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Autore: tomlinsoulmate    11/05/2011    4 recensioni
Respirò a pieni polmoni l'aria fredda di quella sera stellata d'inizio gennaio e, stringendosi all'interno della felpa, alzò lo sguardo verso l'immensa distesa blu; lo faceva spesso e, in quel modo, in un certo senso, sentiva di essere più vicino a quello che non c'era più. "Dimmi un po', che stella sei?", sussurrò lievemente, sperando in una risposta che, in cuor suo sapeva, non sarebbe mai arrivata. Sentiva che il dolore che gli attanagliava lo stomaco era lo stesso; lo stesso che lo colpì improvvisamente quel pomeriggio.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dimmi un po' che stella sei






"E per noi è così, ti parliamo anche se tu non sei qui.

Dimmi un po' che stella sei e ti cercherò nei giorni bui.
Fianco a fianco siamo già, rivivendo la tua età.
e uno schianto verso il blu,
verso un mondo che non c'è quaggiù.
Non lasciare la mia mano ancora, tu"
*Nek - Fianco a fianco.






"Vale, amore aiutami qui, non so dove mettere le mani in questo cassetto, è pieno e strapieno di fogli", la mora lo guardò indicando, con un movimento del capo, il mobile in questione. "Bimba lascia stare, quello lo sistemo io. Vai ad aiutare Julia così guadagnamo un po' di tempo", disse Valerio sorridendo ed esortando la ragazza a raggiungere la stanza adiacente; in un primo momento, Alice mosse qualche passo verso la porta, ma, subito dopo, tornò ad incrociare il suo sguardo con quello del ricciolo; sorrise imbarazzata appoggiando delicatamente la mano destra sulla guancia del ragazzo.
"Sarà tutto perfetto, vero?", chiese abbassando lo sguardo.
"Certo bimba, tutto quanto; - disse stringendola lievemente a sè - e ora vai, c'è ancora tanto lavoro da fare", concluse, infine, baciandole la fronte.
Rimasto solo, il suo sguardo si posò sul cassetto indicatogli, poco prima, dalla ragazza e, avvicinandosi, si accorse che aveva ragione; in quel piccolo angolo erano racchiusi tutti i suoi più cari ricordi e, nonostante, alcuni di questi, fossero solo dei semplici pezzi di carta, liberarsene non era umanamente possibile. Trovare uno scatolone in una stanza pressochè deserta risultò piuttosto semplice, tant'è che, avviandosi verso la libreria ancora integra, ne afferrò uno abbandonato proprio lì accanto; appoggiando il cartone quadrato sul bordo del letto, con estrema precisione, cominciò a svuotarvici l'intero contenuto del cassetto. Quando, spostando l'ultima pila di fogli accartocciati, qualcosa cadde ai suoi piedi, il suo sguardo si posò inevitabilmente sul pavimento; il respiro gli si fermò in gola quando si accorse di che cosa effettivamente si trattasse: una foto, piccola e semplice. Se la rigirò tra le mani che, in quel momento, avevano preso a tremare in modo piuttosto evidente.




- Perchè un amico è qualcosa che non muore mai.

Gennaio 2008. Per sempre, Vale.
With love, Sofy -




Il viso allegro e solare della ragazzina impressa accanto a lui in quella foto lo fece sorridere tristemente mentre, qualcosa di tremendamente familiare, scivolò dalla sua guancia fino a scagliarsi violentemente sulla superficie lucida dell'immagine; non doveva piangere, se l'era ripetuto parecchie volte in quei due anni, ma, ogni volta che il minimo ricordo tornava a prendere posto nei suoi pensieri, la malinconia spazzava via quel briciolo di forza di volontà e, le lacrime, vincevano senza problemi.
Un leggero soffio di vento fece aprire lentamente la porta finestra della stanza e così, senza esitare, Valerio decise di uscire sul piccolo balcone; respirò a pieni polmoni l'aria fredda di quella sera stellata d'inizio gennaio e, stringendosi all'interno della felpa, alzò lo sguardo verso l'immensa distesa blu; lo faceva spesso, in quel modo, in un certo senso, sentiva di essere più vicino a quello che non c'era più. "Dimmi un po' che stella sei?", sussurrò lievemente, sperando in una risposta che, in cuor suo sapeva, non sarebbe mai arrivata.
Sentiva che il dolore che gli attanagliava lo stomaco era lo stesso; lo stesso che lo colpì improvvisamente quel pomeriggio.




