Ricordo un paio di
termini ai
malintenzionati : © le
mie storie sono tutelate dal
diritto di autore e registrate abitualmente a mio nome in quanto
persona fisica
nonchè tutelata giuridicamente. Dunque, avviso
chi non ha di meglio da
fare che copiare, prendere parti, spacciarle per proprie di
pensarci
due volte a provare a plagiare o a rubare la farina del mio
sacco: non
rischiate solo un brutto bannaggio su questo sito,
ma rischiate anche
in termini legislativi . Fate
attenzione.
© copyright
law
Vecchia
stesura.
Innocenti
affronti.
Ecco. Adesso lo
poteva
ufficialmente dichiarare che Vegeta era un gran bastardo. Non che le
avesse mai
fatto del male fisicamente, ma quando ci si metteva… Ficcare
nel cervello di
sua figlia certe idee poi, per prendersi gioco proprio di lei, compagna
e
amante di una vita costellata di ardue sopportazioni!
Bulma seguitava a lavare i piatti, strofinando con stizza la spugna e
trattenendo i borbotti di nervosismo. “Ma dopo me la
paga…” mugugnò a denti .
“Che stai
facendo?”
Bulma
rinsavì e lanciò
un’occhiata fugace alla stoviglia prima di riporla nello
scolapiatti. “Dov’è
tuo padre?” si limitò a chiedergli con tono
falsamente tranquillo.
L’altro
fece spallucce
“Non lo so, l’ho incrociato poco fa andare verso le
camere da letto”.
La donna si
sfilò i
guanti con irritazione e sciolse il nodo al grembiule “E tua
sorella l’hai
vista?”
Trunks
finì di
trangugiare la coca-cola e buttò la lattina nel secchio
“Era con papà, a
proposito io sto uscendo con Goten” le disse accorgendosi
solo in quell’istante
che gli occhi materni erano irradiati di una luce troppo carica di
furore per
poter definire il suo stato d’animo
‘sereno’: era la classica luce che
sprizzavano le sue iridi quando era imbufalita nera e per questo
comprese
immediatamente che, per il proprio bene, sarebbe stato meglio fare
dietro front
e sgattaiolare via, prima che ella trovasse in lui il capro espiatorio
perfetto. “Accidenti si è fatto tardi! Beh io
esco!” esclamò defilandosi.
Ma Bulma non lo stava
neppure ascoltando e non badò neppure a ciò che
Trunks le disse: la mente si
era fermata all’immagine evocata dal figlio, alla
verità venuta a galla che
Vegeta si stava ben lavorando la figlia per apparire un Dio ai suoi
ingenui
occhi, a discapito della sottoscritta.
“Bra era
con lui eh…”
mugugnò. “Bene, adesso è ora di fare i
conti” farfugliò uscendo dalla cucina ed
incamminandosi a grandi passi verso la camera da letto
“Braaa!”
Le onde sonore
risuonarono per il corridoio non una, ma più volte, fino a
quando non
raggiunsero l’oggetto in questione che era in compagnia del
padre, vicino un
ampio finestrone che consentiva la migliore visuale sulla
città notturna: i due
non parlavano, piuttosto si ignoravano a vicenda, dacchè Bra
non era riuscita
ad ottenere alcuna risposta ai propri tenaci interrogatori e si era
trovata
costretta a trotterellare da sola, canticchiando per ingannare il tempo
e la
solitudine.
Nell’avvicinarsi
loro,
Bulma dovette convenire che, nonostante tutto, insieme formavano
davvero un
grazioso quadretto. “Bra tesoro” la
chiamò sbattendo le ciglia oltre il
necessario ed apprestandosi a lei con fare materno “che ne
dici di venire un
po’ con la tua mamma?” le
propose piegandosi sulle ginocchia per portarsi
alla sua altezza.
Due occhioni
altrettanto
azzurri la interrogarono di rimando. “Pecchè?”
“Ma che
domande, stiamo
un po’ insieme naturalmente… la mamma deve farti
vedere tante cose belle!”
affermò l’altra, sorridendo e mostrandosi paziente
più di quanto fosse
realmente. La vendetta non era un piatto che riusciva a consumare
freddo, era
troppo impulsiva. Non tardò a notare che la figlia non aveva
più il foglio con
sè e così le porse la
propria mano
affusolata “Che ne
dici?”
