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Autore: Sacu    15/05/2011    1 recensioni
"Si tratta di una chiave per aprire un Portale per il luogo da cui vengo."
"Se i Drow avessero la chiave non esisterebbero un attimo ad inviare il loro esercito per tentare di conquistarlo."
“Se la tua amica dovesse fallire, presto il nord entrerebbe in guerra."
Ispirato a D&D.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La Biblioteca di Candlekeep cercava da anni alcuni libri in possesso della famiglia di Brendon. Erano volumi preziosi, più unici che rari, ma alla fine la famiglia cedette all'insistenza dei monaci e glieli consegnarono. Essendo di valore inestimabile, giunsero ad un accordo che prevedeva la cessione in cambio della possibilità per tutti i discendenti primogeniti della famiglia di accedere alla biblioteca, tutte le volte che desideravano. Certo, dovevano rispettare le rigide regole come tutti, ad esempio non potevano trascrivere tracce di libri (una copia del libro costava 100 monete d'oro, mentre una copia di un libro con incantesimi anche dieci volte tanto), ma considerando che il singolo accesso era permesso solo con la donazione di un libro di gran valore risultò un buon affare per entrambi i contraenti.
Dopo colazione Brendon uscirono per recarsi in Biblioteca. Era molto presto, le ombre proiettate erano ancora lunghe e nelle via le guardie finivano di spegnere le torce della notte. Si sentivano i primi rumori provenire dalle case, mentre in strada c'erano appena una ventina di persone.
Oltrepassarono la seconda cinta muraria, più piccola della prima, e finalmente poterono apprezzare la struttura in tutto il suo splendore. Le mura forti e spesse delimitavano una struttura quadrata, con quattro torri agli angoli.
Il pian terreno occupava la maggior parte della costruzione: oltre ad esserci gli uffici dei monaci, c'erano delle ampie sale dov'era possibile consultare il materiale e una stanza abbastanza grande destinata agli incantatori per le loro esercitazioni.
Al primo piano si trovava la Biblioteca vera e propria. Il suo perimetro era più piccolo per lasciare spazio ad una grande terrazza che lo contornava e l'accesso era possibile solo dal pian terreno.
Ma il pezzo forte era il secondo piano! Ancora più piccolo del primo e circondato anch'esso da una terrazza, conteneva i libri più preziosi e importanti della Biblioteca: quello era il Luogo Sacro del Sapere, l'accesso era consentito solo in via straordinaria e con l'obbligo di accompagnamento dal Custode dei Volumi o dal Primo Lettore. In pochi avevano avuto tale onore.

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Isilrill dovette lasciare una Ziwa non troppo contenta di rimanere sola all'ingresso vicino alle guardie. “Torno presto!” le promise.

Entrarono in una sala circolare non troppo grande e in pietra come il resto della struttura. Di fronte, in corrispondenza dell'entrata, c'era un corridoio il cui accesso era protetto da due guardie; ne dedussero che era l'unica strada per raggiungere l'interno, una delle tante precauzioni.
Sulla sinistra c'era un tavolo con del materiale per scrivere, seduto al quale c'era un piccolo Uomo con una tunica gialla e i capelli ormai bianchi.
“Oh, Sir Risewind, bentornato! Quale parte della sala volete visitare oggi?”
“Buongiorno, vorrei prima parlare col Primo Lettore, sempre che sia disponibile.”
“Lo contatterò immediatamente.”
Dopo essersi assicurato sull'identità degli altri tre, l'Uomo li fece accomodare su una comoda panca sul lato destro della stanza e mandò una guardia ad informare il Primo Lettore.
Nel frattempo arrivò uno Gnomo; voleva consultare un trattato di erboristeria molto particolare, per questo motivo tirò fuori dalla sua sacca un libro dalla copertina rossa.
Gli occhi dell'Uomo si illuminarono subito di avidità. “Un libro dite? Bene. Bene. Posso vederlo?” disse alzandosi di scatto dalla sedia. Evidentemente, la curiosità aveva reso l'agilità alle sue vecchie gambe.
Lo Gnomo glielo diede di malavoglia, quel tipo sembrava strano, ossessionato si sarebbe detto. Ma quella era la prassi e non poteva rifiutarsi di farlo valutare. Se voleva entrare nella Biblioteca avrebbe dovuto donarlo.
L'Uomo non ci fece caso, la sua attenzione era tutta sul libro e le sue mani rugose e dalle unghie gialle si muovevano viscidamente nello sfogliare le pagine.
Mentre discutevano sui dettagli e sui tempi della valutazione, tornò la guardia riferendo che il Primo Lettore li avrebbe ricevuti immediatamente e si alzarono felici di non dover più sopportare la vista di quell'Uomo.