...




Il telefono squillò ripetutamente sul comodino accanto al letto e, con una mossa tutt'altro che agile, lo afferrai e risposi senza sapere l'identità del mio interlocutore.
"Vale corri, corri subito in ospedale, So..Sofy non sta bene, ti prego corri", il tono disperato con cui Alice, la mia ragazza, m'implorava di raggiungerla, mi fece preoccupare all'istante.
"Amore sì, arrivo subito", dissi chiudendo la chiamata.
Mi vestii velocemente e, in meno di mezz'ora, riuscii a raggiungere l'ospedale. Parcheggiai l'auto poco distante dall'entrata principale e mi precipitai su per le scale; la figura disperata di Alice mi si scagliò contro appena messo piede all'interno della piccola sala d'attesa e, correndo verso di lei, la abbracciai senza pensarci.
"Piccola, So..Sofy dov'è?", chiesi osservandola; scosse la testa in segno di disapprovazione.
"Vale io, io non lo so. E' chiusa in quella stanza da un'ora e i medici non dicono niente", rispose lei abbracciandomi nuovamente. Non potevo neanche pensare di non avere notizie riguardo lo stato di salute della mia migliore amica così, mi guardai intorno alla ricerca di un qualsiasi infermiere, di una qualsiasi persona che fosse stata in grado di darmi una risposta.
"Bimba aspetta qui, vado a cercare qualcuno", dissi facendola sedere. In quello stesso momento un uomo brizzolato uscì da una delle tante stanze posizionate ai lati del lungo corridoio; lo bloccai fermandolo per un braccio.
"Lei è un parente della signorina Sofia?", chiese voltandosi.
"Sono un amico", dissi con tono deciso.
"Mi dispiace, ma se non è un parente non sono autorizzato a dare informazioni", rispose andandosene.
"Mi ascolti, non ha nessuno a parte me, è sola capisce? Ed ora, la prego, mi dica come sta", dissi tutto d'un fiato; l'uomo si voltò di nuovo e sul suo viso lessi qualcosa che non faceva presagire nulla di buono.
"Mi segua", disse avvicinandosi ad una finestra. Feci quello che mi aveva detto.
"E' proprio sicuro di volerlo sapere?", chiese aprendo la cartelletta verde che teneva tra le mani; annuii senza esitazioni.
"La sua amica soffre di una rara e genetica malformazione cardiaca. Possiamo solo aspettare, mi dispiace", disse appoggiando una mano sulla mia spalla. "Po..Posso vederla?", chiesi sotto shock; il medico annui per allontanarsi poco dopo.

Per infiniti attimi fissai la porta della sua camera, incapace di compiere alcun movimento, ma, spinto dall'esigenza di vederla, decisi di appoggiare la mano sulla maniglia. Entrando, la trovai con il viso rivolto verso la finestra, respirava piano mentre alcune lacrime solcavano le sue guance; mi chiusi la porta alle spalle e, in una frazione di secondo, i suoi occhi erano già incastrati nei miei. Abbassai lo sguardo.
"Perchè non me l'hai detto?", sussurrai affranto dal dolore.
"Non sarebbe cambiato niente Vale", disse sussurrando a sua volta.
"Sarebbe stato tutto diverso però", dissi alzando il viso verso di lei.
"Mi dispiace Vale, credimi, mi dispiace. Ho avuto paura, tanta paura che non saresti stato in grado di sopportare un dolore del genere, avrei fatto qualunque cosa per evitarti tutto questo", disse secca. Gli occhi di entrambi cominciarono ad inumidirsi di lacrime; mi avvicinai al suo letto e la strinsi forte a me.

"Non voglio pensarci, voglio godermi questi ultimi attimi in completa serenità e voglio che anche tu lo faccia insieme a me", disse stringendo la mia mano destra.
"Quanto sei forte mia piccola Sofy, lo sei sempre stata e, anche adesso, lo sei", dissi baciandole la fronte.
"Devo esserlo, devo. Per te, per Alis, per la mia piccola Julia", disse osservando la culla accanto al letto in cui la sua creatura dormiva beatamente.





...




