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Autore: Neal C_    30/04/2011    1 recensioni
[Storia temporaneamente sospesa]
Pochi governano sulla terra di Filesis: la confraternita della Mano Bianca.
I monaci, uomini dai poteri magici innati e membri della confraternita, sono addestrati a mantenere l’ordine nel mondo.
E nonostante la prosperità, la ricchezza e il fiorire di commerci, dopo una breve pace, il mondo è di nuovo in guerra.
La guerra contro i Ribelli che inneggiano alla libertà, alla giustizia e vogliono la fine del dominio della Casta.
Una donna, un ragazzino. Una ex-monaco, uno dei Ribelli. Minimo comun denominatore: fuga.
In fuga dal passato, in viaggio verso un futuro pieno di errori che si lasceranno alle spalle e non riusciranno a dimenticare.
Entrambi verranno a contatto con una forza antica quanto la terra che calpestano, se non di più. Nessuno dei due la riconoscerà.
Quando lo faranno dovranno convincersi che le leggende sono vere. E che le apparenze ingannano.
è la mia prima pubblicazione su EFP. Prendete la mira e sparate a zero.
E siate schifosamente sinceri.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jersa

Il Vecchiardo in incognito

Al centro della piazza c’era un falò che rimaneva acceso tutta la notte e lì si attardavano i soldati, bevendo e giocando alla Marca, un gioco di carte ma soprattutto di fortuna. Jersa aveva provato a scommettere qualche moneta di cui era in possesso ma naturalmente aveva subito perso. Le carte erano poste al centro e bisognava ottenere una serie di combinazioni, ricordandosi a memoria i numeri e i personaggi che uscivano. Se andava bene ricostruivi parte della scala e potevi vincere un terzo di quanto avevi scommesso, ma era molto più facile perdere tutto quello che avevi puntato. La scala partiva dal Re, poi si proseguiva con il Monaco, il cavaliere, il professionista, l’imprenditore, l’usuraio, il mercante, il soldato, l’artigiano, l’apprendista, lo sfaccendato e poi c’erano le carte rosse, la regina, la Monaco, l’amazzone, la signora, la matrona, l’imbrogliona, la locandiera, la puttana, la lavandaia, la serva e la bambina guercia,  che valevano il doppio del loro corrispondete maschile.

Erano due mazzi, uno rosso e uno blu, ma il dorso era nero come l’inchiostro.
Venivano mischiate le carte e un unico mazzo era posto al centro. Ognuno riceveva una carta e cominciavano le scommesse.
Naturalmente ogni carta aveva un abbreviazione *(1) che rendeva più facile l’identificazione e Jersa poteva udire gli scrosci rumorosi dei soldati che tiravano a indovinare le marcate, come erano definite le giocate.     
Il campo era in penombra ma era attorniato da una palizzata di solido legno alto almeno tre metri e mezzo e senza appigli di sorta. Inoltre sul legno era stato passato una specie di miele vegetale, una sostanza appiccicosa che utilizzavano le piante cacciatrici per intrappolare gli insetti. Era un’altra magia dei Monaci, che aveva trasformato una poltiglia innocente in una ragnatela che all’interno era innocua ma, se un qualunque nemico avesse cercato di assaltare dall’esterno il campo, sarebbe bruciato in quella dolce morsa che profumava di fiori di campo.
Jersa rifletté in fretta e capì che doveva guadagnare l’uscita con l’astuzia; era impossibile non essere visti poiché il focolare era equidistante da ogni punto dell’accampamento e si poteva scorgere ogni movimento nel piazzale. Doveva distrarre le guardie e attendere il momento buono per uscire da lì indisturbato. Si rassegnò all’idea che l’avrebbero tormentato per tutta la serata e avrebbe perso un mucchio di soldi in scommesse e puntate.