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Rigel non si era aspettato una stanza così sobria dal secondo in linea gerarchica nella direzione della Biblioteca. Vicino alla porta c'era un letto pulito e confortevole, ma niente a confronto con quello decorato di suo padre. Le pareti erano ricoperte da scaffali sì zeppi di libri, ma in legno semplice. Solo il tavolo e il comodino erano più preziosi, placcati qua e là con piccole fascette d'argento di ottimo gusto. Niente a confronto con lo sfarzo e la pomposità di casa sua: il Primo Lettore gli era già simpatico.

Il Mezzelfo seduto al tavolo era molto anziano. Il sangue umano era forte in lui, un tempo doveva essere stato alto ma il peso dei suoi centosessantacinque anni lo costringeva a stare ricurvo e camminare con un bastone che portava sempre con sé. Il suo nome era Quarion e anni prima aveva curato la transazione dei libri della famiglia Risewind con il nonno di Brendon; dopo gli iniziali contrasti era diventato molto amico di questo e dalla sua morte era come un secondo nonno per il mago.
“Brendon caro, che piacere vederti! Ormai non vieni più a trovarmi spesso come una volta!”
Il ragazzo gli presentò i compagni, chiacchierarono un po' e si assicurarono dello stato di salute di parenti e amici.
Quando finalmente ebbero finito i convenevoli, cominciarono a raccontargli tutta la storia.


Quarion ascoltò in silenzio Isilrill, Brendon e Rigel che si interrompevano a vicenda nello spiegare i fatti; gli dissero che l'Elfa era stata portata in questo mondo contro la sua volontà e gli serviva il bracciale nella statuetta di Mystra per tornare nel suo mondo.
Quando si zittirono, il Mezzelfo poggiò la mano destra sul tavolo e cominciò a picchiettarlo con le dita, come a dire che avevano tralasciato qualcosa di importante ma poi sembrò ripensarci.
“Sì, posso confermare che Nimbral esiste. Cos'altro volete sapere?” chiese, sorridendo dello stupore di Rigel.
“Vogliamo sapere se esiste una mappa e quali difficoltà potremmo incontrare.” rispose Keid.
“Dunque, esiste una mappa conservata nelle sale interne ma una copia è troppo costosa per voi. Però Brendon può riuscire a memorizzarla in un paio di giorni al massimo quindi state tranquilli.
Per quanto riguarda le difficoltà... Gli abitanti non vedono di buon occhio i visitatori, ma non li cacciano se sono pacifici e i Guardiani intervengono solo per proteggere; quindi se non creerete problemi non vi infastidiranno. Ma dovete fare attenzione: al più piccolo segno di minaccia, questi Cavalieri vi saranno addosso in un attimo. Cavalcano dei Pegaso e oltre che veloci sono letali!”

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Dopo averli congedati, Quarion trattenne Brendon per condurlo alle sale interne.