Gli occhi del ragazzo si strizzarono velocemente per poi riaprirsi un attimo dopo. Il dolore era tanto, decisamente troppo forte; si accorse di ricordare tutto alla perfezione. Gli ultimi mesi di Sofia furono un inferno, ma, alla sua amica, sembrava non importare, "Se ho voi accanto sento di poter superare qualsiasi cosa", ripeteva in continuazione. Ricordava perfettamente le intere giornate passate in quell'asettica stanza d'ospedale, il suo sorriso e la forza che, nonostante tutto, riusciva a trasmettere in ogni occasione. Ricordava ogni singolo attimo, anche quello in cui riuscì a scorgere i suoi occhi per l'ultima volta.




...




"Vale prendi Julia, portala qui", mi disse indicando la culla all'interno della quale la bimba cominciava a piagnuccolare. Presi la piccola tra le braccia; si calmò all'istante. "Le piaci, guarda come è tranquilla adesso", disse osservando entrambi. Seguì un attimo di silenzio durante il quale osservai la creatura che tenevo tra le braccia. "Sarà al sicuro con te", disse sorridendo lievemente; in un primo momento quella sua affermazione mi spaventò, ma, bastò sentire le minuscole manine di Julia a contatto con il viso, per spazzare via ogni paura. "Avrò cura di lei, sempre. Sofy è una promessa", dissi senza pensarci due volte.
Alzai il viso verso di lei e, avvicinandomi al letto, mi accorsi che teneva gli occhi chiusi; le lacrime arrivarono presto. Appoggiai il palmo della mano sulla sua fronte fredda. "E' una promessa Sofy", sussurrai prima di sfiorare il suo viso e lasciare un bacio sulla sua guancia. Se n'era andata, sul serio.




...




"Lillo?", la voce squillante della piccola richiamò Valerio che, prontamente, si voltò verso l'interno della stanza.
"Piccola che c'è?", chiese dolcemente avvicinandosi ed abbassandosi all'altezza del suo viso; la bimba gli indicò la porta sorridendo poco dopo.
"Dì ad Alice che sono da lei fra due minuti", disse scompigliandole i capelli. Julia allungò le braccia verso la figura del ricciolo.
"Vieni qui piccola peste", disse prendendola fra le braccia; la piccola guardò intensamente il ragazzo per poi concentrarsi sulla foto che teneva tra le mani.
"E' mamma quetta?", chiese guardandolo nuovamente con i suoi enormi occhi verdi.
"Sì, piccola, questa è la tua mamma", disse Valerio mostrandole per bene l'immagine.
"Ma dov'è mamma?", chiese nuovamente. Il ragazzo la portò sul balcone e, con un dito, indicò il cielo stellato. "La tua mamma è lassù. La vedi quella stella grande e luminosa?", chiese osservandola; Julia annnuì prontamente. "Ecco, la tua mamma ti guarda da quella stella", disse concludendo.
"Mi vuole bene lo stesso anche se è nel cielo?", chiese allungando il braccino verso la ringhiera del balcone.
"Te ne vuole tanto piccola, tantissimo e tu non devi mai dimenticarlo. La tua mamma è sempre con te, sempre", disse lui stringendola nuovamente; e alzando simultaneamente gli occhi in direzione dell'immensa distesa blu, i due, si accorsero che quell'enorme stella s'illuminò momentaneamente.
"Anche io voglio bene alla mamma, le voglio bene tanto così", disse Julia allargando le braccia.







Note dell'autrice:
Capisco che non sia proprio un orario normale per pubblicare qualcosa, ma se in futuro dovessi decidere di farlo nuovamente, beh, dovrete abituarvici perchè io scrivo e pubblico solo ed esclusivamente di notte xD
Beh, detto questo, vorrei ringraziare chiunque, a suo rischio e pericolo, ha deciso d'immergersi  in questa mia piccola storia; so che l'argomento non è proprio semplice e tranquillo, è una tematica piuttosto delicata, ma spero comunque che, in un modo o nell'altro, attraverso le mie parole siate riusciti a percepire almeno la metà dell'emozione che, io stessa, ho sentito durante l'ideazione e la stesura di tutto questo.
Dato che è la prima storia che pubblico qui mi farebbe davvero piacere se, oltre a leggerla, mi lasciaste una piccola, piccolissima recensione, di qualunque natura essa sia; le critiche sono sempre ben accette, purchè siano costruttive ;D
Mi eclisso và, e grazie ancora :*

Martì.








  
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