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Autore: redseapearl    16/05/2011    7 recensioni
“Leone” sentì dalla radio lasciata al massimo volume per tutto il tempo. “Oggi è un grande giorno per voi single... Le stelle dicono che conoscerete la vostra anima gemella, in tutti i sensi, perché sarà proprio una persona nata sotto il segno dei Gemelli. Sarà un vero e proprio colpo di fulmine. Mi raccomando, non lasciatevi ingannare dalla loro impenetrabile e fredda corazza esterna, perché sotto di essa sono persone molto sensibili e dolci: di fatti non dimentichiamoci che i Gemelli sono, per natura, persone con una doppia personalità.”
[Lavi x Kanda]
{Capitolo 4 postato per il LaviYuu Day!}
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Di che segno sei?

 

 

Tutta colpa di Miranda

 

 

 

Ci sono persone sparse in tutto il mondo che collezionano farfalle, altre francobolli, oppure cartoline o qualsiasi altra cosa (solitamente più è inutile ed ingombrante e meglio è), ma Miranda Lotto collezionava qualcosa di unico nel suo genere: colloqui di lavoro.

Nel suo curriculum spiccava subito la laurea in lettere e filosofia, un titolo di studio dalla sensazionale capacità di permetterle di fare tutto e niente allo stesso tempo, nonché una miriade di esperienze lavorative dei più svariati generi: dalla segretaria alla cameriera, dalla centralinista alla maestra, e via discorrendo…

Per Miranda il problema non era ottenere il posto di lavoro (ormai era talmente esperta nei colloqui che sapeva esattamente cosa dire, come dirlo e che espressione assumere nel dirlo); più che altro era riuscire a mantenerlo questo lavoro. A causa della sua sbadataggine finiva sempre per combinare qualche pasticcio in meno di una giornata lavorativa, così da venire licenziata giusto in tempo per presentarsi ad un colloquio per cui aveva già preso appuntamento il giorno stesso, ben consapevole che non avrebbe mantenuto il posto per più di qualche ora anche lì.

Di fatti, nella sua routine quotidiana rientrava l’acquisto del giornale degli annunci e la ricerca di ogni tipo di offerta lavorativa a lei idonea.

Quella volta non era andata diversamente. Teneva in mano la sua personale agenda in cui aveva segnato almeno un appuntamento al giorno. Purtroppo, Miranda non era dotata della capacità di guardare in due direzioni contemporaneamente, per cui avendo gli occhi fissi sull’agendina viola non poteva vedere il gigantesco camion dei traslochi parcheggiato davanti al palazzo dove abitava.

Lo vide solo quando vi sbatté la fronte, e sì che non passava inosservato con il suo sgargiante color giallo evidenziatore.

“Ma cosa…?” Si massaggiò la fronte dolorante su cui stava già sbocciando un livido, mentre aggirava l’ingombrante ostacolo per entrare nell’edificio. Si rese conto che era davvero tardi e (come era accaduto poco prima) per guardare l’orologio che aveva al polso non si avvide dei tre gradini davanti al portone.

Li vide solo quando vi inciampò sbattendo l’altro lato della fronte sul terzo di essi.

Nel frattempo, un Lavi stanco e con un visibile callo alla mano per via del lavoro manuale che gli era stato propinato dal diabolico nonno si domandava da quando avessero messo uno zerbino viola davanti al portone del palazzo.

Solo quando notò che il suddetto zerbino respirava, e si muoveva persino, capì che in realtà era Miranda, la sua vicina di casa, tanto imbranata quanto gentile.

“Ciao, Miranda!” la salutò con un sorriso smagliante porgendole la mano per alzarsi: ormai era inutile chiederle cosa ci facesse lì in terra, la sua goffaggine era ben nota a tutti coloro che la conoscevano.

“Buon pomeriggio, Lavi. Scusami, sono inciampata.” Ecco un’altra particolarità di Miranda: si scusava sempre, anche quando non aveva colpa, tanto che Lavi aveva dedotto che la parola ‘Scusa’ per lei fosse solo un semplice intercalare come ‘cioè’, ‘allora’, ‘dunque’ et simila. E se si provava a dirle qualcosa come ‘Non occorre che ti scusi, Miranda’, lei rispondeva con un puntuale ‘Scusa’ per poi accorgersi della gaffe e dire ‘Mi dispiace’ o qualsiasi altro sinonimo.

“Ti sei fatta male?” le chiese lui, notando l’ematoma violaceo che si stava espandendo a chiazza d’olio sulla fronte, anche se in parte coperto dalla frangia bruna.

“Oh no, andrà via subito.” Ormai il suo corpo era così abituato a subire cadute, botte e oggetti in testa che sembrava aver sviluppato una capacità di guarigione accelerata rispetto al normale.

