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Autore: Sandra Voirol    05/05/2011    8 recensioni
Oggi vi posto una bella OS su Edward...
Ero partita con l'intento di raccontarvi solo il suo addio al celibato...ma
da più parti mi è stato chiesto di continuare...
allora questa è la prima parte...
Spero che vi piaccia...fatemi sapere cosa ne pensate...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L' Anima di Edward...ma non solo'
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Eccovi il prossimo capitolo di questa Raccolta!!!!

Sono emozionata quasi quanto Edward e Bella !!!!

Buona lettura!!!!!













ORA SEI VERAMENTE MIA
 

 
POV. EDWARD

Arrivati a casa, Esme ci squadrò - me in particolar modo - da capo a piedi.
In effetti, dovevo ammetterlo, ero in uno stato pietoso. La partita di Rugby aveva lasciato il segno. Guardò di traverso Emmett e Jasper: “Ma dove vi siete andati a ficcare? Guardate come lo avete ridotto! Andate a farvi una doccia, poi finite di sistemare sul retro, c’è già Carlisle. Edward, tu la doccia te la fai nel bagno che sta nella camera degli ospiti. Non devi stare neanche a cinquanta metri da Bella, se non vuoi che Alice ti stacchi la testa”.
Sbuffai rumorosamente. Speravo di poter andare in camera mia. Non tanto per la doccia, quanto per il fatto che mi avrebbe permesso di passare nelle vicinanze della mia futura sposa. Magari una sbirciatina, un bacetto. Ma dovevo ammetterlo, Alice non avrebbe mai rischiato che vedessi Bella, ora.
Esme lesse il mio stato d’animo sulla mia faccia. “Edward, pazienza, ancora poche ore e non la lascerai mai più”. Un sorriso si allargò sul mio volto, mai più erano le parole magiche. Sarebbe stata veramente mia per sempre.
Ancora poche ore.
Emmett e Jazz andarono a farsi la doccia ed io feci altrettanto. Una veloce, tanto per togliere la terra, la polvere e l’erba che avevo addosso e tra i capelli. Mi sarei fatto bello una volta sistemato sul retro. Faticavo a concentrarmi su quello che dovevo fare. Sentire che Bella era a pochi metri da me, mi faceva perdere in lucidità. Avevo una voglia matta di andare da lei e al diavolo le tradizioni.
Mentre ero sotto il getto della doccia - con le mani appoggiate al muro, la testa inclinata verso il basso e l’acqua che mi scivolava dalla nuca giù per la schiena - mi concentrai su tutti i rumori della casa, in cerca del suono della sua voce. Ma niente. Rinunciai.
Mi misi un paio di jeans e una maglietta, e con i capelli ancora bagnati andai sul retro. Almeno – forse - mi sarei distratto. Carlisle, Emmett e Jasper si stavano dando da fare. Ormai era quasi tutto pronto, il colpo d’occhio era notevole, dovevo ammetterlo. Alice era stata fantastica. Sembrava di stare in una favola, anche se niente era eccessivo.
Esme ci dava le indicazioni, sembrava un vigile nel centro di New York. Questo mettilo di qua. Quest’altro sistemalo di là. Ci fece lavorare per un’oretta buona, anche se sospettavo che fosse un modo per tenermi occupato. Chiedeva sempre a me, ma - in effetti - dovevo ammettere che aveva funzionato.
Ad un certo punto, mi chiamò. “Edward, tra poco cominceranno ad arrivare gli ospiti. Vai a prepararti, devi essere pronto. Sicuramente tutti ti cercheranno, devono aspettare la sposa, mica lo sposo”. La sposa. Solo questa semplice parola mi fece attorcigliare lo stomaco. Feci un respiro profondo, baciai mia madre sulla guancia e mi riavviai nella stanza degli ospiti.
Entrato in camera, chiusi la porta e mi appoggiai ad essa. Dovevo assolutamente cercare di riacquistare la calma e respirare regolarmente. Ero troppo agitato. Guardai la camera, sul letto c’era il mio vestito - Alice me l’aveva fatto provare almeno tre volte prima di dirsi soddisfatta - un completo nero, di Armani. La camicia bianca e la cravatta stretta, nera anch’essa. La classe di Alice non si smentiva, sui vestiti era insuperabile.