Si sa che la
curiosità non
è solo donna, ma anche tipicamente infantile, per questo lo
sguardo della
piccola si illuminò di un ritrovato entusiasmo ed
assentì infervorata, muovendo
il capo e facendo tintinnare il fermaglietto con i campanellini che
teneva
legata l’azzurra chioma. Soddisfatta della risposta ottenuta,
Bulma si alzò,
sfidando l’uomo con lo sguardo “Ci vediamo
dopo!” gli disse con tono che nulla
di buono prometteva, portando via la figlia mentre un sinistro piano
iniziava a
delinearsi nella mente con contorni sempre più
netti…
Era stato davvero
troppo
subire quell’affronto. Un innocente affronto che Bra le aveva
fatto, pungolando
inconsapevolmente la bastardaggine del sayan che non aveva atteso a
deridere la
compagna. Era accaduto neppure un’ora prima, subito dopo
cena, mentre lei
riponeva le stoviglie e Vegeta giocherellava con uno stuzzicadenti
seduto
svogliatamente su una sedia. Bra, seduta dirimpetto
al padre,
seguitava a disegnare su un foglio attorno al quale erano sparpagliate
svariate
matite colorate: la manina paffuta si muoveva scoordinata, tracciando
linee
poco armoniche e piuttosto asimmetriche,
tuttavia, aver ereditato
proprio dalla madre l’innata capacità
nell’applicazione tecnica , oltre alla
spiccata predisposizione al disegno che ben presto sarebbe divenuta
motivo di
creazioni scientifiche, consentì alla piccola di delineare
delle figure
abbozzate e colorate ma comunque ben riconoscibili.
Finita
l’opera, aveva
alzato il foglio e lo aveva esibito soddisfatta alla silenziosa figura
che le
era seduta di fronte “Ti piace papà?”.
Le ciglia fremettero
più
del normale ed il musino fece capolino da dietro il disegno.
Vegeta, braccia
incrociate e gamba accavallata, dovette portarsi più avanti
con il busto per
mettere meglio a fuoco gli infantili scarabocchi. Solo un braccio si
mosse,
vincendo la pigrizia, ed afferrò il foglio: se Bulma avesse
saputo almeno un
secondo prima cosa la figlia avesse deciso di mostrare al padre,
l’avrebbe
anticipata strappandole il foglio dalle mani per nasconderlo ai suoi
occhi.
Le iridi scure
dell’uomo
percorsero le linee colorate, identificando le figure che seguirono.
Trunks era
appena abbozzato, uno scarabocchio lilla e rosa, ed una giacca gialla
lontana
dal rappresentare in maniera realistica quella che era solito
indossare,
tuttavia Vegeta era più discernibile, sotto la folta chioma
accennata con una
matita nera indossava una tuta blu, ma Bulma aveva davvero un non so
che di
insolito, ad un occhiata più attenta la donna subiva una
mutazione piuttosto
stravagante che tramutava l’esile collo in un piumame bianco
e folto che la
rendeva a dir poco improbabile: sotto il suo viso,
appena colorato,
era ben distinguibile un corpo di anatra abbozzato.
Vegeta rise
all’istante,
spietato, quasi sguaiato. La sua risata, rara quanto intensa,
risuonò limpida e
cristallina tra le mura della cucina. Non era da lui ridere
così, per questo
Bulma gli si apprestò subito curiosa e sorpresa.
Quando lo
interrogò, sul
viso dell’uomo vi era solo l’ombra svanente di un
ghigno “Però…”
esordì
sarcastico. “A quanto pare tua figlia è
più intelligente di quanto immaginassi
…” le disse, porgendole con noncuranza il foglio.
Bulma lo prese tra le
mani e focalizzò la propria attenzione su di esso: come
l’acqua bollente che
risale il condotto di un geyser e che preme sulla terra, facendo
tremare
impercettibilmente le fondamenta prima di schizzare fuori, il
disappunto rese
le sue mani tremanti mentre risaliva alla bocca per dare adito alla
lingua. Ma,
poiché un barlume di razionalità le era rimasto
in corpo ricordandole che per
darsi un minimo di contegno non era il caso di reagire come una pazza
aggredendo fisicamente gli astanti, la donna si limitò a
mutare espressione,
digrignando i denti e la voce raggiunse i picchi più acuti
di cui era capace:
“Braaa! Che cosa mi rappresenta questo, si può
sapere!?”
