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Autore: aliciamaria    13/05/2011    1 recensioni
In questa storia la protagonista è "una me" molto più coraggiosa e perfetta, sempre sicura di se, con i suoi lati deboli, ma che riesce a conquistare tutto e tutti. E' ambientata in quelli che sono i luoghi comuni dei mie coetanei. Tra scuola, primi amori, tra ragazzi "socialmente attivi", che lottano da soli in definitiva solo per sentirsi più grandi. --
In quella frazione di secondo li squadrai dalla testa ai piedi con una certa alterigia tipica del mio carattere.
Il primo alto nella media, una viso perfetto, occhi profondi e ammalianti (oserei dire seducenti), un'aria da ragazzo che si sente superiore e ciò lo rende antipatico.
L'altro alto, magrolino, capelli ricci chiari, occhi intelligenti e accesi, tutto il contrario del corpo di cui facevano parte. Risposi con un sorriso e con uno sguardo altrettanto profondo ad entrambe e tesi la mano, anche se già sapevo chi erano quei due.
I miei acerrimi nemici, i preferiti in assoluto, li conoscevo di fama. Il primo rispose all'occhiata e sostenni il suo sguardo per come si deve.
«Marco» e mi strinse la mano.
Guardai l'altro sempre con la mano tesa, sorridendo un po' spacciata.
«Claudio». --
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buona lettura.

 

Secondo Capitolo

Arrivata a casa accesi il computer e passai su Facebook per vedere se il mio ex era in linea.

Subito mi tempestarono almeno venti ragazzi in chat.

"Dovrei fare una pulizia di persone, troppi 'amici'."

-Almeno potevo essere io il primo a cui potevi dirlo... È stata avvisata tutta la scuola, il giornalino e quelli là hanno pure festeggiato. Mi spieghi che ti è preso?-

Cominciai a scrivere veloce, senza badare più di tanto alle parole da usare.

-Non ho nulla contro di te, sai che non approvo i tuoi metodi.- inviai e abbassai la finestra.

Rilessi il discorso che stavo preparando ad Alice per la sua candidatura come rappresentante di classe e poi mi misi a studiare.

La mia fortuna era di sapermela cavare con le parole perché per il resto studiavo poco e niente.

Non riuscivo a pensare ad altro. Queste elezioni mi stavano prendendo troppo.

Mi vibrò il cellulare in tasca.

-Ciao, sono Marco segnati il numero (: -

"OK, ma non ti rispondo mio caro! Ho capito che ci stai provando con me, ma la fama precede le persone nel bene o nel male, e tu sei un donnaiolo, e io non ci casco".

Guardai il mio cellulare e lo misi da parte.

Sorrisi da sola pensando a quante volte la mia migliore amica mi avesse ripetuto di stare alla larga da questa categoria di ragazzi.

Decisi di organizzare per la sera.

-Aperitivo al solito posto?-

Ricevute le risposte, scesi a prendere il motore.

 

«C’è una festa, diciott’anni penso» disse Andrea.

«Ci mancava, comunque ho prenotato».

Entrammo tutti, verso metà serata uscii a prendere una boccata d'aria fuori.

Mi appoggiai ad un muro e chiusi gli occhi.

Sentii avvicinare qualcuno e convinta che fosse un mio amico dissi «Voglio stare un po' in pace, entro tra un minuto».

La persona che avevo accanto sorrise, anche se avevo gli occhi chiusi ne fui sicura.

Sentii il suo respiro vicino a me.

Una folata di vento mi porto il suo profumo, familiare ma sopratutto maschile.

Un leggero odore di frutta mi invase.

Rimasi qualche secondo ad assaporare quella flagranza che doveva sicuramente provenire da una boccettina molto costosa e poi aprii gli occhi.

La persona che mi ritrovai davanti mi lasciò senza parole.

«Che ci fai qua?» dicemmo contemporaneamente.

Marco sorrise «prima tu».

«È il mio locale preferito, volevo distrarmi dal peso dell'elezioni, tu?»

«Mi hanno invitato a una festa, stai tranquilla, tanto vinciamo.» mi fece sorridere la sicurezza di quel ragazzo.

