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Autore: tersicore150187    09/05/2011    5 recensioni
La coppia Castle/Beckett si trova ad affrontare un caso difficile, soprattutto denso di risvolti emozionali, che li porterà a sentirsi coinvolti man mano sempre di più e a mettere in discussione alcune loro convinzioni e modi di agire e pensare. Questo caso causerà anche ripercussioni sull'evoluzione del rapporto personale tra i due? Per risolvere il rompicapo davanti al quale si trovano, i nostri due protagonisti si serviranno dell'aiuto di David, un ragazzino di 13 anni molto speciale.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un passo indietro.
 
Qualche settimana prima Beckett se ne stava seduta su una panchina del parco di fronte al tribunale con un giornale ignorato sulle gambe, ad osservare i bambini che intorno a lei giocavano nella luce fioca del mattino. Era ancora presto, ma quella piccola area felice dalle prime ore del giorno si riempiva di donne attempate in divisa azzurra con carrozzine e giovani universitarie con grosse sciarpe e un sacchetto per la merenda in mano che guardavano i bambini giocare fra di loro. Kate non andava spesso in quel posto per timore che la notassero e pensassero male della sua presenza. Quando era molto piccola sua madre, uscendo dal lavoro, la portava in quello stesso parco giochi, allora molto diverso. Erano passati quasi trent'anni da allora, Kate non era affatto una bambina e non era nemmeno una tata, né tantomeno la madre di nessuno di quei piccoli.
“In fondo, non faccio niente di male” pensò. Li guardava giocare e correre, vedeva le loro piccole guance arrossarsi, i loro visini spuntare furtivi da enormi cappotti, le loro manine raccogliere piccoli giochi nella sabbia e non riusciva ad ammettere a sé stessa che tutto questo le mancava. Sicuramente sentiva la mancanza di una persona al suo fianco, questo lo aveva ammesso e anche confessato. Ma un figlio suo era qualcosa a cui non riusciva neanche a pensare. Allora perchè se ne stava lì timorosa e imbarazzata come una ladra maldestra? No, lei voleva solo qualcuno che ci fosse per lei, lei ci sarebbe stata per lui e avrebbero potuto immergersi in una storia insieme. Con semplicità. Le venne in mente lo sguardo di Castle mentre lei gli apriva il suo cuore....o meglio...mentre gli confidava qual era la chiave per aprirlo, qual era il meccanismo segreto che le dava quella sicurezza e quella stabilità che sole le consentivano di sentirsi così protetta da potersi lasciare andare completamente e sentire that drive, that passion. Castle...già Castle...
Mentre era completamente distratta da questo pensiero sentì un rumore provenire dalla sua tasca.
“Beckett”.
Pochi attimi di silenzio.
“Ok, sto arrivando”.
 
Lungo il traggitto in macchina verso il distretto lasciò un messaggio a Castle in segreteria. “We have a body, call me back”. Sapeva che, non appena lui si fosse svegliato e avesse preso il cellulare in mano l'avrebbe richiamata. Quella telefonata infatti non si fece aspettare poi molto. Kate aveva appena posteggiato l'auto davanti all'ingresso principale del distretto quando il cellulare per poco non le cadde dalla tasca mentre si richiudeva la portiera della vettura alle spalle.
 
“Castle, mi ha chiamata Montgomery, no, no, non sono sul luogo del delitto, sì ok..ascolta, il capitano mi ha chiesto di passare in centrale, non so ancora nemmeno dov'è stato ritrovato il corpo. Sto entrando adesso, chiamami appena esci di casa, ti dico se raggiungermi qui.”
 
Kate era sempre molto stringata nelle sue comunicazioni e soprattutto odiava quando di prima mattina Castle le faceva perdere tempo con i suoi giochetti al telefono, specialmente se non aveva preso ancora un buon caffè. Non era il caso di quella mattina. Aveva bevuto un cappuccino al chiosco del parco ed era di buonumore (“per la vista di tutti quei bambini?” si chiese), ma il fatto che Montgomery l'avesse richiamata in centrale invece di darle l'indirizzo del luogo del delitto l'aveva messa in agitazione. Qualcosa non quadrava.
 
