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Autore: Nild3    15/02/2006    10 recensioni
Tom Riddle è un giovane studente fuori dal comune: è carismatico, ambizioso, eccelle in tutte le attività che svolge. E nasconde un segreto più grande di lui, qualcosa che cambierà non solo il suo destino. E pensare che non è l'unico...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Oh, Tommuccio

- Oh, Tommuccio!

Terry gli mandò un sonoro bacio, poi si buttò sul letto, sospirante, come se fosse una scolaretta innamorata, - Ma quanto sei fiiiiigo, signor prefetto perfetto!

Tutti i camerati si contorsero sui loro letti per le troppe risate, mentre l’oggetto di quelle battute levava velocemente i tacchi, per evitare di ridere davanti ai suoi compagni. Una volta solo, nel corridoio principale dei sotterranei, si concesse il lusso di lasciarsi scappare una risatina.

La domenica era la giornata che tutti attendevano per poter andare ad Hogsmeade, per questo motivo i suoi compagni erano così pimpanti sin dal mattino. Erano secoli che non andava con loro, ma preferiva restare al castello per occuparsi delle sue cose.

Hogwarts si svuotò piano piano; rimasero solamente gli studenti del primo e del secondo anno, che si riversarono fuori per non perdersi nemmeno un raggio di sole di quella calda giornata.

Sicuramente anche lei sarebbe andata ad Hogsmeade con le sue compagne. Un motivo in più per non andare; si stava quasi abituando all’idea di non vederla più con la stessa intensità prima.

Trascorse la mattinata a studiare, nella sala grande. Pranzò da solo, distante dai ragazzini che lo fissavano con ammirazione.

Una giornata perfetta; niente Terry fra i piedi, niente Freya, compagni di squadra, Silente, Dippet e quant’altro. Da solo e basta.

Solo, come gli anni più teneri della sua vita, a Little Hangleton, nella stessa città della famiglia del padre, che aveva incontrato una sola volta; solo, come quando era salito per la prima volta sull’Hogwarts Express; solo, durante la notte più lunga della sua vita, quando per caso si era reso conto di poter parlare ai serpenti. Era sempre stato bene, solo con se stesso, e avrebbe continuato ad esserlo fino a quando ne avrebbe avuto voglia.

Ora che passava davanti alla porta del bagno dove per la prima volta aveva sentito quella voce, i ricordi cominciarono ad avere il sopravvento. Non resistette, ed entrò.

Incrociò un biondino che stava uscendo, e si rese conto di essere l’unico là dentro. Ne approfittò per una visitina al gabinetto.

Tirò su la zip, richiuse il bottone dei pantaloni…

Vibrazioni. Le stesse di quella notte, le stesse di quella voce.

Si precipitò fuori dalla cabina di legno, appiattendosi contro la stessa parete con la quale aveva parlato. Stette un attimo in ascolto. Quei rumori si spostavano lungo tutte le pareti con una velocità sorprendente. Seguili, si disse, e fece un attimo mente locale: il bagno in cui si trovava confinava con quello delle ragazze,  quel bagno delle ragazze. Una volta fuori, diede velocemente un’occhiata attorno a se, e con grande gioia non trovò anima viva. Se vi fosse stata qualche ragazzina, là dentro, avrebbe potuto prendere una scusa qualsiasi.

Fece irruzione. Deserto.

I rumori erano più intensi, e parevano non spostarsi.

Prese di nuovo a strisciare lungo le pareti, con i battiti del cuore così forti che quasi coprivano le tracce.

Poi, i suoi occhi caddero su qualcosa che lo fecero impietrire.

Uno scarico, un semplice tubo di scarico incassato alla parete, con un piccolo rubinetto quasi nascosto dal groviglio di tubi. Su quel rubinetto spiccava un serpente, il simbolo di Serpeverde.

Tentò subito di girarlo, ma invano. Sembrava saldato.

Rimase per qualche minuto a pensare come aprirlo, anche se non sapeva bene a cosa gli sarebbe servito.

- Dannato, gira…

Nello sforzo, si fece un piccolo taglio.

- Apriti, maledizione!