Ricordavo quanto Bella avesse apprezzato il vestito che avevo messo al ballo di fine anno. Quanto tempo era passato? Sembrava una vita. E tra poco sarebbe diventata mia moglie. Sarebbe stata mia veramente. Presi a respirare con calma e regolarità. Dovevo stabilizzare le emozioni. Volevo vivermi tutto questo al cento per cento. Non volevo perdere la lucidità per troppa emozione. Non volevo perdermi un attimo. La determinazione riprese possesso di me, quindi mi avviai a passo sicuro verso la doccia.
Quando uscii dal bagno con un asciugamano avvolto sui fianchi e i capelli bagnati, mi fermai davanti allo specchio enorme che ricopriva le ante dell’altrettanto enorme armadio. Mi osservai. Avevo le sopraciglia aggrottate, forse per la troppa concentrazione. Gli occhi di un dorato tanto intenso da sembrare liquido. Le punte dei capelli castano ramati piene di gocce d’acqua. La pelle bianchissima, ma con le vene di un blu tenue, segno della caccia di poche ore prima. Il pomo d’adamo faceva fastidiosamente su e giù. E tendevo a passare troppo spesso le mani tra i capelli. Dovevo darmi una calmata. Non era agitazione o preoccupazione. Era fretta. Avevo fretta di sposarmi. Avevo fretta di guardare Bella negli occhi, e chiamarla signora Cullen. L’attesa mi stava logorando. Avevo aspettato fin troppo per i miei gusti. Lasciai la mia immagine allo specchio e dopo essermi asciugato con il telo che avevo intorno ai fianchi, m'infilai i boxer neri che erano sul letto insieme al vestito. Tornai in bagno a sistemarmi i capelli. Dovevo essere perfetto per lei. Passai e ripassai il pettine tra i capelli perfettamente lisci e spicciati. Poi, guardandomi allo specchio, negli occhi e non tra i capelli, iniziai a scuotere la testa a destra e sinistra. Non mi riconoscevo più. Non c’era bisogno di tutto questo. Lei mi amava per com’ero, non era necessario mettermi in tiro. Presi un asciugamano pronto al fianco dello specchio e lo passai vigorosamente tra i capelli. Diedi una passata rapida con l’asciugacapelli. Sistemai i capelli con le mani, con un leggerissimo strato di gel tra le dita. Come facevo ogni giorno. Diedi un’ultima occhiata al risultato e mi avviai in camera per vestirmi. Dopo essermi seduto sul letto, mi misi i calzini neri. Presi la camicia bianchissima e me la infilai, concentrandomi sui bottoni. Poi fu la volta dei pantaloni. Mentre li abbottonavo, andai davanti allo specchio e mi guardai critico. Ma mi scendevano in modo così perfetto, che nonostante stessi cercando a tutti i costi un difetto, non ne trovai. Una bussata convinta alla porta, mi convinse a lasciare lo studio approfondito della mia figura nello specchio. “Avanti” dissi, ma non riconoscevo neanche la mia voce. Era mio padre.
”Penso che avrai bisogno d'aiuto per la cravatta” mi disse semplicemente. I suoi pensieri erano impregnati da una gioia profonda. Aveva sposato tante volte i suoi altri figli, ma per me era la prima volta. Non ti preoccupare Edward. Andrà tutto bene. La cerimonia. La festa. Il viaggio di nozze. Sarai felice. Sarete felici. Ne sono certo.
 “Grazie papà”. E nonostante non fossi mai stato molto espansivo, lo abbracciai. “Grazie, grazie di tutto. Grazie per tutto quello che hai fatto per me in questi cento anni. Grazie per aver accolto Bella nella nostra famiglia. Grazie per avermi appoggiato in una cosa tanto impossibile. Grazie per aver pensato solo alla mia felicità”.
“Non hai niente di cui ringraziarmi. Sei mio figlio, per te farei qualsiasi cosa. Ricordatelo sempre. E ora basta, infilati le scarpe, così ti sistemo la cravatta”. Obbedii.
Mentre mi faceva il nodo alla cravatta e tenevo la testa leggermente alzata - per consentirgli di fare un buon lavoro – ascoltavo i suoi pensieri. Erano saldi, certi che la strada giusta per me era questa. Che sarei stato felice con Bella. Era tranquillo e sereno. La calma e la pace fatta persona. Questo mi aiutò a ritrovare il mio equilibrio, le mie certezze. Ero talmente agitato che non riuscivo più a trovare la giusta tranquillità. Lui, con la sua sola presenza mi aveva stabilizzato ed aiutato. Una volta sistemata la cravatta in modo perfetto, mi misi la giacca e la abbottonai. Mi calzava perfettamente, come un guanto. Poi mio padre mi sistemò una rosa bianca nell’occhiello della giacca. Ero ufficialmente perfetto. Feci un respiro profondo, pronto ad affrontare gli invitati in arrivo. Li sentivo già entrare e salutare.
