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Autore: yuki013    27/04/2011    3 recensioni
In fondo nella mia vita non avevo provato altro che una dolorosa solitudine. Sin da quando ero nata non avevo avuto uno scopo diverso da quello di essere la cavia per gli esperimenti di una strega.[...]
Ma ciò che avvenne dopo non lo immaginava nessuno, io per prima. Io, e il freddo imperturbabile.
La rosa nera del deserto.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Crona, Death the Kid
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Unsymmetrical Perfection'
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Una settimana dopo

 
«Ma dai Krona, non farla più difficile di come sembra. È soltanto un invito a cena».
«S- si ma saremo solo noi due. Non saprò come comportarmi…».
Un giorno come tanti altri alla Shibusen, pausa pranzo. La mensa era gremita di studenti come sempre, io e le altre ci stavamo dirigendo al  tavolo discutendo del più e del meno.
«Ma te l’ho detto, Kid è un gentiluomo. Non si azzarderebbe mai a toccarti». Avvampai.
«N- non è quello che mi preoccupa. È che non so cosa dirgli, come vestirmi… non so neanche se devo andarci o no». Però non avrei nulla da ridire se mi toccasse…
Liz sospirò rassegnata. «Maka ti prego convincila tu». La ragazza con le codine mi abbracciò da dietro affettuosamente.
«È normale che tu non sappia come comportarti. Lui ti piace, è comprensibile. E così per tutti».
«Ah, si? Tsubaki – chan, tu che ne pensi?».
«Beh, è semplice no?», mi voltai per vedere chi avesse risposto per lei: era soltanto la gatta di Maka e Soul. «Seducilo e il resto verrà da sè».
Le ragazze scoppiarono a ridere mentre io arrossivo in maniera abbastanza vistosa, non solo per la sua affermazione, ma perché lui era lì fuori.
Dopo il mio “tentato suicidio”, se così poteva definirsi, sia io che Kid riuscivamo a percepire le lunghezze d’onda delle anime reciproche, ciò nonostante io non fossi più una Meister. Ragnarok se n’era andato così com’era apparso, in silenzio e senza lasciare traccia.
Per il momento Shinigami – sama mi permetteva di restare all’interno dell’accademia come studentessa, ma avrei dovuto trovare in fretta un'altra Weapon se volevo continuare a frequentare la Shibusen.
Non avevo idea di come riuscissimo ad usare in quel modo la Soul Perception: l’ipotesi di Kid era basata sul fatto che fosse entrato nella mia anima, e di conseguenza io avessi “memorizzato” la sua, in un modo molto simile alla volta in cui Maka mi tirò fuori dalla follia la prima volta. Ecco perché sapevo sempre esattamente dove fosse.
Mentre noi scherzavamo all’interno della sala, lui stava nel grande cortile d’ingresso, e per un’altra settimana non sarebbe potuto entrare. Da un lato mi dispiaceva per lui perché quel casino l’avevo causato io; dall’altro ero davvero felice che avesse preso le mie difese, e ogni giorno quando veniva a prendere Patty e Liz non mancava di domandarmi di come si stesse comportando Hiro, minacciando di farlo fuori se solo provava a guardarmi.
I suoi comportamenti in quella settimana divennero ancora più bizzarri del solito: ero guarita tanto velocemente da insospettirlo, e puntualmente si fissava perché io accompagnassi con lui le sorelle Thompson a casa, ed ogni giorno mi riaccompagnava di nuovo a scuola. La sera prima però mi aveva fatto due proposte che sinceramente mi terrorizzavano.
«Ehm, sai Krona… ho parlato con mio padre». Iniziai a sudare. Oh signore che gli ha…
«Io ho una villa molto grande, e ci stiamo solo io, Liz e Patty. Quindi mi domandavo… perché non vieni a vivere con noi? Non mi va di lasciarti in quella specie di cella».
Senza sapere come, iniziai a piangere. Aveva già fatto tanto per me, adesso anche quello.
«Senti, non devi rispondermi su due piedi. Vieni a cena da me domani sera, così ti mostro la casa e vedi come ti trovi, e sarai liberissima di accettare o meno».
Il suo sorriso mi rassicurò tanto da farmi annuire. Ma c’era un problema ben più grande.
«Maka, dovrei parlarti. Hai un momento?».
Dopo aver pranzato la trascinai in uno dei balconi della Shibusen, cercando di riorganizzare i pensieri prima di parlare. «Dimmi».
Sentii la bocca impastarsi. «Maka… sono attratta da Kid».
Lei ridacchiò. «Ah ma questo l’abbiamo capito tutti, lui compreso». Un altro nodo alla gola. «Io intendo… fisicamente…». Nell’istante di silenzio che seguì Maka si voltò verso di me, e in un lasso di tempo che sembrò protrarsi all’infinito riuscì a capirmi. «Ah».
Istintivamente mi coprii il volto. Merdamerdamerda….
«Adesso capisco perché oggi le parole di Blair ti hanno turbata», disse appoggiandosi al davanzale. Rimasi seduta con la schiena contro il muro. «È normale?».
«Certo. Tu sei una ragazza, e lui un ragazzo. Succede a tutti».
«Anche a te?», domandai. Lei si limitò a sobbalzare. «Ti prego Maka, dimmelo! Vorrei essere più tranquilla per stasera».
Si grattò la testa e scivolò accanto a me, avvicinandosi al mio orecchio. «È un segreto, non devi dirlo a nessuno».
«C- certo. Lo prometto».
Divenne ancora più circospetta. «Io… io di notte vado a guardare Soul che dorme».
Rimasi un po’ spiazzata. «E che c’entra con il discorso?».
Maka si alzò di scatto, volteggiando a destra e a sinistra. «Se lo vedessi! È così terribilmente carino quando dorme, con il cuscino abbracciato come un peluche! Ma allo stesso tempo è davvero sexy, sempre senza maglietta… aaaahhh!!!».
«Maka cosa sono quei fiorellini che escono dal tuo corpo?». Lei si limitò ad agitare le braccia dicendo cose a me sconosciute come “kawaii” e “moe moe”.
«Il punto è» - disse tornando seria - «sei innamorata?». Quasi caddi a terra.
«Cos’è l’amore?».
Tornò pensierosa. «L’amore è quando non puoi fare a meno di una persona, quando stai male davvero se manca, quando non è felice. Almeno così mi ha detto una volta mia madre».
Alzai gli occhi al cielo. È dello stesso colore di quello che c’era dall’altro lato.
«Maka – chan, io voglio che Kid sia felice. Desidero essere la persona che lo farà sorridere».
Lei si limitò ad annuire, da buona amica qual’era. «Non vedo l’ora di vederlo, quel sorriso».
Ridendo ritornammo in classe per sorbirci altre quattro noiose ore di lezione con Stein.
 
