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Autore: Sandra Voirol    01/05/2011    7 recensioni
Oggi vi posto una bella OS su Edward...
Ero partita con l'intento di raccontarvi solo il suo addio al celibato...ma
da più parti mi è stato chiesto di continuare...
allora questa è la prima parte...
Spero che vi piaccia...fatemi sapere cosa ne pensate...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L' Anima di Edward...ma non solo'
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Allora....

Continuo l'aggiornamento delle mie shot!!!!

A questa raccolta ci tengo particolarmente!!!

Mi ha molto emozionato scriverla...spero di regalarvi almeno una parte di quello che ho provato!!!!

Questa raccolta è tutta
POV. EDWARD !!!!

BUONA LETTURA !!!!













ADDIO AL CELIBATO
 

 
“Non è possibile!”.
“Che c’è?”.
“Non avrai bisogno di chiamare Jasper ed Emmett. Sono venuti a prendermi, con le buone o con le cattive”.
Mi strinse forte a sé: “Goditi il tuo addio al celibato, vai!”.
Senza averne granché voglia, mi alzai e mi rimisi la camicia. La baciai sulla fronte: “Riposati. Domani sarà un giorno impegnativo”.
“Adesso mi hai proprio fatta stare più tranquilla”, mi disse sarcastica. Potevo solo immaginare, quanto fosse ansiosa e preoccupata per il giorno seguente. Mi piegai sulle ginocchia e saltai fuori della finestra, atterrando – di proposito – addosso ad Emmett. Non gradì. Ci azzuffammo scherzosamente, mentre Jasper calmava e rassicurava Bella. Sentivo un’elettricità positiva nell’aria. Ero ansioso a lasciare Bella da sola - proprio in questa nottata - non ero tranquillo. Ma i pensieri goliardici di Emmett e Jazz mi facevano comunque sentire euforico.
“Forza, andiamo!”, disse perentorio Emmett. Non aveva nessun'intenzione di farmi crogiolare nel mio solito rimuginare. “Non sono tranquillo a lasciare Bella da sola”, stavo quasi supplicando la loro comprensione.
Jasper invase l’aria di calma e serenità, “Edward, Bella non starà da sola. Carlisle è già qui. La terrà d’occhio lui, finché domattina verrà a prenderla Alice. Quindi non hai motivo di agitarti. Goditi il tuo addio al celibato e non fare storie”. Ero in trappola, avevano organizzato tutto in modo che non potessi tirarmi indietro e rimanere con la mia dolce futura sposa. Solo il pensiero mi contrasse lo stomaco per l’emozione. Domani a quest’ora saremmo stati marito e moglie.
“Andiamo”, mi sollecitò Jasper.
Mi guardai intorno, in cerca di mio padre. Incontrai facilmente i suoi occhi dorati e sereni. Vai Edward, divertiti. A Bella ci penso io, non ti preoccupare. Non la lascerò un attimo da sola, finché non arriverà Alice. Goditi la tua ultima notte da scapolo. E un sorriso si formò sulle sue labbra. Sapeva quanto poco m’interessasse la vita da scapolo. Gli mimai un grazie con le labbra. Sapeva che mi riferivo al fatto che aveva pensato a vegliare su Bella.
 Controvoglia presi a correre al fianco dei miei fratelli. “Dove mi portate?”, gli chiesi. Fecero una smorfia praticamente in contemporanea. Mi venne da ridere. Sapevano perfettamente che bastava che gli rivolgessi la domanda e avrei avuto la risposta dai loro pensieri. Eravamo diretti sui monti olimpici. A caccia. Volevano dissetarmi a dovere, in previsione di quello che mi aspettava.
Solo il pensiero mi riempì la testa di terrore. Ecco, stavo di nuovo lasciando campo libero all’ansia. Forse avevano ragione tutti, un addio al celibato era quello che mi ci voleva. Volammo attraverso la foresta, senza degnare d’attenzione le scie dei branchi di cervi che incontravamo. Avevano intenzione di offrirmi un degno addio al celibato, in versione vampiresca. Stavamo salendo sempre più in alto, lungo le pareti rocciose che nascondevano puma e grizzly. L’idea della caccia pre-matrimoniale mi stava entusiasmando sempre di più. D’altronde avevano ragione da vendere. Se volevo fare l’amore con lei ed essere isolato dal mondo per parecchio tempo, saziarmi era la prima cosa da fare. Non che non lo fossi già. Ero andato a caccia due giorni prima con lo stesso intento, ma rincarare la dose non era un male dopotutto.
