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Autore: Seras    29/04/2011    4 recensioni
Nulla a che vedere con la favola originale, il titolo è puramente metaforico.
"Furono proprio quegli occhi a rubarmi il cuore..neri come la notte più buia e cosi profondi da poterci annegare.
E mi colpì di essi fin dalla prima volta che lo vidi,la profonda tristezza che emanavano, velata dall’espressione cupa e seria del suo viso."
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Buona sera a tutti e scusatemi per l'ennesimo ritardo ma purtroppo a causa del lavoro e degli esami universitari non ho avuto il tempo necessario per continuare questa storia. Al dire il vero nemmeno adesso avrei il tempo necessario per scrivere tranquillamente ma ho deciso lo stesso di pubblicare perchè altrimenti non mi sarei più decisa a farlo. Come sempre ringrazio tutti coloro che hanno recensito o che hanno messo questa storia in una delle liste e mi scuso per non avervi risposto ma vi assicuro che leggo le vostre recensioni e mi fa molto piacere ricevere da voi complimenti o critiche che siano.  Dunque vi lascio con il terzo capitolo del racconto sperando possa piacervi, buona lettura!


                                                                                            Capitolo 3





Passarono ben quindici giorni da quando ebbe luogo il mio colloquio con Freezer, e tutto ciò che mi riusciva di fare era star chiusa ore ed ore nella camera che mi era stata “gentilmente” concessa o nei laboratori  che il mostro mi aveva dato il privilegio di utilizzare per i suoi loschi piani.
Sapevo che dal mio arrivo su Argon 5 non avrei più avuto un attimo di pace ma tutta quella situazione non faceva altro che opprimermi e rendermi nervosa a tal punto che ogni cosa mi sembrava futile.
Ero sola, lontana da casa, in un pianeta sconosciuto popolato da esseri abominevoli e nonostante mi fosse stato riservato come promesso un trattamento speciale non ero riuscita a mandare ancora giù il fatto di essere stata brutalmente strappata dalla mia casa e dalle persone che amavo.
Più che altro non volevo rassegnarmi a quel destino beffardo che si stava prendendo gioco di me, speravo in cuor mio che le cose si sarebbero sistemate prima o poi, che sarei riuscita a tornare sulla Terra ed avrei potuto ricominciare da capo senza più lamentarmi: credetemi mai come in quei momenti mi  pentii tanto del mio egoismo ma cercai di trovare conforto nella convinzione  che nulla accade per caso e che se mi trovavo li doveva esserci per forza una ragione.
Chiamateli vaneggiamenti, illusioni o come volete ma fu proprio questa mia speranza a farmi andare avanti e quando mi ritrovai a lavorare in uno dei laboratori più tecnologici mai visti da occhio umano mi sentii a casa.
Mi dissi che se avessi immaginato di trovarmi nel mio studio sarei riuscita ad affrontare la prigionia con più leggerezza, cosi cullata da quell’immagine familiare iniziai le mie ricerche sulle sfere del drago.
Lo stare a contatto con quella tecnologia aliena mi aiutò molto nelle settimane successive anche se non mancavano le occasioni in cui venivo ripresa duramente dai tirapiedi del demonio per essere stata trovata più volte a fantasticare sulle apparecchiature.
In quei momenti l’opprimente realtà mi veniva sputata addosso con disprezzo per questo c’erano giorni in cui contavo perfino i secondi in cui mi sarebbe stato dato il permesso di ritirarmi nelle mie stanze ed il mio tempo libero si riduceva ad una patetica riflessione in cui sprofondavo nuovamente nel pessimismo più puro.
Ricordavo d’essere ancora sola e che se non fossi stata attenta probabilmente mi sarei cacciata in qualche guaio: stavo iniziando seriamente a diventare paranoica, d’altronde lo stare sempre chiusa tra quattro mura non giova alla salute mentale, ma non avevo né la forza né la mia solita curiosità per mettere anche solo un piede fuori dalla mia stanza.
Accadde però qualcosa un giorno che interruppe questo ciclo di eventi: come sempre dopo l’orario di lavoro mi recai in camera e non appena richiusi dietro di me la porta sentì due voci maschili avvicinarsi sempre più verso la mia direzione.
Erano le prime che sentivo da quelle parti cosi spinta da una strana curiosità tesi bene le orecchie per capire di che cosa stessero parlando:
 
“ Dove hai detto che dobbiamo portare questo bastardo?” sentì dire ad uno dei due.
 