 
 
Distrutti dalla solita mole di compiti del professore, ognuno di noi aveva voglia di tornarsene a casa. «Krona – chan, se vuoi posso prestarti qualcosa per stasera. Perché non vieni a casa nostra? Potrebbe non sembrare, ma Black Star è davvero bravo in cucina», mi disse gentilmente Tsubaki mentre ci dirigevamo all’ingresso principale.
«Ma… non vi darò fastidio?».
Black Star mi spinse dalle spalle. «Ma che stai dicendo! Un dio è sempre felice di avere ospiti alla sua tavola, yatta! Hahahahaah!».
«Lascialo perdere. Allora, vieni?». Me lo domandò così gentilmente che non riuscii a dirle no. «Allora è deciso. Black Star, vedi di cucinare bene».
«Come sempre, mia signora». Mi venne da ridere. Anche se non lo dicevano apertamente, sapevamo che quei due stavano insieme, bastava guardarli per capirlo.
Andai a sbattere contro qualcosa. «Non ci accompagni oggi?».
Mi allontanai di un paio di metri. «K- Kiddo – kun. Tsubaki mi ha appena invitata…».
«Se sai dove abitiamo puoi tranquillamente accompagnarla lì». No Tsubaki – chan, anche tu… questa dev’essere una cospirazione.
«Bene. Andiamo, ragazze?». Salutai velocemente i miei amici, ricevendo un “coraggio” sussurrato da Maka, e presi la strada verso la residenza Shinigami per la settima volta.
«Sono sette giorni che percorro la stessa strada», dissi persa nei miei pensieri.
«Il sette è un numero asimmetrico. Facciamo in modo che ci sia almeno un’ottava volta, Krona –chan». Il suo sorriso unito alla strana abitudine che si era preso di chiamarmi in quel modo mi sciolsero. Silenziosamente lo seguii, parlottando di tanto in tanto con le sorelle. Lui stava sempre dietro di noi.
Dopo dieci minuti buoni di camminata arrivammo alla villa, e dire che l’avevo vista ogni giorno nell’ultima settimana, ma non smetteva di intimorirmi. Non era eccessivamente grande, ma sempre enorme per i canoni di Death City: immaginai che all’interno dovesse essere ancora più spaziosa. E io dovrei vivere in un posto così?
Mi tolsi subito quell’idea dalla testa. Ma tanto rifiuterò, è inutile preoccuparsi.
«Nyan, Krona ci si vede a scuola, eh!», disse Patty entrando allegramente in casa seguita a ruota dalla maggiore.
«Sai dove si trova casa di Tsubaki?». Kid si voltò verso di me.
«Certo. Ti ci porto». Senza nessun timore mi prese per mano. Ecco come morì Krona Shimizu, colpita da un infarto giovanile.
Molti passanti si voltarono al nostro passaggio. «Kid, ci fissano tutti».
Si fermò guardandomi. «Te ne importa qualcosa? Lasciali guardare», poi riprese a camminare come se niente fosse. Shinigami – sama approverebbe tutto questo?
«Eccoci». Mi limitai a rispondere con un oh di meraviglia.
Era davvero bella la casetta, il pieno stile giapponese. Il tetto mi ricordava una pagoda vista in un libro di Maka, e le porte scorrevoli erano coperte per metà da morbide tende verdi.
«Ti piace, vero?», mi chiese Kid. Feci cenno di sì, ancora a bocca aperta.
«Quando ero piccolo andavo spesso in Giappone con mia madre, e ci fermavamo sempre in un piccolo villaggio costiero dell’ Hokkaidō. Mi piacerebbe portarti lì, un giorno».
Mi voltai scioccata. «Eh?! F- fino in Giappone?».
Si avvicinò fino a sfiorarmi il volto con il naso. «In capo al mondo non è abbastanza?». Senza badare ai tremori violenti che mi scuotevano mi baciò sulla guancia e si allontanò. «Vengo a prenderti a scuola alle otto. Non farti aspettare troppo». Sparì prima che avessi il tempo di rispondergli. La mia ultima speranza è Tsubaki.
