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Autore: Blakie    05/05/2011    7 recensioni
La vita è difficile. L'eterna dannazione ancora di più. Una storia nella storia: cosa sarebbe successo se, in un punto cruciale, le cose fossero andate in modo totalmente diverso? Cosa succederebbe se diventasse impossibile per Jacob e Bella amarsi? [Seguito di Eyes On Fire]
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: New Moon
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~ Juliet & Paris' Story'
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«Bella, sono io

Eternal Moonglow
capitolo 0
6:


Abbraccio

 

«Perché non ha aspettato che tu lo chiamassi?», chiese Edward a Carlisle, sibilando, quando il ragazzo in fondo al prato si mosse per dirigersi verso di noi.
Il dottore aprì la bocca per rispondere, ma fu preceduto.
«Attendere non è la mia specialità, Edward Cullen».
Quella voce, mai udita prima di allora – così mi sembrava – mi spiazzò. Quel tono roco, caldo, ma con un’inflessione minacciosa smosse qualcosa nella mia coscienza. Era una voce familiare… era forse l’ultima cosa che avevo sentito prima di perdermi nel nulla assoluto di fiamme che mi aveva fatta diventare quello che ero?
Ne ricordavo solo il suono, non le parole che mi erano state dette da quella voce vigorosa.
Il ragazzo era già a pochi metri da noi, e non mi toglieva gli occhi di dosso. Forse era per quello che Edward non smise un momento di ringhiargli contro. Qualcosa, dentro di me, mi disse che avrei dovuto fare lo stesso.
A prescindere dall’odore che mi faceva storcere il naso, percepivo quanto fosse diverso da me.
Il mio istinto, nonostante quella persona non mi avesse fatto nulla di male e non avesse mostrato alcun comportamento ostile nei miei confronti, me lo segnalò come nemico.
Eppure aveva un aspetto così umano, così diverso dai Cullen. Emanava… calore?
Il mio cervello calcolò reazioni diverse rispetto a quello sconosciuto, non sapevo come comportarmi.
Ero così confusa!
«Le buone maniere nemmeno», commentò Edward, gelido.
«Ragazzi», li ammonì Carlisle, frapponendosi tra i due, bonario. La sua mano quasi toccò il petto ampio del ragazzo da quanto era vicino. Ai miei occhi fu lampante il contrasto di carnagione tra i due: la mano di Carlisle sembrava ancora più bianca su quello sfondo bronzeo.
Lo sconosciuto non gli prestò attenzione, gli occhi fissi nei miei. Gli sfuggì un sorriso per metà, spento.
«Ciao, Bells», mormorò al mio indirizzo. Lo squadrai, incuriosita da quel nomignolo che aveva usato per rivolgersi a me.
Bells, Bells…
«Bells, amore, sono qui».
Sussultai, quando quell’eco, che aveva il sapore dei ricordi, mi invase la mente. Fu un flash velocissimo, che si dissolse nell’attimo esatto in cui era affiorato dalla mia memoria.
La voce di Carlisle mi riportò istantaneamente alla realtà.
«Potete scusarci?», disse, rivolto agli altri.
Esme, Emmett, Alice e Rosalie annuirono e scomparvero all’istante; Edward non accontentò Carlisle così velocemente.
«Figliolo, ne abbiamo già parlato», gli disse Carlisle, guardandolo serio.
«Non mi fido di quel cane. Potrebbe perdere il controllo», ribatté Edward, lanciando al ragazzo un’occhiata  sprezzante. Ma lui non lo degnò di risposta, lo sguardo ancora perso nel mio.
«Sai bene che non le farebbe mai del male».
«Penso che sia troppo presto adesso, Carlisle. Sono entrambi imprevedibili».
«Più passa il tempo, più i ricordi umani di Bella diventano effimeri e instabili. Ora è nelle condizioni ideali per lavorare sulla sua memoria a trecentosessanta gradi».
«Ma–».
Carlisle lo interruppe: «È la cosa più giusta Edward, lo sai. Per favore, lasciaci soli».
Sotto lo sguardo intenso di Carlisle, Edward non poté controbattere. Sospirò, lanciandomi uno sguardo fugace, contrito, e sparì.
Carlisle si passò una mano tra la chioma bionda, sospirando a sua volta, poi cercò di sorridere.
«Vuoi accomodarti dentro, figliolo?», chiese, con cortesia, al ragazzo.
Lui, in tutta risposta, si rivolse a me.
«Bella, sono io. Ti ricordi di me?», domandò cauto, sorridendomi e compiendo un passo verso di me. Nonostante quel trambusto, eravamo rimasti ancora ad almeno due metri di distanza.
Anche a quella distanza, il suo calore pulsava contro la mia pelle, infiammando la mia gola. E spingeva il suo odore tremendo alle mie narici, facendomi provare disgusto.