Dopo poco, avvertimmo una scia interessante, anzi più che interessante per i miei gusti. Un bel puma era nelle vicinanze. Ci fermammo.
Emmett mi guardò negli occhi e con fare serio e solenne mi disse: “La precedenza a te, fratello. Ma solo per stanotte, non ci prendere l’abitudine” e rise sguaiatamente, mettendo in allarme il puma, tra l’altro.
“Grazie tante!”, gli risposi sarcastico e mi lanciai all’inseguimento della scia. Trovai il puma su uno spuntone di roccia, accovacciato, con le narici dilatate. Aveva fiutato il pericolo. Era un esemplare grandissimo. Solo il pensiero del suo sangue mi riempì la bocca di veleno, nonostante non avessi granché sete. Ma per me era una leccornia. Adoravo il sapore del sangue del puma, era il mio preferito.
A noi due, ragazzo, pensai una frazione di secondo prima di lanciarmi su per i costoni di roccia, dritto nella direzione del mio pasto. Da uno spuntone di roccia vicino, mi lanciai sul puma - e con il mio solito modo pulito di cacciare, lo bloccai nella mia presa ferrea - e con i denti gli tagliai la vena principale, bevendo avidamente il suo sangue caldo e dissetante. Il piacere che provavo, mentre bevevo il suo sangue inondava la mia mente e il mio corpo. Era sempre una sensazione di puro godimento, quando cacciavo animali dei quali preferivo il sapore. Mentre lasciavo che tutta la soddisfazione invadesse ogni mia cellula, il puma abbandonò sempre di più il tentativo di opporsi alla mia forza, mentre la sua diminuiva di attimo in attimo. Alla fine, mentre finivo di dissanguarlo, lui lasciò per sempre la vita.
Lo depositai sul costone dove lo avevo trovato. Fra i due predatori più forti, uno aveva saziato la sua fame e l’altro aveva perso la propria vita. La legge del più forte. La legge della natura.
Decisamente soddisfatto scesi dalle rocce e andai incontro ai miei fratelli. Stavano cacciando anche loro. Emmett era alle prese con un orso. Quando mai. Non si capiva chi ringhiava più forte tra lui e l’animale che teneva stretto tra le sue braccia d’acciaio. Aveva la possibilità di affondare i suoi denti nella gola dell’orso in ogni momento, ma continuava a lottare con l’animale. Ringhiava e rideva, e rispondeva agli affondi che la bestia provava a lasciare senza risultato, sul suo corpo di marmo. Il solito giocherellone. Quando l’orso cominciò a dare i primi segni di stanchezza, si stufò e finalmente si decise a nutrirsi.
Jasper invece aveva trovato un altro puma. Già aveva fatto, la sua caccia era limpida e pulita come la mia. Non giocava con il cibo come un bambino di due anni, come Emmett per intenderci. Anche se dovevo ammetterlo, vederlo lottare con un orso era divertente, se avevo la testa libera per godermi lo spettacolo.
Decidemmo di proseguire. Ma dovevamo salire decisamente più in alto se volevamo trovare qualche altro puma. Mentre scalavamo le pareti di roccia sentivo i loro pensieri. Erano felici per me.
Emmett adorava Bella, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Si divertiva troppo a stuzzicarla.
Jasper l’apprezzava molto. Le emozioni che avvertiva, quando stavamo insieme, lo rendevano felice per me e ne traeva giovamento anche lui. L’intensità del nostro amore lo faceva stare bene.
La cosa che più mi rendeva felice, era che ormai la consideravano una sorella a tutti gli effetti. Nonostante fosse umana. Io speravo ancora in un angoletto della mia mente, che lo rimanesse almeno per un altro po’ di tempo.
Quando arrivammo molto più in alto, avvertimmo l’odore di puma e grizzly.
“Voi sapete già quale scia seguo”, disse allegro Emmett e sparì dalla nostra vista. Ma l’odore di grizzly non c’era solo in una direzione, erano più di uno.
“Vai Jazz. Io vedo di stanare il puma”.
“Okay, a dopo fratello” e corse via incontro al suo grizzly.