Intanto, due omoni dell’azienda dei traslochi, nelle loro appariscenti tutine giallo limone, si fecero largo tra i due per entrare nel palazzo.

La curiosità di Lavi emerse all’istante: dopo aver passato tutto il giorno solo in biblioteca aveva il fisiologico bisogno di parlare con qualcuno. “Sembra che l’appartamento sopra il nostro piano sia stato affittato. Mi domando chi sia tanto pazzo da decidere di abitare in quella casa, viste tutte le storie che si raccontano. Oh, a proposito di pazzi: non immaginerai mai cosa mi è successo questa mattina…”

Miranda ascoltava il racconto di Lavi annuendo come un automa di tanto in tanto per fargli capire che stava seguendo il suo logorroico monologo, ma intanto pensava ai minuti che inesorabili scorrevano e al suo ennesimo colloquio di lavoro a cui avrebbe rischiato di arrivare tardi se la lingua del ragazzo non si fosse seccata il prima possibile. Certo, avrebbe potuto fargli notare che aveva un impegno (per non parlare del fatto che doveva comprare il giornale e cercare altri annuncio lavorativi per il giorno seguente), ma la sua educazione le impediva di stopparlo, sebbene non riusciva a captare ogni singola parola del discorso.

“… Insomma, ho rischiato davvero di morire questa mattina! È un’esperienza che non augurerei a nessuno, nemmeno al mio peggior nemico. Spero di non dover ritrovarmi di nuovo faccia a faccia con quel Kanda, altrimenti non credo che sopravvivrei…”

“Hai detto Kanda?” domandò allarmata Miranda. “Oh, scusa, scusa, non volevo interromperti!”

“Sì, ho detto proprio Kanda. Perché?” Era chiaro che la sua vicina sembrava sapere qualcosa al riguardo di quello strano incontro avvenuto la mattina, e subito un brivido di paura percorse la schiena di Lavi facendogli rizzare i corti capelli sulla nuca.

“Ehm… bhè… ecco…”

“Miranda, sai forse qualcosa al riguardo? Perché se è così devi dirmelo subito!”

Intanto, il trasloco continuava alle loro spalle.

“Io sono mortificata, ma non pensavo che sarebbero andate così le cose. Scusami, è tutta colpa mia!” Che Miranda fosse una donna propensa al melodrammatico era cosa nota a Lavi, ma in quel momento e visto l’argomento su cui si discuteva, il giovane non era certo che quella fosse una delle sue solite esagerazioni… tutt’altro. Qualcosa dentro di lui gli suggeriva che invece era fin troppo poco il dispiacere della sua vicina.

“Va bene, calmati. Non è successo niente” provò a rincuorarla, sorridendole poi per farle credere che fosse tutto a posto. “Raccontami dall’inizio.”

“Tu conosci il mio fidanzato, Marie, giusto?”

“Sì.”

“Ecco, il suo fratellastro stava cercando urgentemente un appartamento in affitto ad un buon prezzo. Ne aveva trovati alcuni, ma pare che avesse avuto degli screzi con i proprietari o i vicini di casa prima ancora di andarci ad abitare. Così io gli ho suggerito l’appartamento sopra il nostro, pensando che visto che tu sei un ragazzo così socievole non avresti avuto problemi con lui come invece era accaduto con altri. Oh, mi sento così in colpa adesso!”

Lavi si prese qualche secondo per elaborare le informazioni che gli erano appena state fornite, guardando alternativamente Miranda e il camion dei traslochi dietro di lui.

No, calma, forse stava solo giungendo a delle conclusioni affrettate!

Stando a quanto gli era stato riferito dalla donna, Yuu Kanda, proprio quel Yuu Kanda, lo stesso che aveva incontrato-scontrato quella mattina e di cui aveva trovato notizie su internet, era andato lì per cercare casa. Fin qui era abbastanza chiaro, ma visto come era andata la loro prima conversazione (tra incomprensioni sulla sessualità di uno e scampata morte dell’altro) era impensabile, illogico, inconcepibile, inimmaginabile, insensato, inspiegabile, inammissibile che quel tale avesse comunque deciso di andare a vivere lì.

Sì, non poteva essere! Lavi si convinse di ciò, sperando con ogni fibra del suo corpo che non fosse così.

“Suvvia, Miranda, pensaci. Dopo quello che è capitato, dubito fortemente che lui…”

“E fate più attenzione con quei mobili!”

Quella voce! Nonostante Lavi l’avesse sentita solo una volta non ebbe alcuna difficoltà a riconoscerla subito.

Non poteva essere lui. Ci doveva essere uno sbaglio. Non aveva alcun senso, eppure…

Si voltò per appurare che quella che aveva sentito non era la voce di Yuu Kanda, ma solo un parto, o meglio, un aborto della sua fantasia… e invece no.