Mi venne incontro Black Star in camicia e pantaloncini. «Yahoo!! E bravo Kid, hai capito come va al sodo? “In capo al mondo non è abbastanza”? Ma quanto zucchero, oooooh!». Fui immensamente grata a Tsubaki che lo riportò in casa. All’interno era ancora più graziosa: il pavimento di parquet scuro contrastava con i mobili e le pareti chiare, rendendo l’ambiente più luminoso; al muro erano appesi quadri e stendardi con incomprensibili scritte in giapponese, e qua e là c’erano vasi colmi di fiori.
«Perdonalo, Krona, a volte fa così. Abbiamo pensato di farti assaggiare qualcosa di tipico del nostro paese, ti va?».
«Non posso rifiutare il pranzo cucinato da un dio no?». Sorrisi rivolgendomi al ragazzo. «Vedrai, la mia cucina è talmente sublime che mi chiederai il bis».
Insieme a Tsubaki apparecchiai il piccolo tavolino, perché “è tradizione giapponese mangiare in ginocchio”, disse lei.  Black Star intanto trafficava ai fornelli, osannando la sua persona ad alta voce.
Mi fece una lista dei piatti che aveva preparato: in particolar modo mi colpirono i takoyaki, degli spiedini di polpo molto saporiti, e i mochi, dolcetti di riso al cocco ripieni di crema e marmellata. «Sei davvero bravo quando ti ci metti», dissi mentre lo aiutavo a pulire.
«Desidero rendere felice Tsubaki – chan». Aveva cambiato tono di voce ed espressione. «Lei deve essere felice, se lo merita. Sarò sempre presente per lei». Si girò imbarazzato.
«Ma… questo non dirlo a lei». Certo che l’amore rende le persone strane.
Gli diedi un colpo in testa. «Sono sicura che lei questo lo sappia già». Lo lasciai con la faccia di uno che non ha capito per nulla il discorso.
Tsubaki era nella sua stanza, intenta a mettere sottosopra l’armadio. «Che fai?».
«Cerco qualcosa che ti vada bene. Per l’altezza non dovrebbero esserci problemi, ma tu sei decisamente più magra di me».
«E non ho le tette», dissi mestamente.
«Fidati, a volte vorrei non averle io». Sbuffò tornando a cercare un abito che mi stesse decentemente. «Ehi, tu lo ami Black Star?». Sbattè la testa contro una mensola.
«P- perché una domanda del genere?».
Mi appoggiai accanto al suo letto – futon l’aveva chiamato. «Vedo… come un’intesa particolare fra di voi che non riesco a spiegarmi».
«Noi vogliamo che l’altro sia felice, e facciamo di tutto perché lo sia. Non c’è nulla di speciale».
«Ma questo non si fa anche tra amici?».
Si voltò per un attimo. «Pensa a Soul e a Kid. Se dovessi baciare uno dei due, chi sceglieresti?». Sentii le guance bollenti.
«Ecco, è quella la differenza. Nessuno può dirti se sei innamorata o no, è qualcosa che solo tu puoi sentire. È per questo che fa paura, perché è nuovo per chiunque».
Restai a rimuginare per un bel pezzo sulle sue parole, poi fui costretta a provarmi interminabili pile di vestiti, tutti troppo grandi o impossibili da riempire con il mio seno praticamente assente. Notai lo sguardo insistente di Tsubaki mentre mi sfilavo un vestitino verde. «Cosa ho che non va?».
«Stavo pensando che hai davvero un bel fisico, Krona». Arrossii come sempre.
«M- ma che dici, Tsubaki – chan…». Lei mi spinse davanti allo specchio. «Guarda».
«N- non mi piacciono gli specchi».
«Fidati. Apri gli occhi». Ma sì, tanto vale ammetterlo che sono storpia.
Pensai che avrei dovuto ricredermi.
Non avevo mai fatto caso al mio corpo prima d’ora. Però in quel momento riflessa sul vetro c’era una ragazza che si poteva definire bellina. Sentii tirare la targhetta del reggiseno.
«Una terza, eh? Mica male. E poi guardati, i tuoi fianchi sono larghi al punto giusto, non c’è nulla di strano in te. Anzi, inizio a capire l’interesse dei ragazzi nei tuoi confronti».
Fissai ancora l’immagine nello specchio. «Tsubaki – chan, e se io non dovessi piacergli?».
«Parli di Kid? Ma se si vede a un miglio che è cotto! Non preoccuparti, andrà bene». Tornò alla ricerca lasciandomi in piedi lì. Mi fiderò di Tsubaki – chan, stavolta.
 