Non ci misi molto a trovarlo. Era a caccia anche lui. Allora, visto che non cacciavo accecato dalla sete, lo lasciai godersi la sua ultima preda. Una galanteria, da predatore a predatore. Era affascinante vederlo cacciare. Il puma è elegante quando caccia, agile, signorile e implacabile. Difficilmente la sua preda ha la possibilità di sfuggirgli.
In un certo senso, era come vedere me stesso cacciare.
Quando ebbe finito il suo pasto e come un gattone si stava leccando il muso per pulirsi dal sangue della sua preda, lo attaccai. Fu facile sopraffarlo e bloccarlo nella mia morsa. Non era vigile, si stava godendo la soddisfazione della caccia appena conclusa. Mi saziai del suo sangue. Dolce, umido, caldo, che m'infondeva un piacere grandissimo. Visto che le sue reazioni erano rallentate dalla sorpresa e dalla digestione, mi godetti a pieno la sensazione di godimento che mi provocava il suo sangue che scendeva giù per la mia gola. Soddisfacendo il corpo e la mente. Una volta dissanguato completamente, lo adagiai con delicatezza fra le rocce, portandogli il rispetto che meritava.
Mi sentivo ubriaco.
Tra la caccia di due giorni prima e i due puma appena dissanguati mi sentivo strapieno. Ero così pieno di sangue da essere anche più caldo del solito, le mie vene erano ben in evidenza, di un piacevole color bluastro segno di sazietà.
Ma essere così sazio non mi avrebbe aiutato più di tanto. Non era questa la mia paura. Non avrei fatto del male a Bella neanche se non avessi cacciato per un mese. La mia paura risiedeva nella mia forza sovraumana, nella possibilità che perdessi la lucidità e la padronanza di me stesso. La mia paura risiedeva nel fatto, che non sapevo come sarebbe stato, per me, fare l’amore.
Per di più con un’umana.
Immaginavo me stesso sfiorarla ovunque sulla pelle libera dai vestiti. Una voglia incontenibile di tornare indietro e farla mia subito, mi attraversò da capo a piedi. Ero eccitato e sconvolto. Ma avevo aspettato tanto e mi ero trattenuto tanto, le ore che mi separavano da amare finalmente tutto il suo corpo non erano poi così tante, anche se a me sembravano infinite.
Ogni volta che facevamo “esercizio”, quando sentivo di perdere il controllo, mi irrigidivo e mi tiravo indietro. Stravolto dalla violenza che operavo su me stesso, ma anche soddisfatto di esserne capace.
Sentivo il pericolo girovagare nel mio stomaco.
La paura installarsi nelle viscere.
Il desiderio invadere il mio corpo.
L’amore per Bella talmente potente da far esplodere il cuore nel mio petto.
Ero un groviglio inestricabile di emozioni contrastanti e dirompenti. Ero lacerato dalla voglia di scappare da ciò che stava per succedere e il desiderio folle di corrergli incontro.
Emmett e Jasper mi trovarono appollaiato ad un costone di roccia che stava sul bordo di una minuscola radura, fra le rocce. Ero illuminato dalla luna brillante in un cielo stellato. Meraviglioso. Ma ero perso nei miei pensieri, in guerra tra loro. Non riuscivo a godermi il panorama come avrei dovuto. Mi trovarono così e mi vennero vicino. Jazz era colpito dalle mie emozioni così in contrasto tra loro.
“Hey…Edward, cosa c’è?”, mi chiese. Emmett era silenzioso, probabilmente Jasper gli aveva fatto segno di stare zitto e non fare le sue solite battute. Si sedettero di fianco a me. Tre vampiri illuminati dalla luna quasi piena, con il vuoto di chissà quante centinaia di metri sotto di loro.
Avevo bisogno dei miei fratelli. Solo loro potevano aiutarmi. Avevo chiesto a mio padre, ma non me l’ero sentita di approfondire troppo il discorso. Con loro sarebbe stato più semplice, forse.
“Non so come…come mi sentirò. Cosa succederà dentro di me. Se sarò in grado...”, la mia voce si spezzò, “di non farle del male”. Tenevo gli occhi bassi, guardavo le mie mani che nervosamente si attorcigliavano.
“Edward…”, il tono di Jasper era quello di un fratello maggiore. Aveva preso le mie richieste seriamente. Era quello che speravo, quello di cui avevo bisogno. “E’ una cosa molto, molto intensa. E’ un piacere talmente grande che si può solo paragonare al piacere del sangue umano”. Mi girai di scatto verso di lui. Il paragone mi aveva sorpreso. Ma conoscevo a cosa alludesse. Lo conoscevano tutti i presenti, anche se poi le scelte erano state altre.
