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7 – The Roommate
Il
suo sorrisino mi fa intuire che è
contento di averci affidato quest’indagine.
“Ho
delle novità” esordisce infine “il
tenente Malcolm Crane si è precipitato nel mio ufficio
questa mattina in preda
alla disperazione”
“L’ha
aggredita, signore?” chiede Booth
“No,
no, era solo sconvolto…” si passa una
mano fra i capelli “vedete, il tenente Crane è
tornato stamattina da una
missione in Afghanistan, apprendendo solo ora dell’accusa di
omicidio di
Pierce…” spiegò Burke.
“Si
conoscevano bene?” chiede la dottoressa
“Molto
bene, direi, se ha reagito così…” ne
deduco, io.
Burke
ci scruta uno a uno “Sono compagni di
stanza…e migliori amici…”
Ci
guardiamo tutti, comprensivi.
Torni
da una missione in cui corri il
rischio di perdere la vita e scopri che il tuo migliore amico,
l’unico che ti
capisce veramente, è accusato di omicidio.
Farebbe
saltare i nervi a chiunque!
“Vi
avverto che non sarà un interrogatorio
facile, il tenente ha un diavolo per capello!”
Appunto.
Il
tenente Crane è nella stanza degli
interrogatori da ormai tre ore. È nervoso e vuole delle
risposte. Noi siamo
dietro il vetro ad osservarlo.
Si
mette le mani nei capelli, tamburella con
le dita, si alza e si siede continuamente.
E’
chiaramente provato e spaventato.
Impossibile non vederlo.
Controllo
i miei due colleghi. Booth la
pensa come me, ne sono certo.
La
dottoressa…beh, con lei è tutto più
difficile.
Non
gli toglie gli occhi di dosso e pare che
stia eseguendo una radiografia completa solo con lo sguardo.
“Sei
pronto?” mi chiede
Booth
“Sono
pronto”. La dottoressa ci guarda
uscire, poi torna a fissare il tenente da dietro il vetro.
Entriamo
nella stanza, nemmeno il tempo di
chiudere la porta che il ragazzo ci inveisce contro.
“Come
diavolo potete pensare che Robert
abbia potuto fare una cosa del genere!!”
“Tenente
si sieda immediatamente o sarò
costretto ad ammanettarla!” gli intima Booth
Il
tenente si siede, ma non cambia
atteggiamento.
“Sono
il capitano Rabb” intervengo “e sono
qui per fare il possibile per scagionare il tenete Pierce”
ottengo l’effetto di
calmarlo un poco.
“Tenente,
vogliamo la verità, come lei, per
questo ci deve aiutare” esclama Booth.
Fargli
credere che siamo dalla parte di
Pierce e che non lo riteniamo colpevole è la strada giusta,
il tenente si
ammorbidisce domanda dopo domanda.
“Conosceva
“Si,
era la ragazza di Robert, del tenente
Pierce…me l’ha presentata circa due mesi fa. Era
simpatica…” fissando il tavolo
“come è…”
“Tina
è stata…divorata da dei Doberman” dice
piano Booth guardandolo negli occhi.
E
lo guardo anche io. Quegli occhi si velano
subito di lacrime e di disgusto.
“Com’
era il loro rapporto? Andavano
d’accordo?” chiedo cercando di spostare
l’attenzione del tenente.
“Si
amavano, capitano”
“Mai
nessun litigio? Qualche bisticcio?”
prova Booth
“Tina
studiava quasi ventiquattr’ore al
giorno e Robert era spesso in missione. Le assicuro che quando
riuscivano a
vedersi non pensavano certo a litigare…”
Sicuramente
si dedicavano ad altre attività,
logico.
“Va
bene, Malcolm, pensaci bene: Robert non
si è mai lamentato di questa situazione? Non ha mai preteso
di più di qualche
incontro fugace?”
“Robert
diceva sempre che erano giovani e
che per adesso andava bene così. Era fiero degli studi di
Tina, la aiutava…”
“A
studiare?” chiedo. Il tenente mi guarda
perplesso.
“Cosa?
No, no, Robert non ci capiva niente
di tutte quelle formule mediche” ridendo al pensiero, poi
ritorna serio “la
aiutava economicamente, la facoltà di medicina è
molta cara”
Io
e Booth ci guardiamo. I soldi sono sempre
un buon movente per… beh, per tutto.
Entriamo
a passo di carica nell’ufficio
assegnato a Booth. Lui si getta sul telefono. La dottoressa si siede di
fronte
alla scrivania e afferra il cellulare.
