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Autore: Alexis_edina    24/05/2011    1 recensioni
Tutti sappiamo che il mondo è formato da quattro elementi principali: la terra, l’aria, il fuoco e l’acqua. Questa nuova storia comprende quattro protagonisti. Semplici adolescenti che non si conoscono tra loro, che vivono vite diverse, con i loro cambiamenti d’umore, con i loro primi amori e con le uscite tra amici. Vengono travolti da un nuovo, inaspettato e surreale cambiamento. I quattro elementi sono insediati dentro di loro, ma forse questo non è la cosa più bella che gli sia potuta capitare….
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Delle braccia calde si poggiavano sulla mia vita, abbracciandomi, un respiro profondo e regolare arrivava sul mio collo, delle gambe erano intrecciate alle mie... Abbracciavo un corpo caldo, la mia testa appoggiata sul suo petto le gambe intrecciate alle sue…

La sveglia suonò facendomi balzare sul letto, guardai l’ora: le sette. La spensi e ritornai tra le braccia di Luca. Poi ricordai… e un sorriso si dipinse sulle mie labbra finché non mi drizzai seduta sul letto ricordando dove si doveva trovare ‘in teoria’ Luca.
“Amore… buongiorno” sbadigliò Luca e si riarrotolò sotto il piumone. Perché la mattina era così tardo? Lo scossi togliendogli il piumino.
“Luca sai dove ti dovresti trovare in questo momento?” dissi in preda all’ansia, mi alzai dal letto e mi appoggiai alla porta con l’orecchio per sentire se in casa ci fossero rumori che segnalavano la presenza dei miei genitori. Di solito si svegliavano un quarto d’ora dopo di me, ma forse sapendo che c’era Luca in casa avevano deciso di svegliarsi prima… e se durante la notte fossero andati a controllare in salone? Cominciai ad agitarmi, mentre Luca ancora sul mio letto mugugnava.
“Nel mondo dei sogni!” rispose ricoprendosi, accidenti Luca ma proprio adesso devi fare così!? Lo riscoprii di nuovo e cercai di farlo alzare.
“No dovresti essere in salone a dormire o almeno farti trovare in bagno, ma non in camera mia!” finalmente captò il messaggio e si alzò di scatto.
“Oddio è vero!” si alzò di scatto lanciando il piumone in fondo al letto mi salutò con un bacio sulle labbra e uscì dalla mia stanza. Mi attaccai alla porta per sentire cosa succedeva. Sembrava tutto tranquillo, aspettai altri due minuti e nessuno parlava, nessuno si muoveva. Sospirando cominciai a prepararmi.
Una volta vestito e dopo aver fatto colazione Luca dovette tornare a casa per spiegare meglio ai suoi genitori l’assenza di quella notte e a me già mancava da morire, per distrarmi pensai a cosa indossare per la festa di quella sera.

Verso le quattro del pomeriggio Cloe si presentò a casa per farci un giro e comprare le ultime cose per il divertimento serale e prepararci insieme. Luca ci avrebbe raggiunto insieme a Federico più tardi con la macchina di Luca.
“Ma non sono adorabili?” Cloe gioisce davanti a un paio di orecchini con la forma a gattino, ridacchio, mentre qualcosa preme contro la mia gola e io so cos’è. Ho terribilmente voglia di dirgli ciò che è successo la sera prima, ma voglio aspettare il momento giusto. Continuo a guardare gli altri orecchini, bracciali e collane.
“Ho voglia di gelato!” dico assaporando già il gusto della vaniglia, il mio gusto preferito. Cloe mi guarda stupita poi sorride.
“E lo dici così? Andiamo!” usciamo  dal negozio e ci dirigiamo verso la prima gelateria.
Mentre assaporo il mio cono vaniglia, pistacchio e panna cerco un modo per iniziare il discorso.
“Devi dirmi qualcosa?” mi chiede improvvisamente Cloe, deglutisco insieme alla vaniglia appena assaporata. Sospiro chiudendo gli occhi, ma come faceva?
“Come hai fatto a capirlo?”
“Sei silenziosa… ti stai tormentando le unghie, e sei assorta da quando ci siamo viste oggi” aveva colto in pieno, guardai le mie unghie, oddio erano in stato pietoso! Perché quando ero nervosa dovevo torturarle in quel modo!? Sospirai e poi parlai tirando fuori tutto ciò che avevo sentito in quella fantastica nottata.

