Terzo condizionale: trapassato.
Se non fossimo stati due idioti,ora il mondo sarebbe tinto di un rosa meraviglioso,
quella tonalità incredibile che è al tempo stesso delicata e vivida,
pura e carnale,
l’ossimoro di un cuore
che palpita a una semplice carezza sulla guancia
e di un volto irrorato di fragole a uno sguardo intenso.
Mi persi nei suoi occhi caldi non subito,
non lo avevo notato nemmeno quando ci avevano presentati.
In quel periodo non ci pensavo nemmeno all’amore,
ero solo dedita alla poesia,
ai sogni,
a illusioni di vite differenti,
alla perfezione.
La ricercavo in ogni cosa e, in caso di sua assenza, beh, non vi dedicavo alcuna attenzione.
La pretendevo anche da me stessa, ossessionata dal peso, dalla forma, da un aspetto che mi esasperava perché non riusciva a combaciare in ogni sua parte con il mio canone di bellezza.
Forse ero superficiale, ma non m’importava, ero convinta di perseguire uno scopo filosofico,
volevo impersonare un nuovo estetismo.
E così saltavo innumerevoli pasti, ingannavo me stessa e i miei genitori, inorridivo alla vista di qualsiasi alimento non vantasse qualità drenanti, tonificanti e simili.
Luca non era perfetto, per nulla.
Era alto, altissimo, oltre il metro e novanta. E forse avrei potuto notarlo, visto che anch’io ero piuttosto alta, sul metro e settantatré, per essere corretta.
E poi aveva una fronte ampia, spaziosa, luminosa, che anticipava i soffici ricci castani.
Il naso era dritto, quasi greco, irreprensibile.
Però…beh, mancava di portamento, di figura, mi sembrava un po’ insignificante, ad essere sincera.
E poi quegli occhi, no, non mi colpivano per niente, mi sembravano banalmente bruni.
No, non faceva per me, io miravo ad un ragazzo del quinto, faceva il modello, aveva una fama piuttosto pessima e mi ricordava Robert Pattinson. Non avevo alcuna intenzione di innamorarmi di lui, era solo colui che mi avrebbe resa perfetta, ne ero certa. Insomma un ragazzo del genere…cosa avrei mai potuto trovare di meglio?
Così, quando dovetti scegliere il vestito per la festa di una ragazza che faceva teatro con me e venni a sapere che c’era anche lui, scelsi un bel vestito per far colpo. Niente di appariscente, s’intende, era un semplice tubino nero alla Audrey Hepburn -che mi stava dannatamente bene-, un paio di scarpe con lieve tacco per evidenziare la snellezza delle mie gambe da modella e un bracciale ricco di ciondoli che trillava quando muovevo il braccio destro.
In realtà, non avevo la minima esperienza in materia -non avevo mai dato nemmeno il primo bacio- ma i miei 45 chili sembravano sufficienti come passaporto per il suo porto di mare.
Quando arrivai al locale, trovai per lo più facce sconosciute, così iniziai a girare alla ricerca del mio obiettivo. Nulla, non lo trovavo da nessuna parte…
Poi notai Luca.
In realtà, credo fosse lui che avesse notato me per prima, ma mi fece piuttosto effetto vederlo in camicia e non nella felpa con la quale si copriva quotidianamente.
E i capelli, erano di un riccio molto più curato del solito,
sembravano quasi arricciati con il ferro.
E le sue ciglia…
…erano lunghissime.
Mi sorrise, gli sorrisi a mia volta.
Poi continuai a cercare il famoso ragazzo del quinto.
Ma quella sera non venne alla festa e io ci rimasi malissimo.
Però ballai con Luca un paio di lenti, cui non diedi affatto peso.
La mia serata continuava ad essere nera perché il mio “Beatrice”, che mi avrebbe portato nell'altro cielo dello splendore estetico, non c’era.
Sono tuttora sconvolta dalla mia stupidità.