 
Contemporaneamente, residenza di Kid e delle sorelle Thompson
 
 
Liz
 
Che diamine, mi da sui nervi.
A volte Kid riusciva davvero a essere insopportabile. Quel pomeriggio era in fibrillazione per l’incontro della sera, e non la smetteva di correre su e giù controllando che tutto fosse perfetto e simmetrico. Dovevo ammettere comunque di averlo visto pochissime volte tanto stressato, e mai per un appuntamento.
«Kid smettila di farti mille paranoie. Solo tu farai caso a tutti questi dettagli».
«Patty, dì qualcosa!», disse a mia sorella.
«Se ti piace devi semplicemente dirlo e basta. Se le piaci non guarderà nient’altro che te».
Si calmò. Patty aveva davvero la capacità di stravolgere l’umore di Kid con poche parole.
«Bene, allora vado a prepararmi», e andò al piano di sopra.
«Ti ringrazio per averci liberato di lui».
«Oh no, nee – san. Sarà lui a liberarsi di noi».
«C- che stai dicendo, onee – chan?».
«Non te l’ho detto? Stanotte Tsubaki ci ha invitate ad un pigiama party».
Alzai un sopracciglio. «E questo Kid lo sa?».
«Hihi, ovvio che no!».
Questo è un male.
 
