una mano tra i capelli e strinse. Sembrava fuori di sé… continuava ad
avere il respiro affannoso ma sul viso, neanche l’ombra di una lacrima.
- Ho pensato
che non doveva succedere… che… che non doveva accadere questo, che Hogwarts
doveva rimanerne fuori… e… ed è per questo che sono un’egoista! Perché ormai
Hogwarts era una casa… un punto fisso! L’unico dopo che i miei genitori… loro
non sanno neanche che esisto, Ron! E sono un mostro… - il respiro le diventava
sempre più affannoso, mentre lei continuava a ripeterlo, a ripetere quei
pensieri scoordinati, sofferenti - Sono un mostro perché poi penso a Remus… e
Tonks e Fred e…. mi sento un mostro! UNA STUPIDA EGOISTA!
Ron
continuava a scuotere la testa. Era esattamente da Hermione pensare quelle
cose.
Era da
Hermione sentirsi in colpa per qualcosa che non aveva potuto evitare.
Capiva bene
il suo smarrimento, il suo sentirsi persa.
Il suo
sentirsi crollare il mondo addosso.
Il suo
trattenersi sempre.
Il suo
esplodere.
Ron si
avvicinò, provando a cingerla con le proprie braccia.
- Hermione,
va tutto bene…
Ma lei
continuava a dimenarsi, a scansarlo, a
coprirsi il volto con le mani.
Ron
insistette, afferrandole le spalle, mentre Hermione si divincolava.
- Fermati,
Hermione - la pregò lui - Va tutto bene, tutto bene…
E alla fine
lei cedette.
Con un
ultimo, stanco sospiro, si lasciò avvolgere dalla braccia di Ron; si aggrappò
alla sua maglia e senza che nessuno dei due potesse rendersene conto, si lasciò
andare ad un pianto liberatorio.
Ron le baciò
la testa, mentre lei continuava a singhiozzare contro il suo petto.
Le accarezzò
la schiena, stupendosi di come quel gesto non fosse minimamente imbarazzante.
C’era solo
lei, esile e leggera, tra le sue
braccia.
Lei e la sua
sofferenza.
- Piangi,
piccola… tira fuori tutto… - le bisbigliò, mentre fiumi di lacrime gli
bagnavano la maglia.
- Oh, Ron… -
singhiozzò lei. Ron strinse gli occhi, quando percepì la sofferenza celata in
quel sussurro - Non sono riuscita ad entrare… - disse lei, calmandosi - Non
sono riuscita ad entrare! Dopo quello che… loro… hanno fatto… dopo che… sono…
morti… per salvarci… io non sono riuscita… ad… andarli… a salutare… per l’ultima…
volta…
Ron la
strinse ancora più forte, mentre la testa continuava a pulsargli; il dolore
sembrava quasi oscurarlo.
“Non sono
riuscita ad entrare”.
Sapeva a
cosa si stava riferendo.
La Sala
Grande.
Lui era
entrato, invece, insieme alla sua famiglia. Erano entrati insieme, stretti e
sofferenti intorno a Fred.
Uniti,
sempre.
Sebbene
fossero passate solo poche ore, Ron aveva dei ricordi sfocati…
Le urla di
sua madre…
Lo sguardo
perso di Percy…
Gli occhi
lucidi di Bill…
La
sensazione che il mondo continuasse a ruotare velocemente, senza dargli la
possibilità di vedere davvero cosa stesse accadendo attorno a lui.
Aveva
trovato una tregua soltanto uscendo da quella stanza, allontanandosi da quelle
persone, da quei ricordi che non sarebbero più tornati.
Il mondo si
era fermato, aveva smesso di vorticare soltanto quando lei lo aveva stretto tra
le braccia, lasciando che Ron desse sfogò a tutta la sua sofferenza, a tutto il
suo dolore.
Hermione lo
aveva abbracciato e accarezzato, finchè lui non si era addormentato, troppo
stanco e stremato per continuare a soffrire.
Non disse
nulla Ron.
Continuò ad
accarezzare la schiena, sentendo il respiro di lei rallentare, fino a tornare
ad un ritmo normale.
Rimasero
abbracciati, stretti l’uno all’altra.
- Ti senti
meglio? - disse ad un certo punto Ron, dolcemente.
Hermione si
staccò dal suo petto e lo guardò in viso, gli occhi lucidi e arrossati.
Ma di nuovo
vivi.
Lei annuì,
accarezzandogli il petto - Ti ho bagnato la maglia - fece, strofinandosi gli
occhi con il dorso di una mano.
- Questo sì
che è un problema.
Lei gli
sorrise, ma durò ben poco - Non dovresti essere tu a consolare me…
Ron scosse
la testa, sospirando - E’ da una vita che tu lo fai con me. E’ il mio turno
ora, non credi?
Hermione si
lasciò andare ad un lungo respiro; gli sfiorò la guancia ispida con una mano
tremante, come se avesse paura di toccarlo.
