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Autore: Natalja_Aljona    14/05/2011    2 recensioni
Ettore Troiano, italo-greco di diciassette anni, con una devastante passione per la filosofia, inguaribile anticonformista, ritardatario patologico.
Caterina Asburgo, tredicenne fiorentina, è conosciuta a Messina come la nipote del Lupo, il più famoso brigante ed eroe della bella città siciliana.
Sogna di diventare una grecista, o, in alternativa, di spacciare mentine a Copenaghen. E, come dimenticare, ha un caimano immaginario.
E' capace di fare ottantadue frasi di analisi logica in spiaggia, al posto delle parole crociate, come lo è di offrire un gelato ad Ettore con i soldi che suo nonno, il Lupo, ha appena rubato al ragazzo.
Così comincia la nostra -loro?- storia, in bilico tra le bizzarrie di Ettore e Caterina e l'impietoso Mondo Materiale.
-Diomede Ettore Troiano. Ho diciassette anni, ma fai come se ne avessi sedici-
Siamo di fronte alla frase standard di Ettore Troiano. A lui non piaceva presentarsi come persona potenzialmente nella norma. Eh no, troppo banale [...]
Se mi conoscessi. Caterina non sapeva spiegarsi esattamente il perché, ma quel congiuntivo imperfetto le aveva fatto sentire come un pizzico all'altezza del cuore.
Improvvisamente provò il desiderio di conoscerlo, Diomede Ettore Troiano. Di conoscerlo davvero.
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Otto

Dove si parla degli innumerevoli pregi dei panini al burro

(e dei non trascurabili pericoli dell'avere un amico

di un metro e settantanove)

Briseide Caterina Asburgo, come ogni aspirante greca che si rispettasse, aveva una gran fiducia nel Fato.

Il Fato che aveva sottratto Ettore ad Andromaca, il Fato che aveva indirizzato la freccia di Paride nel tallone di Achille.

Il Fato che aveva determinato la distruzione di Troia, lo stesso che, anche se in un episodio meno conosciuto, aveva spento la luce negli occhi di Ettore nel momento in cui erano entrati in casa.

Quando Vincenzo le aveva chiesto di accompagnarlo a comprare dei panini al burro, aveva chiaramente percepito Lachesi, la Moira che tesseva il filo vitale di ogni uomo, dare una leggera -ma nemmeno tanto- tiratina al suo filo.

Uno strattone, per essere precisi.

I panini al burro, le aveva spiegato il baldanzoso Caputo, erano una prelibatezza alla quale non era mai stato in grado di rinunciare.

In genere un corriere li consegnava al mattino direttamente a casa, insieme al Corriere della Sera per suo nonno Filottete, ma poche ore prima il corriere era andato a sbattere contro un cartello pubblicitario della Lines, incidente al seguito del quale era rimasto per quindici minuti abbondanti in ebete contemplazione degli assorbenti da notte con ali, dopodiché, vantando un bernoccolo di due centimetri e mezzo, aveva deciso di rinunciare al giro di consegne del giorno. Aveva lasciato il carrello con panini al burro e Corriere della Sera in mezzo alla strada e se n'era andato, saltellando e fischiettando come un leprotto di prateria, a comprare la Settimana Enigmistica all'edicola vicina.

Per quanto surreale, l'episodio aveva particolarmente impressionato i Caputo, i quali avevano pensato bene di mandare il loro baldo giovane -altrimenti detto Vincenzo Maria- in edicola e in panetteria.

Avendo però percepito un distinto grugnito proveniente dal suo stomaco, quest'ultimo aveva dichiarato di volersi recare come prima cosa in panetteria, come se non bastasse accompagnato dalla disponibilissima Caterina.

Si stavano giusto apprestando a scendere i due gradini davanti alla porta di Casa Caputo, quando Eileen aveva fatto un paio di riti satanici mentali sui due fedifraghi e Vincenzo era inciampato nel nano da giardino strategicamente posizionato sul secondo gradino, trascinando con sé Caterina, della quale stringeva avidamente la mano destra.

“Ben ti sta, Paolo Malatesta!aveva sogghignato Eileen a mo'di maledizione, ma nessuno dei due pionieri dei panini al burro aveva udito la sua voce gelida.

