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Autore: Aribea398    28/04/2011    1 recensioni
Cassandra, vampira sempre abituata a vivere nei sotterranei di Venezia, è a capo, insieme al suo patrigno Edgard, di tutti i vampiri che abitano il nostro mondo moderno.
Dopo una notte di caccia per le vie della città rischia di uccidere un ragazzo, Florenzo, che, scoprendo il loro segreto, diviene il "padrone" di Cassandra.
Lei all'inizio è scettica, ma ritornerà a vivere grazie ai suoi occhi cobalto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Daniela...

 

Mentre leggevo "Il Principe" di Machiavelli mi cadde per caso l'occhio sulla pendola e non potei che lanciare per aria il libro. Ero in ritardo, maledettamente in ritardo.

Mi tolsi la vestaglia di velluto verde che gettai da qualche parte della sala. Aprii l'armadio staccandone un'anta: grazie al cielo le guardie servivano anche come tuttofare. Presi una camicia bianca e dei jeans che non indossavo dagli anni '80, ma ero in ritardo! Non avevo tempo per abbinamenti originali.

Presi il primo foulard che trovai dal primo cassetto e delle scarpe nere appena lucidate. Nella corsa mi resi conto che non erano scarpe, ma stivali: ancora peggio, ci voleva di più per indossarli.

Presi il cappotto appeso al muro e corsi per tutti i corridoi costringendo le guardie che incontravo a spostarsi agilmente.

Imboccai l'entrata della galleria e maledissi il fatto che dell'acqua penetrava ancora dai muri: il fango mi arrivava alle caviglie e gli stivali in quel momento diventarono utili.

Presi la chiave dalla tasca della giacca e aprii frettolosamente il lucchetto che cadde a terra tintinnando. Con la coda dell'occhio vidi il nuovo guardiano del passaggio segreto che lo prendeva in mano: quando sarei uscita avrebbe richiuso tutto.

Era l'inizio di marzo e il sole iniziava a farsi più caldo. Marzo. Una settimana e sarebbe stato il compleanno di Edgard. Perfetto, avrei dovuto acquistare un regalo anche se dopo 1200 anni potevo usufruire della scusante di essere a corto di idee per un dono originale.

Erano le sette e un quarto di mattina e avrei dovuto essere lì ad aspettare Florenzo da quindici minuti. Abitava lontano dal liceo e il modo più economico per arrivarci era andare a piedi. Gli avevo proposto che avremmo potuto pagare noi il biglietto del traghetto, ma lui aveva sviato il discorso dicendo che a lui bastava soltanto il fatto che io lo accompagnassi e lo venissi a prendere.

Come immaginavo era già in strada che aspettava, il giaccone ocra lungo fino alla vita e lo zaino nero in spalla.

Quando mi vide mi venne incontro prendendomi per un braccio: << Sei in ritardo. Ed ora lo sono anche io. >> Mi feci trainare da lui per qualche minuto, poi con un movimento veloce gli tolsi lo zaino dalle spalle e lo caricai sulle mie.

<< Lascia. E' pesante! E poi non mi faccio portare lo zaino da una ragazza! >> Lo guardai accigliata e lui capì. << Giusto, giusto. Hai i "super poteri". In più sei la mia "serva". Anche se io non ti reputo come una serva, sei tu che te lo sei ficcato in testa! >>

Sbuffai cambiando il passo e superandolo: << Fidati, se potessi fare diversamente, lo farei. >> Io lo precedevo in silenzio, mentre lui ogni tanto si fermava per rispondere agli SMS, così mi ha detto che si chiamano i nuovi telegrammi, che riceveva, preceduti sempre da una musichetta snervante. Probabilmente era Fulvio, il "fattone".

A un certo punto si fermò per telefonare al suo amico e mi disse di aspettarlo perché l'ultima volta che aveva parlato al telefono camminando era finito in un canale.

Vidi l'insegna di un bar e quando sentii lo stomaco del ragazzo borbottare mi decisi ad entrare per prendergli un cornetto. Lo presi al cioccolato, se non gli piaceva se lo doveva far andare lo stesso bene.

Glielo porsi educatamente e lui lo addentò nonostante stesse parlando. Si ritrovò quindi a biascicare un saluto per poi concentrare tutte le sue attenzioni sul dolce.

<< Come facevi a sapere che avevo fame? >> Mi resi conto che se n'era mangiato già metà. Gli sorrisi divertita e gli risposi dicendogli che avevo sentivo i rumori del suo stomaco a dieci metri di distanza.

Camminavamo scambiandoci frasi di circostanza, cercando di parlare meno personalmente possibile. Qualche giorno prima avevamo stipulato un contratto orale: io lo avrei aiutato e avrei fatto quello che chiedeva, in cambio volevo soltanto che si mantenessero le distanze, detto in parole povere non cerco un amico e neanche un conoscente, sarei stata come un'impiegata.

Stavamo per girare l'angolo, quando con scarso successo tentò di trattenermi per un braccio: non me n'ero accorta e il ragazzo dovette piantare i piedi a terra con decisione prima che mi fermassi.

<< Vieni, nasconditi. >> Non capivo cosa ci poteva essere di così pericoloso da doversi nascondere; ho sempre vissuto sapendo che ero io la cosa più pericolosa in circolazione.

<< Vedi quella ragazza? Quello con lo zaino dell'Eastpack viola? >> Il mio sguardo vagò per le poche persone che camminavano per la via e trovai una ragazza con lo zaino viola e grazie alla mia vista potei vedere la piccola etichetta nera con sopra stampata la marca.