Mentre
parlano io comincio a tirare un po’
le somme. Pierce sosteneva economicamente la sua ragazza. Non
avrà potuto fare
granché, ma vivendo nella base non doveva preoccuparsi di
vitto e alloggio,
perciò qualcosa sicuramente riusciva a racimolare.
E
la famiglia di Tina? Non l’aiutava? Il
tenente Pierce potrebbe essersi indebitato con gente poco
raccomandabile?
“Il
dna, e i capelli trovati nell’alloggio
di Tina Forrest appartengono solo al tenente Pierce” dice la
dottoressa
riponendo il cellulare in tasca.
Niente
di nuovo. Ma almeno possiamo
escludere il delitto passionale.
Con
uno sguardo ci intendiamo e aspettiamo
che anche Booth riattacchi.
“Tina
Forrest ha saltato l’ultima retta
dell’università” dice unendo le mani
sulla scrivania “a breve avremo i
resoconti dei suoi movimenti bancari”
“A
quanto pare l’aiuto di Pierce non era
sufficiente” ne deduce la dottoressa
“Già,
non è molto alta la paga di un tenente
della marina, pur vivendo nella base e quindi non avendo un
appartamento da
mantenere, non poteva darle molto..” spiego annuendo.
“In
tutto questo mi chiedo: come mai, questa
mattina, la famiglia di Tina non ci ha parlato dei problemi economici
della
figlia?” chiede allusivo Booth.
“Torniamo
a parlare con loro e lo sapremo”
conclude la Brennan.
Un
cellulare squilla. È il mio turno di
rispondere al telefono.
Riattacco
e finalmente ho delle buone
notizie.
“Era
la prigione, pare che Pierce si sia
calmato e abbia cominciato a ragionare”
esclamo con enfasi.
“Grande.
Domani noi torneremo dalla famiglia
Forrest e lei dal tenente Pierce e speriamo di trovare qualcosa di
utile!” dice
un po’ seccato.
“Nemmeno
io vado pazzo per queste situazioni
di stallo…”
“Mentre
aspettiamo di esaminare i resoconti
bancari cosa facciamo?” chiede lei impaziente.
Il
viso di Booth si apre in un sorriso…
“Beh, Bones…”
Lo
sguardo consapevole di lei mi fa intuire
che ha già capito dove vuole arrivare.
“…si
deve pur mangiare…” dice infine
alzandosi.
“Lo
immaginavo!” risponde la dottoressa.
Si
alza a sua volta e lo segue. Io mi accodo
in silenzio.
“Perché
lo hai chiesto allora?”
“Speravo
che per una volta mettessi il tuo
stomaco da parte” superandolo indispettita
“Lavoro
meglio a stomaco
pieno…Bones…aspettaci!”
Il
battibecco è durato lungo tutti i
corridoi del Met, l’ascensore e la hall del palazzo. Poi in
strada si sono
accorti di me. Booth accenna un sorriso di scuse mentre la dottoressa
è già
alla macchina.
Mentre
Booth fa scattare le portiere io
tolgo il volantino infilato sotto i nostri tergicristalli.
“Ehi
guardate, hanno aperto un karaoke bar,
potremmo farci un panino qui?”
e indico
il foglio giallo.
“NO!!”
rispondono entrambi, all’unisono.
Ok
che non tutti amano la musica ma una
reazione del genere non me l’aspettavo!-
“Non…non
si deve per forza cantare…” certa
gente è proprio stonata o si imbarazza a cantare in
pubblico, lo posso capire…
e comunque era solo un posto come un altro per mangiare velocemente e
tornare
in ufficio.
La
dottoressa non mi risponde, sale in
macchina pallidissima, sbattendo la portiera. L’agente Booth
fissa per un
secondo la portiera poi torna a rivolgermi lo sguardo
“Scusaci… è meglio
lasciare stare… mangeremo nel nostro albergo…va
bene se ti riporto al Jag?”
Fermi
un attimo. Si stanno sbarazzando di
me? La cosa mi puzza, lui l’ha capito ma non vuole domande.
Ce l’ha scritto in
faccia.
“Certo,
va benissimo” tanto il segretario
vorrà un rapporto dettagliato sull’indagine.
Vorrà
dire che il panino me lo mangerò in
ufficio.
Angolo dell’autrice:
eccoci col settimo capitolo!!! ne mancano solo due!!!!
ho introdotto il karaoke per ricollegare la sparatoria a Booth alla fine della terza serie, spero sia uscito un bel capitolo!!
bacioni a tutte e mille grazie a chi lascia un commento!!! XD
Ivi87