Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: __Di    22/05/2011    4 recensioni
Fu come se per un momento tutto ciò che stava succedendo fosse stato cancellato, come se sotto di lui non ci fosse più il pavimento, come se le pareti girassero lì. I suoi pensieri cominciarono a rimbombargli in testa e all’improvviso si fermarono di colpo, per poi ricominciare a girare, un’altra volta, senza avere un senso compiuto o una logica. E si ritrovò a sfiorare appena quelle labbra con le sue, senza nemmeno rendersene conto.
Si staccò da Kurogane con una lievissima tachicardia e con il volto in fiamme, coprendosi la bocca con le dita e quasi non si accorse che quegli occhi vermigli lo stavano scrutando.
«Cos'era quello?» biascicò una voce assonnata e stupefatta.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Overleven
















Capitolo Nove-Laatste Hoop
















Kurogane non era certo il tipo a cui piace dipendere da qualcuno per esistere, del resto era un ninja, e tutti i ninja sanno badare a se stessi senza pesare su nessuno.
Era capacissimo di occuparsi di sé, come era aveva saputo badare a quello stupido mago, alla polpetta e a quei due ragazzini.
Ma ora giocavano a ruoli invertiti, ora la sua vita era nelle mani dello stupido mago, e non il contrario. Di certo all'inizio di questa sorta di travagliata avventura non si sarebbe mai aspettato che le cose si potessero rivoltare a quel modo, che ogni tanto a vita ti lascia gabbato e resti in balia di un mucchio di eventi che ti sfuggono di mano, Kurogane non credeva di potersi riscoprire a dipendere da qualcuno. Da qualcuno così, poi, men che meno!
Quel mago aveva destato in lui, fin dall'inizio, un certo interesse, oltre una certa voglia di scannarlo: era sospetto e non ci voleva il fiuto di un segugio per capirlo, ma non avrebbe mai pensato di dover contare su di lui per restare in vita.
Ma in fondo ammetteva che una piccola, minuscola, e quasi completamente insignificante parte di lui, indugiava spesso a pensare a quel mago, e certe volte questa sottospecie di atomo di ego era talmente agguerrita nel sopravvivere da sconfiggere le sue sorelle che non vedevano l'ora di picchiare quell'imbecille che buttava la sua vita anche quando le sue speranze non erano finite. Ed era stata quella parte di lui, che aveva annegato il suo organismo intero in una specie di veleno dolce e più devastante di quello che ora lo stava portando alla morte, a prendere il sopravvento a Tokyo, facendolo conseguentemente sentire uno schifo perché quel mago ingrato lo evitava nemmeno fosse un lebbroso. E sempre quella parte lì, che a quanto pare aveva lasciato affondare le sue sorelle nella sua personalissima smielataggine, l'aveva convinto che l'unica cosa da fare era troncarsi un braccio per portarlo con sé, checché ne dicesse Tomoyo, mica era solo merito suo!
Seppure avesse accettato, a lungo andare, quella fastidiosa parte di lui, di certo non avrebbe mai ammesso spontaneamente che non gli piaceva per niente l'idea di morire senza nemmeno salutarlo. Del resto era stato lui a costringerlo a vivere, con tutto che non voleva ammettere una qual si voglia forma di debolezza, Fay non meritava di essere abbandonato anche da lui.
Aveva cercato di ignorare il più possibile le strane emozioni che lo turbavano, non aveva mai avuto a che fare con sensazioni simili: era palese, preferiva più la fastidiosa irritazione che gli provocava il braccio nuovo impigliato nella sua carne con quei cavi, più che sentire una specie di tifone nello stomaco, che aveva poco a che fare con la nausea e il vomito.
Morire per aver protetto chi amava, come aveva fatto suo padre e una buona manciata dei suoi avi prima di lui, era sempre stata una prospettiva decisamente allettante; essere interrato nella calda terra di Suwa, a giacere accanto ai resti di sua madre, a vegliare su di lei facendo le veci di suo padre, con Ginryu accanto, sarebbe stata una giusta fine per una vita vissuta da guerriero, ma una serie di eventi lo stava portando a rivalutare un pochettino le sue aspettative.
Proprio come per lui era risultato complicato lasciare Nihon e abituarsi a viaggiare in quello strampalato gruppo che più che altro sembrava una famiglia malassortita alla fin fine, ora per lui diventava complicato sapere di dover lasciare tutto questo. Aveva faticato a riabituarsi a Nihon perché non era più quello il posto dove doveva stare ora, non c'entrava solo un fatto di volontà, piuttosto era proprio un problema di  -boh?- bisogno. Era proprio necessità. Essere interrato nella sua terra, ora, non gli bastava più.
Aveva cercato di ignorare quel bacio per quanto fosse umanamente possibile, ma si rese conto che non gli bastava più morire a Nihon. E questa sorta di illuminazione gli arrivò una notte.
Fuori faceva molto freddo e c'era una pioggia fitta e battente che tamburellava sulle lastre di legno del tetto, proprio come quella che per poco non li ustionava a morte a Yama. Lui era riuscito a prendere sonno malgrado avesse dei dolori che non gli facevano neppure chiudere occhio, ma c'era riuscito più per scelta obbligata, per non sentire Tomoyo e Souma compatirlo a morte. Quando si svegliò, in preda a una mezza crisi di dolore, si ritrovò -con un capogiro di orrore- a lasciar correre la mano destra alle proprie labbra e l'altra a cercare qualcuno tra le pieghe della coperta.
Per sua sconfinata fortuna, Tomoyo non era lì, pertanto non poté analizzare la questione sotto un qualche aspetto psicopatologico, infierendo su di lui più di quanto non facesse normalmente a suon di compassione. Lui si tirò a sedere sospirando profondamente.
Per quanto non gli piacesse ammetterlo, -perché fondamentalmente lui era un ninja, mica una bamboletta!- si ritrovò a pensare che per un istante aveva voluto ricambiare quel bacio, se ne avesse avuto modo. Ma per fortuna, tutto sommato nella sfortuna era davvero stato fortunato, Fay era scappato prima del tempo, prima che lui si mostrasse un ridicolo sentimentalone, e in fondo Fay non avrebbe mai saputo che forse qualcosina in fondo in fondo al cuore la provava nei suoi riguardi anche quella parte più integerrima da ninja che si ritrovava.
Ma ovviamente, ora che si stava avviando verso la conclusione peggiore per la vita di un guerriero, le sue priorità stavano cambiando, e pure parecchio! Se all'inizio gli andava pure bene morire nel suo paese, ora non riusciva a togliersi quel sapore amaro e piuttosto fastidioso dalle labbra, come se quel bacio gli avesse praticamente aperto gli occhi e facendolo l'aveva pure lasciato a bocca asciutta, e se quello che probabilmente nella mente del mago era come un bacio del buongiorno, era suonato proprio come un addio, e di certo questo non gli sconfinferava più di tanto.
"Quando una persona del genere ti irrompe così nella vita, non c'è tecnica difensiva che tenga, è naturale cambiare un po', anzi, forse è inevitabile" gli aveva detto la sua fastidiosa padrona, quella ragazzina che parlava come un'ultracentenaria, come una donna dall'aria vissuta, insomma una che ne ha vista di acqua passare lungo un fiume! All'inizio non ci aveva dato tutto questo peso -del resto perché doveva pensarci, quando poteva perfettamente rimuovere il problema prima ancora di assimilare quella stupida frase?- ma ora si rendeva conto che assieme alle sue priorità era cambiato anche lui. E a quanto diceva la sua principessa, evidentemente era un naturale processo biologico, come respirare o defecare -aveva usato proprio questi esempi, facendolo inorridire, aggiungendo anche un "Beh, che pensi? Anche io vado in bagno!"-, e quindi non era proprio colpa sua, erano stati gli eventi a farlo, e la colpa era pure di quello stupido mago!