Mattia uscì per prendere una semplice boccata d’aria e fuggire dall’inferno che si era scatenato in casa. La madre e Daniela avevano litigato ancora una volta, furiosamente e dopo aver tentato più volte di fermare parole e gesti, ci aveva rinunciato lasciando la casa in silenzio sperando che una volta tornato la situazione si fosse sbollita. Si fece un giro per le vie principali senza una meta precisa e senza far finta di guardare qualcosa di particolare. Poi quando decise che la folla era troppa sviò per vie meno frequentate. Cominciò a pensare… alla madre, alla sorella, si chiedeva come questa situazione fosse nata, come fosse scattata, a causa di cosa? O forse a causa di chi. E il suo pensiero si diresse per la prima volta dopo tanto tempo a suo padre. Un uomo che non riteneva più un padre, quasi non ricordava più il suo nome… ma purtroppo ogni volta riappariva e insieme al nome, il dolore, perché gli faceva male, questo lo sapeva solo lui. Non poteva farlo vedere in casa che pensare a quell’uomo lo faceva star male perché? Due, erano i motivi. Il primo era la madre, non voleva farla angosciare ancora di più con il suo dolore. Il secondo era la sorella, voleva dimostrargli maturità che alcune cose bisognava superarle, nonostante lui non l’avesse affatto superata. Aveva interpretato quella parte, di maturo, di saggio, di intelligente per cinque anni della sua vita, ma la madre soffriva ugualmente e Daniela era immatura e la cosa non migliorava. In quel momento si chiese a cosa serviva tutto quello sforzo, perché anche lui non poteva comportarsi come Daniela e urlare, scappare, gridare, piangere? Si sarebbe sentito meglio, molto meglio. Non preoccuparsi più di niente come Daniela. Quanto aveva da sfogare? Che non poteva sfogare con il suo potere. Camminando calciò un piccolo sasso tondo che cominciò a rotolare allontanandosi da lui, senza fermarsi quando ad un certo punto fece un piccola curva continuando a rotolare, finendo in mezzo alla strada, poco dopo una macchina passò sopra il piccolo sassolino. Ecco lui non era quel sassolino, no, lui era il leggero calcio che aveva fatto finire quel sassolino in mezzo alla strada per essere investito subito dopo. Lui era il filo teso che manteneva due forze distruttrici. Il sassolino era la situazione a casa, senza di lui, anzi con lui che si comportava come Daniela il sassolino sarebbe finito in mezzo alla strada. Ma questo sarebbe avvenuto anche senza di lui. Se lui fosse scomparso, diventato terra il sassolino sarebbe finito in mezzo alla strada. Era lui il punto fermo, il punto di equilibrio al collasso. Quindi avrebbe continuato a recitare la sua parte, anche se le cose non fossero migliorate, almeno non sarebbero peggiorate.