“ Freezer ci ha espressamente ordinato di gettarlo nelle segrete e di lasciarlo marcire li fino a quando non saprà cosa farne” gli rispose l’altro con tono sgradevole.
 
“ E se dovesse dare problemi?” gli chiese il compagno timoroso.
 
“ Non ne darà, lo metteremo in quella cella speciale dove gli sarà impossibile persino muoversi”
 
“ Già, già, me ne ero dimenticato. Allora sbrighiamoci prima che riprenda conoscenza, questo maledetto ha una forza spaventosa” affermò preoccupato
 
“ Ancora per poco fidati di me. Ormai non potrà fare più nulla” concluse l’altro, poi si allontanarono e le loro voci si confusero nel silenzio.
 
 
Rimasi li vicino l’uscio, confusa dai loro discorsi che non potevo comprendere; per me era anche  solo inconcepibile che potessero verificarsi episodi del genere, sulla Terra se qualcuno trasgrediva le regole veniva processato e poi imprigionato ma qui  ogni cosa era diversa e con molta probabilità l’essere di cui parlavano  era l’ennesimo poveraccio che non aveva saputo restare al proprio posto.
Mi rattristai per un attimo potendo immaginare le tremende atrocità che sarebbero state inflitte al prigioniero in questione, ma rendendomi conto di non poter far nulla per evitare spargimenti di sangue decisi che avrei cercato di dimenticare l’accaduto: dovevo rammentare che se volevo sopravvivere avrei dovuto pensare soltanto alla mia di vita.
Passarono giorni e dal mio corridoio l’unica cosa che poteva sentirsi era il silenzio, quel tipo di silenzio che ti tiene sempre col fiato sospeso come se dovesse accadere qualcosa ed infatti una sera altre due presenze si avvicinarono alla mia porta, due voci maschili diverse da quelle dell’ultima volta, più gravi e cagnesche:
 
“ Ci sono notizie?” disse uno dei due
 
“Purtroppo no ed ormai non so più dove cercare” gli risposte l’altro quasi arrabbiato
 
“ Dobbiamo continuare lo stesso, i nostri piani non possono andare in fumo cosi” lo riprese subito il compagno.
 
“ Ma..” obbiettò
 
“ Niente ma! Se trovi il tempo  per lamentarti hai anche quello per fare il tuo dovere” lo interruppe bruscamente “ Sai bene quello che capiterà, non abbiamo più tempo. Perciò diamoci una mossa e ricordati  che anche i muri hanno le orecchie” concluse, poi di nuovo l’oblio.
 
Li sentì distintamente allontanarsi e poi una volta tornata la quiete mi sedetti sul letto pensando a ciò che avevo appena udito: e se ci fosse un collegamento tra le due conversazioni?
Scossi il capo più volte per levarmi dalla testa quell’interrogativo: sapevo che la mia curiosità mi avrebbe condotta prima o poi nei guai e lo dedussi dal fatto che tutta quella situazione iniziava a stuzzicarmi  più del dovuto, mi ricordava molto quegli intrighi di corte di cui avevo tanto letto nelle fiabe dove c’era sempre un eroe ribelle che trama alle spalle del tiranno. Che sognatrice sciocca!
Dovevo svegliarmi e ricordare che quella realtà era ben diversa e che sarebbe stato molto meglio se non mi fossi impicciata di affari che non mi riguardavano.
Me lo ripetei in mente milioni e milioni di volte ma alla fine, spinta da una forza più grande della mia volontà, decisi di uscire dal mio nascondiglio e per la prima volta da quando approdai su quel pianeta mi sentì eccitata più di una bambina a cui viene regalato un nuovo giocattolo.
Cosa credevo di fare poi? Nemmeno io lo sapevo, sta di fatto che grazie a quell’avvenimento finalmente riuscì a liberarmi in qualche modo delle mie paure.
Non era poi cosi male come posto in fondo, dovunque il mio sguardo si posasse c’erano oggetti che raccontavano una storia: di popoli lontani e delle loro culture;le meraviglie del mondo erano concentrate in quegli immensi antri anche se immaginavo quanto tutto questo fosse costato.
Conoscevo ancora poco Freezer ma ero più che convinta che per accalappiarsi quelle rarità aveva ucciso e distrutto, preso con la forza e senza alcun rispetto.
Quello era il suo modo di agire e per dirla in modo spiccio era come il diavolo vestito a festa, con quel suo aspetto inquietante velato abilmente dai suoi modi gentili di fare e  dal suo linguaggio forbito.
Pensai osservando un enorme ritratto che lo ritraeva in tutta la sua interezza che non avrei mai voluto avere la sfortuna di scoprire il suo vero volto e nonostante fossi terrorizzata da una simile prospettiva, continuai il mio percorso distrattamente che quasi non mi accorsi degli enormi ostacoli verso cui andai letteralmente a sbattere contro.
Solo in un secondo momento mi accorsi che due uomini mi stavano di fronte ed io come un imbecille ero riuscita  a farmi scoprire a causa dei miei vaneggiamenti:
 