Morire a Nihon, in un letto, stroncato dopo mesi da un veleno, più che da una ferita su un campo di battaglia, era peggio di quanto avesse immaginato, ma non era peggio di sentirsi davvero poco se stesso.
Era così. Non era tanto il problema che le sue priorità erano completamente sovvertite, ma soprattutto era che il suo corpo stava rispondendo sempre di meno agli stimoli nervosi che impartiva il cervello; che a stento riusciva a gridare perché per fino la voce che graffiava le corde vocali gli faceva male; che doveva avere a che fare con gli sguardi accorati di Tomoyo quando lei cercava di aiutarlo a respirare e l'unica cosa che riusciva a fare era trovare impigliate tra le dita ciocche e ciocche di capelli corvini, che a quanto pare non avevano intenzione di restare sulla sua testa; e la cosa peggiore di tutto questo, anche peggio di non sentirsi più Kurogane, era pensare che se lui non fosse più stato Kurogane, quel Kurogane, allora nemmeno quello stupido mago l'avrebbe più voluto.
La notte in cui elaborò quest'altra bella pensata, si girò e rigirò, per quanto gli fosse possibile, tra le coperte.
Probabilmente Tomoyo -il cui fiuto era degno del miglior segugio di tutte le dimensioni- aveva già intuito qualcosa, aveva cercato di toccare l'argomento un paio di volte, ma con scarsissimi risultati: in tutta risposta le labbra di Kurogane si erano serrate, a trattenere un gemito, e poi le aveva lanciato uno sguardo strano -così l'aveva definito lei, mentre ne parlava con Souma- che ovviamente aveva destato sospetti.
Però in un certo senso era fortunato: per quanto Tomoyo avesse potuto infierire, presto o tardi sarebbe morto e più che ammettere qualcosa, si sarebbe portato quella catasta di confusi ma sdolcinati sentimenti nella tomba. Di contro, era convinto che se la sua principessa avesse saputo, probabilmente oltre a uno sguardo fiero e contento perché in fondo, ma neanche tanto in fondo, a lei questo genere di sdolcinatezze piacevano da morire, gli avrebbe pure sferrato uno scappellotto in testa perché lui non aveva risposto al bacio. Cosa che presupponeva anche un minimo coinvolgimento da parte sua! Inaccettabile davvero, soprattutto perché mica se lo meritava un buffetto lui, che già era stato gabbato da quello stupido mago, questa era un'onta ben più grande di un colpetto sulla nuca, anche perchè mica sarebbe stato il primo schiaffo che Tomoyo -che, di suo, non è che non fosse manesca, anzi!- gli sferrava per redarguirlo.
Inoltre, plausibilmente, non avrebbe nemmeno avuto abbastanza energie per risponderle, un'occhiata era più che sufficiente.
Mentre sciorinava occhiate eloquenti e lo imbottivano di oppioidi e intrugli per non fargli sentire troppo dolore, si rese conto che oramai stava tirando avanti ogni giorno con la voglia di rivedere il mago, ma non per picchiarlo -non solo, almeno-, e ne restò sconvolto, tanto che nemmeno con una doppia dose di etere riusciva a perdere i sensi.
Che quell'imbecille fosse diventato la sua ragione di esistere? Nah, non poteva essere una sdolcinatezza simile! Cavoli, lui era un ninja, mica una bamboletta! Eppure era strano, perché quando si toccava le labbra -era diventata una specie di consuetudine dopo quella notte passata insonne- si sentiva poco poco meglio, e ogni volta che chiudeva gli occhi distingueva chiaramente una massa enorme di capelli biondi.
Probabilmente è morto, pensò l'ennesimo giorno senza notizie. Sapeva bene che quel mago esasperava un fare fin troppo estroverso, quando estroverso non lo era affatto, e di certo se ne sarebbe andato silenziosamente, in punta di piedi, non come gli aveva sconvolto la vita irrompendo con un sorriso falso e con un nomignolo inutile urlato con un tono che di virile non aveva niente.  L'espressione che gli si era dipinta sul volto quel giorno, di certo non era il sorriso della Gioconda di Leonardo da Vinci, per cui Tomoyo e pure Souma erano tornate all'attacco, e per evitare le loro domande si era finto addormentato ed effettivamente si era poi addormentato.
Ma con un peso simile sul cuore fu piuttosto difficile sognare unicorni rosa, farfalline blu e cuoricini dorati -ehm volevo dire scannamenti, omicidi e massacri, ovviamente, che andate a pensare?- invece, con la sua povera testolina malconcia e un pochettino devastata non solo dagli oppiacei ma anche dal fatto che i nocicettori non la smettevano di prendersela coi tre neuroni che avevano stoicamente resistito fino all'ultimo, non sognò affatto, si ritrovò ben presto con gli occhi fissi sul soffitto.
Cavoli! Lui era un ninja, anzi, il ninja più capace del Giappone, era addestrato a dormire anche in piedi se si fosse presentata tale necessità, e ora faticava a dormire?! No, decisamente impensabile, non poteva essere così, eppure per quanto gli fosse possibile, si rigirò alternativamente su un fianco e l’altro senza riuscire ad addormentarsi nuovamente.
Eppure non faceva poi così male, si ritrovò a pensare che si aspettava di peggio: dormiva ogni giorno di meno, i dolori erano tanto forti da tenerlo sveglio ma inghiottiva la pillola, non urlava, probabilmente perchè ora gli mancava anche la voce, però le poche volte che dormiva era un sonno profondo.
Certo, le sue condizioni fisiche erano tutto fuorché migliorate, pertanto Tomoyo, per quanto sadica potesse essere, aveva preso le giuste distanze da lui, aveva smesso di infierire sul suo più che pessimo umore e sulle sue crisi di dolore che avvenivano sempre più spesso.
Da quando aveva ricominciato a muovere il braccio, il suo organismo aveva smesso di lottare contro le tossine. Ora che il suo braccio rispondeva quasi interamente ai comandi dei nervi motori, il resto del suo corpo si era arreso, era completamente paralizzato a letto: per lenire i dolori che lo tenevano sveglio il più delle volte gli facevano inalare estratti di oppio misti ad etere e gocce di cloroformio; quel che mangiava -vale a dire poco più di due cucchiai di riso ogni tre giorni, più un paio di cucchiai di brodo ogni sera-, restava nel suo organismo per poco, pochissimo, vomitava quei due cucchiai di brodo o li espelleva in quella sottospecie di pannolone che gli avevano messo, perché sì, per calpestare ancora di più quel po’ che restava del suo onore, gli avevano pure infilato un maledetto pannolone.
Un pannolone! Ecco, sì, non è che facesse solo male fisicamente, anche perché lui era allenato a ignorare quasi del tutto il dolore, ma era la sua dignità a risentirne di più. Faceva tanto, troppo male, maledizione! Lui non era certo il tipo da lamentarsi inutilmente, anzi, il suo orgoglio lo portava a zittire i gemiti e a ringhiare piuttosto che ammettere di essere debole, anche se il dolore era talmente forte che gli provocava vere e proprie scariche di dolore -a base di scosse e fremiti percorrevano tutto il suo corpo, tanto da confondergli la mente e offuscargli la vista-, c’era dell’altro. La cosa che più lo infastidiva -ed erano parecchie le cose che gli facevano saltare la mosca al naso, un tempo-, era che adesso si sentiva una sottospecie di uomo, un uomo a metà, ed era questo che gli faceva più male. Non era più un ninja perché morire a quel modo non era degno di un ninja, e neppure rivalutare le proprie priorità e sovvertire di sana pianta le tre o quattro consapevolezze che aveva era molto da ninja.