Uscì dall’ombra e si avvicinò al falò strascicando i piedi; doveva apparire stanco e spossato per non destare sospetti. Molti dei giocatori, seduti in circolo non si girarono neppure e cincischiarono a bassa voce con la bocca impastata: “Ah si, è lui, si”
L’attenzione era tutta concentrata su una marcata particolarmente importante che riempiva l’aria di tensione. Erano tutte facce conosciute, con una lunga fila di rughe sulla fronte che tradivano lo sforzo di quelle menti semplici, che, nell’euforia del gioco, non sentivano ne vedevano altro che le carte piegate e stropicciate sulla trave di legno del piano da gioco.
 Jersa si lasciò cadere pesantemente sul terreno e qualcuno trasalì, udendo per la prima volta un rumore esterno. Gli arrivò uno scappellotto del milite vicino, basso e secco, detto il Nocerino perché aveva la pelle scura e ruvida come quella di una noce.
Il ragazzo incassò il colpo con una smorfia e, appena il compagno volse lo sguardo, prese a massaggiarsi la spalla dolorante: tutti in quel campo picchiavano duro, anche se per gioco.
Poi una serie di urla entusiaste lacerò la notte, come lo scoppio di una pentola a pressione:
“Errerros! Tié! Oddo vintu 3 marcate!” *(2)
Molti risero sguaiatamente mentre uno dei vecchi cercava di riportare l’ordine con poche secche frasi di sottofondo che si ripetevano ancora e ancora: “Eppassiammo aunaaltra marcate, passiammo addopo” *(3)
Tra le grida generali, con un’occhiata veloce, Jersa cercò il perdente ma ci mise un po’ ad individuare la figura dell’uomo che stava seduto sereno dall’altra parte della trave da gioco.
Solitamente i giocatori che perdevano le marcate bestemmiavano, avevano attacchi d’ira improvvisa per sfogare la tensione e alcuni addirittura, soprattutto qualche inesperto mercante attaccato ai suoi soldi come se fossero la sua anima, collassavano sulla sedia.
Le somme che si scommettevano erano sempre forti e circolavano decine di trucchi; molti sfaccendati vendevano “la mossa perfetta”, ed erano chiamati “Venditori di imbrogli”, ma ormai solo gli ingenui ci cascavano. Un uomo poteva perdere tutta la sua fortuna fra le chiacchiere dei compagni e un bicchiere di Diarik. Poi c’erano gli adulatori, che non vedevano l’ora di sottrarre le vincite al povero malcapitato e, con fare untuoso, squittivano lodi sperticate: quelli erano chiamati “Lingue lunghe”. Infine c’erano le puttane che attiravano i giocatori, che erano per lo più uomini: alcune si accompagnavano a ladri e lestofanti che spogliavano l’uomo di tutti i suoi averi, altre, come vedove nere, si sbarazzavano dei concupiti con le loro mani una volta per tutte.
Tutti i giocatori avevano bisogno di essere rassicurati, seguiti e si abbandonavano nelle mani dei truffatori che davano loro effimere certezze.
Questo Jersa non lo sapeva ma non era stupido; non si sarebbe mai affidato ad uno straniero. Eppure non aveva mai visto un personaggio così tranquillo davanti ad una perdita del genere. Solo i monaci erano così sicuri di se: tutto ciò che cercavano se lo procuravano con la magia.
È un Vecchiardo in incognito?
Si sporse appena per guardare bene lo sconosciuto che non aveva notato fino ad allora: era a volto scoperto, il mantello appena appoggiato sulle spalle, non un tentativo di coprirsi bensì un gesto indolente. Non c’era traccia di bianco nei suoi capelli corti: era solo una zazzera nera e spettinata, leggermente riccia, che incorniciavano un volto chiaro, ovale.
Era un volto giovane e liscio, come quello di un bambino e persino la sua statura stava ad indicare un giovinetto piuttosto che un uomo vissuto.
Doveva avere all’incirca sedici anni; era praticamente un coetaneo, anzi pareva addirittura più puro e innocente e Jersa non riusciva a capacitarsi come fosse ancora vivo in quel mondo inclemente dove sopravvivevano solo i più scaltri. Per un attimo sembrò smuovere in lui corde mai toccate, facendogli conoscere un sentimento che fino a quel momento non aveva nome ne consistenza: istinto materno. Ispirava una innocenza e un candore che non aveva mai trovato in un ragazzo o in un uomo in generale. Per un momento pensò di proteggerlo da quegli uomini che lo sbeffeggiavano e gridavano entusiasti alla luce della sua sconfitta, e incrociò il suo sguardo limpido. I suoi erano occhi di un grigio chiaro e pensoso che gli donavano quell’aria serena e anche la sua espressione fu tranquilla e posata. Era un messaggio muto che Jersa aveva interpretato con stupore: Fidati di me, so cosa sto facendo.