“ Ma guarda un po’ che bel bocconcino! E tu da dove salti fuori dolcezza? Non ti avevo mai vista qui a palazzo” disse un uomo dai lunghi e folti capelli neri, il che la cosa mi sorprese dato che da quando avevo vissuto su quel pianeta non avevo mai visto  forme di vita che potessero anche solo somigliare ad un essere umano.
Era alto e robusto, con una strana armatura che copriva gran parte del busto e lasciava scoperti soltanto  viso, braccia e gambe; l’unico elemento che mi fece capire di trovarmi di fronte ad un altro alieno fu una lunga coda che teneva saldamente cinta alla vita.
 
“ Sei forse una schiava?” mi chiese l’altro, anch’egli munito dell’insolita coda e vestito alla stessa maniera, ma con un profilo più animalesco e selvaggio.
In confronto a me era una montagna di muscoli, sul suo capo non vi era alcuna traccia di capigliatura ed il suo viso spigoloso era ben delineato da dei piccoli baffi neri.
 
Io per tutta risposta non seppi rispondere in un primo momento tanta era la soggezione che quei due riuscivano ad infondermi; ero cosi spaventata che solo quando il capellone mi avvicinò bruscamente a sé riacquistai un po’ della mia lucidità, riconoscendo nel suo tono di voce quello dell’uomo che avevo udito qualche giorno addietro:
 
“ Allora? Ti ho fatto una domanda donna, hai forse perso la lingua?” mi intimò “ Ti va di spassartela un po’ con noi? Vedrai ci divertiremo” disse volgare e voglioso senza togliermi gli occhi di dosso “ Ma da dove arriva secondo te Napa? Non avevo mai visto un bocconcino cosi prelibato” chiese all’altro sorridendomi perverso.
 
“ E che importa Raddish! Occasioni del genere capitano raramente, per cui è meglio approfittarne no?” gli rispose il gigante confermando le mie preoccupazioni.
Questa volta non sarei riuscita ad uscirne indenne e tutto grazie alla mia stupida curiosità, ma quando credevo che ogni mia mossa fosse ormai vana ecco che  miracolosamente le parole uscirono dalle mie labbra dissuadendoli dai loro propositi:
 
“ Lasciatemi andare! Non sono una schiava, lavoro per Freezer e sono sicura che se venisse a sapere della vostra condotta ve la farà pagare cara” dissi in un soffio ad occhi chiusi. Fu allora che sentì la presa dell’uomo farsi più lenta fino a permettermi di allontanarmi da entrambi
 
“ Come osi puttana prenderci in giro? Noi siamo al servizio di Freezer e non abbiamo sentito parlare di nessuna donna che lavori per lui” mi rispose Napa arrabbiato.
 
“ Già questa è solo un tuo inutile tentativo di salvarti la pelle” concordò Raddish.
 
“ Vi dico la verità stupide scimmie! Sono una scienziata io e se non mi credete potete benissimo chiedere al vostro padrone, lui ve ne darà la conferma” osai dire risoluta  rispondendo all’offesa che mi era stata rivolta.
 
Com’era possibile che non sapessero del mio arrivo? Forse Freezer aveva deciso di tenere per sé la notizia della mia assunzione e se cosi fosse allora ero stata una stupida  a svelare i suoi piani segreti, ma non mi era rimasta altra alternativa per tentare di salvarmi la vita.
 
“ Basta cosi. Odio chi si prende gioco di me e soprattutto chi non sa stare al proprio posto. Ti punirò per la tua insolenza e sarò io personalmente a darti ciò che ti meriti. Oh vedrai. Prima di sbatterò come una misera puttana da quattro soldi, poi toccherà al mio compagno qui presente ed infine ti ucciderò cosi lentamente da farti rimpiangere persino d’essere nata” mi minacciò furente.
 