Il mago era stato altre volte al primo piano: conosceva quella grande sala con tutti quei scaffali alti fino a raggiungere il soffitto, stracarichi di volumi, e gli era familiare l'odore di cera e di carta che arrivano come un'ondata appena varcata la soglia. Ma non era mai salito al secondo piano.
Al centro della sala c'erano le scale protette lateralmente da muri, come un corridoio, e l'ingresso era sorvegliato da due guardie e chiuso da un robusto cancello. Quarion prese delle vecchie chiavi pesanti da una tasca interna del suo vestito e lo aprì facendolo cigolare.
Le stanze erano di varia grandezza, ma nessuna particolarmente grande. C'erano molte candele accese, forse per sostituire l'assenza di torce. Sugli architravi che separavano le salette era sempre incisa una lettera diversa. Sulle prime il mago non ci fece caso pensando che le lettere avrebbero dovuto essere in sequenza per facilitare la catalogazione; poi si accorse che non avevano nessuna connessione: f, a, e, k, a. Quarion gli disse che era una specie di labirinto, dove chiunque entrasse senza sapere la chiave per decifrare quelle lettere si sarebbe perso in quelle stanze così simili: un'ultima astuzia nel caso gli incantesimi e le protezioni non fossero bastate.
Infine giunsero in n. Era una stanza quasi rettangolare, una delle più grandi, e Quarion si avvicinò ad uno scaffale. Trovò la mappa quasi a colpo sicuro, dopo di ché si sedettero al piccolo tavolo rotondo in mezzo alla stanza e Quarion si rivolse a Brendon.
“Mi che ti sia imbarcato in un'avventura senza conoscerne i rischi.”
“Be', inizialmente volevo impedirle di profanare un tempio di Mystra, ma quando ho saputo tutta la storia ho ritenuto giusto aiutarla.”
“Tutta, dici? E dimmi, non ti sei chiesto come mai Nil'Chaka la cerca da così tanto tempo?”
Brendon era perplesso; aveva dato per scontato che fosse per la chiave, ma in effetti Isilrill non ce l'aveva ed era sulle sue tracce da poco; e pensandoci bene, che cosa poteva farsene la Drow?
“Ti risponderò io, figliolo. Come sai i Drow non possono vivere sulla superficie perché la loro pelle si ustiona al contatto del sole, è per questo che vivono nel sottosuolo. Ma la regola non è valida nel mondo al di là del Portale. Se Nil'Chaka e Zagal avessero la chiave non esisterebbero un attimo ad inviare il loro esercito per tentare di conquistarlo! Oh, non è detto che riuscirebbero, nessuno sa quali creature popolino quel mondo, ma come si dice il gioco vale la candela.
Indipendentemente dal risultato, sia questo che l'altro mondo sarebbero devastati e tutti noi conosciamo le conseguenze della guerra.
Ma vedi, c'è un'altra cosa: oltre alla chiave serve un altro oggetto, un diadema che apre il passaggio che conduce al Portale. Questo prezioso gioiello era in possesso di Kilena, precedente Somma Sacerdotessa di Lolth, e novant'anni fa sparì durante il suo assassinio. Indovina! Adesso si trova nelle mani di Isilrill, o meglio di Jelia.”
Brendon non riusciva più a seguire. “Jelia...?”
“Già, lo immaginavo. Non vi ha detto niente. Lei non è un'Elfa, è figlia di una strega dell'acqua. Non esistono nel nostro mondo, ma si dice che siano creature pericolose in grado di manipolare l'acqua e che se ne vengono allontanate perdono le forze finanche a morire. Probabilmente Isilrill è il nome che gli ha dato Ketojan quando l'ha presa con sé.
In questa biblioteca non c'è niente su di lei prima che varcasse il Portale, ma ci sono delle tracce nelle cronache di Menzoberranzan del periodo trascorso con Narak. Quel codardo l'ha tenuta in fin di vita per un anno, perché aveva paura del suo potere. Ti dico questo per un motivo molto semplice: lei è determinata, ma rivedendo i luoghi della sua tortura può darsi che la sua mente vacilli e commetta degli errori; se dovesse avvenire non voglio che tu sia lì. Non sono tuo nonno, ma ti voglio bene come se lo fossi.”
Finalmente il quadro era completo. Da un lato c'era Isilrill-Jelia che voleva tornare a casa; dall'altro c'erano i Drow che volevano vivere in superficie, non importava in quale mondo e a quale prezzo.
“Se la tua amica dovesse fallire, presto il nord entrerebbe in guerra e penso che questo tu non lo voglia. Prova a convincerla a rinunciare, a farle capire che la sua vita è qui.”
Quarion sapeva proprio tutto. In fondo non c'era da stupirsi, aveva libero accesso a tutta la conoscenza del Faerun! Ma Brendon sentiva che non sarebbe finita lì.
“Ricordi il mio apprendistato presso il necromante?”
“Se ricordo? Ti ho mandato almeno una lettera la settimana consigliandoti di lasciarlo perdere, ma tu no! Eri curioso, volevi imparare cose nuove!”
“Ci sono stato solo tre mesi! Poi me ne sono andato!”
“Sì, dopo che ti ha fatto fare degli esperimenti su gente viva! Per tutti gli Dei, comprava schiavi per torturarli per non si sa a che scopo... e tu l'hai aiutato!” A Candlekeep la schiavitù non era tollerata da nessuno. E ancora meno la compravendita.
“Ne abbiamo già parlato abbondantemente, appena mi sono reso conto della situazione me ne sono andato. Ma lasciami parlare: so che feci un errore, ma tornassi indietro lo rifarei perché in quel momento era la cosa giusta da fare per me. E adesso la cosa giusta è stare vicino a quella ragazza, è ancora traumatizzata e dopo tutti questi anni non ha superato la cosa. Sì, cercherò di farle cambiare idea, ma voglio aiutarla ad essere felice.”