In quel momento tutti i suoi buoni intenti, i suoi piani di fuga erano spariti e per la prima volta dopo tanto tempo il ragazzo si sentì confuso; i suoi difetti, i suoi cattivi pensieri, i suoi peccati risaltavano davanti a quell’innocenza come il nero su bianco. Ricordava i suoi dispetti, i suoi piccoli furti, gli inganni, le bugie, le ingiurie silenziose con cui aveva bersagliato tutti, persino sua madre, e la mancanza di rimpianti che non lo avevano trattenuto presso la sua  genitrice.
Mentre il suo cuore era in tumulto, mantenne lo sguardo fisso sullo sconosciuto che lo ricambiò con un’occhiata di sincera curiosità.
“Mi ritiro dal gioco” fece lo straniero con semplicità e, dopo un po’ di mormorii generali, si discostò dalla tavola di legno, rimanendo seduto come se dovesse cercare qualcosa nel terreno, quindi, strettosi nel mantello nero, si alzò e cominciò a camminare in direzione dell’uscita.
Jersa sentì un tuffo al cuore e corse avanti per tagliargli la strada, fermarlo. Lo avrebbero punito come disertore o per violazione del coprifuoco.
A pochi passi dalla porta, gli si parò davanti e quello non nascose la sua sorpresa nel vederlo apparire dal nulla. Dopodiché rimase imbambolato di fronte al coetaneo sempre più stupito e incuriosito.
Jersa misurò le parole, indugiando a lungo sulla scelta dei termini da usare per non spaventare quel piccolo bambino, frutto della sua immaginazione:
“Tu…non…puoi uscire…a quest’ora…No…è…è…” si interruppe e trasse un bel respiro “è pericoloso”
“Perché?”
Il giovane quattordicenne avrebbe voluto ridere di quella domanda innocente che lo terrorizzava:
Già perché no?Ma perché è così! È pericoloso per lui, è così…piccolo
Alla fine sorrise nervoso: “Se ti beccano ti puniscono”
Anche il giovane estraneo sorrise ma fu una smorfia divertita, come se non ci credesse:
“E per cosa mi puniscono?”
Jersa, stavolta, ribatté pronto: “Perché non hai rispettato il coprifuoco”
L’altro si guardò intorno e gli rivolse un ghigno furbesco:
“Scommettiamo che non mi prendono?”
 Le pupille di Jersa si dilatarono per lo spavento mentre il sedicenne lo sorpassava con un gesto leggero e elegante e si dirigeva verso l’arco della porta.
Avrebbe voluto gridare contro quel giovane stolto che non aveva ascoltato alcuna raccomandazione e, improvvisamente, lanciò il braccio in avanti, in un richiamo silenzioso ma disperato.
Dal canto suo il ragazzo estraneo attraversò l’arco con tutta calma senza mai sparire dalla vista e, a distanza di un metro dall’arcata, si girò e gli rivolse un sorriso sereno, si umettò appena le labbra e quindi replicò, divertito: “Ho vinto io”
Poi, dopo essersi guardato intorno, in un attimo di riflessione, si rivolse a Jersa, luminoso e solare: “Vieni con me!”
Questi sentì l’impulso di corrergli incontro e di abbracciarlo, ma, troppo stordito, si limitò ad annuire e a raggiungerlo con passo calmo.
Non sentiva più la necessità di sfuggire da qualcosa e finì per convincersi persino che, al seguito di un essere così puro, sarebbe stato al sicuro da ogni sventura.
Mentre si allontanavano dalla città, passo dopo passo, Jersa sentì il neocompagno stringergli il braccio e sussurrare: “Come ti chiami?”
La risposta fu meccanica e neppure troppo pensata: “Jersa, figlio di Enagmir”e si fermò piantando i piedi sul terreno: “”Tu?”
Il ragazzo al suo fianco rispose semplicemente: “Erick”  


*(1) Carte in gioco
Re/regina: Errerros/Errenè
Monaco/a: Vecchiardo/a
Cavaliere/amazzone: Bestierros/Bestiennè (da bestia=cavallo: le amazzoni andavano solo a cavallo)
Professionista/Signora: Signorros/Signonè
Imprenditore/Matrona: Riccherros/Ricchennè
Usuraio/Imbrogliona: Latròne/Latronéss
Soldato/Puttana: Lo’fforte/ La’ddolce
Artigiano/Lavandaia: Lo’scuoio(dagli artigiani del cuoio la gilda maggiore) /Lavapanneri
Apprendista/serva: gnocco/triglia
Sfaccendato/Bambina guercia: Lo’gnavo(da ignavo)/ la’ llosca
 
*(2) Una Regina! Tié! Ho vinto 3 giocate!
 *(3) E passiamo ad un’altra giocata, passiamo a dopo


Angolo dell'Autrice

Vi annunzio che mi scoccio di scrivervi qualcosa...
Quindi niente commento al capitolo.
Che perdita eh?
 Bwaaaahahhahahahahha

Misa

p.s Quanto amo le carte che ho inventato!!! *_*
  
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