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Autore: Macchia argentata    21/05/2011    24 recensioni
In un soleggiato pomeriggio primaverile, un duello tra Oscar e Andrè prenderà una piega inaspettata, cambiando le loro vite. Su gentile richiesta dei lettori, ho deciso di trasformarla, da one-shot, in una raccolta di Flashfic con una sua trama.
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: * Victor Clemente Girodelle, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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7
Nota dell’autore
Una piccola premessa iniziale per informarvi che questo capitolo vedrà Andrè come voce narrante^^
Come vedete, le mie storie raffigurano ciò che sono: una persona totalmente confusionariaXD
Non so dirvi come saranno i prossimi capitoli, questa storia va un po’ dove gli pare…
Spero che l’improvviso cambio di punto di vista non disturbi nessuno…E che continuerete a seguirmi, in caso contrario…posso capirvi!
Un doveroso ringraziamento, come sempre, a chi legge e commenta^^ Il vostro supporto è davvero impagabile.



Un odore insolito riempie la cucina, avvolta nei fumi del vapore e nell’oscurità del tardo pomeriggio.
Lancio un’occhiata alle ceste ricolme di gusci perlacei stipate sul lungo tavolo di legno.
Ostriche.
Hanno l’odore del mare, un odore che ti entra dentro, riempiendoti le narici, lasciandoti stordito, quasi ubriaco.
Hanno l’odore degli abissi.
La nonna scuote la testa, verificando la temperatura dell’acqua che bolle nel calderone sopra al fuoco. E’ per il bagno che, con assai poco garbo, hai chiesto prima di sparire sotto al diluvio in groppa a Cesar.
Avrei voluto seguirti. Fermarti. Parlarti.
Invece sono rimasto appoggiato sotto al portico, guardandoti mentre ti allontanavi al galoppo lungo il viale, i capelli gocciolanti, la camicia fradicia attaccata alla tua schiena bianca.
Ti ho immaginato come Lady Godiva*, e mi sono eccitato delle mie stesse fantasie.
Cosa mi stai facendo, Oscar?
Eri una ragazzina secca e dispotica, fino a poco tempo fa, sempre pronta a darmi noia. Eri l’amica con cui passavo i pomeriggi a duellare e spettegolare sugli spocchiosi che riempiono i corridoi di Versailles.
Adesso incendi i miei pensieri, rendi insonni le mie notti e insopportabili le mie giornate.
Mi hai amato, e mi hai chiesto di dimenticare.
Mi hai confinato a palazzo, e l’ho accettato.
Ma non posso accettare di rinunciare a te, anche se questo, sappiamo bene entrambi, va contro ogni regola sociale.

Levo i due pesanti secchi ricolmi di acqua fumante dalle mani di Juliette, che, imbronciata, si sta apprestando a salire le scale per adempiere agli ordini da te impartiti.
Siamo solo servitori, dopotutto, puoi fare di noi ciò che vuoi, non è così?
“Ma, Andrè…” Protesta la ragazza, aggrottando le sopracciglia. Non è conveniente che ad occuparsi della padrona sia un uomo, eppure, nello sguardo della piccola cameriera, leggo anche una punta di sollievo.
Non devi starle particolarmente simpatica, e come darle torto?
Dispotica, lo sei rimasta.
Anche se i tuoi seni sono più gonfi, e la linea dei tuoi fianchi più sinuosa.
E le tue labbra…
Non saresti felice di sapere quali pensieri suscitano in me le tue labbra.

Quando arrivo alla tua stanza non mi do la pena di bussare. Suppongo non ci sia più nulla che io non abbia visto, a questo punto.
Sei sdraiata a letto, rannicchiata, e mi dai le spalle, una gamba piegata e l’altra allungata.
Sul pavimento vedo sparsi i tuoi indumenti fradici e macchiati di fango.
Indossi solo una camicia pulita e le calze, che hanno invece i talloni neri. Devi averci camminato scalza.
Ti volti appena, hai l’aria mesta. Ma quando i tuoi occhi incrociano i miei la tua espressione muta. Istintivamente ti sollevi, tirandoti la camicia sulle gambe, prima di realizzare l’assurdità del gesto, e lasciar perdere.
Poso i secchi sul pavimento.
“Vattene.” Il tuo tono, secco, non ammette repliche.
Ora seduta, fissi davanti a te, evitando il mio sguardo.
Sento la rabbia montare in me.
Per te, per me, per la confusione che sento dentro, perché ogni volta che mi respingi mi sembra di impazzire.
Vorrei farti cose che non oserei confessare nemmeno sotto tortura. Pensieri di cui ogni uomo per bene dovrebbe vergognarsi, che popolano le mie folli notti da quando le mie mani hanno avuto il tuo corpo.
La sottile striscia di pelle che riesco a scorgere tra le tue calze e la camicia non aiuta.
“Ti ho portato l’acqua.”
“Bene. Allora dammi la mia acqua e vattene!”
Rifiuti anche solo di guardarmi.
“Perfetto. Eccoti l’acqua.”
Sollevo un secchio tra le mani, e non rifletto nemmeno un istante quando, con slancio, lascio che il suo intero contenuto attraversi la stanza, colpendoti.
Se fossimo stati ancora bambini, ne avremmo riso.
Ma ora, tutto è diverso.
Spalanchi la bocca, voltandoti con occhi sgranati verso di me, fradicia.
Il tuo letto completamente inzuppato d’acqua.
“Sei…Sei impazzito?!”
Butti le gambe giù dal letto, e ti sollevi spalancando le braccia, osservandoti per realizzare la portata del mio gesto.
Riesco a scorgere i tuoi capezzoli attraverso la stoffa umida della camicia. Sei così diversa dalle donne con cui sono stato fino ad ora, Oscar.
Alta e flessuosa, fragile come un uccellino. Non hai le curve morbide in cui ogni uomo ama perdersi, non hai stabilità, non offri sicurezza.
Sei bianca, quasi trasparente, leggera come aria, e altrettanto inafferrabile.
Ma senza aria non si vive.
Innalzo tra le mani anche l’altro secchio, e mi avvicino a te, preda di una strana rabbia mista a dolorosa eccitazione.
Il tuo sguardo si solleva, indignato, incrociando il mio, ma non dici una parola quando, senza ritegno, ti verso addosso la restante acqua tiepida, lasciando che goccioli fino all’ultimo, prima di abbandonare il secchio a terra.
Mi fissi, immobile. I tuoi capelli resi scuri e pesanti dall’acqua di cui sono intrisi.
Sollevo le mani, posandole sulle tue guancie.
Le mie labbra ad un soffio dalle tue.
“Posso fare qualcos’altro per te, Oscar?”

 
*Lady Godiva, nobildonna medievale. Secondo le leggende cavalcò nuda, vestita solo dei lunghi capelli, per le vie di Coventry, protestando così contro le pesanti tasse imposte dal marito ai suoi sudditi.
  
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