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Autore: chos    03/05/2011    3 recensioni
Tutto era così miseramente tremendo che quasi riuscivo a sentire il centro della terra singhiozzare.
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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Premessa: Inizio con il dire che ringrazio tutti coloro che hanno cominciato a seguire la mia fic, quelli che hanno recensito il primo capitolo e quelli che continueranno a seguirmi, sapere che c'è qualcuno che legge gli sfoghi della mia mente contorta mi conforta davvero :D
Questo capitolo non mi convince, ma spero comunque che piaccia a tutti voi. 
A semplice titolo informativo, ho scritto il tutto ascoltando 'Devastante' dei Vanilla Sky, mi ha ispirata.
Buona lettura! 

 
Macchie rosso vermiglio
Chapter 2

Le tenebre oscuravano la mia vista, gli arti non rispondevano ai comandi impartiti dal cervello ed io rimanevo incollato al suolo bagnato e fangoso.
Il rumore della pioggia era scomparso, ma riuscii a sentire, in lontananza, una voce.
La sua voce.
«Alla fine sei svenuto, eh. Mi dispiace di averti fatto questo, Naruto.»
Quelle parole, mi fecero angosciare non poco: a lui non era toccata la mia stessa sorte, no; era rimasto cosciente, e se ne sarebbe andato.
Avrei voluto prenderlo per una caviglia in quel momento, avrei voluto trattenerlo con le unghia e con i denti nel nostro villaggio, ma non avevo le forze per muovere un solo, dannato muscolo.
Non ero riuscito nel mio compito, avevo fallito la missione, ed avevo appena perso la persona che ritenevo essermi più vicina di tutte. Piuttosto che svegliarmi e rendermi conto di tutto quello che ero riuscito a non fare, sarei voluto rimanere lì, in quel desolato posto, attendendo la morte. Tuttavia, la voglia di aprire gli occhi, rizzarmi nuovamente in piedi e trovare quello stupido per riempirlo di botte con l'intento di farlo ritornare in sé, era più forte di quel pensiero tanto egoista, per cui, appena ebbi le forze, e non fu certo molto presto, aprii gli occhi in uno scatto, e l'ambiente che mi ritrovai davanti non era per niente quello in cui avevo lasciato Sasuke.
Un neon investì le mie pupille, facendomi richiudere le palpebre velocemente, ed una mano mi sfiorò premurosamente un braccio.
Era liscia e minuta, femminile. Non riconobbi subito la proprietaria di quella mano, riuscii ad individuarla solo grazie al suo profumo; sì, pur lottando, quella ragazza aveva sempre e comunque il medesimo dolce odore di ciliegio.
Sakura era lì al mio fianco. 
Io le avevo promesso di riportare indietro Sasuke, ed io stesso avevo fallito. 
«Naruto!» Esclamò lei, per poi stringere la mia mano con la sua. «Naruto, riesci a sentirmi?» Mi domandò, con un tono di voce che faceva chiaramente trasparire la sua preoccupazione.
Mi stupiva che fosse preoccupata per me, forse lo era per Sasuke.
Era sempre, costantemente, preoccupata per Sasuke, anche quando non ce n'era bisogno, figuriamoci in quella situazione.
Era preoccupata per lui, proprio come me. 
Presi un gran respiro, strinsi gli occhi, e dopo aver contato mentalmente fino a tre, li riaprii lentamente. 
Ero in ospedale, e i muri bianchi e freddi ne erano la prova, così come il materasso scomodo sul quale stavo sdraiato. Inoltre il lezzo di disinfettanti e di bendaggi imbrattava la stanza dalle finestre chiuse, e assaliva le narici a ritmi irregolari. «Ovvio che ci riesco, Sakura.» Dissi facendo l'occhiolino, con una voce che voleva imitare il mio tipico tono alto ed energico, ma era talmente distorto dal sonno dal quale mi ero appena svegliato, che sembrai quasi sarcastico. Era irritante tutto ciò.
Avevo sempre tentato di nascondere il mio dolore, in qualsiasi forma mi si presentasse, e per un combattimento con quel testone di un Sasuke, mi dovevo ritrovare in quelle condizioni? Non ne avevo davvero né l'intenzione né l'interesse.
C'era un motivo per il quale non facevo vedere ad anima viva i miei veri sentimenti, e per questo non potevo assumere espressioni che esprimevano le mie vere emozioni.
Lo avevo ripromesso a me stesso: non volevo perdere quelle poche persone che ormai mi erano care tenendo il broncio o assumendo espressioni serie. Se per avere degli amici dovevo fare lo stupido, l'avrei fatto.
Alzai la schiena dall'improponibile lettino ospedaliero sul quale stavo sdraiato, e feci per scendere da esso, ma venni bloccato dalla ragazza che mi stava accanto.
«Dove credi di andare?» Un ciuffo dei suoi rosei capelli le ricadde davanti ad un occhio, e lei, senza distogliere il suo sguardo contrariato dal mio risoluto, lo scostò riportandolo dietro le orecchie. «Devo ritrovare Sasuke, ti avevo promesso che non l'avrei fatto andare da Orochimaru!» Gli ricordai. Il verde dei suoi occhi si insinuava con irruenza nell'azzurro dei miei, quasi tentasse di arrivare a guardare fino in fondo al mio animo. 
Rimasi a guardarla per poco, quello sguardo in quel momento non riuscivo a sostenerlo.