Carlisle mi mise una mano sulla spalla. “Sei pronto?”. Era una domanda molto più profonda di quanto potesse sembrare. Mi stava chiedendo se fossi pronto per tutto, non solo per la cerimonia. Se ero pronto per sposarmi. Se ero pronto per la prima notte di nozze. E se ero pronto per passare tutta l’eternità insieme a Bella. Lo guardai dritto negli occhi e con la sicurezza di chi non ha il minimo dubbio, dissi: “Sì, sono pronto!”.
Uscimmo dalla camera e mi avviai insieme a mio padre verso la porta d’ingresso. Sentivo Renée e Phil, scendere dalla macchina, Jasper era andato a prenderli.
Prima di arrivare alla porta mi venne incontro Charlie. Era vestito di tutto punto, elegantissimo. Ma il suo disagio era palese, teneva le mani in tasca e la sua espressione era leggermente aggrottata. Mi guardò negli occhi, quasi volesse leggermi dentro. “Prenditi cura di mia figlia, intesi? Se non la farai felice, ne risponderai a me!”.
La minaccia non era del tutto implicita. “Certo Charlie. La amo più della mia stessa vita. Farò anche l’impossibile per renderla felice”.
“Mmm…”. Fu la sua enigmatica risposta. Si allontanò. Andò verso Billy che era già sistemato vicino alle sedie degli invitati. Erano già quasi tutte occupate, la maggior parte degli invitati erano pronti ad assistere al matrimonio.
L’arrivo di Renée mi distrasse, “Wowww, Edward sei stupendo!”.
“Grazie Renée, anche tu sei bellissima”.
“Non adularmi, non hai bisogno di lusingarmi, tra pochi minuti sarò tua suocera, una suocera che - tra l’altro - ti adora”. Era elettrizzata.
“Non sai quanto sia importante per me”, le dissi sincero e le posai un bacio sulla guancia. Sembrò apprezzare. Con un sorriso a sessantaquattro denti si avviò su per la scalinata, per andare da Bella.
Mio padre mi posò una mano sulla spalla. “Edward, è quasi ora. Sarà il caso che prendi posto vicino all’altare”. Lo guardai negli occhi dorati e senza il minimo accenno d'ansia, dissi sicuro: “Sì”.
Attraversammo insieme le due file di sedie fra le quali, Alice aveva steso un lungo tappeto blu e giungemmo all’arco di fiori dove ci aspettava il padre di Angela. Era pronto per ufficiare la cerimonia. Mi sistemai dove si era deciso durante le prove, mio padre al mio fianco, appena dietro di me.
Vidi Renée scendere le ultime scale e andare verso Rosalie, che era pronta al pianoforte. Era brava quasi quanto me, quindi sarebbe stata lei a suonare la marcia nuziale. Dopo aver sussurrato poche parole a Rose, Renée si avviò al suo posto in prima fila, dove l’aspettava Phil. Mi fece un sorriso. Per un attimo, catalogai che tutti i presenti guardavano me.
Ma le prime note del Canone di Pachelbel, spinsero il mio sguardo verso le scale dalle quali sarebbe scesa la mia futura sposa. Anche se sapevo, che la prima a scendere, sarebbe stata la damigella d’onore - quindi, nella fattispecie – Alice, non potei fare a meno di fissare il mio sguardo verso le scale. Sentii che tutti gli invitati si giravano sulla sedia per poter vedere la sposa.
Vidi Alice scendere le ultime scale con grazia e passo felpato, al ritmo delle note che uscivano dal pianoforte, ma non riuscivo a cogliere la sua - pur evidente - bellezza.
Dopo pochi attimi, le note cambiarono e la marcia nuziale di Wagner invase la stanza e la mia mente. Fra pochi secondi avrei visto Bella. Un’emozione fortissima invase il mio petto. Sembrava che il mio cuore battesse, per quanto la sensazione era viva e concreta. A mano a mano, che gli invitati la vedevano scendere le scale, esprimevano con lievi sussurri il loro apprezzamento. Io, dalla mia posizione arretrata, l’avrei vista per ultimo. L’impazienza era al limite. Ero tanto teso che ero bloccato, neanche respiravo. I miei occhi erano fissi sul punto in cui sapevo l’avrei vista, senza neanche battere le palpebre, per paura di vederla con un attimo di ritardo per colpa di un battito di ciglia.