Sapeva perfettamente, forse era la quarta o quinta dozzina di volte che Tomoyo glielo ripeteva, che non era sbagliato cambiare, non era certo un crimine, del resto mica l'aveva scelto lui, però si sentiva comunque un uomo a metà.
E non era solo perché non era più un ninja, a suo personalissimo avviso, piuttosto perché non sapeva più cos'era. Kurogane era stato il ninja più forte del regno del Giappone, molte generazioni l'avrebbero ricordato così, gli aveva detto più volte l'imperatrice, ma oramai lui non era più quel Kurogane. Era solo un altro Kurogane, sembrava più che altro un caso di omonimia, lui era più vecchio, stanco e rammollito che altro. Una vera vergogna, un disonore per suo padre e tutto il resto dei suoi avi. Eppure aveva scelto lui quella fine, aveva scelto lui di proteggere quel mago imbecille, la polpettina e il moccioso,  e non lo rimpiangeva affatto. Che fosse diventato più maturo?
Si rigirò ancora e ancora nel letto, possibile che un maledetto bacio, non richiesto peraltro, lo facesse sentire così? Perché non permetteva di dormire a lui che era programmato a dormire anche su uno sgabello traballante? Perché lo costringeva a rivalutare le tre consapevolezze e mezzo che gli erano rimaste? Era solo un bacio, un bacio vigliacco e inutile! Un bacio che avrebbe necessitato una seria spiegazione. Era del tutto irrilevante, un bacio talmente inutile ed irrilevante da non meritate tutta l'attenzione che aveva avuto, da non meritare di perderci il sonno!
Era uno stupido bacio, stupido quanto quel maledetto mago.
Mentre cercava di prendere sonno, provò a concentrarsi sul suo respiro, trovando un modo più o meno indolore per ventilare, sarebbe riuscito a dormire beatamente.
Si ricordò crudelmente, senza nemmeno soluzione di continuità che aveva passato buona parte di quella maledetta notte a sentire quel mago respirare accanto a lui. Mentre Fay dormiva, il suo sguardo aveva indugiato per ore su quel corpo tanto magro da sembrare così fragile. Non l'avrebbe ammessi neanche sotto tortura, ma sentirlo respirare lì accanto a sé l'aveva fatto sorridere. E non avrebbe neppure mai ammesso che conosceva perfettamente quel suo respiro, due lievi tremiti per prendere l'aria, inalandola poco e poi sospirandola a lungo, il classico respiro di chi nella fase REM ci entra solo quando è completamente devastato dalla stanchezza. E Fay nemmeno così riusciva a dormire, con tutto che era ferito, non dormiva bene.
E anche quella volta, quando l'aveva guardato dormire così vicino a lui, quando si era ritrovato a pensare che era la prima volta dall'inizio di quel viaggio che dormivano tanto vicini, anche quella volta non sembrava dormire bene, profondamente.
Sì, quella era proprio la prima volta che gli dormiva vicino quasi di sua spontanea volontà. Anche quando si trovavano a corto di soldi, accanto a Kurogane dormiva Shaoran, e tra di loro la polpettina, a fianco al moccioso c'era Sakura e poi Fay, in un angolo remoto del letto, il più lontano possibile da Kurogane, come a farlo a posta.
Lui lo riconosceva subito il respiro del mago quando dormiva, anche perché quello di Mokona era pesante, anche se a guardar bene il naso non l'aveva nemmeno, quello del ragazzo era a brevi scatti, come agitato quanto il suo sonno, anche se non si metteva a scalciare come Sakura e ruzzolare tra le lenzuola, e lei respirava e mugugnava rumorosamente, roba che uno che soffriva d'insonnia avrebbe fatto fatica a dormire ancora di più.
A tutto questo aveva pensato mentre quel mago dormiva. Eppure il suo sonno non sembrava così agitato come il suo respiro faceva presagire. In un certo momento gli era balenata nella mente ormai quasi dedita a delirare, l'idea decisamente malsana di essere lui il materasso sul quale quel corpo gracile si accucciava, e magari l'incavo tra la sua spalla e il suo collo poteva fargli da cuscino, come era stato a Tokyo. Poi rinsaviva piano, con calma, era così triste vedere una persona abbracciarsi un cuscino e vi affondava il viso completamente, soprattutto per chi non aveva problemi a dormire.
Aveva finto di addormentarsi quando l'aveva sentito gemere appena e mugugnare: lo faceva sempre prima di svegliarsi.
E poi all'improvviso s'era sentito quelle labbra tiepide sulle sue.
Erano davvero così le sue labbra?
Gli parve un bacio disperato, come un addio e quando aprì gli occhi, quelli di Fay, che erano davvero molto vicini ai suoi, erano gonfi lucidi.
Giunse all’amara conclusione che si trattava di un addio. Un addio muto, anche se doveva essere Kurogane a rispondere di un qualche addio, a rigor di logica, era lui che doveva salutarlo, non quel mago, era stato l’imbecille a fare tutto di testa sua, come al solito. E ora per colpa di quell'imbecille di un capoccione biondo doveva sopportare gli sguardi accorati della sua principessa che non capiva perché era “depresso”, a detta sua, le occhiate di una Souma che a quanto pare la sapeva lunga, e la sua imperatrice che cercava di farlo parlare in qualche modo, ma senza riuscirci.
Sicuramente Tomoyo era arrivata prima di quelle altre due alla fonte di quel malessere, anche perché ultimamente stava facendo troppi discorsi parafilosofici che però non è che lo esortassero più di tanto a parlarne con lei, ma ormai Kurogane si sarebbe portato nella tomba i motivi di quell’espressione più cupa del solito e avrebbe passato anche la pace eterna a girarsi e rigirarsi nella sua bara, a perdere il sonno pure da morto, perché in fondo al cuore sapeva che avrebbe lasciato quel mago a breve.
Si rigirò per l’ennesima volta nel letto, trovandosi prono, intrappolato nella coperta che a forza di girarsi e rigirarsi gli si era attorcigliata intorno, affondò la faccia nel cuscino con un sospiro. Stava esagerando, non poteva perdere il sonno per una cosa del genere, era un bacio inutile: il mago aveva evidentemente travisato la sua richiesta di un saluto vero e proprio, mica gli aveva chiesto “Ohi, prima di andare, mi baceresti?”, lo testimoniava anche il fatto che gli aveva effettivamente fatto un agguato mentre dormiva, e quindi oltre ad essere stato inutile era anche decisamente vile. Però che ci si poteva aspettare da un mago imbecille come quello lì? Del resto non è che fosse un esempio di coraggio e rettitudine morale, anzi più debole di lui giusto un neonato anemico e prematuro. Una cosa del genere non meritava proprio che qualcuno ci perdesse il sonno, men che meno qualcuno come lui!
Si concentrò di nuovo sul suo respiro, cercando di non pensare ad altro fuorché al suo respiro, doveva dormire, almeno così Tomoyo non avrebbe potuto sbuffare una qualche lamentela riguardante il suo viso sbattuto.
Nuovamente però si ritrovò con gli occhi spalancati sul tessuto bianco che costituiva la federa del suo guanciale. Avrebbe lasciato quel mago a breve. Possibile che la sua testa avesse deciso di non dargli pace nemmeno quella notte? Non è che chiedesse tanto, voleva solo dormire, lui! Il suo cervello aveva deciso di rompergli le scatole tutta la notte, come se non gli bastassero i dolori e le perle di saggezza non richieste che sciorinava Tomoyo tutti i santi giorni, ora ci si mettevano anche quei quattro neuroni in croce che gli erano rimasti.
Però, in fondo, era vero e lui lo sapeva bene. Quel mago era il tipo di persona che una volta rimasta sola cerca un modo di crepare, ma senza riuscirci si chiude a riccio e continua ad esistere nei secoli dei secoli.
Che cavolo di situazione!