Prese il cellulare e digitò il numero di Angela.
“Angi, sei a casa? … Posso passare se non ti disturbo? … Perfetto grazie … ci vediamo tra poco” e si diresse verso casa di Angela. Erano le sette di sera e stava parlando con Angela, vestita di tutto punto per una festa. Aveva chiesto più volte di andarsene, che stava disturbando ma Angela aveva insistito che rimanesse. Così si trovavano in salone a chiacchierare del più e del meno.
“Luca dovrebbe farsi vivo tra poco” disse Angela sbuffando.
“È una festa di diciotto anni?” chiese Mattia.
“Si” rispose alzandosi la luce scattò e rimasero al buio.
“Nooo! Angi  ho pauraaa!” scherzò Cloe, rimasta in silenzio durante tutto quel tempo, Angela ridacchiò insieme a Mattia.
“Ahi!” quella parola di dolore da parte di Angela fu seguita da un botto dato al tavolino che si trovava davanti al divano.
“Che è successo?” chiese Mattia non muovendosi dal divano per non fare altri casini.
“Angela dovrebbe essere scattato il contatore giù in cantina mi faresti il favore di andare a vedere?” la voce della madre apparve dalla cucina facendo sobbalzare i tre.
“Ma mamma sono vestita! In cantina è tutto polveroso!” si lamentò Angela.
“Su forza tesoro! Fammi questo favore! Tanto non devi toccare niente di particolare, io devo andare di corsa a un appuntamento e sono già in ritardo”.
“Se vuole posso andare a vedere io” si propose Mattia, mentre i suoi occhi già cominciavano a distinguere il divano, il tavolino, Cloe ancora seduta e Angela che si massaggiava una caviglia.
“No non ti preoccupare, adesso va Angela che non gli costa niente vero?” disse la madre con voce perentoria.
“Ho capito! Ho capito, ma se il vestito si sporca do la colpa a te!” Angela uscì dalla stanza, ma una volta sparita in cucina Mattia sentì uno schiocco di dita e poté immaginare il fuoco nella mano di Angela.
Che schifo! Altro che impolverato! Era anche piena di ragnatele, ma fortunatamente di ragni nemmeno l’ombra, sperando che non si trovassero da qualche altra parte. Camminavo in punta di piedi e cercavo di non toccare nulla. La fiammella nella mia mano faceva abbastanza luce. Arrivai al contatore con tanto di due dita di polvere! Ma perché dovevo farlo io!? Visto che mia madre era in ritardo che gli costavano due minutini in più? Con la punta delle dita aprii il contatore alzando particelle di polvere in quantità. Trattenni il fiato. Avvicinai la fiammella al contatore per vedere meglio la levetta abbassata. Avvicinai la mano per far salire la levetta ma una luce che passò velocemente al mio fianco mi fece sobbalzare girai lo sguardo, la luce era sparita. Era semplicemente un gioco di luce a causa della mia fiammella. Sospirai ma avevo paura perché avevo una brutta sensazione e non mi piaceva per niente… mi ricordava terribilmente l’episodio nel bagno della biblioteca cercai di fare il più veloce possibile per uscire da quella schifo di cantina. Ma una luce mi accecò facendomi indietreggiare la fiamma dalla mia mano era sparita, ma non avevo problema a vedere perché una luce occupava tutta la parete di fronte a me. Il cuore cominciò ad accelerare e la paura s’impossessò del mio corpo che reagì d’istinto lanciando una fiamma che la luce inghiottì. Deglutii, la luce si avvicinava a me, indietreggiavo mentre nelle mie mani si creavano palle di fuoco e le lanciavo contro quella luce che ad ogni colpo sembrava ingrandirsi, una volta capito che tirare palle di fuoco peggiorava solo la situazione decisi che era il caso di uscire da quella cantina. Mi accorsi troppo tardi che la luce occupava un buona parte della porta, cosa poteva farmi quella luce? Non poteva certo bruciarmi, se anche avesse potuto io ero l’elemento fuoco non avrebbe potuto farmi niente. Con un atto di forza mi costrinsi ad andare avanti verso la porta per uscire, la luce si era mossa, si era avvicinata a me… mi bloccai e insieme a me anche il mio respiro, quella caspita di luce aveva vita propria e non solo, aveva anche una sorta d’intelligenza. Deglutii in fretta dovevo pensare in fretta, era pericolosa anche se non potevo immaginare cosa potesse farmi e se non lo fosse stato? Se volesse solo il mio aiuto? In fondo noi eravamo i quattro elementi, possibile che non avessimo nessuno scopo oltre scoprire come non morire, in ogni caspita di storia fantascientifica o sovrannaturale il protagonista con poteri aveva uno scopo! Possibile che noi avessimo solo ed un unico destino senza possibilità di scelta tra vita e morte? Feci un sospiro cercando di calmarmi, nonostante la mani mi tremassero, le strinsi cercando una goccia di coraggio da qualche parte. Mi avvicinai e la luce stavolta rimase al suo posto, parlai.
“Cosa vuoi? Hai bisogno di qualcosa?” mi sentivo tesa, ancora terrorizzata e mi sentivo un imbecille che parla ad un muro. La luce non parlò né si avvicinò, né s’ingrandì, né si mosse, niente. Cominciai a pensare che fosse davvero uno scherzo idiota, e su, in casa, c’era Mattia! Non poteva essere una coincidenza! Per due volte di seguito questa luce appare e Mattia è terribilmente vicino a me!
“Mattia è uno stupido scherzo smettila! Finiscila si ci sono cascata come una pera cotta adesso basta!” urlai alzando la voce e guardandomi intorno aspettandomi un Mattia piegato in due dalle risate e con le lacrime agli occhi, ma lui non venne fuori.
“Andiamo esci fuori non ti devo mica venire a cercare!?” mi mossi diretta verso la porta, poggiai la mano sopra la maniglia. Il respiro mi si bloccò, mentre un dolore lancinante cominciò dal fianco destro, no non è possibile! Infatti non lo era. Era una coltellata che affondava sempre più a fondo e poco alla volta… aspirava. Mi toglieva la vita, le gambe cedettero, mi ritrovai in ginocchio a terra, mentre la mano reggeva ancora la maniglia, ma la porta non si apriva. Mi accorsi che la luce mi aveva raggiunto… mi toccava… mi stava uccidendo… con uno sforzo sovrumano mi trascinai via togliendomi dal suo raggio d’azione e il dolore sparì lasciando spazio al sollievo, ripresi fiato. Mi alzai con la testa che girava, sentivo dei passi veloci dietro la porta e provai ad urlare, ma non ne avevo la forza, mi gettai sulla porta libera da quella luce maledetta e la porta non si apriva… per favore no! Per favore. I passi si avvicinavano.
“Aprite! Aprite! Adesso!” la luce riprese il suo percorso verso di me come se non fosse ancora sazia… sazia di me… agitavo la maniglia con una mano mentre con l’altra battevo un pugno sulla porta sperando di sfondarla o di farmi aiutare dai passi che non sentivo più.
“Mattia!!!” davo spallate, pugni, gridavo… di colpo la porta si aprì e io caddi in avanti, sarei andata faccia a terra ma qualcuno mi aveva preso al volo, l’avevo riconosciuto dall’odore, era Mattia, quello che prima avevo invocato. Lo spinsi via mentre continuavo a guardarmi indietro, la luce non si era fermata aveva attraversato la porta e si dirigeva verso me e Mattia.
“Ma che diavolo…?” vidi il viso di Mattia confuso che guardava ciò da cui stavo cercando di allontanarlo.
“Mattia andiamo via!” urlai continuando a spingerlo aspettò almeno cinque secondi prima di darmi retta salimmo le scale di corsa, finché ci bloccò la strada Cloe che probabilmente stava scendendo.
“Cloe sali immediatamente!” urlò Mattia mentre io continuavo a guardarmi indietro, la luce era sparita.
“Ehi tieni a bada il tono” scattò Cloe. La luce non c’era ma io non mi sentivo ancora al sicuro.
“Cloe sali per favore!” la pregai, il mio tono era sull’orlo della disperazione e riuscii a farla salire. Chiusi la porta insieme a Mattia. Al frastuono della porta sbattuta seguì un silenzio tombale carico di tensione, di sguardi, di confusione, di … terrore.
“Ma che diavolo vi è preso? Siete pazzi? Angy ma sei lercia! Sei caduta per caso?” quella voce per la prima volta mi risultò la voce più fastidiosa che avessi mai sentito e riuscii a rendermi nervosa e scattante.
“Cloe io non vengo alla festa” vidi il suo viso trasformarsi in un espressione quasi scandalizzata.
“Ma … che… Angela stai scherzando? Dimmi il perché! Non sarà per il vestito lo sistemiamo o ne troviamo un altro dai per favore non fare la bambina” agitava le mani e quella voce continuava a infastidirmi, non potevo andare a divertirmi dopo una cosa del genere, tra poco sarebbe arrivato anche Luca dovevamo parlare di quello che era successo. Il citofono squillò. Era Luca. Lasciai Cloe ai suoi interrogativi e andai a rispondere. Senza neanche chiedere chi fosse aprii il portone e anche la porta in attesa che scendesse dall’ascensore. Un minuto dopo arrivò, appena uscì non fece nemmeno in tempo a vedermi che lo abbracciai ributtandolo nell’ascensore.
“Amore… amore mio…” lo baciai e lo strinsi a me più forte che potevo, cercando una sicurezza che purtroppo non trovavo neanche in lui.
“Amore che cos’hai? Ti sono mancato?” ridacchiò annaspando tra un mio bacio e un altro.
“Entra, stasera niente festa, dobbiamo parlare” il suo viso s’indurì ed entrò dopo di me. Si sorprese della presenza di Mattia prima di essere aggredito da Cloe.
“Oh Luca! Ti prego convincila te a venire alla festa stasera! Non so che gli sia preso! Tutto a un tratto si è impazzita…” chiusi gli occhi sospirando. Perché mi sembrava così oca improvvisamente? Perché non riuscivo più a sopportare la sua voce? Prima che potessi diventare acida e litigare ancora una volta con Cloe, Luca mi salvò.
“No, no ascolta… è risultato un imprevisto… non veniamo alla festa” adoravo il mio ragazzo, tranquillo e diplomatico. Come il suo elemento.
“Che cosa!? Mi state prendendo in giro? E quando sarebbe capitato questo imprevisto!? Quando Angela si trovava in cantina? No spiegatemelo perché davvero non ci arrivo!” e io avevo il mio elemento, e non era così diplomatico come Luca.
“Cloe, ma non lo capisci!? Che c’è di mezzo una cosa importante di cui dobbiamo discutere!? Cazzo! Perché devi sempre sapere tutto! Qualche volta non avverti che è il momento di andare e basta!” urlai in preda a mille sentimenti, rabbia, paura, esasperazione, stanchezza. Cloe mi guardò sorpresa poi furiosa e non mi sarei sorpresa se mi avessi preso a schiaffi in quel momento, ma quello non era sicuramente il momento per i sensi di colpa. Cloe si girò e si diresse verso la porta a passo di guerra.
“Angela vaffanculo!” e il botto della porta chiusa risuonò ancora una volta seguito da un altro tipo di silenzio, diverso da quello di prima. Rabbia e dispiacere.