Si appoggiò alla parete, sconfitto. – Apriti, coraggio, apriti…

Cullato dalle vibrazioni che sentiva attraverso il muro, pensò intensamente alla strana presenza che l’aveva condotto fino a quel punto. – Come si apre, dimmi-, diede un’ altra girata al rubinetto, - Apriti!

Conclusa l’ultima parola in serpentese, il rubinetto si mosse, girò, e in pochi secondi comparve, al posto dello scarico, un tubo metallico, abbastanza grosso da far scivolare una persona.

Interdetto, Tom fissò il tutto con la bocca spalancata.

C’era riuscito, se lo sentiva.

Quel tubo conduceva alla Camera dei Segreti.

 

Prima di ogni altra cosa, Tom fece un incantesimo per sigillare la porta del bagno. Era talmente nervoso che per poco, anzi di chiuderla, la faceva esplodere. Poi tornò davanti il passaggio che aveva appena aperto; lo fissò in silenzio, incapace di pensare ad altro.

Si svoltò le maniche della camicia, tirò un profondo sospiro e poi… giù.

Sembrava una specie di scivolo, un tunnel buio, privo di aperture, con un terribile odore di muffa dappertutto. Tutto era fastidiosamente umido.

Scese, e scese, e scese… fino a quando si cominciò a chiedere dove sarebbe finito. Il tunnel finì, e Tom uscì finalmente in un ambiente più ampio, dove si poteva senza dubbio respirare senza fatica.

Era tutto così spettrale; le pareti, che sembravano piene di melma, erano in realtà coperte di muffa e piante simili alle alghe. Faceva molto freddo; davanti a lui, c’erano un sacco di altri tunnel, ma Tom si rincuorò nel vedere che soltanto uno era abbastanza grande per permettere di proseguire.

La sua eccitazione era incontenibile. Era talmente emozionato che, se non si fosse controllato, si sarebbe messo a saltellare come un bambino.

Continuò ancora a scendere, questa volta per un tragitto meno lungo. Quando uscì dal tunnel, gli parve quasi di soffocare per la troppa aria viziata.

- Da quanto tempo esiste questo posto…

La sua osservazione rimbombò con un’eco sinistra. Trasse fuori dalla tasca dei pantaloni la sua bacchetta, e come aveva fatto altre volte, fece un incantesimo di Lumos.

Le piccole zone che riusciva ad illuminare facevano pensare che si trovasse in una specie di caverna. Tutto, attorno a lui, trasudava storia. Da secoli nessuno metteva piede in quel posto. Si riempì il petto d’orgoglio pensando che l’ultimo mago ad esservi entrato poteva essere proprio Serpeverde.

Adesso che camminava, adagio, come se camminasse su un pavimento di cristallo, poteva sentire chiaramente quel solito rumore, quello che lo aveva accompagnato fino a quel posto.

- C’è nessuno..?

Gli rispose soltanto la sua voce di ritorno. Determinato, riprese a camminare. Non sapeva dove andare, in effetti, ma poco gli importava. Sentiva che quella era la strada giusta.

Circondato dal silenzio tombale, sussultò non appena si trovò davanti ad una cosa eccezionale. Si trovava di fronte a una parete larghissima, dove due grossi serpenti di pietra si attorcigliavano fra di loro, con gli occhi di rubino che parevano fissarlo. Dalla fessura che si intravedeva fra le teste, il ragazzo capì che si trattava di una porta.

- Apriti.

Lo stesso prodigio che era successo pochi minuti prima diversi metri sopra di lui, questa volta, si compì sotto i suoi occhi.

I due serpenti si districarono, la pietra si mosse, e l’enorme porta si aprì.

Tom si sentì svenire per l’emozione, quando si rese conto che quella davanti a lui era la Camera che per tanto tempo aveva sognato.

Il salone enorme, lungo e stretto, incorniciato da colonne a forma di serpente, era costeggiato da miriadi di torce, e terminava con una statua colossale in pietra. Salazar Serpeverde.

Il ragazzi chiuse un attimi gli occhi, cercando di frenare l’adrenalina che gli aveva dilatato le pupille ed accelerato il battito del cuore, divenuto ormai assordante.

Lui, l’erede di Serpeverde, era giunto nel santuario del suo predecessore. Ce l’aveva fatta.