Avere un altro attacco lì voleva dire morte, non solo per lui, ma soprattutto per Kurogane.
In altre circostanze, se lui fosse morto, il problema non si sarebbe posto, invece non c'era solo la sua vita in ballo, c'era anche la vita di Kurogane. Tutta questa situazione era assurda! Lui che aveva capito solo con molta calma quanto valesse la propria vita, aveva la vita di una persona, anzi, di quella particolare persona, in mano.
Nonostante si fosse impegnato davvero tanto, non sapeva se a Kurogane e anche a lui stesso, di conseguenza, restasse più di qualche giorno. Sarebbe stato davvero patetico se lui fosse stato davvero molto vicino a una cura, se avesse usato tutte le energie a sua disposizione, se avesse sputato copiosamente sangue in ogni mondo o quasi, e poi Tomoyo l'avesse chiamato dicendogli che sarebbe stato carino vederlo al funerale, magari.
Sotto un certo punto di vista aveva salutato Kurogane, gli aveva detto addio a modo suo, con quel bacio, anche se effettivamente avrebbe fatto meglio a non farlo o almeno a dargli modo di rispondere, anche con un insulto andava bene, bastava una risposta, una qualunque. Però, ripensandoci, era meglio non sapere, perché se Kurogane se ne fosse andato prima del tempo allora anche quel poco che sarebbe riuscito a vivere lui, sarebbe stato un’agonia in piena regola.
Prese a rovistare spasmodicamente in una delle tasche del cappotto, a cercare qualcosa.
Nell'ultimo mondo quasi ospitale che aveva incontrato, un erborista di nome Hisui, gli aveva detto che lui era in grado di estrarre un antidoto da quella pianta, ma che nel suo mondo quelle piante non crescevano in quel periodo dell'anno. Per cui il piano era trovare quella pianta e portarla a Hisui. Il tale moro che viveva con l'erborista, che anche a una prima occhiata si capiva benissimo che si trattava di molto più che un coinquilino, gli spiegò come trovare quella pianta, si era anche scritto una specie di appunto, visto che le cose da ricordare erano davvero troppe.
Hisui gli aveva anche dato una medicina in grado di calmare la tosse, solo che una volta presa si sentiva molto debole e tra le altre cose non placava più di tanto l'emottisi, per cui cercava di farne a meno.
In effetti erano stati molto più che amichevoli, Hisui l'aveva raccolto dopo che una crisi l'aveva ridotto allo stremo, e l'aveva imbottito di medicinali per farlo sentire meglio, anche se Kokuyo, quello che coabitava con l'erborista, aveva capito alla primissima occhiata che il suo problema non era curabile con un qualche intruglio medicamentoso, ma almeno con quelle medicine la tosse e il reflusso di sangue che gli invadeva la gola sembravano un po' sopirsi.
Inghiottì due pasticche accompagnandole con una specie di sciroppo con uno strano retrogusto inquietante di eucalipto.
Ci mettevano poco a fermare la tosse, mentre la controindicazione arrivava poco alla volta, per cui, una volta si avesse smesso di tossire, avrebbe potuto cercare la pianta, poi accamparsi e quindi lasciarsi sopraffare dagli effetti collaterali che quello sciroppo e quelle pasticche avevano.
La debolezza, i crampi, il sangue che gli ribolliva in corpo, non erano niente. Aveva cominciato a ignorare quella serie di effetti, aveva provato a convincersi che non erano altro che una serie di illusioni, non erano niente, non esistevano. In effetti ci era quasi riuscito le prime volte, ma quel genere di tecniche motivazionali non erano poi così tanto utili, era molto meglio ripetersi che quei dolori che sentiva lui non erano niente rispetto a quanto potesse soffrire Kurogane.
Sapeva bene che lui gli avrebbe risposto che stava bene, non era il tipo da lamentarsi, nemmeno in punto di morte si lamentava, lui, però l'aveva visto così abbattuto quel giorno. Ma non poteva nemmeno farglielo presente, gli era bastato vederlo così per essere quasi motivato.
Era ripartito pentendosi subito di quello che aveva fatto.
Lui che aveva cercato in tutti i modi di evitare legami con chiunque si mettesse sulla sua strada, e aveva provato a dimenticarsi che tutto sommato il suo cuore batteva malgrado tutto, e che probabilmente avrebbe reagito malissimo se le consuetudini di un tempo fossero state cancellate all'improvviso, era proprio l'ultima persona al mondo che si sarebbe aspettata di fare una tale cavolata.
Eppure non aveva mai negato in alcun modo quella certa attrazione che lo legava profondamente allo shinobi, certo, per lui era una cosa decisamente a senso unico, per quanto fossero eloquenti quegli occhi cremisi quando si posavano su di lui, per quanto gli piacesse credere che un giorno gli avrebbe chiesto di restare con lui a Nihon, ma di certo non avrebbe mai pensato di ritrovarsi a coprire con la sua bocca quella ferrosa e secca del moro.
Non aveva mai negato a se stesso un'occhiatina languida in più a indulgere su quel bel fondoschiena o su quel viso affilato, ma credeva di avere la forza di tenere questi sentimenti a freno.
Aveva sempre cercato di tenersi lontano dai sentimenti che l'avrebbero logorato, eppure sentiva che la sua vita ora apparteneva a Kurogane. Ma non come presumeva appartenesse a suo fratello, di certo non si sarebbe presto vestito di nero con un coprifronte o avrebbe preso a breve il suo nome, ma anche al costo di sembrare ridicolo, sarebbe stato al suo fianco, prendendo di petto i suoi sentimenti, anche a costo di annichilire.
Ogni secondo che passava lontano da lui, si sentiva morire un po' dentro.
Pensava a Kurogane, a quel bacio col quale aveva sfiorato le sue labbra riarse dal dolore e dalla sete che sembrava proprio un bacio del buongiorno, e al fatto che probabilmente gli aveva fatto più male del buongiorno Kurogane che gli aveva quasi ringhiato contro quando l'aveva tenuto in vita a scapito della sua di vita. Pensava a Kurogane, a quanto gli mancasse sentirlo respirare nel letto vicino al suo, mentre dormiva tranquillo insieme a tutti gli altri e anche a quanto gli avrebbe fatto piacere sentire uno dei suoi scappellotti sulla nuca quando diceva una di quelle cavolate che lo facevano alterare. Pensava a Kurogane, agli altri nomignoli che gli voleva affibbiare, al suono che faceva quando puliva accuratamente la sua spada, la sera. Pensava a Kurogane e al suo profumo, non a quello del suo sangue caldo, ferroso e dolciastro, era proprio il profumo della sua pelle, un odore morbido eppure spigoloso, pungente, caldo e forte, maschio. Pensava a Kurogane, tutto il giorno, pensava al fatto che plausibilmente non avrebbe mai trovato modo di salvarlo e che avrebbe convissuto con quel terribile senso di colpa e di incompletezza per quel poco che restava della sua vita.
Così, quando arrivò in fondo alla lista dei paesi da visitare sulla guida botanica, ormai non sperava più di riavere il Kurogane forte e sano di tanti mesi prima al suo fianco.
Inoltre, anche se avesse viaggiato più a lungo, plausibilmente il suo fisico ne avrebbe risentito ancora di più. Il sangue che sputava ogni volta era sempre di più, ogni cellula del suo corpo bruciava e sembrava che i suoi organi stessero friggendo e diventando più o meno simili a un pezzetto di carbone.
Quando arrivò in quel paese che custodiva la sua ultima speranza, pioveva e c'era un vento talmente forte da non permettergli di tenere gli occhi aperti.
Sentiva il sangue gonfiarglisi in gola e ribollirvi, lo stomaco che gorgogliava e il cuore che rimbombava nella cassa toracica.
Se fosse svenuto lì, se si fosse sentito male lì, plausibilmente avrebbe dovuto convivere solo un paio d'ore col senso di colpa e sarebbe morto di stenti lì, prima di Kurogane.
C'era di buono che probabilmente l'altro non l'avrebbe lasciato solo più di tanto.
Si ritrovò carponi con le mani davanti alla bocca, ma a poco valsero per bloccare l'ingente fuoriuscita di sangue.
Cercò di orientarsi, dagli appunti che aveva, doveva cercare una montagna e salirvi.
Adocchiò una montagna all’estremità opposta della valle, e si incamminò per raggiungerla.