Castle nel frattempo si infilava la camicia che era appoggiata sul letto velocemente, facendo però attenzione a non stropicciarla. Non stava affatto dormendo quando Kate aveva chiamato ma non aveva sentito il cellulare perchè era in camera di Alexis. Cioè...tecnicamente più che nella camera era sulla porta della camera e...beh, la porta era chiusa. Non era tanto il fatto che Alexis non si fosse ancora alzata e non desse cenno di prepararsi per la scuola, cosa che onestamente era scesa all'ultimo posto nelle preoccupazioni dello scrittore quando a nove anni Alexis gli aveva detto che fino a 37 e mezzo non la si poteva considerare febbre ma solo febbricola e che perciò pretendeva di essere accompagnata a scuola per partecipare al progetto di scienze. No, non era la scuola che lo preoccupava, né la febbre. Erano piuttosto le voci, anzi, la voce, che aveva sentito provenire dalla sua stanza quando, in uno strano momento di amnesia, aveva dimenticato di avere la schiuma da barba nell'armadietto del suo bagno in camera ed era andato a cercarla nel bagno degli ospiti che stava dall'altra parte del corridoio subito dopo la camera della figlia.
“Richard cosa diavolo stai facendo?”
Una donna velata di porpora con una mascherina da notte tirata sopra la fronte e un paio di ciabatte piumate faceva capolino dalla porta di fronte. Martha prese il braccio del figlio e lo trascinò in camera sua. “Che succede, non ti fidi più di quella meravigliosa ragazza e hai deciso di farla sorvegliare da una pattuglia?” “ma no, mamma, cosa ti passa per la testa...è solo che sono un po' di giorni che vedo Alexis stanca e depressa. Pensavo che si trattasse degli esami, non che le abbiano mai fatto quest'effetto ma, ho creduto fosse un po' di ansia da penultimo anno. Ma gli esami erano due giorni fa e a quanto pare sono andati bene, ma Alexis è ancora giù”.
“Richard, dalle tempo. Tua figlia è un'adolescente in pieno subbuglio ormonale e…”
“Cosa?” Castle non diede neanche alla madre il tempo di finire la frase. L’idea di Alexis associata a quella degli ormoni produceva nella sua testa una miriade di immagini impossibili da sostenere anche solo per un secondo. Proprio in quell’istante sentirono la porta della stanza di Alexis richiudersi e si voltarono entrambi di scatto.
“Ciao papà, ciao nonna…io vado”. Alexis completamente vestita e con lo zaino in spalla fece per allontanarsi nel corridoio con un sorriso un po’ mesto.
“Hey, non vieni a fare colazione?” le domandò Castle visibilmente preoccupato.
“Prenderò qualcosa con Ashley”.
Il volto di Castle si fece così espressivo che Martha capì all’istante e lo fermò dal poter dire altro con un’occhiata.
 
 
 
Il solito percorso di Kate in ascensore si concluse con il quotidiano saluto con i suoi due “scagnozzi”, diventati oramai come una famiglia.
 
“Yo girl!” fece Esposito con il suo solito modo di parlare ammaliante. “Il capo ci sta aspettando”. “Dov'è Castle?” domandò Ryan con la faccia delusa. Gli ricordava uno dei bambini del parco di quella mattina pensò Kate, stessi capelli castani a spazzola, stesso broncio. “Buongiorno a te Ryan, non riesci a stare neanche un minuto senza il tuo fidanzatino?”. Solita ironia, per smorzare la tensione. “Ok, ho capito...andiamo” fece Ryan stringendosi nelle spalle. Non avrebbero aspettato Castle, Beckett lo avrebbe aggiornato lungo il tragitto, sembrava esserci una certa agitazione per il caso e la detective non voleva perdere tempo prezioso.
 
Entrarono nella stanza del Capitano Montgomery e si accorsero subito che non era da solo.
 
“Capitano”
“Detective Beckett, detective Ryan, Esposito, questa è la dott.ssa Sarah Felder.”
Una donna di mezza età con i capelli sul mogano, decisamente scossa, si alzò dalla sedia per stringere la mano ai poliziotti.
“La dott.ssa Felder è una psicologa e assistente sociale, è la direttrice del MoreSky, un istituto di riabilitazione e assistenza a bambini e adolescenti con disabilità plurime e disturbi dello sviluppo. La vittima era un suo collaboratore.”
 