Lui era lì, più accigliato che mai per come il trasloco procedeva a rilento e per la mancanza di cura con cui i suoi mobili venivano trasportati. Non certo un inizio promettente.

“Sono morto” disse solo Lavi, meditando di scrivere testamento una volta salito sopra a casa e magari di telefonare al vecchio e dispotico nonno per dirgli che, nonostante fosse una mummia bisbetica, nonostante fosse un rompiballe di prima categoria, nonostante lo picchiasse sempre, nonostante lo volesse costringere ad una vita di castità e devozione al solo lavoro della biblioteca, gli voleva bene lo stesso.

Kanda si girò verso di lui, lo fissò per qualche istante con aria di sfida e poi distolse lo sguardo per continuare ad inveire contro gli addetti al trasloco.

“Ehm, Lavi…” richiamò la sua attenzione una titubante Miranda, che comprendeva il suo terrore al momento. “Io dovrei andare adesso. Ci vediamo domani.”

Lavi la guardò allontanarsi senza riuscire a fermarla. Era rimasto solo con il suo carnefice.

Ci vediamo domani aveva detto Miranda, ma il giovane non era certo che sarebbe rimasto vivo per ancora molto tempo.

Strinse i pugni con forza. Dopotutto era pur sempre un suo coetaneo, anche se il fatto che l’altro era armato non era un dettaglio del tutto trascurabile. Gli avrebbe parlato, chiesto scusa per l’ennesima volta e magari avrebbe cercato di capire perché avesse deciso di trasferirsi lì (la sua curiosità non si arrestava neanche dinanzi la prospettiva di una morte lenta e dolorosa).

Gli si avvicinò a testa alta. “Ciao.”

“CHE.” Cos’era?

Lavi non lo capì, ma sempre meglio quello di un delicato ‘Sparisci’ o un più raffinato ‘Vaffanculo’.

“Non abbiamo iniziato nel modo giusto questa mattina e ci tengo a ribadire le mie scuse per il malinteso che tu ben sai. Ad ogni modo, pare che da adesso saremo vicini, quindi che ne dici di ricominciare tutto da capo?” Sfoggiò il sorriso più smagliante del suo repertorio (per ogni occasione ne aveva uno adatto, un po’ come un accessorio: quello per ammaliare una ragazza; quello per evitare una multa sul bus per mancanza di biglietto…).

Kanda lo guardò scettico dalla testa ai piedi, quasi gli stesse dando un punteggio da uno a dieci sul suo personale Idiotometro (rarissimo strumento di difficile utilizzo che permette di misurare la stupidità umana), ma non disse nulla.

Per Lavi un silenzio era più che incoraggiante. “Piacere di conoscerti: mi chiamo Lavi.” Allungò la mano verso di lui, sebbene sapesse che questi non gliel’avrebbe stretta.

Era forse un sorriso quello che si distese sul volto di Kanda? Se lo era, Lavi dovette ammettere che era il sorriso più inquietante che avesse mai visto. Fu tentato di ritrarre la mano prima di vederla volare via dal rispettivo polso con annessa fontanella di sangue: non era stata una grande idea vedere Kill Bill la settimana prima.

“Un coniglio di nome e di fatto” disse Kanda.

Perché coniglio? Si domandò Lavi, per poi cercare di darsi una risposta.

‘Di fatto’ perché non aveva certo dato prova di coraggio e sangue freddo quella mattina; ma perché anche ‘di nome’? Rifletté su quest’ultimo enigma, trovando la soluzione quasi immediatamente: probabilmente, essendo straniero, Kanda doveva aver frainteso il suo nome, capendo Rabi (ovvero Rabbit) anziché Lavi.

Dilemma esistenziale: fargli notare l’errore o fare finta di accettare quel nomignolo? Nel primo caso avrebbe rischiato il linciaggio.

In fondo i conigli sono animali dolci, teneri e coccolosi: chi mai al mondo sarebbe tanto crudele da far loro del male? Poteva essere una somiglianza che gli avrebbe giovato in futuro.

“Un coniglio: carino come soprannome. Tu invece sei Yuu Kanda…”

Kanda!” sottolineò questi, odiando l’idea di sentir pronunciare il proprio nome con tanta leggerezza, specialmente da un coniglio idiota come quello (in verità non c’era molta differenza tra Lavi e una qualsiasi altra persona).

“OK” confermò Lavi, tirandosi un po’ indietro e alzando le mani in segno di resa. Parlare con lui era come camminare su una strada cosparsa di chiodi arrugginiti, vetri rotti e qualsiasi altro oggetto tagliente: un solo errore e poteva dire addio a una qualunque parte del corpo.