Più camminava, e più gli pareva che il sentiero che aveva preso non sarebbe mai arrivato in cima alla montagna, ma ci girava solo attorno, facendolo restare sempre alla stessa altezza o quasi. Era già la seconda volta che gli pareva di aver incontrato una pietra liscia e lucida, marchiata dall’usura della pioggia e dal muschio. Ed effettivamente era così, stava solamente girando attorno alla montagna, e a lungo andare si sarebbe ritrovato a camminare di nuovo nella valle, in mezzo a quelle che avevano tutta l’aria di essere delle risaie, che aveva abbandonato poco prima.
Decise che ormai doveva arrampicarsi, noncurante del fatto che plausibilmente con quella pioggia e quel vento sarebbe precipitato e si sarebbe allegramente sfracellato al suolo.
L'ultima volta che il signor Kokuyo era andato alla ricerca di quella pianta era finito in un rovo, e il
signor Hisui, che gli aveva raccontato la storia, aveva passato tutta la intera notte a medicargli le ferite, ma si parlava di anni ed anni prima. Si era fatto spiegare da loro in quali luoghi cresceva quella pianta e come l'avrebbe riconosciuta, e si era fatto prestare una corda e uno zaino per recuperarla, un paio di guanti per maneggiarla e una mascherina. Ma quelle erano solamente precauzioni, l’erborista l'aveva rassicurato, quella pianta solo a contatto con i metalli cominciava ad emettere spore nocive, e inalandole non sarebbe di certo morto, e comunque le spore le emetteva spontaneamente solo in periodo di fioritura, quando non era più possibile estrarre l'antidoto. Allora usò la corda per aiutare l’arrampicata, imponendovi un incantesimo in modo tale da farne raddoppiare la lunghezza e da assicurarla a un albero che scorgeva a stento da dove si trovava lui. Non voleva rischiare nell’usare i suoi poteri per facilitarsi la vita, del resto poteva sempre avere un altro sbalzo di energia e precipitare giù.
Prese ad arrampicarsi e cercò di ripetersi di non guardare giù, di fare attenzione a dove metteva i piedi e a cosa si aggrappava, la corda legata al petto e alla vita avrebbe evitato che il burrone che lo attendeva a fauci spalancate sotto di lui, se fosse anche solo scivolato con un piede, lo inghiottisse per sempre. Di certo l’acqua non aiutava granché, la pioggia batteva con insistenza, sembrava che quello dovesse davvero essere l’ultimo giorno sulla terra per lui, anche le calamità naturali ce l’avevano con lui. Per aggrapparsi meglio piantava le unghie nella roccia per evitare che i palmi scivolassero sulla parete umida della rupe scoscesa.