“Ci dispiace molto per la sua perdita dott.ssa Felder.”.
In queste situazioni laciavano che fosse sempre Kate a parlare. Dentro la sua testa iniziava a farsi chiara la complessità della situazione, ma ancora non capiva il perché di quell’incontro preliminare.
La donna annuì chiudendo gli occhi ancora arrossati per le lacrime.
 
“Detective, quando stamattina è stato ritrovato…” la voce le tremava “quando è stato ritrovato il corpo di Daniel, dopo aver chiamato il 911, ho contattato un assistente del tribunale per informarmi su chi ricadesse la giurisdizione del caso e allora ho subito contattato il capitano Montogomery che con grande disponibilità mi è venuto incontro. La mia cooperativa non si occupa solo di disabilità, per anni io ho lavorato nella tutela minorile in un tribunale in New Jersey e so come vanno queste cose, sapevo che la prima cosa che sarebbe accaduta sarebbe stata un’invasione di poliziotti e tecnici nella mia struttura.” Non parlava con durezza, si poteva intendere che c’era un desiderio di equità e giustizia, ma anche un grande senso di protezione nelle sue parole. “Non potevo permetterlo, i bambini ne sarebbero stati sconvolti. Ma…” tirò un profondo respiro “…allo stesso tempo non voglio che qualsiasi situazione si possa verificare, questo possa essere d’intralcio alle vostre indagini. Per questo ho richiesto di vedervi. Volevo che conosceste la situazione in cui entrerete. Volevo prepararvi.”
Il capitano Montgomery intevenne. “Abbiamo mandato una squadra ridotta insieme alla dott.ssa Parish sul luogo del delitto, il cortile interno dell’istituto. Mi sono assicurato io stesso telefonicamente che mantengano l’area sterile e tengano i bambini il più lontano possibile”.
 
“Stiamo provvedendo a trasferirli in un’altra area della struttura.” Chiarì la donna “Per fortuna i dormitori sono al piano superiore, ma la mensa dovremo adattarla da un’altra parte.”
 
“è situata all’ingresso attiguo al cortile” disse Montgomery per spiegare ai detective.
 
“Vede Detective, lei è una giovane donna, potrà capirmi….ha figli?”
Ecco, ripensò lei, era una giornata particolare o cosa? Era quasi arrabbiata per quella domanda. Perché lei, una poliziotta giovane, con il corpo di una modella e una vita incasinata e senza un compagno per di più, avrebbe dovuto essere la candidata perfetta al premio “miglior mamma dell’anno?”
 
“Non ancora” Kate si scosse, non era stata la sua voce a parlare, ma quella dell’uomo di fronte a lei. Montgomery doveva aver avvertito il suo disagio. Lo guardò riconoscente.
 
La donna sembrò non essersi accorta di nulla. “A MoreSky vivono, alloggiano temporaneamente o trascorrono metà della loro giornata bambini e ragazzi speciali. Ognuno di loro rappresenta qualcosa per me, ognuno di loro combatte battaglie infinite dal giorno stesso in cui sono nati…”
 
Kate pensò a sua madre. Alla sua infanzia felice e si sentì quasi riscattata. Lei almeno quella l’aveva avuta. E si sentì improvvisamente triste. Mentre la donna continuava a raccontare e spiegare, la detective si rese conto di aver capito perfettamente la situazione e pensò anche che la Felder era stata molto molto brava a richiedere quell’incontro. Molti di quei ragazzi, anche adolescenti, avevano disabilità fisiche e un livello intellettivo basso, pari a quello anche di un bambino di due anni, molti non erano in grado di rispondere a domande poste, alcuni neanche di comprenderle.
 
“Ma sono bellissimi e molto dolci. Sanno fare davvero molte cose, disegni, lavoretti con tanti materiali diversi, recital a Natale e alla fine dell’anno…”
Il capitano Mongomery guardò la dott.ssa Felder, invitandola a proseguire. La donna comprese che era arrivato il momento di giungere all’elemento più importante.
“C’è un’altra cosa. Non ne siamo del tutto sicuri, ma è possibile che uno dei nostri bambini abbia involontariamente assistito alla scena dell’omicidio o ad eventi ad esso collegati.” Tirò fuori dalla borsa una fotografia e la porse a Beckett. “Si chiama David, ha 13 anni. È affetto da autismo”.
Kate guardò l’immagine di quel ragazzino sorridente vestito per Halloween. Come poteva essere un bambino così bello? Sembrava una foto ritagliata da un giornale, sembrava perfetto.
“Stamattina lo abbiamo trovato inghinocchiato nello stanzino degli attrezzi a piano terra, in pigiama. Non ha più detto una parola. Non parla molto neanche solitamente, ma abbiamo capito subito che è turbato da qualcosa.” Gli occhi della donna si riempirono di lacrime “…quei bambini sono tutti figli per me. Aiutarli è la mia missione. Detective, la prego, mi dica che non succederà nulla di brutto a nessuno di loro!”.
 