Non so dirvi con quale forza né con quale coraggio, ma non appena ebbe finito di parlare iniziai a correre con tutta me stessa in direzione opposta alla loro.
Non volevo morire per la mia lingua lunga né tantomeno volevo arrendermi a quella sorte tremenda, ma sapevo che probabilmente quei due erano molto più veloci di me e mi avrebbero raggiunta.
Le cose stavano prendendo una brutta piega eppure continuai nella mia disperata corsa spalancando la prima porta che trovai; in quell’istante mi ritrovai in un immenso stanzone buio e pieno  di oggetti ed approfittando delle mie dimensioni minute riuscì a farmi strada tra di essi rendendo ai due animali praticamente impossibile vedermi.
Fui anche fortunata perché li sentì imprecare più volte dicendo che non avrebbero potuto distruggere nulla del contenuto di quella stanza perché era tutta roba che apparteneva al loro padrone e sicuramente si sarebbe infuriato moltissimo se la sua collezione fosse stata deturpata.
Rimasi nascosta molte ore dietro un grande armadio di legno scuro e solo quando i due decisero di abbandonare l’ardua impresa mi sentì più al sicuro.
Ovviamente mi ricordarono che me l’ avrebbero fatta pagare prima o poi ma non ci feci caso più di tanto perché una volta trovato il modo di uscire sarei andata dritta da Freezer a lamentarmi per l’episodio violento di cui ero stata vittima,dovevo solo trovare il coraggio ed il momento giusto, cosi mi alzai tutta impolverata e dopo essermi maledetta per aver ceduto alla tentazione di fare l’esploratrice iniziai a contemplare con più attenzione l’ambiente in cui ero capitata.
Non c’era molta luce, anzi per dirla tutta non ce n’era affatto, ma da un primo esame capì che in passato quell’enorme sala doveva essere un salotto, c’erano infatti divani di velluto rosso, un tavolo chilometrico placcato in oro su cui vi erano poggiati innumerevoli oggetti come candelabri, piatti, calici e posate ed accatastati in terra innumerevoli quadri.
Ogni cosa li dentro mi dava l’impressione di un mondo cosi diverso da quello che avevo visto  a palazzo, aveva un sapore malinconico di tempi lontani e maestosi, forse il demonio li aveva sottratti a qualche principe chissà; ad ogni modo ciò che più di tutto attirò la mia attenzione fu un camino, al di sopra del quale vi era stato posto un quadro completamente squarciato.
Mi avvicinai per tentare di decifrarne il contenuto ma l’unica cosa che intuì è che doveva esserci impressa la figura di un uomo; il viso  purtroppo era stato in parte strappato via ma potevo vedere distintamente due occhi scuri e cupi che riuscirono a farmi provare timore col la loro sola presenza e un’ armatura bianca sulla quale era impresso un simbolo somigliante ad un tridente.
Continuai a rimirarlo per diversi ed intensi minuti fino a quando, accostatami sempre più al camino per studiarne meglio i particolari, mi accorsi che lo stesso simbolo era inciso in rilievo ai lati del focolare; lo toccai leggermente e con grande stupore notai che un passaggio segreto si era aperto davanti i miei occhi proprio all’interno del comignolo.
Non so dirvi il perché  ma una strana sensazione mi percorse l’animo: avevo appena rischiato la pelle ed una persona normale sicuramente si sarebbe tirata indietro ma non io.
Arrivata a quel punto non m’importava più delle conseguenze, né di ciò che poteva capitarmi, cosi senza indugiare, oltrepassai la soglia ritrovandomi a percorrere una strettissima rampa di scale illuminate solo dal debole bagliore delle torce poste qua e là sui muri.
Il cuore batteva a mille, mi sentivo come se fossi prossima alla scoperta più sensazionale della mia intera esistenza e quando finalmente giunsi al termine del percorso, rimasi scioccata e inorridita dallo spettacolo che mi si prospettò: era una squallida prigione.
Coprì istintivamente la bocca per reprimere la sensazione di vomito che si stava impadronendo di me poiché ovunque mi girassi non vi era altro che sangue e nell’aria l’olezzo nauseabondo della morte.
Ma c’era qualcosa di più agghiacciante..
Un brivido mi percorse la schiena..
Non ero affatto sola..  

 

   
 
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