Una folata
di vento accompagnò quel gesto, ed Hermione si ritrasse, imbarazzata.
- Un giorno
dimenticheremo tutto questo, Hermione… - disse Ron, piano.
Lei alzò il
viso in uno scatto repentino per guardarlo negli occhi - Ma è giusto
dimenticare, Ron? - non era una semplice domanda. Era una richiesta d’aiuto.
Era il senso
di colpa dell’essere ancora in vita, quando altri non lo erano più.
Era il senso
di colpa del festeggiare la vittoria, quando altri non potevano più farlo.
Era il senso
di colpa generato dalla speranza di essere, un giorno, di nuovo felici.
Ron la guardò:
passò il suo sguardo sul suo viso pallido, sugli occhi scuri, sul naso piccolo,
sul taglio sul mento, sulla cicatrice sul collo…
Un’altra
fitta gli punse il cuore.
-
Dimenticheremo solo le cose più dolorose… - sussurrò e con un gesto lento, portò
una mano sul suo collo, all’altezza della cicatrice.
Ma non
appena il suo dito stava per sfiorarla, Hermione si ritrasse con un sussulto,
scottata.
Fu un gesto
istintivo. Non appena si rese conto di aver avuto quella reazione, Hermione lo
guardò afflitta, mentre gli occhi le si riempivano di nuovo di lacrime.
- Ron… Oh,
Ron, mi dispiace… mi dispiace… - balbettò, agitata.
Lui l’afferrò
per le braccia, di nuovo - Non è successo niente, va tutto bene. Tutto bene -
la rassicurò.
Hermione
annuì, sollevata del fatto che non se la fosse presa.
Il suo era
stato un gesto istintivo, una reazione spontanea. Malgrado non lo desse a
vedere, il ricordo del Malfoy Manor continuava inesorabilmente a terrorizzarla.
- Va tutto
bene, Hermione… - ripeté di nuovo Ron. Cautamente, le si avvicinò di un passo.
Imperterrito,
fece lo stesso gesto di poco prima, ma stavolta Hermione non si ritrasse.
Ron la guardò
negli occhi, mentre delicatamente le accarezzava la piccola cicatrice lasciata
dal coltello di Bellatrix. Non smisero di guardarsi, finchè Ron decise di
sostituire la mano con la sua bocca.
Hermione
trattenne il respiro quando percepì le labbra di lui sfiorarle la ferita.
Chiuse gli
occhi, stringendogli il braccio, quando le sentì risalire lungo il collo,
percorrere la mandibola, accarezzarle la guancia e fermarsi a pochi centimetri
dalle sue labbra.
Sentì il
respiro di Ron sulla sua bocca.
- Mi sembra…
che sia passato un secondo da ieri - disse lui, riferendosi ad un momento
preciso della sera prima; un momento che non riguardava la guerra, la
sofferenza, la morte.
Hermione
ingoiò il vuoto, sentendo il battito del suo cuore già accelerato, aumentare
sempre di più.
- Hai… hai
paura di esserti dimenticato come si fa? - chiese lei, quasi confusa da tale
vicinanza.
Malgrado
tutto, Ron sorrise - Dimenticato? Ho immaginato di farlo così tante volte che…
ti ho baciato almeno cento volte - ammise, arrossendo.
Lei si morse
le labbra, trattenendo un sorriso - Che… aspetti a farlo la centunesima,
allora?
Non se lo
fece ripetere di nuovo.
Ma in questo
gesto, Ron mise tutta la timidezza che fino a quel momento non aveva
dimostrato.
La baciò,
lentamente, dolcemente.
Lasciò che
le labbra di Hermione si adattassero alle sue.
Con
lentezza, studiò le bocca di lei, saggiandone finalmente il sapore, la
morbidezza.
- Questo è
il mio tutto, Hermione - disse Ron, ancora sulla sua bocca - Questo è il “tutto”
a cui voglio aggrapparmi…
Hermione
strinse la mano che teneva in mezzo ai capelli di lui, per avvicinarlo ancora
di più a sé, per sentirlo vicino come avrebbe voluto nell’ultimo periodo… per
sentire che c’era, davvero.
Il sole era
ormai sorto, e si accingeva ad illuminare quello che rimaneva di Hogwarts. Ron
poteva constatare che, anche nella distruzione, il castello riusciva ad emanare
un’imponenza e una regalità impareggiabile.
Prese
Hermione per mano e la aiutò a superare un mucchio di pietre, ciò che rimaneva
di una parete crollata.
Ron buttò un
ultimo sguardo a quella distesa di materie e solo in quel momento, gli
balzarono agli occhi dei particolari che prima non aveva notato. Infilati tra i
massi e pietre c’erano incastrate pergamene, pezzi di legno, travi e ancora
pergamene. Pezzi di cuoio.