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Sirio aveva appena finito di parlare col Maestro di Misao come gli aveva chiesto Isilrill. Watanabe non aveva detto molto, aveva principalmente ascoltato e una volta finito il resoconto aveva pulito e messo via la sua pipa. Dopo di ché lo aveva ringraziato e gli aveva ordinato di rimanere chiuso nella Torre a cercare qualche incantesimo che potesse risultare utile. “E tieni d'occhio Nyatar.”

Già, ma come fare se doveva rimanere chiuso nella Torre? Anche evocando il suo Servitore Inosservato (un essere invisibile a tutti tranne che al suo creatore) la distanza con la Grande Quercia era troppa per poterlo evocare. Usare il suo famiglio? No, Nyatar si sarebbe accorto della presenza di un animale estraneo. Era quasi sera e si trovava fuori dalla Caserma senza nessuna idea. Per schiarirsi la mente decise di camminare un po', anche perché sarebbe dovuto rimanere rinchiuso per diversi giorni; invece di tagliare per la Torre, fece la strada lunga che portava al Tempio di Tyr, quello di Parnis Umarth. Era sempre rimasto affascinato dalla Mezzadrow fin dalla prima volta che ne sentì parlare: i bardi narravano le gesta di quando era giovane, di quando coi suoi compagni aveva affrontato dei Diavoli. Adesso che era invecchiata si era ritirata a servire Tyr come sua Sacerdotessa e non si occupava di altro.
Fu mentre pensava alle prove eroiche superate dalla Mezzadrow che vide uscire da una porta secondaria del Tempio una figura con un lungo mantello. O per meglio dire, la persona lì sotto sarà stata alta sì e no 1,40m, ma il mantello scuro l'avvolgeva completamente dalla testa ai piedi. Sirio ne rimase incuriosito; sembrava andare nella sua stessa direzione, così la seguì non volendo. Fu sorpreso quando la vide avvicinarsi al cancelletto della Grande Quercia e ancora di più quando Nyatar la fece entrare!
“Questo non va bene!” Non sapeva che fare, non sapeva affrontare certe situazioni, così preso dal panico decise di nascondersi e aspettare per capire cosa succedeva. Non passò molto che vide arrivare Danarr; avrebbe voluto fermarlo, ma cosa dirgli? Se lo avesse avvicinato, lo avrebbero di certo visto o gli animali lo avrebbero fiutato avvertendo Nyatar. Bloccato dalla paura, sperò che il trucchetto che aveva usato Isilrill per offuscargli la memoria bastasse per tenere il Mezzelfo lontano dai guai.
Si fece notte. La maggior parte degli animali dormiva e dall'abitazione di Nyatar non giungeva alcun suono. Stava per andarsene, quando finalmente vide dei movimenti: era la figura incappucciata che aveva visto prima. L'Elfo e Danarr evidentemente erano ancora dentro. Adesso doveva prendere una decisione importante senza sprecare tempo, basandosi sul suo istinto: aspettare il guardiaboschi o seguire la figura incappucciata?