Sdraiata sul letto con la testa che mi scoppiava mentre ripetevo ciò che avevo vissuto in cantina.
“È la seconda volta che la vedo… non so cosa possa essere… quello che so è che vuole noi, la nostra vita…” parlai sentendo il fianco indolenzito.
“Dio se fossi arrivato prima…” disse Luca battendo un pugno sul letto facendomi sobbalzare.
“Non sarebbe cambiato niente… anzi avrebbe preso due piccioni con una fava…” dissi con gli occhi chiusi e tenendo un braccio sulla fronte cercando di calmare il dolore alla testa.
“Adesso non ci pensiamo, fortunatamente non è successo niente di grave, dalla prossima volta in poi dovremmo stare più attenti e mai soli e poi dobbiamo scoprire che cos’è questa luce e cosa vuole da noi” disse la voce della ragione: Mattia. Mitico non bastava dover scoprire come non morire adesso c’era anche questa cosa che c’inseguiva e voleva ammazzarci. Non poteva essere vero, non poteva capitare davvero a noi. Mi sentivo debole, stanca di tutta questa tensione, di tutta questa paura ogni giorno, l’ansia della morte…
“Comunque ho capito una cosa… se c’è qualcuno con noi che non abbia questi elementi, che sia… normale, la luce scompare… me ne sono accorta quando davanti a noi c’era Cloe, mi sono girata ed era sparita… probabilmente nessuno dovrà mai scoprire ciò che ci succede…”
“Amore vieni qui” non feci in tempo a capire cosa mi dicesse che Luca mi trascinò tra le sue braccia, io rimasi ad occhi chiusi, a peso morto mi lasciai trascinare e abbracciare da lui. Avevo freddo e mi sentivo così stanca…
“Sei bollente! Amore hai la febbre… aspetta vado a prendere il termometro” in quel momento lasciata dalle braccia di Luca e stesa sulle lenzuola fredde ebbi un brivido che mi percorse l’intera schiena, sentii delle mani prendermi e posarmi sotto le coperte.
“Fa freddo” dissi raggomitolandomi e volevo dormire ma il mal di testa me lo impediva.
“Adesso ti riscaldi… aspetta un attimo prima di addormentarti” tanto non ci sarei riuscita comunque… poco dopo sentii arrivare Luca che mi misurava la febbre. Non feci in tempo ad ascoltare quanto avessi che, nonostante il mal di testa che mi perseguitava, mi addormentai.

