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Autore: Payton_    11/05/2011    7 recensioni
«Stringimi e aiutami ad avere nuovi ricordi felici» concluse, lasciandosi andare nel mare di sentimenti che iniziavano a scaldargli il petto.
Occhi negli occhi, respiri nei respiri, non c’erano mostri, ma solo due uomini innamorati. Innamorati di un ricordo ammuffito che tornava ad essere vivo.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Piccola, fluffuosa wolfstar in attesa di giudizio al contest 'Perché Wolfstar è meglio' di ClaireTheSnitch.

Spero possa piacervi.

Payton

Occhi negli occhi, respiri nei respiri

 

«Si sono presi i nostri ricordi felici. Li hanno mangiati tutti» disse Sirius con disperazione, senza voltarsi.

«Non è colpa tua».

Non erano mai stati soli in quella stanza. Remus non l’aveva mai vista prima, ma anche senza la targhetta sulla porta, il marchio di Sirius era inconfondibile. A Grimmauld Place, Grifondoro poteva capeggiare solo nella sua vecchia stanza.

«Me ne servono di nuovi».

Erano due uomini sciupati, quelli che respiravano la stessa aria malsana della dimora decaduta dei Nobilissimi Black.

La fuga di Sirius era finita, era nuovamente in cella, rinchiuso nella prima prigione che l’avesse mai ospitato. Remus osservava dall’uscio il corpo smunto seduto sul vecchio letto, le spalle ricurve e la flebile luce che superava le spesse tende ad illuminare un volto che, nonostante non riuscisse a vedere, sapeva essere contratto in una smorfia di dolore.

Non era stato facile perdonarsi davvero; perdonare se stessi. Erano stati lontani un anno, da quando Remus aveva scoperto la verità. Da quando aveva iniziato ad odiarsi nel profondo.

Guardare in faccia Sirius significava vedere i proprio errori, faceva male e soprattutto faceva schifo, ma c’era un’altra guerra da combattere, altri morti da piangere. Non c’era tempo che poteva essere sprecato, lo sapevano per esperienza.

Lo scricchiolio dei passi di Remus sul vecchio pavimento, consumato dal tempo e dall’abbandono, avvertì Sirius del suo spostamento, che non alzò lo sguardo, continuando ad osservare i suoi stessi piedi e la polvere stantia. Remus coprì la luce del sole lasciandolo in un buio rassicurante, prima di poggiarsi su un ginocchio e gettarlo ancora in pasto alla luce inquisitrice.

«Mi sono permesso di conservare i nostri ricordi al tuo posto» sussurrò Remus, carezzando i capelli di Sirius e scostandoli dal suo viso. Aveva bisogno di perdersi in quel grigio che amava e che gli mancava da maledetti.

Sirius alzò lo sguardo di scatto, trovandosi faccia a faccia con la sua gioia e il suo dolore.

«Ti stupisce, Pad?» chiese Remus, un sorriso malinconico sul volto.

«No. No, mi rende felice. Felice come ricordavo di poter essere».

Remus sorrise a quell’affermazione, poggiando la fronte contro quella di Sirius.

Occhi negli occhi, respiri nei respiri, non avevano bisogno di nient’altro. Solo di loro e di quel sentimento che sapeva di vecchi ricordi e di nuovo. Non era un silenzio imbarazzante quello che avvolgeva la stanza, era denso e assordante, pieno e profondo.

«Sono nuovamente in gabbia, Moony» disse Sirius con rammarico, staccando la fronte da quella di Remus per poterlo guardare; per perdersi nelle sue cicatrici, nella sua barba, nella sua pelle dal pallore quasi malsano.

«Sono io il tuo carceriere, adesso. Solo io» esclamò con decisione Remus.

«Ma io saprò renderti felice? Saprò ancora esserlo?».

Quelle domande, Sirius le pose a se stesso più che a Remus. Dopo aver passato dodici anni nell’infelicità, non era sicuro di sapere ancora cosa fosse la felicità. Quella vera, autentica, che in passato Remus aveva saputo donargli.

«Questo Dissennatore si nutre della tua felicità, ma vuole che anche tu ti nutra della sua».

A quell’affermazione, Sirius sentì il cuore perdere un battito, e poi guadagnarne due, tre, quattro. Il suo cuore batteva per delle emozioni, non solo per spostare il sangue lungo le vene. Batteva emozioni che la sua mente faticava a ricordare.

Il volto di Remus fu segnato da un sorriso caldo e sincero, mentre allargava le braccia per stringere Sirius. «Vieni qui» bisbigliò, e Sirius si gettò subito contro quel corpo amato, cadendo in ginocchio davanti lui.

Erano nuovamente insieme, nessuno dei due aveva nemmeno osato sperarlo. Due uomini allo sbando, che il ricordo dell’amore aveva atteso nel buio di una stanza impolverata, chiuso in una cornice d’argento.

L’unica foto magica presente nella stanza ritraeva due ragazzi che, guancia a guancia, salutavano sorridenti chi stava dietro l’obiettivo. Era una fotografia rovinata, ingiallita, ma guardandola bene si poteva notare tutta la sua bellezza. Sul retro, nascosta alla vista di chi non sapeva, una scritta sigillava un sentimento eterno: ‘Siamo io e te, sempre’

«Sai quale è il ricordo più felice che porto nel cuore?» chiese Remus, mentre osservava quella vecchia fotografia da sopra la spalla di Sirius. «Un ragazzino strafottente che bacia le mie cicatrici e mi fa dimenticare d’essere un mostro».

Se Sirius aveva davvero scordato cosa fosse la felicità, era fino a prima di sentire quelle parole. Prima di ritrovare Remus, di abbracciarlo e sentire il suo odore. Prima di assaggiare nuovamente l’amore.

Anche lui, tra le braccia di Remus, non si sentiva più il mostro che tutti credevano che fosse. L’assassino del suo migliore amico che s’era quasi convinto d’essere.

«Stringimi, Remus, stringimi forte e non smettere mai di farlo. Stringimi, e fammi dimenticare d’essere considerato un mostro» sussurrò, aggrappato alle spalle della sua unica, ritrovata, certezza.

«Stringimi e aiutami ad avere nuovi ricordi felici» concluse, lasciandosi andare nel mare di sentimenti che iniziavano a scaldargli il petto.

Occhi negli occhi, respiri nei respiri, non c’erano mostri, ma solo due uomini innamorati. Innamorati di un ricordo ammuffito che tornava ad essere vivo.

«Siamo io e te, Sirius. Sempre» sussurrò Remus, lasciando che vecchie promesse si perdessero nel silenzio di un nuovo inizio che sapeva di riscatto e d’amore.

 

 

 

 


   
 
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