Scelse la seconda. Per essere sicuro di non correre pericoli, evocò il suo Servitore Inosservato e lo mandò avanti a seguire quella figura, mentre lui rimaneva distante, fino al Tempio dove quella persona entrò. Sirio decise di tentare la fortuna e mandare dentro il suo Servitore.
Mentre camminava, la figura si tolse il mantello. Era una Drow, dalla pelle scurissima e dai capelli bianchi come il latte. Difficile capire l'età, sicuramente più di duecento e meno di settecento; non sapeva essere più preciso. Continuò a camminare lungo un corridoio, ma il Servitore si dovette fermare: l'incantesimo era al limite, un altro passo e sarebbe svanito. Mentre Sirio pensava a come potersi avvicinare, la Drow aprì una porta poco distante; anche se il suo Servitore non poteva vedere, poteva sempre sentire. E Sirio riconobbe la voce di Parnis.
“Imreenice! Sei stata da Nyatar?”
“Sì. Ed è stato meglio così, aveva bisogno di me, non di te.”
“Il messaggio era indirizzato a me! Che diritto avevi di prenderlo al mio posto? Voglio sapere di cosa si tratta!”
“Credimi cognata, non lo vuoi sapere. Anzi, vedi di non immischiarti in questa storia. Non sono cose che riguardano te o questa città.”
“Pensi di farmi paura? A me, Servitrice di Tyr?”
“Da giovane forse. Ma ora sei vecchia. Pff, sei solo una Mezzadrow!”
Imreenice vide Parnis alzare la mano pronta a lanciare un incantesimo. Vero che era invecchiata, ma non così tanto da non darle del filo da torcere. Non si erano mai potute sopportare, l'una Sacerdotessa di Tyr, l'altra seguace di Lolth. L'unico punto in comune era quel Mezzodrow fratello minore di una e marito dell'altra. Non fosse stato per lui, Imreenice non avrebbe mai messo piede a Baldur's Gate! E invece per colpa sua le loro visite erano anche troppo frequenti! Il Mezzodrow usava la scusa della nostalgia della sorella per arrivare in città e commerciare certe armi illegalmente. Certo era abile, Parnis non sospettava niente, anche per merito di Imreenice che lo copriva. Ma per questo motivo rimanevano spesso da sole e ciò le esasperava: finivano col litigare.
Questo era solo uno dei tanti litigi, ma quando Parnis arrivava a minacciarla con gli incantesimi Imreenice cedeva: vecchia sì ma molto abile lo stesso; non valeva la pena rischiare di morire per mano sua.
“Calmati adesso, ti racconto tutto. Pare che una certa Elfa figlia del Capo Druido sia in possesso di una spada particolare, mai vista prima, molto sottile all'apparenza, ma forgiata da Thorgar. Nyatar vuole solo sapere come l'abbia avuta avuta. Gli ho promesso che avrei cercato in città, a Menzoberranzan. Adesso calmati e vai a riposare, domani ti aspetta una lunga giornata.”
Sirio non aspettò oltre. Era stato già abbastanza fortunato per quella notte. Dissolse il Servitore Inosservato e corse più veloce che poteva verso la Caserma.

   
 
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