Afraid.
Ti
lasci dondolare pacata nel buio, perché quello, nonostante
la luce
penetrante e assidua, lui ti circonderà.
E
così
sarà. Per sempre
sarà.
Ti
sentirai sola, come ora e come negli attimi addietro, lasciata e
dimenticata, imprigionata in una cella spessa, sbarre fredde e tanta
acqua.
L’acqua
scura e stagnante che ti avvolge, è abitudine. La morte che
ti
annega sempre più lenta e straziante, è lecita.
Il
mondo di ombre e vacillante che ti accompagna, simbolo di
confusione e degenerazione, guerra per nuotare e riuscire.
Una
guerra destinata a non finire, una guerra che non è mai
cominciata. Una rivolta che non potrà mai sconfinarsi
perché come fai ad
affrontare l’acqua se non sai affrontare la tua cella?
Hai
offerto la fuga agli altri, loro consci hanno accettato quando tu
avevi la priorità più alta.
Il
livello dell’acqua
continua
ad alzarsi inesorabile, mentre tu anneghi, affogata dal senso del
sicuro,
stringendo le gambe al petto e lasciando naufragare i capelli nel
torpore.
L’acqua
torbida stringe la cute, s’infiltra nei polmoni, respirare
è
impossibile.
Piangi,
le lacrime più luminose e dense dell’acqua ti
accarezzano
dolci e nello stesso tempo affilate come coltelli le guance pallide.
Ora
non esiste più nulla, solo vuoto sul tuo viso.
Sei
stata morta fino ad ora e continui ad esserlo, mentre continui a
sprofondare nell’abisso, mentre tutto si continua a ripetere.
Il
respiro si è già fermato da tempo, quello che
rimane è il silenzio
delle tue grida che non vengono minimamente ascoltate, i tuoi gesti
minimamente
osservati. Che gruppo di ciechi.
Nessuno
chiama il tuo nome. Vorresti emergere e nessuno ti chiama. Sei
qui e sei stata morta, dannazione, perché nessuno ti chiama?
Ti
lasci dondolare pacata nel buio, perché quello, nonostante
la luce
penetrante e assidua, lui ti circonderà.
E
così
sarà. Per sempre
sarà.