Aveva deciso di aspettare insieme a Luca la madre e poi sarebbe tornato a casa. Luca accarezzava il viso caldo di Angela preoccupato e sospirò.
“Come facciamo? Non possiamo lasciarla sola, ma non possiamo neanche rimanere qua ventiquattr’ore al giorno, e poi? Cos’è questa luce che dice lei io non credo di averla mai vista, che diavolo vuole? O meglio che cos’è?” era furioso, confuso ed esasperato. E lo capiva benissimo e in quel momento, proprio in quel momento le mancava terribilmente Lara, ma era troppo tardi per chiamarla, il giorno dopo decise che le avrebbe dato il buongiorno.
“Non lo so… beh se la madre è in casa o il padre o qualcuno che non sia come noi, la luce non l’attaccherà su questo possiamo stare tranquilli, dobbiamo solo stare attenti che ci sia sempre qualcuno anche con noi, non sappiamo come difenderci, a quanto pare questa luce assorbe i nostri possibili attacchi, sul caso, di cosa sia questa luce dovremmo cominciare a studiare per bene quel libro e sperare che ci sia una risposta” seguii il silenzio poi Luca parlò di nuovo.
“Come fai? Ad avere sempre una risposta? Non hai paura? Perderemo tutto ciò che abbiamo…” e guardò di nuovo Angela stringendole la mano, anche lei la strinse inconsapevolmente e Mattia voleva uscire da quella camera, voleva lasciarli soli. Anche Mattia aveva paura, ne aveva avuta fin dall’inizio da quando quello strano dolore l’aveva colpito al fianco e aveva intrecciato alla sua vita e al suo DNA un destino che non voleva, ma non poteva evitare. Ma di una cosa non aveva paura, di perdere. Non avrebbe perso niente scomparendo, a parte Lara, ma lei avrebbe amato qualcun altro e sapeva comunque che non si sarebbe dimenticato di lui, amando un altro.
“La madre deve essere arrivata” si alzò sentendo la porta dell’ingresso aprirsi, che cosa aveva pensato!? Lui non doveva perdere Lara e Lara non avrebbe perso lui! Si odiò tremendamente per aver fatto quei pensieri e non riusciva a sopportare l’idea di Lara tra le braccia di un altro. Sentì piccole punte di dolore su entrambe le mani le aprì e vide piccole ferite di unghie sui palmi. Si diresse alla porta e parlò alla madre della situazione di Angela.