Ripensai a quanto godimento avevo provato poco prima durante la caccia. Quello umano lo conoscevo bene anche se era passato moltissimo tempo da quando lo avevo provato e non avevo voglia di rievocarlo. Ma potevo rievocare il sangue di Bella. Quello sì, lo conoscevo bene ed era marchiato a fuoco nella mia memoria, anche se non lo desideravo più.
Fare l’amore con lei sarebbe stato così intenso e forte? Sarebbe stato così violento da farmi perdere la lucidità, proprio come se bevessi il suo sangue? Il pensiero mi terrorizzava e mi attraeva in ugual misura. “Ma come…” non sapevo come continuare, non sapevo cosa chiedere, avevo solo una paura assurda.
“Edward, io l’ho vissuto in modi diversi. Con Maria era senz’altro sesso selvaggio. Ero più un animale che altro, direi che seguivo gli impulsi e basta. Con Alice è tutto diverso. Quando facciamo l’amore, c’è quasi venerazione per il corpo dell’uno verso quello dell’altro. Ci adoriamo reciprocamente, dandoci tutto il piacere possibile con dolcezza, rispetto, devozione. Conosci i nostri pensieri, quindi hai un’idea abbastanza chiara del tipo d'amore che proviamo l’uno per l’altro. L’intensità non sfocia mai nella violenza. Il piacere è sempre più piacere. Tanto anche da sentirti morire, ma non fa male. Io so, quanto ami Bella. Tu non potrai mai farle del male. Non è possibile. Sarà solo di un’intensità che ti sconvolgerà, che la sconvolgerà. In più ci sarà il fattore che lei è umana, è calda, morbida e ha l’odore che tu ben conosci, per te sarà ancora più devastante, ma non ti farà male e non le farai male. Fidati”.
Non avrebbe potuto spiegarmelo meglio di così. Nonostante rimanesse un tuffo nell’ignoto, ora avevo molto più presente cosa aspettarmi. E questo non fece altro che aumentare la mia impazienza. Volevo tutto questo. Per me. Per Bella. La voglia di arrivare all’Isola Esme era diventata ancora più pressante e urgente.
Emmett mi riportò con i piedi per terra. “Jazz ed Alice sono tutto un adorarsi. Rose ed io invece siamo un’altra cosa. Ci vogliamo così tanto che non siamo lontani dalla violenza. Ma per noi non è un problema, non potremmo mai farci del male. Anzi l’irruenza ci scatena ancora di più la voglia di prenderci continuamente”.
Lo interruppi, sapevamo bene delle loro abitudini. In passato non era stato semplice convivere con loro, tanto che Esme li aveva costruito una casa per tenerli lontani, quando si scatenavano. Ne avevano distrutte parecchie di case. “Lo so Emm…sono parecchi decenni che vi sopporto”, dissi a metà tra lo scherzo e il sarcastico.
“Ahahahah…voglio proprio vedere che combini. Pensi di farcela?”. Continuava a sghignazzare. Ma io non ero dell’umore giusto per scherzare su una cosa del genere, era una cosa troppo importante e seria per me.
“Edward” riprese Jazz, “non ti preoccupare, andrà tutto bene, vedrai. Tu sei sicuramente un tipo più come me che come Emmett. Cerca solo di mantenere la lucidità necessaria a dosare la tua forza, per il resto lasciati andare. Sarà meraviglioso, te l’assicuro”. Ci guardammo negli occhi. La sua fiducia in me mi commuoveva e la sua certezza s'infondeva in me.
Speravo di essere come mi aveva descritto lui.
Volevo essere come mi aveva descritto lui, fortissimamente.
“Adesso basta con tutto sto adorarsi e venerarsi, mi verrà il diabete!”, Emmett rideva. “Forza, hai bisogno di scaricare tutta questa tensione. Ora ci pensiamo Jazz ed io a rilassarti per bene”. Si alzarono entrambi tirandomi dietro di loro. Li guardavo attonito, cosa avevano in mente? Non riuscivo a leggerlo nella loro testa, stavano facendo di tutto per pensare ad altro. Gli guardai scettico. Con un sopraciglio alzato, in una posa di evidente diffidenza.
“E dai! Vedrai che ti piacerà!”, disse Emmett.
“Mica mi porterete in uno strip-club?”. Chiesi inorridito e terrorizzato al solo pensiero. Jasper se la rideva sotto i baffi.