Infine la vidi.
Era…era…non era possibile che questa ragazza così meravigliosa, fosse destinata a me. Era di una bellezza sconvolgente, di una grazia e una delicatezza infinite. Per un attimo mi sentii totalmente Edward Antony Masen. Che dopo essersi follemente innamorato di una giovane e dolce ragazza di nome Isabella, nel 1920, la stava sposando, vestita in un abito da sposa all’ultima moda. Mi ripresi dal flashback, che era durato un sessantesimo di secondo e ricominciai a guardare la realtà.
La mia realtà.
Bella stava scendendo gli ultimi scalini al braccio di Charlie, concentrata sui passi, con gli occhi rivolti verso il basso – sicuramente - per paura d’inciampare. Il vestito le fasciava dolcemente tutte le curve. E si allargava verso il basso, con uno strascico che mi riportava indietro nel tempo. Era di una bellezza accecante.
Appena discese l’ultimo gradino, alzò gli occhi. Mentre incontrava gli sguardi ammirati di tutti i presenti, diventava sempre più rossa in viso. Sembrava a caccia, alla ricerca, alla ricerca di me.
Poi i nostri occhi s’incontrarono, cioccolato nell’oro fuso.
E mentre vedevo il timore nei suoi occhi diventare felicità allo stato puro, un sorriso di pura gioia si aprì sul mio viso.
Al braccio di suo padre, riprese a venire verso di me, al ritmo della marcia nuziale. Ma sembrava ansiosa, con il corpo leggermente proteso verso di me, come se non vedesse l’ora di arrivare da me. Sentivo il petto talmente saturo di felicità ed emozione da sembrare quasi dolore.
Infine arrivò, le porsi la mano e Charlie - come da tradizione - mise la mano di Bella sulla mia. Il calore della sua mano si diramò per tutto il mio corpo, dandomi una scossa elettrica.
Ci girammo verso il signor Weber, ma staccare gli occhi da lei fu un dolore fisico.
La cerimonia fu breve.
Un dono di Alice a Bella. Mia sorella sapeva quanto Bella soffriva queste situazioni, quindi - per renderle questo giorno indimenticabile - aveva ridotto all’essenziale la cerimonia. Essenziale, ma profondamente commovente.
Dissi con voce ferma e limpida, guardandola negli occhi e stringendo le sue mani tra le mie, “Io Edward Antony Masen Cullen prendo te Isabella Marie Swan come mia legittima sposa e prometto di amarti sempre, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, tutti i giorni della mia vita, fino a quando entrambi vivremo”.
Lei fece altrettanto, con la voce tremante per l’emozione e le lacrime agli occhi, lacrime di gioia.
Ci scambiammo gli anelli ed ascoltammo le parole del pastore senza staccare gli occhi l’uno dall’altro.
Quando infine, ci dichiarò marito e moglie, presi delicatamente il suo viso tra le mani. Questa persona meravigliosa il cui viso tenevo tra le mani, era mia moglie.
Ora era veramente e per sempre mia.
Sentivo il petto sul punto di esplodere, una felicità mai provata mi spezzava il respiro, sentivo gli occhi strani, quasi fossero gonfi di lacrime. Avvicinai lentamente il mio viso al suo, volevo prolungare l’attimo all’infinito. Ma Bella si lanciò tra le mie braccia con tutto il bouquet e le nostre labbra s’incontrarono in un bacio lento, dolce, pieno dell’amore infinito che provavamo l’uno per l’altro. Si stringeva a me per non lasciarmi andare e finire il bacio.
Mentre ero totalmente perso in quell’emozione senza fine, una minuscola parte del mio cervello registrò le risatine degl’invitati. Quindi, anche se a malincuore, lasciai le labbra e il viso di mia moglie e feci un passo indietro.
Ci sorridemmo, una gioia infinita aleggiava su di noi. Ma lo scoppio di un applauso, proveniente dagli invitati, ci costrinse a riprendere contatto con la realtà e a girarci verso la folla di parenti ed amici che ci festeggiavano.  

 

   
 
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