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Autore: Rocket Girl    10/05/2011    1 recensioni
Iniziai a scappare.
Fuggivo da quell’incubo.
Evadevo dalla mia realtà, che non distinguevo più.
Cercavo me stessa e la mia vita, lontano da ciò che ero.
Pregavo perché esistesse qualcuno sopra di me.
Impetravo perché mi sbagliassi tremendamente.

L'intero mondo distingue ogni singola persona fra i folli e i retti.
I folli fra gli psicopatici e gli anticonformisti.
Il problema è che, a volte, la linea fra malattia mentale e la semplice voglia di apparire e scandalizzare si fa talmente sottile da dubitare che esista.
Il problema è che, a volte, le differenze si riducono al nulla.
Genere: Dark, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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C’era un foglio su un tavolo marmoreo e nero, la cui lucidità brillava dell’argento della luna. Non un granello di polvere sporcava quello che sembrava la pura oscurità incarnata in una superficie d’ebano, né tantomeno il foglio deturpava l’inquietudine che quella figura affilata nei suoi contorni sprigionava tutt’attorno a sé: sembrava uscire dalla fantasia di uno scrittore decadente sotto i fiumi della fata verde, ed in effetti la personalità che lo possedeva non era di gran lunga differente, tant’era vero che le pareti circostanti erano solcate da pugnalate rosso sangue, l’intonaco a macchie cadeva sul pavimento lurido e v’erano strani simboli mai scritti prima, e al posto di sedie che teoricamente avrebbero dovuto seguire l’oscura armonia del tavolo, v’erano pezzi d’acciaio incrostati di qualcosa di un non ben definito color bluastro. Uno strano occhio tuttavia impediva di focalizzare lo sguardo sui dettagli di quella camera che – per quanto ne avremmo potuto sapere – avrebbe potuto emanare anche fumi radioattivi, e lo sguardo era fisso su quel foglio sgualcito, su cui la grafia era piuttosto  arabeggiante, con ghirigori improvvisati ed una calcata inclinazione verso sinistra. Le linee erano sottili, e fra una lettera e l’altra talvolta c’erano macchie d’inchiostro dovute forse alla fretta, o ad una pausa riflessiva. All’inizio la grafia era incerta, mutevole, quasi lo scrittore fosse incerto di ciò che scrivesse, poi sembrava aver trovato la sicurezza e la decisione che gli mancava, e verso la fine era addirittura incisivo, quasi volesse risaltare i propri pensieri su carta; il che era buffo, perché il legame sarebbe stato meglio spiegato con un poeta melanconico che con un ragazzino con manie sadiche. E tuttavia, spesso son quelli che sembrano più prevedibili a sorprendere…
Probabilmente quel che scriverò rimarrà come cenere nelle sporche fogne di una città sovrappopolata e a bagno nelle tossine d’ogni genere. Cremerò questo pezzo pulsante e fin troppo scoperto dell’animo di una persona che non dovrebbe averne, che l’ha evidentemente ucciso per comportarsi in una maniera tanto bestiale. È orribile la coscienza di chi essenzialmente non ne ha, e bizzarra: non esiste persona vivente che non rifletta prima o poi alle sue azioni, anche se lo nasconde o comunque sopprime quell’acido che corrode la sua candida e perfetta bolla di felicità. Invece quelli come lui, i reietti, sono coscienti dal primo all’ultimo istante delle proprie azioni, ed istintivamente si domandano in quella frazione di tempo se le proprie azioni siano o meno giuste, ma è troppo il rancore verso l’umanità e se stessi per poter razionalizzare. In questo momento mi sento come in un incubo nero, sono in questa stanza umidiccia e una puzza ferrosa arriva al mio olfatto, mentre ogni tanto sento delle gocce cadere su un lembo di pelle scoperto. Urlerei, se avessi voce, e scapperei se non fossi estremamente fiacco e pigro. Mi sembra d’essere in una delle bare che scommetto molti mi ci vedrebbero riposare. Forse una volta o l’altra ne ruberò uno – perché i cadaveri dovrebbero marcire fra velluto e legno? – e mi sveglierò senza qualche fastidiosa sensazione umidiccia o altro. Forse aprirò qualche tomba e nel bisogno mi ci rinchiuderò; sarebbe divertente vedere la confusione del popolino scandalizzato e il piacere soppresso dei sadici atteggiati a santi. Magari un giorno o l’altro trafugherò bara e cadavere. Di un bambino.
Invecchiare mi fa ribrezzo. Penso non ci sia cosa peggiore; la pelle diventa grigia e si diventa pressappoco del colore della polvere, quasi a ricordare la fine che di lì a breve si farà – solo gli occhi rimangono del loro originario colore, se non si va troppo oltre. Altrimenti anche quelli sono andati.