Aveva preso le precauzioni necessarie ed era tornato a casa attraversando strade affollate. Salì le scale, immerso nei suoi pensieri non sentiva le urla che venivano dal suo piano, o forse era l’abitudine a non fargliele sentire, ma avvicinandosi al suo piano si accorse che quelle urla erano diverse dal solito, era sempre Daniela che gridava, ma non sembrava che urlasse contro la madre. Accelerò il passo e si fermò davanti alla porta del suo appartamento immobile, mentre il cuore batteva all’impazzata e la rabbia saliva insieme alla disperazione.

Aprì la porta e rimase in silenzio a guardare ed ascoltare. Suo padre si era girato sentendo la porta aprirsi e lo guardava commosso, mentre la rabbia di Mattia aumentava. Come osava guardarlo con quegli occhi!? Dopo averli abbandonati con un miserabile, schifoso, fottuto foglio preso all’ultimo per l’ansia di scappare da quella famiglia.
“Bene hai visto anche il figlio prediletto! Vattene adesso! VAI VIA! Non ti vogliamo, non ti sei mai fatto vivo e ce la siamo cavati alla grande! Che cosa vuoi adesso!?” Daniela era completamente fuori di sé, ma probabilmente non aveva visto il pezzo peggiore che forse era già passato, trovando dei pezzi di coccio a terra.
“Ho sbagliato mi sono pentito della mia stupida scelta e sono venuto a cercarvi per rimediare! Sono anche venuto a Roma per voi, tutti voi” si girò di nuovo verso Mattia che lo evitò e si mise a raccogliere i cocci a terra.
“Oh wow! Che grande sacrificio te lo potevi risparmiare, per caso la tua amante ti ha lasciato!? E sei tornato ad elemosinare da noi!? Beh…”
“Smettila Daniela! Non dire più certe cose! Smettila tuo padre è venuto a trovarti dovresti salutarlo come si deve, anche se sei furiosa non puoi reagire in questo modo! È sempre tuo padre”
“NO! non è mio padre! Non lo è mai stato!”
“DANIELA!”
“Basta! Smettetela! Tu! È inutile la tua visita qua! Volevi fare una sorpresa? Mi dispiace non ci sei riuscito! Puoi anche andare, stai solo creando casino come hai sempre fatto da quando ti conosco! Sarai mio padre biologicamente, ma non affettivamente! Sei un estraneo che io chiamo padre, alla fine non è questo che volevi!? Rompere tutti i rapporti? Ci sei riuscito alla perfezione ma non credere che riuscirai a ricucirli, neanche malamente!”

Salve a tutti scriverò solo un paio di righe perchè vado di fretta! il capitolo è il più corto che abbia mai scritto eppure ho fatto una fatica pazzesca! e si lo so c'ho messo una cifra è che... il tempo mi sfugge dalle mani e non ho mai il tempo di rilassarmi e mettermi a scrivere! scusate! come al solito! ah! spero che non ci siano castronerie! l'ho letto di fretta! in caso lo modificherò al volo! spero vi sia piaciuto nonostante la brevità! un bacio.

Alexis

  
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