Errasti il colpo, né Giove, come dianzi cianciasti, il mio destin ti fe'palese!” aveva declamato Caterina guardando severamente il nano, mentre Vincenzo, molto più schiettamente, aveva redarguito l'ignara statuetta con un meno elegante “Stupido nano da giardino!”, al quale Ettore, ancora sulla soglia, aveva deglutito per diciassette volte di fila prima di convincersi che l'esclamazione non era rivolta a lui - e che comunque non era il caso di scotennare il migliore amico in presenza di minori.

“Un metro e sessantaquattro/sessantasei con la suola degli stivali è molto più dignitoso della tua faccia tosta, Vincenzo Maria Caputo!” si era limitato ad urlargli dietro, causando la grande sorpresa dell'amico, il quale si era domandato più volte se il caro Ettorino non fosse per caso vittima di devastanti disturbi di personalità.

Anita, la povera, innocente Anita, era rimasta inerte al fianco di Ettore, lanciando di tanto in tanto sguardi imploranti ad Eileen, perché quest'ultima smettesse di battere il piede sinistro per terra a mo' di martello pneumatico.

Ritroverai la tua magia, piccola stella innamorata”, aveva avuto la bella idea di dirle, citando Andrea Bocelli ne La luna che non c'è.

All'incirca mezzo minuto dopo la meno pacifica Leen le aveva pestato un piede con tanta forza da farle passare tutta la vita davanti, compreso il suo grande desiderio di laurearsi in Archeologia, sposare un tedesco biondo e avere quindici figli italo-tedeschi - biondi, possibilmente.

Così, con molto ottimismo ed allegria, i tre se n'erano rientrati in casa, incrociando le dita perché Vincenzo e Caterina andassero davvero solo a comprare i panini al burro e il Corriere della Sera.

A questo proposito zoomiamo sui diretti interessati, ormai in prossimità della panetteria.

-Ho sempre amato i panini al burro- sussurrò con voce suadente il baldo Caputo -Li ho sempre trovati meravigliosamente...dolci, ecco-

A quelle parole, Caterina gli rivolse un sorriso dolce quasi quanto i panini.

-Non penso di averli mai assaggiati, ma...mi piacerebbe molto-

-Non lasciarti scappare quest'occasione d'oro, piccola Cat! Prova a dargli un morso e vedrai...desidererai passare così ogni singolo giorno della tua vita-

Arrivò il loro turno e dodici panini al burro vennero loro consegnati.

Uscirono in gran fretta, ansiosi di addentare quelle chiare meraviglie che altro non erano che soffici pagnottelle calde calde, ancora cosparse di farina.

Un morso diede lui, sul volto l'ombra un sorriso nascente, ignaro che alle sue spalle un nervoso e basso individuo studiasse ogni sua movenza.

Lo porse all'avvenente fanciulla al suo fianco, con un sorriso che mai il nervoso e basso individuo avrebbe dimenticato.

Alzò lo sguardo, lei.

Amor che al cor gentile ratto s’apprende

Morse il panino di Vincenzo, ma sorrise ad Ettore.

Elena vedi, per cui tanto reo tempo si volse

Ettore, i grandi occhi neri spalancati davanti a ciò che mai e poi mai avrebbe desiderato vedere.

Vedi ‘l grande Achille, che con amore al fine combatteo

Vincenzo e i panini al burro dei suoi stivali.

E caddi come corpo morto cade

Note

Buon pomeriggio!

Ecco l'ottavo capitolo, in cui non potevano mancare i panini al burro che adoravo quand'ero piccola, poiché davvero, quando ero a Casa Bianca, veniva il corriere a portare il pane e il Corriere della Sera per mio nonno ;)

Quanto al nome del nonno di Enzo, Filottete, è un omaggio all'eroe che con le frecce di Eracle uccise Paride.

Questa volta le citazioni -a parte "Errasti il colpo[...]", citazione del duello tra Ettore e Achille- sono di Dante, per questo dedico il capitolo a bethpotter ;)

Grazie, appunto, a bethpotter, a Techno4ever e ad eveline90 per le recensioni!

Mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto :)

A presto!

Marty

  
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