Quando era oramai arrivato in cima al picco, infatti quelle piante crescevano solo in posti chiaramente inospitali, con tutte le mani ferite, arrancò per un momento. Aveva sete, la testa gli girava per lo sforzo e le gambe gli tremavano da impazzire, come se i dischi cartilaginei fossero di burro, stava cominciando a risentire degli effetti dei medicinali di Hisui.
Si aggrappò a un tronco di un albero e inalò a fondo a occhi chiusi. Doveva resistere, vincere la sonnolenza, la sete e la tremarella, era arrivato lassù -anche se non era del tutto certo che avrebbe trovato la pianta., ma non poteva mica morire ora.
Sentì un odore strano, lo stesso odore, gli aveva detto Kokuyo, delle giornate di pioggia quando la terra si inzuppa d'acqua e diventa fango misto a muffa e uovo sodo. Ora, non è che fosse stato fortunatissima tale descrizione, visto che l’odore della terra inzuppata d’acqua era ovviamente dato dalla pioggia che continuava a battere con una certa insistenza, però nell’aria c’era odore di uova sode e muffa. Si doveva far guidare da quell'odore, seguirlo e se avesse trovato una grossa roccia carsica bianca, luccicante, avrebbe trovato quello che cercava.
Si staccò dall'albero e cercò di fare luce su quel sottobosco fitto e buio con un incantesimo.
Quando riuscì a rischiarare la terra su cui camminava, cominciò a seguire le tracce.
Kokuyo gli aveva detto che nelle vicinanze di quella pianta non crescevano altro che licheni, ma le rocce carsiche che ne nascondevano le radici erano bianche. Si guardò attorno, l'olezzo era sempre più forte, ma c'erano ancora dei plantigradi a foglia larga, delle specie di palme da dattero grandi e gonfie, che rimestavano nel buio una strana varietà di resina viola acceso e corrodevano il terreno attorno a loro tanto da non far crescere nemmeno un filo d'erba.
Fece un altra quindicina di passi prima che qualcosa si avventasse sul suo collo, graffiando e mordendo a sangue.
Lasciò correre entrambe le mani a staccare quella cosa mostruosa dal suo collo, non risparmiandosi neppure un gemito di dolore.
Era una sorta di topo dai denti lunghi e neri, col pelo maculato e le orecchie lunghe da coniglio tirate oltre la testa, e in paio d'ali implumi, che parevano fatte d'osso.
Fay gemette con più forza e tartagliò un incantesimo che lasciò lì in terra stecchito il suo piccolo aggressore, non poteva morire proprio ora che era a un passo dalla cura.
Il sangue che gli usciva dal collo era moltissimo, cercava di fermare l'emorragia con le mani umidicce e ferite, sporche di terra e peli di quella bestia, ma gli fregava davvero poco.
Altri due passi, poco oltre una roccia coperta di erbetta bassa e terriccio e le vide.
Sette pietre bianche e porose che luccicavano alla luce del suo incantesimo. Lui vi si avvicinò traballando con le mani che tremavano e gli occhi gonfi.
Si inginocchiò accanto alla pietra più grande e vide come dei piccoli mirtilli tondi, gonfi e lisci. Kokuyo si era raccomandato di prenderne più o meno tre dozzine, poiché da quei frutti, Hisui avrebbe estratto il succo e quindi avrebbe miscelato l'antidoto.
Li sfiorò con cura e li lasciò cadere a due a due nella busta di carta che era ripiegata nella tasca davanti dello zaino. Poi avrebbe dovuto portare con sé la pianta intera, perché dalle radici avrebbe Hisui avrebbe distillato della linfa che avrebbe facilitato la guarigione di Kurogane sfruttando le capacità del sangue che Kamui aveva mescolato col suo.
Avrebbe anche dovuto prendere gli oli che quella pietra bianca trasudava, per fare da base al suo antidoto e per poterlo medicare a regola d'arte, bisognava grattare via un po' di calcare dalla superficie e rovesciare il tutto in una piccola ampolla di vetro che si sperava fosse arrivata indenne fino a lì.
Con una piccola paletta, prese a scavare intorno alla base della pianta, tirandone via anche la terra che nutriva le radici e la infilò nello zaino da cima a fondo. Recuperò quello che gli serviva dalla roccia, grattando via un minimo di calcare dalla parete e ne uscì una sorta di lacrima oleosa e giallognola che scivolò lungo il collo dell’ampolla, e a poco a poco, una goccia dopo l’altra, riempì quasi del tutto il contenitore.
Ripose tutto con cura nello zaino, imponendovi poi un incantesimo di modo che ogni cosa lì dentro non si rovinasse durante il tragitto per allontanarsi da quelle piante, visto che non sapeva come si sarebbero comportate se avesse avviato il trasferimento da lì.
S’incamminò lungo la strada che aveva percorso in precedenza, quando oramai stava albeggiando, e lo fece con calma e perizia, meglio non dover aver a che fare con un altro strano animaletto che desiderava succhiare il suo sangue.
Si calò giù per il burrone con la corda che aveva fissato a un albero col fusto largo e le radici ben piantate nel terreno. Aveva provveduto ad imporre un incantesimo che non facesse spezzare in due la corda prima di arrivare a terra.
Ci aveva messo quasi un giorno per arrivare fino a quel postaccio, la casetta di Hisui e Kokuyo era situata in una depressione sul fianco destro di una montagna e quindi anche per tornare ci avrebbe messo più o meno quell'arco di tempo.
Quando arrivò a terra le gambe gli tremavano, tirò giù la corda con un incantesimo e la portò con sé, doveva pur renderla ai suoi ospiti, no?
Così alzò due dita e avviò finalmente il collegamento per tornare indietro.