Kate alzò lo sguardo verso la donna e fece una cosa che raramente faceva in quelle occasioni. Le sorrise. Capì che quella donna ne aveva bisogno e anche a lei fece bene. “Dott.ssa Felder faremo il possibile perché il responsabile venga assegnato alla giustizia. Ci impegneremo senza risparmiare risorse. La prego, si fidi delle mie parole.”
 
Montogomery la guardò soddisfatto. “Se è tutto, dottoressa, le chiederei di accompagnare lei stessa i miei uomini all’istituto.” La donna annuì. “Ci rivedremo per sottoporla ad alcune domande nei prossimi giorni.”
 
Si congedarono. Mentre uscivano il capitano fermò Kate. Lei pensò subito che volesse dile qualcosa del caso. Lo guardò. “Beckett, dov’è Castle?”. Kate pensò di non aver mai avuto un’espressione più sorpresa in tutta la sua vita. “Lui sta…è …lui…lo passiamo a prendere andando in istituto signore.”. “Bene”. Ma insomma? Non riuscivano a stare più di cinque minuti senza di lui? Beckett era allibita. Il suo evidente coinvolgimento nei confronti di quell’uomo le impediva, come al solito, di comprendere le motivazioni reali di quella domanda.
 
Prese il telefono sulla scrivania. Trovò due chiamate di Castle e fece il suo numero.
 
“Ti piace farti attendere, eh detective?”
“Castle aspettaci. Tra venti minuti siamo da te. Ti aggiorno mentre andiamo”
 
Arrivati in strada Beckett comunicò velocemente ai due detective la deviazione. Ryan immediatamente prese dal braccio la psicologa e le disse “Dott.ssa Felder, se vuole seguirmi, prego da questa parte”, indicandole l’auto di servizio.
 
“Siamo dietro di te Beck” e anche Esposito sparì nella vettura.
 
Kate entrò nella sua macchina e guardò il sedile vuoto a fianco a sé.
 
Avrebbero avuto tempo per spiegarsi.
 
 

Angolo dell'autrice:

Carissimi lettori,
approfitto di questo piccolo spazio per un motivo molto semplice.

Vorrei ringraziare singolarmente tutti coloro che hanno recensito il prologo della mia prima fanfiction, che mi hanno riservato un'accoglienza calorosa e dedicato veramente dei bellissimi complimenti.

Sono dei ringraziamenti un po' particolari :)

il primo ringraziamento va ad advocat con la menzione speciale "My inspiratione to write". Senza di te questa ff non sarebbe mai stata scritta.

il secondo ringraziamento va a manurau che è stata in assoluto la prima persona a complimentarsi con me per la storia (chissà forse anche la prima a leggerla) nella pagina facebook Richard Castle- Detective fra le righe amministrata da V&G. Manurau sei davvero dolcissima,

il terzo ringraziamento va a tatabond93 che è stata la prima a recensire la ff. Che emozione leggere la prima recensione!

il quarto ringraziamento va a kateRina24 con la menzione speciale "Author who first stole my heart" (l'autrice che per prima mi ha rubato il cuore). la tua ff "Delirio" è stata una delle cose che mi hanno fatto tornare la voglia di scrivere.

Di seguito ringrazio:

Berenike per il suo messaggio di benvenuto
cutuletta per avermi (addirittura!) chiamata musa
francy091 per il suo complimento "un inizio col botto"
Luli87 per aver detto che è un piacere leggere la mia ff dalla prima riga
Luna Renesmee Lilian Cullen per la sua calorosa accoglienza


Grazie di cuore a tutti. Non scherzo, scrivere non era mai stato così piacevole fin ad ora.


Tersicore150187
  
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