“Fidati”, mi chiese Jazz. Ed io mi fidai.
Iniziammo a correre giù per i pendii, verso la base dei monti Olimpici. Nella loro mente ero riuscito a scorgere solo lo spiazzo dove giocavamo e dove era accaduto di tutto e di più, ma non volevo pensarci in questi termini, almeno non adesso. Chissà cosa avevano in testa. Lo avrei scoperto presto, comunque.
Una volta scesi dai costoni scoscesi della montagna iniziammo a correre nella foresta, più per gioco e per sfida, che per arrivare alla meta. C’era tempo, prima di tornare a casa. Solo questo pensiero m'inondò lo stomaco di aspettativa.
A quest’ora Bella era già in piedi probabilmente. Forse era già sotto le grinfie di Alice. Non la invidiavo, anche se non vedevo l’ora di godermi il risultato. Mi si attorcigliò ancora di più lo stomaco per l’emozione. Lei già era bellissima, chissà come sarebbe stata meravigliosa con il vestito da sposa.
Quando l’avevo conosciuta, l’avevo immaginata in vestito da sposa - al braccio del padre - andare verso qualcuno che non sarei mai potuto essere io.
Oggi invece, l’avrei vista in vestito da sposa - al braccio del padre - venire verso di me.
Venire verso di me!
Ero ancora incredulo.
Sarei potuto svenire dalla felicità, all’altare. Non osavo immaginare l’intensità della gioia che avrei provato, quando avremmo detto e quando il padre di Angela ci avrebbe dichiarato marito e moglie.
Dovevo smetterla di pensarci.
Per distrarmi iniziai a correre più veloce, per battere i miei fratelli. Non avevano speranze con me. Arrivai allo spazzo quasi un minuto prima di loro. Quando arrivarono, Emmett andò a recuperare una palla in mezzo agli alberi.
“Rugby?”, chiesi sorpreso.
“Un modo elegante di fare la lotta” mi rispose Jazz. “Vedrai che scaricherai tutta la tensione e l’ansia”.
“Forza fratellino, fammi vedere che sai fare”. Emmett la buttava sempre sullo scherzo e la sfida.
Presi la palla ed iniziai a correre per arrivare nei pressi della meta, che avevamo stabilito essere fra due piante più alte delle altre. Loro cercavano di braccarmi in tutti i modi. Ma il tutto era condito da risate sfrenate.
Mi sentivo già meglio. Avevano avuto ragione.
Alcune volte riuscii a fare meta, altre, riuscirono a braccarmi a terra e a farmi letteralmente nero con il gioco di squadra. Si erano alleati, due contro uno. Emmett continuava a dire che così eravamo pari, visto che leggevo tutto quello che volevano fare nella loro mente.
La foresta riecheggiava delle nostre risate spensierate.
Quando io braccavo uno di loro aiutato dall’altro si arrabbiavano e protestavano. Secondo loro stavo giocando tre contro uno. Si divertivano solo quando ero io a mangiare la polvere.
Invece io mi stavo divertendo sempre, persino bloccato a terra. Un umano sarebbe stato coperto di lividi dalla testa ai piedi, ma non io naturalmente. A volte essere un vampiro era davvero divertente.
Le ore volarono.
Ad un certo punto però, avvertii l’urgenza di tornare a casa. Di essere vicino a Bella. Anche se Alice non mi avrebbe mai permesso di vederla. Piuttosto mi avrebbe fatto a pezzi. Ma sapevo che la mia promessa sposa si sarebbe sentita meglio, sapendomi nei paraggi ed anch’io mi sarei sentito meglio.
Mi alzai dall’ennesimo braccaggio. Mi ero distratto, ormai il pensiero era volato via da lì.
Jasper avvertì subito il mio cambiamento d'umore e mi disse: “E’ ora, vero?”.
“Sì, devo andare da lei. Almeno nei suoi paraggi. Ha bisogno di me ed io ho bisogno di lei” dissi, mentre cercavo di togliere più polvere possibile dai miei vestiti. Rimasti immacolati dopo la caccia, si erano ridotti a stracci informi giocando a rugby.
Compresero perfettamente la mia esigenza.
Con una pacca sulle spalle da entrambi, corremmo verso casa. Avevano portato a termine il loro compito. Mi avevano regalato un addio al celibato speciale.
Ora dovevo correre dalla mia vita, dal mio futuro, dalla mia Bella. 

   
 
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