Gli occhi. Gli occhi di lei. occhi di smeraldo, occhi caldi come raggi solari, puri. Occhi mai invecchiati. Occhi macchiati dalla vergogna.
Quant’è la differenza fra la purezza e l’ipocrisia? Qual è la differenza fra bene e male?
Ci si chiede tante cose che alla fine non hanno risultati. Sapere una qualche teoria pseudofilosofica non porta ad alcunché. La mente non è altro che un’unione di logiche varie e pure contrastanti, scelte a caso fra i milioni di tipi. C’è chi dice che ognuno sia diverso e speciale per una qualche lucetta interiore chiamata anima – che poi mi domando cosa sia, energia pura? E come mai quando si sfiora il fuoco o l’elettricità ci si fa del male e con questa anima ci si convive? – e questa cosa sarebbe la spiegazione per la personalità e il carattere di ogni individuo.
Nella mia testa ho il paradiso e l’inferno,tutt’e due lottano a sangue per ottenere la supremazia sul mio agire, e mentre loro urlano e sbraitano, io decido per me. È che a volte vorrei davvero essere compito ed omologato, un credentuccio tutto casa e chiesa con una vita ordinaria e dedita al nulla.
A volte invece vorrei star lì, guardare dall’alto il mondo intero  e sotto lo sguardo di tutti far qualcosa per cui esser ricordato fino all’apocalisse – ossia fino alla nascita della prossima bugia mondiale. Ovviamente il ricordo sarebbe incrementato dalla mia morte istantanea. Un dramma. Una tragicommedia in cui mi vergognerei, fossi il protagonista.
Forse.
Forse no.
È che trovo il mondo terribilmente sciatto, e cerco di distruggerne i dettagli più impercettibili per arrivare alle fondamenta. Un mondo che essenzialmente di fondamenta non ne ha. Forse è questo il problema.
Forse io sono il problema.
Guardatelo, lo schizofrenico ragazzino pluriomicida illuso di poter sconvolgere il mondo!
Anche se effettivamente anche una formica è capace di sconvolgere certuni.
Certe volte penso che una formica possa essere più grande di me. Quegli occhi neri m’attraggono tanto che potrei rimaner ore a guardarle.
Forse tanto formiche non sono.
Non riesco a concluder
Devo iniziar a pensare di scrivere un pezzo coerente, esauriente e minimamente intellegibile.
Meglio dovrei. Ok, ora bas ci proverò.
Chi sono? Neanche io lo so. Un misto di qualche decina di persone del tutto differenti fra loro. Penso abbia una personalità tanto frammentata da esser polvere. La cosa divertente è che comunicano fra loro, e battibeccano. Il tutto nella mia mente.
Sono la feccia più bella e pura che esista. Affetto da sadismo e chissà che altro, in realtà non m’importa molto ciò che un serioso uomo con un posto del mondo direbbe di me. Neanche una donna. Forse neanche me stesso.
Riproviamo.
Sono nato mentre ci si scioglieva dal caldo, e silenzioso come una vipera cresciuto succhiando le linfe vitali a chi tentava di farmi crescer bene. Che poi, non mi dispiace affatto come sia. Sarò l’unico?
Essenzialmente soffro parecchio le temperature, quindi potrei liquefarmi nel sudore in una tempesta di neve e morire per congelamento in piena estate, fra le sabbie infuocate di un deserto.
Sono patologicamente bugiardo, han detto. Io continuo a credere che la loro visione della realtà sia distorta.
Di me han detto tante cose, che ho la nausea. Tutte queste definizioni, questo voler etichettare ogni filone… ha davvero un senso? Porta a qualcosa?
Penso principalmente il problema stia in come cresciamo. Io ho avuto troppi dogmi sociali, sono stato infagottato come un tossico di acidi ed ideologiche polverine che, sul limite dell’overdose, ho deciso di disintossicarmi e diventare un qualcosa di puro. Forse non sarà politicamente corretto, ma è effettivamente ciò che accade. Son diventato un ribelle soppresso che agiva nelle norme sociali pensando l’opposto di ciò che sorrideva ed amando ciò che condannava. Non la chiamerei ipocrisia, piuttosto mi dicevano fossi troppo giovane per dire il mio pensiero, ed io ci credevo ed agivo come tale.
Io sono oggi ciò che altri hanno fatto di me.
Voglio precisare che non è la mia una sorta di vendetta contro un’infanzia oppressiva, o qualche istituzione divina contro cui vado per risaltare. Non c’è nulla di divino, se non la mente che riesce ad astrarsi dai luoghi comuni e raggiungere un legame profondo con le proprie convinzioni.
Io uccido.
Uccido perché mi fa sentire vivo.
Uccido perché amo il cannibalismo.
Uccido perché trovo giusto gli altri soffrano.
Uccido per ripulire l’umanità.
Uccido perché sono dio.”
 
  
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