Era difficile per me ritrovarmi senza parole, avevo sempre qualcosa da dire.

Ero in imbarazzo, chiusi gli occhi pensando alla prossima mossa.

Si mise accanto a me nella mia stessa posizione.

«Mi ha stufato questa festa, che ne pensi di fare un giro in moto?»

Sorrisi, era una cosa assurda.

«Ok, entro un secondo. Togli le catene».

Arrivai dentro e mi avvicinai alla mia migliore amica «Roby, sto andando a fare un giro con Marco. Se non sono di ritorno tra un'ora chiamami.»

Il suo sguardo mi rispose con un po' di inquietudine, ma la rassicurai con un sorriso.

Salutai tutti sommariamente e aprii la porta.

Mi guardai a destra e a sinistra alla ricerca di un qualche motorino anonimo.

Non avevo idea di che genere di veicolo fosse di sua proprietà.

Feci un'altro passo avanti e sentii rombare un'Aprilia davanti a me.

Mi misi per aspettare un po', quando quel centauro si voltò togliendosi il casco.

La mia reazione fu del tutto naturale, spalancai la bocca e mi avvicinai.

«Bella moto» riuscii a dire, misi il mio casco e saltai dietro.

"Troppo sportiva però, sono costretta a dovermi tenere a lui" cercai qualche maniglia ma non c'era nulla.

Sapevo che lui stava godendo di questa mia indecisione.

Alla fine partì e mi attaccai a lui.

Era mezzanotte passata e la città era quasi del tutto deserta.

Con quel bestione che superava i 220 km/h ero seriamente preoccupata.

Non sapevo neanche la destinazione.

«Dove andiamo?» gridai.

Vidi che sorrise, lo specchietto era abbastanza grande per inquadrare il suo sguardo.

Sapevo che anche lui vedeva il mio volto, e non mi soffermai troppo.

«Non so, dove vuoi andare?»

Ci pensai un po' «In spiaggia».

Fece una curva strettissima e mi sentii spingere verso di lui.

 

"Finalmente siamo arrivati" a me piacevano tantissimo le moto e non era stata una brutta esperienza ma non l'avrei mai ammesso.

Mi tolsi le scarpe e le presi in mano.

Un paio di scarpe classiche con il tacco, anatomiche per stare più comoda e ovviamente blu come la giacca di pelle.

Lui aveva delle converse nere abbastanza usate che accompagnate da un giubbotto a doppio petto nero e un taglio di capelli alla Edward Callen, gli davano quell'aria accattivante.

Per come era quella sera gli avrei dato molto di più dei suoi 18 anni.

Ero andata avanti e mi ero girata sorridendo.

Tanto per dovermi distinguere sempre facendo una brutta figura, presi l'unica pietra della spiaggia.

Riuscii a non cadere ma mi volarono le scarpe dalle mani.

Lo sentii ridere e abbassarsi.

«Ci penso io» mi avvicinai e ne afferrai una.

«Dove è...» "l'altra" ero ad un centimetro dal suo volto.

I suoi occhi erano fissi nei miei.

Mi prese per il fianco e mi blocco.

Mi sentivo in trappola, la sua presa mi teneva ferma.

Si avvicinò un altro po’.

Mi rassegnai e chiusi gli occhi.

Il telefono suonò in tasca e Marco preso alla sprovvista mi lasciò.

Ne approfittai per rispondere. «Ah si scusami! Mi ero dimenticata di avvisarti» Mi allontanai di qualche passo e sussurrai «tempismo perfetto, poi ti racconto. Procede tutto più o meno bene».

Chiusi la chiamata e mi girai.

In altri momenti avrei detto un 'dove siamo rimasti', 'scusa per la chiamata' o 'dicevamo?' ma in quella situazione non potevo fargli credere che quel patetico tentativo di baciarmi mi fosse bastato per lasciarlo vincere.

E poi neanche io ero così stronza da baciare un ragazzo per cui non provavo nulla.

«Si è fatto un po' tardi, mi riaccompagni a casa?»

Nessuna faccia delusa, si avviò solo al motore.

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