 
 
Krona
 
Dopo una serie infinita di tentativi, Tsubaki trovò un vestito che aveva utilizzato l’anno precedente per il Carnevale.
«Krona – chan, sei stupenda. Voglio il parere di Black Star».
«N- no, riderà di me…». Troppo tardi, perché lei l’aveva già portato nella stanza. Mi coprii gli occhi, rossa di vergogna: due mani maschili mi presero per i polsi.
«Krona, potresti sorridere un attimo?». Ci provai, anche se con scarsi risultati.
«Ehi, ma lo sai che sei davvero bella quando ti ci metti?». Rimasi spiazzata. Alle sue spalle, Tsubaki ridacchiava divertita.
Mi sentivo un po’ stupida a dire il vero. Il leggero abito nero mi ricadeva addosso come un sacco, e il nastro blu stretto in vita mi diede l’impressione di farmi sembrare enorme. Il corsetto del vestito mi permetteva a stento di respirare. Senza contare le spalle scoperte e i trampoli che Tsubaki mi aveva fatto mettere ai piedi.
«Mi sento un’idiota».
«Sei una favola», mi rassicurò lei. «Ah, ora che ci penso… perché ha l’intimo in pizzo?».
«Veramente… me l’ha consigliato Marie – sensei». Cambiò immediatamente espressione.
«Dovevo immaginarlo. Be, poco importa. E adesso, il tocco finale». Mi fece sedere a terra, iniziando a pettinarmi i capelli.
«Sono sicura che un giorno sarai un’ottima madre, Tsubaki – chan».
«Krona, sono certa che sarà lo stesso per te».
Legò la frangia sfuggente sulla testa con delle mollettine scure. «Si vedranno gli occhi».
«Facciamo in modo che brillino, eh?». Ancora silenzio. Si mise ad armeggiare poi con una valigetta piena di boccette.
«Ti va se ti metto un velo di ombretto? Ah, non sai cos’è. Guarda, chiudi gli occhi».
Sentii un pennello muoversi sulla palpebra. «Che ne dici?».
Allo specchio potevo vedere un cerchio di blu – viola circondarmi l’occhio.
«Puoi fare lo stesso dall’altro lato?», domandai. Il suo sorriso bastò a farmi contenta.
 
Ed eccomi alle sette e trenta pronta in perfetto orario. Improfumata e coperta da un maglione prestatomi da Tsubaki, raggiunsi la Shibusen accompagnata da Black Star.
«Krona, non essere tesa. Vedrai che andrà tutto bene», disse cercando di calmarmi.
«Grazie, sempre che non gli salti addosso appena lo vedo». Ma che sto dicendo?!?
Mi girai coprendomi la bocca con le mani per incontrare lo sguardo sconvolto di Black Star.
«Hahahah, eccola qua Krona – chan! E dire che ti credevo tanto santarella… meglio così. Vedi, Kid per quanto possa essere gentile ed educato resta un uomo. Non credo che si saprebbe comportare in una situazione del genere, con te soprattutto».
Rabbrividii. «C- che vuol dire?!». Sospirò.
«Vuol dire che è tardi e devo tornare dalla mia aiko. Divertiti, eh!». E volò via come il vento.
Perfetto. Questa è la serata ideale.
Il cielo iniziò a tuonare lasciando presagire l’arrivo del temporale
 
 
 
Death the Kid
 
«Eh? Cosa? Dove andate?». Liz e Patty erano sulla porta con i borsoni in mano.
«A casa di Tsubaki – chan. Mi dispiace, party per sole donne».
«E Black Star?».
«Va da Soul».
Ecco come la mia serata iniziò ad andare nel verso sbagliato.
«Ma non potete abbandonarmi, non stasera». Stavo supplicando.
Liz mi diede una pacca sulla spalla. «Buona fortuna, rubacuori!».
Quando riaprii la porta, loro erano già sparite. Beh, tanto vale che vada anche io. Presi la giacca e mi feci coraggio. D’altronde, cosa mai poteva andare storto?
Mi inoltrai nella fredda sera di Death City. Passeggiata, cena e una bella chiacchierata.
Andrà tutto come programmato.
 