<< Sì. >> In quel momento mi sentivo stranamente eccitata, ero stata troppo tempo chiusa nelle segrete e in quel momento mi sembrava di essere in uno di quei film di spionaggio soliti nei cinema durante la guerra fredda.

<< E' la mia ex. La Daniela. >> Mi ricordai della ragazza a cui aveva accennato Fulvio la prima volta che lo avevo incontrato. << E' ricca come il Patriarca de Venezia, quella stronza. Quando ha scoperto che ero un poveraccio mi ha lasciato. >> Si scrocchiò le dita; per quel poco che lo conoscevo lo faceva sempre quando cercava di reprimere la rabbia.

<< Mi dispiace. >> La mia eccitazione era scomparsa, si trattava solo di una ragazzina, e io che mi immaginavo chissà ché.

Una lampadina si accese nella mia testa, l'idea più stolta della mia vita stava per essere messa in scena.

Cadenzando di più i passi e cercando di muovermi nel modo più sinuoso possibile superai l'angolo nonostante Florenzo mi pregasse di tornare indietro. Accelerai l'andatura per superare la ragazza che passeggiava da sola, le cuffie alle orecchie e il cellulare in mano. Non sapevo neanche quello che stavo facendo, ma a un certo punto mi fermai, mi voltai, costringendo la ragazza a fermarsi di botto, sorrisi più dolcemente possibile e poi dissi: << Fiore, amore, vieni! >> La ragazza mi fissò un po' interdetta, nella sua mente iniziò a balenare l'idea che quel Fiore poteva essere il "suo" Fiore.

Dire che il ragazzo era senza parole era dir poco. Sembrò non volersi muovere, ma lo chiamai di nuovo con voce mielosa.

Mi raggiunse correndo e mi affiancò senza guardare Daniela, la quale stava diventando sempre più rossa e solo allora mi resi conto che era una ragazza principalmente comune: capelli e occhi castani, taglio di occhi e bocca comune. La solita ragazza che non si distingue dalla folla.

Assecondò la mia idea, mi abbracciò dolcemente e mi baciò sulla tempia. Lo abbracciai per la vita e iniziammo a camminare, ma prima che sparissimo dalla sua vista mi tolse galantemente lo zaino dalla spalla e tornai ad abbracciarlo più intimamente di prima.

Quando girammo l'angolo, senza staccarsi da me, mi chiese con gli occhi che gli brillavano: << Cosa pensa? Dimmi cosa pensava! >> Risi di gusto per poi tornare a guardarlo negli occhi blu cobalto: << Testuali parole: "Brutta… ehm" senti, io dirò solo una volta questa parola, quindi fattela bastare. "Brutta puttana, una volta era a me che portava lo zaino. Uffa! >>

Mi strinse ancora più forte e fra i capelli mi sussurrò un "grazie" sospirato.

Solo allora mi resi conto della posizione in cui ci trovavamo: troppo vicini.

Lui se ne rese conto pochi attimi dopo di me, ma non mi lasciò, allentò soltanto la presa posando la sua schiena contro il muro di una casa.

Avevo le mani posate sul suo petto, che si abbassava e alzava seguendo il suo respiro. Sotto i polpastrelli sentivo il suo cuore battere più velocemente.

Deglutì due volte prima di parlare: << Scusa, il mio odore è tornato buono come prima della trasfusione? >> Mi lasciò la vita e le sue braccia scivolarono sul muro bianco, lasciando una patina chiara sul palmo delle sue mani.

So solo che quando mi lasciò sentii un vuoto, il suo calore naturale mi faceva sentire bene, come quando ero vicina al focolare accanto a mia mamma, tanti anni fa, quando ero ancora umana.

Lo presi sottobraccio: << Pian piano sta tornando normale, ma riesco a sopportarlo senza difficoltà. Ti dispiace se ti sto vicina? Il tuo calore è piacevole. >> Posai la testa sulla sua spalla beandomi del caldo che trapassava il giaccone.

<< Anche il tuo "freddo" è piacevole. >> Mi passò il braccio intorno alle spalle e continuammo a camminare in silenzio fino a raggiungere il liceo.

Si voltò verso di me: << Quindi adesso noi per Daniela e quindi anche per gli altri stiamo insieme? >> Mi guardò negli occhi con fare interrogativo.

<< Dì a chi vuoi te che stiamo insieme, basta che aggiungi che ho quasi vent'anni e non frequento la scuola con te. Te lo dico solo perché non vorrei essere obbligata a frequentare la scuola per reggere questa messa in scena. >>

Mi baciò la fronte facendo attenzione che qualcuno ci stesse guardando. Mentre le sue labbra calde entrarono in contatto con la mia pelle non potei fare a meno che chiudere gli occhi per gustare meglio quel momento.

<< Figo, sto con una più grande… >> Mi accarezzò la guancia e i pensieri di tutti i ragazzi intorno a noi mi arrivarono limpidi: erano attoniti.

<< Non ci fare l'abitudine. >> Gli tirai un pugno amichevole sulla spalla e si mise a ridere insieme a me.

<< Oh, Ok. Senti, prendi questo e portalo ad Angelica, mi ha fatto piacere parlare con lei. E' tanto simpatica e le ho fatto un ritratto. Non è un gran ché, ma spero che le piacerà. >> Mi porse un foglio piegato in quattro, che misi in tasca senza guardare.

<< Non provare a fare la corte a mia sorella, è già sposata. Guarda che mi sono resa conto di come la fissavi. Non ci sperare. >> Mi guardò sconcertato.

<< Quindi te ne sei accorta. Si notava così tanto? >>

Annuii e me ne andai senza aggiungere altro, tendendo però un orecchio verso di lui e riuscii a captare i suoi passi sopra i gradini dell'entrata dell'istituto.

   
 
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