Provai tutto questo il primo millesimo di secondo. Per il resto di quell’attimo che scorse a rilento, rimasi completamente ammutolita dai suoi occhi neri, che produssero nel mio cervello una reazione fortissima: un ricordo sbiadito di un’emozione umana, come di una stretta allo stomaco.
Poi, mi concentrai sulla sua immagine, sforzandomi con tutta me stessa di provare a ricordare.
Seguii con attenzione i suoi tratti, che stuzzicarono qualcosa, nella mia mente: studiai le sue labbra, i suoi zigomi alti, il suo volto stanco scalfito da un dolore a me sconosciuto, e tornai di nuovo ai suoi occhi neri.
Mi concentrai più che potei per ricordare chi fosse… mi sembrava familiare, tanto…
«I-Io sono confusa», biascicai, mortificata. Qualcosa continuava a premere contro la mia consapevolezza, qualcosa che, in quel momento, non riuscivo proprio ad afferrare e chiarire. Nella mia mente ampia, avvertii nota di dolore di fronte alla mia incapacità di ricordarmi di lui.
«È normale, Bella – mi disse Carlisle, ma sembrava rivolto anche a lui – Sei una vampira giovanissima, e dimenticarsi… può succedere. Prima non ti ricordavi nemmeno di noi, o sbaglio?».
Annuii, senza lasciare lo sguardo del ragazzo abbronzato. Sul suo volto si era dipinta un’espressione di dolore autentico, e quando vidi quel dolore sussultai.
Carlisle mi circondò leggero le spalle. «Su, avvicinati a lui, Bella. Non ti farà del male».
Il ragazzo sorrise, cercando di tranquillizzarmi, ma la tristezza non aveva abbandonato i suoi occhi. Dentro di me, sentii che ciò che mi avrebbe calmata del tutto sarebbe stato proprio il suo sguardo libero da quel tormento.
Annuii, provando a sorridergli, e Carlisle mi guidò lentamente verso il ragazzo, che mi aspettava a braccia aperte.
«Bella, posso prenderti la mano?», domandò piano, quando gli fui a meno di un metro di distanza.
La sua domanda mi lasciò spiazzata, per una qualche ragione sconosciuta, e una parte di me rifiutò, istintivamente, il suo invito.
Eppure, vidi la mia mano muoversi lentamente in direzione della sua, protesa verso di me.
I nostri sguardi non scioglievano la presa.
Afferrò il mio polso con delicatezza, e se lo portò all’altezza del cuore.
Sentire quel battito, che non aveva smesso un solo secondo di fare da sottofondo a quella situazione, sotto le dita mi procurò un brivido.
«Il cuore…», sussurrai, tenendo lo sguardo fisso sulla mia mano. «Il tuo cuore batte».
Ecco cos’era, quel suono così vitale.
«Sì, Bells», disse, guardandomi teneramente.
Chiusi gli occhi, ascoltandone il ritmo irregolare ma vigoroso. Era agitato.
«E’ un suono bellissimo» mormorai, rapita. Schiusi le labbra in un sorriso, beandomi della calma che il battito del suo cuore o stava diffondendo dentro di me. «Mi fa venire in mente il mare. Caldo. Il sole, il rumore delle onde…».
Da quelle emozioni scaturirono delle visioni, anche se sfocate, che avevano il sapore dei ricordi.
Ci misi più concentrazione.
Vidi due giovani, un ragazzo e una ragazza, che si tenevano per mano, passeggiando su una spiaggia. Erano felici. Il ragazzo la baciava e lei arrossiva. Se ne stavano stesi contro un tronco, a guardare l’orizzonte.
Mi sembrava quasi di sentire ciò che la ragazza provava, stretta tra le braccia di lui.
Felicità. Serenità. Calore. Senso di rinascita.
Poi, capii.
Capii che quella ragazza ero io. Ero stata io. E il ragazzo…
Riaprii gli occhi di scatto, focalizzando immediatamente il volto di Jacob – eccolo, il suo nome.
E tutti i pezzi tornarono al loro posto.
«Jacob», mormorai, gli occhi immersi nei suoi. «Jake…».
«Sì, Bella. Sono io».
In un secondo, la tristezza svanì dai suoi occhi, mentre io iniziai a sentire pizzicare i miei. Era così che piangeva un vampiro?
«Jake… io…», mormorai confusamente, avvicinandomi ancora di più a lui.
Non aveva lasciato andare la mia mano.
«Ti ricordi?», domandò, lo sguardo illuminato dalla gioia.
«Io… sì, ma…», risposi, sconvolta. Non conoscevo affatto la natura delle emozioni che mi stavano travolgendo, tutte assieme.
Alla mia affermazione, il cuore di Jacob mancò un battito, e vidi la speranza riempire i suoi occhi.
«Non sai come sentirti?», sussurrò a voce bassa. Sembrava che comprendesse perfettamente il mio stato d’animo.
«Esatto», mormorai, usando il suo stesso tono dimesso, ma il mio era più che altro stupito.