 
Krona
 

Erano passati pochi minuti da quando Black Star se n’era andato. Iniziò a piovere a dirotto, tanto che salì pure la nebbia e non vidi più a un palmo dal naso. Forse non verrà.
Vidi una sagoma avvicinarsi da lontano: Kid.
«È da molto che aspetti?», mi domandò senza riuscire a vedermi bene.
«No, sono appena arrivata».
Mi porse la mano. «Andiamo, se resti fuori con questo tempo ti prenderai il raffreddore».
Affidandomi alla sua stretta sicura mi lanciai in mezzo all’acqua scrosciante. Non sentii il freddo che mi trapassava la testa, né l’acqua che mi bagnava le gambe. C’era soltanto la sua mano e la mia, e con quella certezza avrei potuto andare ovunque, anche un po’ più in là del Giappone.
 
 
Il temporale si fece più violento subito dopo il nostro ingresso nella villa. Cercai di sfilarmi il maglione, ma quello che vidi mi bloccò.
Per la serata Kid si era messo un elegante completo azzurro chiarissimo. La cravatta bianca gli spuntava da sotto il colletto della camicia nera appena sbottonata, mettendo in risalto i tendini del collo. Era sotto ogni punto di vista un dio.
Scioccata da quella scena fui costretta a voltarmi dall’altro lato per non guardare. 
Questa è follia bella e buona.
 
 
Death the Kid
 
Quello che doveva essere un appuntamento romantico era iniziato nel peggiore dei modi. Ormai bagnati fradici, i miei vestiti avevano perso ogni forma. Dannazione, non farti distrarre da questa fissa. Pensa a lei, che avrà più freddo di te.
Mi voltai per chiederle come stava. Le parole non raggiunsero mai le labbra.
Era avvolta in un abito gotico nero: un corsetto le stringeva dolcemente il petto chiudendosi sulla schiena con un’infinità di laccetti, più in basso una fascia blu scuro le metteva in risalto il ventre piatto. La gonna appena sopra il polpaccio era piena di pizzi e motivi complicati, e i piccoli piedi erano avvolti fino alle caviglie da sandali vertiginosi ricchi di stringhe. Ma la parte migliore doveva ancora venire.
I capelli che solitamente le ricoprivano la fronte erano stati raccolti all’indietro, così da mostrare gli occhi in tutta la loro bellezza; e le varie tonalità di colore sulle sue palpebre, dal blu ceruleo al violetto al nero non facevano che renderli se possibile ancora più magnetici. In definitiva, non riuscivo a trovare un termine per descriverla.
«Non ci sono Patty e Liz». Non era una domanda.
Mi risvegliai da quei pensieri. «Hanno detto di andare da Tsubaki».
Lentamente Krona si sfilò il maglioncino dalla testa. Calmati, non sei quel genere di persona. L’istinto però stava prendendo il posto della ragione, di nuovo.
«Ah. Quindi siamo soli». Le si chiazzarono le guance.
«Ti dispiace?». Domandai togliendomi la giacca. Alcuni dei bottoni della camicia erano saltati. Non ricevetti risposta. «Krona, che…».
Per la prima volta sentii un nuovo brivido salirmi su per la schiena.
 
 
Krona
 
A stento lo stavo a sentire. Ero troppo concentrata su come scappare da quella casa, magari inventando una scusa. Purtroppo non ebbi il tempo di fare nulla.
«Ti dispiace?». Non seppi più rispondere. Fissai come incantata lo Shinigami, che si era appena tolto la giacca lasciando in mostra un’ampia porzione di pelle nuda sotto la camicia semi – aperta. Sapevo solo che lo volevo, punto. Quel desiderio era talmente forte da farmi girare la testa. Era il caso di perdere il controllo?
Troppo tardi in ogni caso.
 