Sembrava un tipo molto sicuro di sé: magari usando la tecnica dell’adulazione sarebbe riuscito ad ammorbidirlo un po’ (non tanto, giusto quel po’ che bastava per non rischiare di ritrovarsi nuovamente in un tête-à-tête con la sua katana). “Sai, non avrei mai pensato che un giorno sarebbe venuto un VIP ad abitare nel mio palazzo, ma…” Lavi non ebbe il tempo di finire la frase che si ritrovò il volto di Kanda praticamente a pochi millimetri dal viso e le mani di questi che gli tiravano la maglietta per tenerlo pericolosamente vicino a sé.

La tattica dell’adulazione si era rivelata un colossale fiasco!

“Ascoltami bene idiota: se non vuoi essere sminuzzato come una carota non parlare più del mio lavoro e non osare ripetere ancora una volta il mio nome. Anzi, se sei abbastanza intelligente vedi di non parlarmi, non guardarmi e non pensarmi neanche.”

Lavi deglutì visibilmente e rumorosamente. “V-v-va bene, d’ora in avanti sarai l’ultimo dei miei pensieri, non pronuncerò il tuo nome in vano e se ti vedrò per le scale del palazzo distoglierò lo sguardo.”

Come quella mattina, la voce di un uomo salvò Lavi: “Yuu-kun, allora hai proprio decido di andare a vivere per conto tuo?” Era il suo patrigno con tanto di fazzoletto bianco gigante che sbucava dalla tasca dei pantaloni pronto ad estrarlo come un’arma nel vano tentativo di far commuovere Kanda. “Sei ancora in tempo per ripensarci, sai?”

Ripensarci? Per Yuu Kanda non c’erano ripensamenti: se decideva di fare una cosa la faceva, anche se sbagliata e mai al mondo avrebbe ammesso di avere torto. Fortunatamente quello non era uno di questi casi.

“CHE.”

Lavi osservò la scena senza parlare, notando quanto tutto fosse bizzarro: un uomo di mezza età che mostrava una lacrimuccia all’angolo dell’occhio destro e un ragazzo a braccia conserte assolutamente indifferente alla cosa, anzi estremamente irritato. Forse Lavi aveva compreso perché Kanda avesse deciso nonostante tutto di traslocare in quella casa: era evidente che non sopportava i proprio parenti.

L’uomo gli si avvicinò sorridente, ma Lavi ebbe un brutto presentimento. “Tu sei il ragazzo di questa mattina, giusto? Purtroppo Yuu-kun non è mai stato un maestro di buone maniere, quindi mi sa che dovremmo presentarci per conto nostro: sono Froi Tiedoll, suo padre.”

“Patrigno!” rettificò Kanda alle loro spalle.

Consolante, pensò il ragazzo ribattezzato ‘coniglio’: Kanda aveva preferito vivere nello stesso palazzo con lui piuttosto che con il patrigno; davvero lusinghiera questa scelta!

“Molto lieto: Lavi” disse questi, stringendogli la mano, sentendo nel proprio palmo un pezzetto di carta.

In effetti si ritrovò in mano un biglietto scritto a mano, ma prima che potesse chiedere qualche spiegazione al patrigno di Kanda, questi si era già allontanato verso il figliastro per abbracciarlo, o quanto meno tentare di farlo.

Ma come poteva essere diventato così un ragazzo cresciuto con un uomo simile?

Lavi si allontanò dei due, attento a non farsi vedere dall’altro giovane mentre apriva il foglietto appallottolato e ne leggeva il contenuto.

 

 

Se Yuu-kun dovesse darti problemi o se dovesse avere lui problemi non esitare a contattarmi.

 

Firmato

Un padre premuroso

 

Lavi rilesse almeno tre volte la frase prima di afferrarne il significato recondito: era appena stato assunto per spiare Yuu Kanda!

 

 

 

 

Note dell’autrice

Non capisco perché ma con questa fic gli aggiornamenti vanno più a rilento rispetto ai miei soliti standard! Sigh, mi odio per questo!

Probabilmente è perché sto portando avanti un’impresa che va oltre le mie capacità: ovvero scrivere una fic che sia vagamente ironica, cosa che se nel primo chap ho ottenuto un effetto decente andando avanti scema sempre di più! Ma io non mollo: continuerò a scrivere questa commedia e vediamo dove finirò!

Scusate se non vi rispondo per questa volta alle singole recensioni come mio solito, ma già ho impiegato più tempo del necessario per scrivere questo chap, per cui d’ora in avanti per questioni di comodità vi risponderò tramite la nuova e comoda funzione di EFP di risposta alle recensioni! Santa cosa davvero!

Ringrazio infinitamente WindAngel, Rebychan, mago666, Myrose e AllAloneInSpaceAndTime per aver recensito lo scorso chap!! (ahimè purtroppo siete diminuite rispetto al primo capitolo, e la cosa è sicuramente indice di quanto detto sopra; doppio sigh).

 

   
 
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