Il momento in cui Fay si accasciò a terra, fu lo stesso in cui si rese conto di essere giunto alle pendici della montagna sulla cui depressione occidentale era situato il villaggio di duecento anime dove vivevano Kokuyo e Hisui.
Era arrivato. Doveva sopravvivere solo un altro paio di settimane, non di più. Giusto il tempo di curare Kurogane e riportarlo a Nihon, almeno si sarebbe salvato lui.
Kurogane gli aveva promesso che sarebbe stato lui ad ucciderlo, e sotto un certo punto di vista stava mantenendo la sua promessa, ormai ridotto allo stremo sarebbe morto per averlo salvato.
Doveva solo resistere un altro po', in fondo Kurogane gli aveva dato molto tempo, gli aveva permesso di cercare una cura per mesi interi, sopportando un dolore sempre più forte, aveva riposto le sue ultime speranze in lui che non era altro che un incapace.
Cercò di rimettersi in piedi, le poche forze che gli restavano sarebbero diminuite sempre di più, il sangue avrebbe continuato a sgorgare dal suo collo, e la pianta sarebbe marcita lì, assieme al suo cadavere.
Le sue gambe divennero ancor più simili al burro e le articolazioni si sciolsero sotto il suo esile peso. Eppure c'era arrivato così vicino, gli mancava così poco per salvargli la vita, non poteva cedere adesso. Per quanto Hisui e Kokuyo sembrassero due persone normali, cioè normali prendendo come stereotipo di normalità Tomoyo, perché tra la sua schiera di conoscenze era l'unica persona a sembrare normale, oniromanzia a parte, probabilmente, insieme, quei due erano in grado di viaggiare nelle dimensioni, data l'energia magica che aleggiava intorno a loro, ma non poteva chiedere loro anche questo.
Erano stati molto gentili e non poteva approfittarne. L'avevano accolto in casa loro, l'avevano aiutato, li aveva disturbati abbastanza.
Riuscì a trascinarsi carponi fino al sentiero che portava sulla montagna, e cercò qualcosa su cui appoggiarsi, con cui camminare fino al villaggio.
Trovò un bastone e non si curò di ferirsi le mani con le schegge che ricoprivano l'intero corpo del bastone.
Era successo così anche quella volta, quando era arrivato alle pendici di quella montagna pochi giorni prima, per la prima volta.
Si era sentito male a metà del sentiero ed era ruzzolato di lato finendo in un fitto sottobosco. L'aveva raccattato Hisui, o più plausibilmente Hisui l'aveva trovato e aveva domandato se gentilmente Kokuyo poteva portarlo in spalla, anche se il peso di Fay, che non si poteva propriamente definire peso, non è che avrebbe spezzato la schiena a Hisui. Era stato preso in casa di qualcuno come si fa normalmente coi gattini randagi, e in effetti l'erborista sembrava un po' il tipo di persona che prende gatti randagi in giro giusto per compassione, e Fay ne aveva avuto la riprova una volta sveglio, o meglio quando venne forzatamente svegliato dal vocione del signor Kokuyo che si lamentava del fatto che Hisui non avesse pensato nemmeno un po' alle sue azioni, avesse deciso del tutto arbitrariamente di prendere in casa due miciette che, a quanto pareva, si erano divorate l'ultima scorta di radice di non-so-cosa. Erano dei tipi un po' originali quei due: Kokuyo non sembrava proprio il tipo di persona dal pollice verde, anzi, tutt'altro, sembrava più che altro una specie di malvivente di qualche tipo, plausibilmente, redento; mentre Hisui aveva l'aria di chi ha ormai raggiunto la pace interiore. Erano buffi, non battibeccavano che per delle frivolezze ridicole, ma sembravano entrambi volersi molto bene.
Fay si era ritrovato a pensare, mentre spiegava all'erborista la situazione, che lui con Kurogane non sarebbe mai stato così, o come Yukito e Touya, insomma era inequivocabile che fossero più che amici. Con orrore, si rese conto che non poteva di certo pensare a cose simili in quel momento, in primo luogo perché Kurogane, semmai gli avesse fatto notare una cosa simile, gli avrebbe ringhiato contro una serie non ben definita di insulti e poi perché ormai si era convinto che, quella specie di bacio non era niente, era solo una delle sue tante cavolate, non c'era futuro per loro due.
Arrivò in prossimità di un bivio che conduceva da una parte in paese e dall’altra al bosco, e le sue gambe sembrarono ancora più deboli di prima. Si accasciò per strada, proprio come l'altra volta, ma di certo non era il tipo che a tentare la fortuna due volte ne esce vittorioso anche la seconda volta.era impensabile, se fosse ruzzolato giù per il sottobosco i corvi, le marmotte o che cavolo c'era lì a vivere, avrebbero banchettato con quel po' di carne che c'era attaccata alle sue ossa, ma non ce la faceva proprio più. Era impossibile, era troppo stavolta.
Prima di socchiudere gli occhi gli parve di sentire la voce di Kurogane, di vedere il suo viso alterato a pochi centimetri da lui.
Per un secondo, prima che la sua mente si offuscasse, si ritrovò a pensare che, accidenti, allora era proprio vero che la gente vede la persona più importante quando giunge alla fine della vita.
Eppure, cavoli, c'era arrivato così vicino!


