Mi guardò dritto negli occhi qualche secondo, intensamente, e strinse ancora di più le nostre mani intrecciate sul suo cuore.
«Allora abbracciami».
Rimasi basita alla sua proposta, e una piccola parte di me – l’istinto di vampira – rifiutò immediatamente; la parte restante, invece, si stava chiedendo come mai non fossi ancora tra le sue braccia.
Guardai Carlisle, che annuì sorridendo.
Il mio sguardo si riallacciò a quello di Jacob, nello stesso istante in cui stava lasciando la mia mano.
Fece un passo indietro, poi, con estrema cautela, appoggiò entrambi le mani sulle mie spalle, per avvicinarmi a sé.
Con la stessa lentezza che aveva usato lui, posai le mie mani sui suoi fianchi, e lo sentii sussultare al contatto con le mie dita fredde.
Mi avvicinai ancora, avvertendo il suo calore tutto intorno a me, e ciò mi causava una sete impellente, che ero decisa a ignorare.
Il battito del suo cuore stava accelerando di secondo in secondo.
Fece scivolare le braccia attorno al mio collo, e istintivamente trattenni immediatamente il respiro, mentre mi mettevo in punta di piedi.
Affondai il volto nella sua spalla, con attenzione.
Quell’attimo rasentò l’infinito.
Mi tornarono alla mente tutti i nostri ricordi, dal primo all’ultimo; sembrava che quella vicinanza li rendessi più chiari, vividi. I sorrisi, le risate, le nostre mani intrecciate, i baci, gli abbracci: ogni ricordo di quei gesti che mi avevano legato giorno dopo giorno a Jacob si fece strada dentro di me, imprimendosi nel mio cuore e nella mia testa, tornando a far parte di me stessa. Ogni rimembranza sembrava essere trasmessa dalla pelle calda di Jacob alla mia, che assorbiva il suo calore e mi faceva sentire viva.
Viva, come altre mille volte, come altre mille emozioni diverse che Jacob mi aveva fatto provare.
E un’emozione su tutte si fece strada nel mio cuore morto: l’amore.
L’amore per Jake, il mio immenso amore per lui, appena riscoperto. Fu un ricordo potente, improvviso, travolgente, che bruciò dentro di me più del fuoco che mi aveva trasformata.
Nessun altro ricordo, fino a quel momento, si era fatto così vero dentro di me più di quello.
Ma l’amore è inscindibile dal dolore, e, insieme a quella rimembranza di adorazione assoluta nei confronti di Jacob, mi tornarono in mente anche tutto il dolore e i problemi che gli avevo causato.
L’avevo ferito nel modo peggiore possibile, cadendo di nuovo tra le braccia di Edward, perché ero una stupida e debole umana.
Mi sentii orribile, ma in un modo ancora più amplificato. La mia vecchia mente non sarebbe riuscita a sopportare tutto quel disgusto e odio nei miei confronti e in quelli di Edward. La cosa che mi sorprese di più fu la sparizione assoluta di quella piccola parte di me che lo desiderava ancora.
Non lo amavo, anzi… lo odiavo per l’essere in cui mi aveva trasformata.
Jacob, inconsapevolmente, calmò quella furia improvvisa continuando ancora ad abbracciarmi, chissà dopo quanto tempo.
Non meritavo che mi trattasse così, non dopo tutto quello che gli avevo fatto.
Non meritavo lui e il suo abbraccio. Non meritavo niente da Jacob, nulla.
Dovevo sparire dalla sua vita, dovevo farlo, così non avrebbe più sofferto…
Era inaccettabile per quanto lo amavo, ma dovevo farlo, anche se il solo pensarlo mi dilaniava.
«Bella…».
Sussurrò il mio nome con una dolcezza tale che mi fu ancora più difficile anche soltanto concepire l’ ipotesi di stare lontana da lui. Allo stesso tempo, mi chiesi come mai nel suo tono di voce o nel suo sguardo, fino ad allora, non avessi scorto neppure una nota di rancore, o odio, o rabbia.
Come se non fosse successo nulla, come se non stesse abbracciando quello che era diventato, ormai, il suo peggior nemico. O la persona che l'aveva fatto soffrire di più in assoluto.
Che fosse una facciata per tranquillizzarmi, dato la mia imprevedibilità di neo-vampira?
Se lui fingeva, avrei finto anche io. 
Avremmo finto entrambi fino a quando non avrei trovato la forza necessaria per sparire dalla sua vita, o fino a quando lui non si fosse stancato di indossare quella maschera per non scatenare il mostro che era in me.
Nonostante stessi trattenendo il respiro, riuscii comunque a mormorare il suo nome: «Jacob…».
Jacob, ti amo, ti amo. Perdonami, sono un mostro, dimenticami, resta con me