Così distolsi l'attenzione dai suoi occhi e feci per alzarmi, ma prima che Sakura potesse controbattere e prima che io potessi portare a termine l'azione che stavo tentando di compiere, si aprì la porta bianca che portava ai corridoi dell'ospedale di Konoha. Sentendo il rumore di essa, mi voltai di scatto, e vidi entrare nella camera Nonna Tsunade.
I suoi capelli biondi e raccolti in due codine come al solito, le ricadevano sulle clavicole, e si poggiavano sui suoi seni prosperosi. 
"Bella e perfetta come sempre". Questo pensavano tutti, ma in pochi sapevano che dietro a quelle giovani fattezze si nascondeva una donna che aveva superato i cinquanta.
«Naruto, ti trovo in forma. E dire che sei stato incosciente per tre giorni.» A quella frase strabuzzai gli occhi, e con una lieve pressione su Sakura riuscii ad alzarmi definitivamente.
Tre giorni? In tre giorni chissà dove era riuscito ad andare!
Sì, era ferito, ma lui sarebbe riuscito ad andare in capo al mondo con l'uso di un solo arto, ne ero pienamente cosciente.
Guardai il pavimento; la mia fermezza si era sgretolata troppo velocemente, e alla stessa velocità si ripristinò, tanto che mi sembrò di stare per cadere, a causa di quegli inattesi sconvolgimenti al mio interno.
Come potevo rimanere ancora lì a ciondolare con le mani in mano? Proprio perché era passato tanto tempo non potevo indugiare ancora, dovevo mettermi in cammino e riportarlo indietro con me!
«Devo trovare quell'idiota di Sasuke!» Mi diressi verso la porta dicendo quella parole, ma colei che mi stava davanti allungò le mani con i palmi aperti verso di me, come per dirmi di restare fermo, con sguardo contrariato, simile a quello di Sakura, con l'unica differenza che quei bei due occhi dorati di Nonna Tsunade lasciavano intravedere quello a cui erano stati spettatori, e se avesse anche solo provato ad indagare nel mio profondo come aveva fatto la ragazza dai capelli rosa, lei ci sarebbe certamente riuscita.
Pensai a come mi sarei sentito, se l'avesse fatto, se avesse cominciato a guardarmi attentamente, scrutando ogni mia singola mossa. Sentivo che mi avrebbe distrutto.
Mi spaventava, non so perché, l'idea che potesse fare una cosa del genere, quindi sperai con tutto me stesso che non lo facesse.
«Non dirai sul serio! Guarda in che condizioni sei ridotto, dove pensi di poter arrivare così? » Un sospiro uscì lieve dalle sue labbra, e mise una mano sulla mia spalla sinistra, facendo attenzione a non farla pesare più di tanto. «Naruto, torna a letto, per l'amor del cielo.» Aggrottai le sopracciglia, furioso. Perché dovevano trattarmi come un marmocchio qualunque? Pur essendo ricoperto di bende sapevano benissimo che grazie alla Volpe a Nove Code racchiusa dentro di me riuscivo a guarire molto più facilmente di chiunque altro.
Ritornai a letto, quasi sconfitto. La mia fronte increspata rimaneva tale, e le mie labbra cominciavano ad essere torturate dai miei denti affilati. Osavano trattenermi lì, ma come potevano? 
Come potevano lasciare andare un abitante del Villaggio nelle mani di uno psicotico come lo era quell'Orochimaru? 
Misi le mani sulle mie gambe distese, e cominciai a rigirarmi i pollici, nervoso. 
Sasuke... forse una volta avrei detto che sarebbe stato in grado di cavarsela da solo, ma dopo lo scontro che era avvenuto tre giorni prima non ero più dello stesso parere. Sembrava impazzito, come se quel segno che aveva sul collo gli avesse corrotto sia l'animo che la mente, e forse era davvero così. Dava l'impressione di essere così convinto delle proprie parole che non riuscivo a dire se fossero tutti pensieri frutto della sua reale psiche oppure se fossero opera di qualche manipolazione da parte di quel pazzo dalla lingua lunga.
Feci scivolare il mio sguardo dal bianco lenzuolo che di nuovo mi ricopriva, al muro che stava di fronte a me. Quasi potevo vedere i capelli corvini del mio migliore amico che contornavano come suo solito, il volto androgino e pallido. Potevo vedere il suo sguardo crucciato, di chi si sta impegnando nel pensare con lo scopo di risolvere un problema tremendamente complicato e non riesce a trovare una soluzione; le sue mani intrecciate tra loro, sulle quali si poggiava il suo piccolo mento...
Era come se fosse lì, davanti a me, e gli occhi mi si colmarono di lacrime che non avrei mai fatto scendere giù per le mie gote. Mi appariva come una visione talmente reale, che se non fosse scomparsa in un soffio, quando nella stanza entrò un'altra persona, sarei anche potuto cascare nella trappola che aveva ordito il mio intelletto, e sperare che il mio migliore amico fosse di nuovo vicino a me.
E invece no. Tutto quello scomparve, lasciando delle macchie di rosso vermiglio sulle candide pareti della mia mente. Al suo posto però, apparvero i capelli argentati e lunghi che riuscivano a rendere riconoscibile l'uomo che si era piantato davanti al lettino anche in una folla di più di diecimila persone.
«Eremita porcello!» Esclamai. Che potesse farmi fuggire dalle grinfie di quelle due donne che avevano intenzione di tenermi costretto a quel letto?
   
 
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