Mi scuso, scusatemi migliaia e migliaia di volte!
Il capitolo è tremendo, brutto, pesante, insulso e mal reso in italiano. E tra l'altro vi ho fatto penare per averlo, mi odierete, lo so. Ma sentivo il bisogno di indulgere un po' sulla narrazione. Ho esagerato, lo so xD Comunque passo rapidamente ai commenti alle vostre recensioni.



Prima di tutto volevo dirvi, oltre a ringraziarvi, che sono un ragazzo, non una ragazza, è normale cadere in questo tipo di errori, ma comunque volevo farvelo presente.


SakuraX16, grazie, lieto che il capitolo ti piaccia, per cui grazie spero continuerai a seguire la storia ^^

yua, sono contento che ti sia piaciuto, spero di non averli resi troppo assurdamente fuori dal personaggio, anche questa volta xD ti ringrazio molto, hai detto delle cose molto belle, ma davvero anche stavolta devo essere breve che sennò qualcuno (tu) mi uccide se non posto v__v"

Herit, Hericchan *W* ciao *W* ho postato, sei contenta? *fa tanti grattini* comunque probabilmente se avessi diviso il capitolo ci avrei messo di meno a postare xD e così avrei avuto più tempo per rivedere sto capitolo che fa abbastanza pietà, lo so che mi odierai xD e mi dispiace xD però meglio di così non poteva venirmi xD Grazie ancora, Hericchan!

pralinedetective, spero che in tutto questo periodo il mal di denti ti sia passato, e sono lieto che il capitolo ti sia piaciuto, questo temo non incontrerà granché i tuoi gusti, spero mi perdonerai xD Grazie mille!

kiki4ever, lieto che la storia ti piaccia, grazie mille della recensione ho postato un po' tardino, ma spero vada bene ugualmente.


Vado a mettere un elmetto per evitare danni cerebrali gravi dati dalle vostre mazzate xD Grazie di essere arrivati fin qui, spero continuiate a seguirmi ^^
D.
   
 
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