Quanto avrei voluto dirglielo, e quanto sforzo mi richiese non aprire bocca.
«Ricordi solo il mio nome?», domandò, tra i miei capelli.
I vampiri sono bravi bugiardi, Bella. Sei un vampiro, sforzati di essere credibile.

Senza che potesse avvertirlo, strinsi un pugno, pronta a mentire.
«Non proprio. Qualche ricordo c’è, ma è sfocato e disconnesso».
Forse lo dissi con troppa sicurezza, senza nemmeno un’esitazione; sperai che attribuisse quella fluidità nel parlato alla nuova me stessa.
«Ho capito», mormorò, la voce delusa. «Beh, non importa», aggiunse subito, aumentando, ma di pochissimo, la presa.
Come faceva a fingere così bene? Probabilmente, se fossi stata ancora umana, gli avrei creduto.
«Sul serio, Bella?», si intromise Carlisle.
Chiusi gli occhi, digrignando i denti, sperando di riuscire ad ingannare anche lui. «Sì», fu la mia risposta lapidaria.
«Capisco… beh, non ti preoccupare, è normale che per certi ricordi ci voglia più tempo. Forse fai fatica a ricordarti pienamente di lui perché Jacob è un licantropo», ipotizzò Carlisle, dubbioso.
Mi staccai da Jake, irrequieta, ma lui mi poggiò una mano sul braccio per non interrompere quel contatto.
«Adesso ho capito cos’erano quelle emozioni… negative che ho provato nei tuoi confronti, quando ti ho visto», dissi con finta aria casuale, rivolgendomi a Jacob.
Lui ridacchiò, provato, probabilmente per allentare la tensione. E non disse nulla, ma affondò di nuovo lo sguardo nel mio.
Mentre mi arrendevo nuovamente ai suoi occhi neri e profondi e a quella perfetta maschera indecifrabile, mi chiesi per quanto tempo sarei riuscita a sopportare tutte quelle bugie, mie e sue.


*L’amore è inscindibile dal dolore è una frase che ho tratto dal manga ‘Nana’, che adoro.

Angolo autrice.
Non mi sento di aggiungere nient’altro a questo capitolo… l’ho scritto di botto ieri, e credo che sia completo così. Questo capitolo solo spazio alle emozioni! Per le chiacchierate, il prossimo ;)
Ringrazio immensamente
 jakefan e raggiodisole90 che hanno recensito lo scorso capitolo… non vi ho fatto attendere tanto, dai J Spero che il loro incontro vi sia piaciuto ^_^ come avete visto, le pare di Bella non mancano mai!

Alla prossima, allora :)
Un bacione,
Bea :3


Ps: Ma perché non c’è più nessuno??? T___T

   
 
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