 
Death the Kid
 
«Krona?». Stava lì a guardarmi con i suoi occhi bellissimi, uno sguardo rovente. Come se mi stesse scavando un pozzo dentro. Tutto avvenne in pochi secondi.
Krona lasciò cadere il maglione a terra, venendo verso di me. Si aggrappò alle mie spalle e come se nulla fosse mi baciò. Ma non fu quello a darmi alla testa.
Fu il desiderio che riuscii a percepire attraverso la sua lunghezza d’onda, attraverso il suo profumo, e anche dalla passione con cui mi baciava. Devo essere all’inferno, fa caldo.
Quando si staccò per riprendere fiato, la guardai negli occhi. Merda.
Erano vivi. Ansiosi di qualcosa, e immaginavo di cosa. È impossibile…
«Kid ti prego, ho fatto la brava finora. Io mi vergogno per questo tipo di sentimenti, ma… non riesco a fingere». Mi mangiava con gli occhi. Sono nei casini.
Purtroppo anch’io ero a un passo dal perdere ogni mio freno. La sua voce suadente continuava a pregarmi, spingendomi verso le scale, sulle quali caddi con un tonfo.
Sentii il cuore saltare parecchi battiti quando si sedette sopra di me, iniziando a leccarmi il collo. Porca. Miseria.
Da lì passo all’orecchio, mordendolo piano; fu riservata la stessa tortura alle labbra. «Krona, basta ti prego».
«Dimmi che non ti piace», sussurrò tornando sul collo.
«Tu… tu mi fai impazzire, ma…». Non sapevo neanche io che scusa accampare.
«Ma… ?».
La verità era che la amavo, e la volevo in tutti i sensi. E lei mi stava portando di corsa sul punto di non ritorno, un treno pronto a deragliare da un momento all’altro.
Si fermò imbarazzata. «Kiddo – kun, fai l’amore con me».
Sincera, diretta. Finalmente hai rotto la corazza.
Non so cosa mi sbloccò: forse l’espressione adorabile sul suo volto, un misto di provocazione e sconvolgimento emotivo, o forse il fatto che stesse proprio accavallata sopra di me. È andata.
Ricambiai con foga il bacio di poco prima, aiutandola ad alzarsi. Glielo domandai ancora.
«Sicura?». Lei mi spinse contro la ringhiera, famelica della mia bocca.
«Ti prego». In quel preciso istante, impazzii.
Afferrai la sua mano e la portai al piano di sopra. Terza stanza a destra: camera mia.
La portai dentro, chiudendo la porta e spingendocela contro, cercando ancora il contatto, la sua pelle sulla mia.
«Nhh… Kid, sai perché non ho permesso ad Hiro di toccarmi?».
Mi fermai per ascoltarla, per vedere il suo sorriso allargarsi. «Volevo che fossi tu a farlo».
Un altro duro colpo al mio autocontrollo di ferro. Mi abbassai davanti a lei slacciandole le scarpe, piano. Il tempo non ci manca.
La feci voltare di spalle e risalii sfiorandole i polpacci con il naso, strappandole dei gemiti soffocati. Trovai il nastro dell’abito, e sfilai anche quello. Poi passai al corsetto, trovando un paio di difficoltà nel districarmi fra i nodi. Iniziai a baciarle la pelle della nuca, poi vicino alle spalline del reggiseno. La sua pelle era ancora bagnata. Profuma di rosa.
«Posso toglierti il vestito?». Annuì.
Con un gesto fluido abbassai il tessuto fino a farlo cadere per terra. pregai che in quel momento qualcosa mi portasse via, perché ero al limite della sopportazione.
Reggiseno e slip, entrambi di fine pizzo nero, su un corpo spaventosamente perfetto. Ogni curva scavata nella pelle avorio, le ossa del bacino leggermente sporgenti, la forma del seno a coppa. «Guardami, Krona».
Lei piano si voltò, rossa in viso. «K- Kid, io sono…».
«Tu sei la donna che mi sta facendo perdere il controllo», dissi interrompendola. «Quindi, che ne dici di farmi togliere un paio di vestiti prima che perda qualunque idea logica?».
Senza parlare si gettò sulle mie labbra, catturandole di nuovo. Distrattamente mi aprì la camicia lasciando poi che sia le sue mani che la sua lingua scorressero sul mio petto.
La follia era più che mai alle porte.