- Aspetta,
Hermione… - Ron si accucciò a terra e spostando dei detriti, tirò fuori quella
che sembrava la copertina di un libro. Guardandola sorpreso e afflitto, scavò
in un punto vicino, da cui emersero delle pergamene stampate, in parte
strappate ma leggibili… ancora una copertina…
- Hermione,
questa è…
- La
biblioteca, sì - completò lei, stringendosi le braccia al petto - Era la
biblioteca.
Ron la guardò.
Non era un
caso che l’avesse portato proprio lì. Nel luogo più caro che aveva ad Hogwarts.
E ora non c’era
più nemmeno quello.
Hermione lo
guardò, sorridendogli incoraggiante, quasi a voler fargli capire che sì, stava
bene.
Ron annuì,
facendo per rialzarsi, ma di nuovo, qualcosa attirò il suo sguardo.
- Aspetta…
guarda!
Da un
piccolo cumulo di macerie, fuoriusciva quello che sembrava il bordo di un
libro. Ron lo sfilò lentamente e sebbene la copertina fosse un po’ graffiata e
le pagine spiegazzate. Era integro.
Hermione
arrancò sui sassi e macerie e gli fu accanto.
- “ Rivolta
degli elfi, volume otto” - lesse - E’ rimasto intero! - disse entusiasta,
guardandosi attorno - Forse ce ne sono altri… forse si può rimediare.
Ron annuì,
sorridendo nel vederla sorridere - Sì. Si può ricostruire. E questo - disse
sollevando il pesante volume - sarà il primo della nuova biblioteca. Ora però…
devi andare a riposarti. Non ho nessuna intenzione di portarti in braccio, se
crollassi lungo la strada, per cui vedi di sbrigarti - le disse, tendendole la
mano.
Hermione
sorrise, incrociando le dita con quelle di lui, senza stupirsi della mancanza
di cavalleria nascosta in quelle parole.
Lo guardò,
mentre arruffato e stanco, la guidava verso il castello, stringendo il libro
che aveva recuperato per lei.
Finché quell’immagine
fosse stata viva nella sua mente, avrebbe potuto affrontare il futuro con una
forza in più.
Ron chiuse
il libro, sfiorandone ancora una volta la copertina, e lo rimise al suo posto.
Fece qualche
passo indietro, per osservarla meglio.
La grande
libreria si estendeva lungo tutta la parete della stanza, in uno sfavillio di
colori, di parole, di storie.
Storie di
elfi, di folletti, di maghi… storie di persone che, come loro avevano dovuto
ricominciare.
Storie di
uomini e donne che pietra dopo pietra, avevano ricostruito la strada che li
avrebbe condotti al futuro.
Ma anche
storie che dovevano ancora essere raccontate, provate, vissute.
Ron sospirò,
al pensiero delle cose che erano cambiate negli ultimi mesi.
Hogwarts era
stata ricostruita.
La sua
famiglia si stava riprendendo, tornando ad essere più forte e unita di prima.
Fred,
nonostante tutto, continuava ad essere presente nei loro pensieri, nelle loro
parole, nel loro cuore.
Con un’ultima
occhiata alla libreria, Ron decise di raggiungere Hermione in cucina.
D’altra
parte, c’era ancora una storia da scrivere.
E lo
avrebbero fatto insieme.
Sono
pronta.
Sono
pronta a ricevere critiche.
So
che la reazione che ho fatto avere ad Hermione possa essere un tantino
destabilizzante.
Non voglio giustificarmi, ma secondo me tutto ha
un limite.
Anche la forza, la tenacia e la grinta di
Hermione.
Sono i più forti, a mio avviso, che quando
giungono al livello massimo di sopportazione… BOOM! Esplodono.
E’ più o meno questo lo stato d’animo a cui
pensavo.
Hermione non è di plastica, ho sempre pensato
che prima o poi sarebbe arrivata ad un punto di non ritorno. E dopo tutto
quello che ha passato durante l’anno di ricerca degli Horcrux, non credo ci sia
momento migliore della fine di tutto per liberare le emozioni represse.
Come ho detto all’inizio, so che questa “visione”
non sarà condivisa da tutti.
Ma ormai è fatta!
Ho scritto questa storia su suggerimento di Emma
(che io ormai mi arrogo il diritto di chiamare semplicemente “Emma”, ma alcuni
di voi forse conoscono meglio come Emmahp7), che ringrazio perché ultimamente le sue
idee sono per me una grande fonte di ispirazione.
Ultima cosa (poi la smetto con il discorsetto
logorroico, promesso)… non posso fare a meno di comunicarvi la mia totale
sorpresa per il “successo” dello scorso capitolo.
Le vostre recensioni mi fanno sempre sentire
orgogliosa, ma quelle dello scorso capitolo mi hanno fatto davvero emozionare.
Grazie di cuore, mi auguro di meritarle davvero.
Titti.
PS: ovviamente, Buona Pasqua a tutti!