Bisbigliò il nome del grande mago mentre, a passo insicuro, entrava lentamente nella Camera. La sua mente fu attraversata per un attimo da una visione, quella di una ragazza con lunghi capelli castani che gli camminava accanto, tenendogli la mano. Doveva essere lì con lui, in quel momento. Chissà come avrebbe reagito… forse si sarebbe messa a saltellare e a gridare, come aveva già fatto con lui.

Uno, due… un piede dietro l’altro, passi accompagnati da sguardi di meraviglia tutti attorno alle colonne, alle altissime pareti di pietra, alla statua del mago con la lunga barba e lo sguardo severo.

Arrivato al centro della sala, si lasciò cadere sulle ginocchia.

Impossibile definire il suo stato d’animo… era gioia, quella che provava? Eppure, perché era così soffocante da fare male? Sentiva il cuore chiuso in una morsa, soffocato, insieme al suo respiro. Gocce di sudore gli imperlavano la fronte, il viso era ormai rosso fuoco… rosso, come quei vestiti che qualche settimana prima lo avevano tanto sconvolto. Com’era bella, Nagini, quel giorno… bellissima, pura, forte. Esattamente come in quel momento. Lei, con quella giacca, quella gonna, quella camicia attillata e trasparente, era esattamente davanti ai suoi occhi.

Impossibile.

Era così travolto dalle emozioni da avere le visioni… assurdo. Nagini era così reale, con quell’espressione di sorpresa dipinta in volto, la stessa espressione che aveva visto altre volte.

Impossibile.

Cosa ci faceva là?

Tom faticò a rimettersi in piedi. Rendendosi conto di non trovarsi davanti ad una visione, gli venne alla mente il ricordo di quella notte, quella in cui aveva scoperto tante cose di quella ragazza, quella in cui aveva cominciato a sentirla vicina a se. Era cominciato tutto in quell’esatta maniera.

- Nagini?!

Il nome della ragazza rimbombò per tutta la sala, per tutte le singole crepe delle pareti.

Lei, immobile, continuò a fissarlo.

- Cosa ci fai qui? Come…

Tom si rese conto che era inutile fare quelle domande. Sapeva già le risposte. Solamente perché non l’aveva più vista non significava che lei non avesse continuato a cercare. Era sparita per questo? Come aveva fatto a trovare per prima l’ingresso della Camera?

Un quesito in particolare fu talmente pesante da pugnalarlo: perché non gli aveva detto nulla?

- Calmati, ti prego…

Nagini mise le mani in avanti, come per proteggersi da possibili schiaffi, - Tom, sta calmo. Non urlare.

Urlare? E chi ne aveva la forza?

Tom si passò entrambe le mani fra i capelli, quasi tremando.

- Quando sei arrivata qui?

- Calmati, Tom. Calm

- Rispondi alle mie domande e non fare il giochetto di ignorarle!

Nagini tremava sul serio, e la sua voce era ridotta ad un sussurro, - L’ho scoperta… tre giorni fa.

“Perché ti copri? Non voglio picchiarti.”

- Tom, c’è una cosa… una cosa che devi vedere. Però stai accanto a me, non alzare la voce e non fare gesti troppo bruschi.

- Prima devi…

Non completò la frase. Sembrava un’ombra, ma non lo era. Dal lato destro della statua, dalla quale era uscita Nagini, comparve la testa di un serpente gigante, di un colore che sembrava argento, tutto pieno di scaglie ed enormi aculei. Man mano che avanzava verso di loro, si faceva sempre più grande, e sempre più lungo.

Nagini si voltò verso il mostro, - E’ arrivato Tom.

Parlò in serpentese, ed ovviamente la bestia la comprese. Era quel serpente ad avere parlato con loro, attraverso la parete. Ma non era un serpente normale, no, non con quelle dimensioni.

- E’ un basilisco, Tom. Per questo davanti a noi tiene gli occhi chiusi.

La sua mente era vuota. Troppe rivelazioni, troppe emozioni.

Aveva trovato la Camera, anche se Nagini prima di lui. Quel basilisco, dallo sguardo letale, era senza dubbio l’arma contro i mezzosangue.

La sua missione era finita.

 

  
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