Scese ancora per togliermi i pantaloni, trovandosi pericolosamente vicina alle mie parti intime. Dio, questi pensieri… che mi prende?
In un attimo rimasi in boxer. Krona passò la lingua attorno al mio ombelico, procurandomi una serie di brividi incontrollati. Poi, qualcosa cambiò.
Mi spinse verso il letto costringendomi a sdraiarmi. «Kid, quando tu mi tocchi io… io mi sento importante. Voglio che tu senta la stessa cosa».
La vidi un po’ titubante. Questo perché non avevo idea di cosa le passasse per la testa.
Fu tutto molto veloce: le sue mani mi spinsero contro le lenzuola scure, le sue mani strinsero l’elastico dei boxer. Pochi istanti, e lei era già lì a succhiare.
Non avrei mai immaginato di poter provare un’estasi simile. Lasciai che continuasse senza rendermi conto del tempo che passava, totalmente assorbito dal piacere. Ad un certo punto, non mi trattenni più. «K- Krona… spostati».
«No, va bene così». Non passò molto tempo. Ebbi l’impressione di spaccarmi in due.
Mi rimisi seduto per guardarla in viso: era tutta sporca, ma ciò anziché irritarmi mi fece ritornare la voglia.
«Adesso tocca a me». La tirai sul letto, poggiandole la testa sui morbidi cuscini.
Delicatamente le abbassai le spalline del reggiseno baciando la pelle attorno alle coppe, giocando poi con le dita attraverso il tessuto nero, stuzzicando i capezzoli. Sotto di me lei si agitò, inarcando la schiena contro il mio corpo. Quanto riesci ad essere bollente, Krona?
Slacciai quell’indumento ormai superfluo, passando la mia lingua sulla sua pelle. Ogni contatto le provocava nuovo gemiti, ogni bacio la accendeva sempre di più.
La toccai ovunque, come per marchiarla, per renderla mia. Poi andai più in basso, mordendole il pizzo attorno alla vita, accarezzandole l’interno coscia. E lei gemeva.
Sentii un richiamo irresistibile, ma avrei aspettato. Lei viene per prima.
Le sfilai le mutandine, respirandone il profumo. Odore di Krona.
«Che fai?!», chiese lei, imbarazzatissima.
«Ti rendo il favore». E la mia lingua scomparve fra le sue gambe.
La sentii urlare davvero, urlare il mio nome, tante volte. Mi spinse anche la testa più in basso. Non ne hai mai abbastanza, pensai.
Solo dopo un’adeguata tortura la lasciai libera, baciandola appassionatamente.
«Kid, ti prego. Fino alla fine».
Certo, ti darò tutto me stesso.
Piano, pianissimo, le allargai le gambe, abbracciandola allo stesso tempo. La guardai. Sarei potuto sprofondarci, nei suoi occhi. Mi spinsi dentro di lei.
Il suo viso tradì un dolore nuovo, terribile. «Krona…».
«Continua», rispose.
Le prime spinte furono un’agonia, ma ciò che venne dopo di certo ne valse la pena.
Dio, come urlava. Le sue unghia mi laceravano la pelle della schiena, ma sinceramente non mi importava. Urlava e si muoveva insieme a me. Krona era selvaggia, indomabile.
Nessuno la conosceva davvero, nessuno.
Arrivai al limite, così come lei. La penetrai per l’ultima volta, cadendo stremato sul letto, tenendola stretta fra le braccia.
«Krona Shimizu, mettitelo bene in testa. Io. Ti. Amo. Capito?».
Mi voltai in tempo per vederla sorridere. «Io ti amavo già da un pò».
E non ci fu più il tempo di dire nulla, perché la notte piovosa ci trovò abbracciati nel sonno, nel disperato tentativo di tenere insieme due vite aggrappate a quella parola.
Amanti







N.d.A. NOSEBLEED VIOLENTO IN CORSO!!! *T*
Eccomi, a quanto pare la notte fa strani scherzi -.-" comunque sia, questo capitolo è stato desisamente HOT da scrivere, oh cielo!! Ci ho impiegato ben 7 ore... spero come sempre che vi sia piaciuto ^^ e perdonate l'eventuale presenza di Orrori grammaticali...
Un grazie particolare va a Giulia, che ha spettato tanto di leggerlo *w*
Oyasumi nasai (io dopo questa visione bollente di Kid non dormirò di sicuro *sBav*)
-Yuki♥

   
 
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