Vegeta
anticipò la
piccola, che seguitava a fissare la donna con aria perplessa , senza
riuscire a
comprendere cosa avesse fatto alterare a quel modo
la madre.
“Cosa
c’è, non è
abbastanza chiaro?” le domandò lui, canzonatorio
“Siamo noi, tu poi… sei
disegnata davvero alla perfezione!” aggiunse con un ghigno,
alzandosi da
tavola, pronto a battere in ritirata per anticipare la battaglia che di
lì a
poco si sarebbe scatenata. Poco gli andava di subire la rabbia di sua
moglie
nelle orecchie, soprattutto a quell’ora e per un futile
motivo. Avrebbe
preferito di gran lunga dormire su letto coperto di aculei che era
indubbiamente più conciliante delle urla nevrotiche di Bulma.
“Non mi
sembra proprio!”
replicò la donna, terribilmente irritata .“Non mi
somiglia affatto!” Precisò
ancora, come una bambina. Il foglio frattanto fluttuò
nell’aria, finendo per
posarsi a terra, mentre Vegeta superò la compagna
andandosene e a Bulma non
rimase che focalizzare la propria attenzione sulla piccola e confusa
Bra.
“Bra,
tesoro, perché hai
disegnato la tua mamma così?”
“Pecchè non
ti piace?”
“Oh certo
che si!
Tantissimo!” puntualizzò subito l’altra
con aria trasognata “ma vedi…la tua
mamma non è così…
cioè…voglio dire….il mio corpo non
è così!”
“Lo so
ma allooa pecchè papà
dice sempe che sei
un’oca?” domandò l’altra, con
ingenuità.
Bulma strinse le
labbra
con rabbia. “Tuo padre scherza!” affermò
infine, cercando di risultare il più
convincente possibile “mi hai capito?!”
Bra annuì
e raccolse il
foglio da terra. In quello stesso istante
squillò il telefono e
Bulma si mosse per rispondere ma quando si rigirò, della
figlia non c’era più
traccia. Decisamente su di giri, aveva preso a sfogare la propria
stizza sulle
stoviglie da lavare, proprio poco prima che giungesse Trunks e che le
riferisse
di aver incrociato suo padre e sua sorella per il corridoio.
Però,
adesso che Bra era
nuovamente al suo fianco, Bulma era decisa a rispondere
all’affronto subito con
un attacco migliore. Servendosi di sua figlia, neppure fosse stata un
calumet
della pace adibito a dichiarazione di guerra, avrebbe pungolato la
permalosità
del sayan, perciò si posizionò seduta vicino la
bambina e, rimboccatasi le
maniche, prese a disegnare su un foglio pulito. “Bene tesoro,
adesso disegnamo
il tuo papà” dichiarò con tono
sprezzante che nulla di buono prometteva.
“Ma
già ho fatto il
papà” replicò l’altra.
Bulma distese le
labbra
in un falso sorriso, negli occhi un barlume di scaltrezza e nel tono
una nota
sarcastica: “Ma tesoro lo disegniamo meglio!”
esclamò prima di prendere in mano
una matita colorata ed iniziare a tracciare delle linee
“ecco, facciamo così,
così ancora…” mormorò
eccitata mentre Bra si sollevò su una sedia per sbirciare
“poi ecco qui, un’altra linea
così…perfetto!”
La bambina
scrutò
dubbiosa il disegno “ma quetto non
è papà!”
“Invece
è proprio il tuo
papà!”
“Non
è il mio papà!” si
impuntò Bra.
“Avanti
Bra! Per
favore!” la zittì l’altra irritata,
tornando però a sorriderle immediatamente
per non indisporla proprio ora che necessitava della sua collaborazione
“Adesso
da brava, perché non lo colori tu e mi fai vedere quanto sei
brava?” le propose
nascondendo il piano diabolico.
Bra si
sistemò una
ciocca ribelle, scostandola goffamente via dalla fronte ,e si
apprestò a
compiere con dedizione il nuovo compito frattanto che sua madre finiva
di
sistemare la cucina. Solo quando l’opera fu portata a
compimento, diversi
minuti dopo, Bulma ebbe la premura di analizzarla minuziosamente con
evidente
compiacimento “Bravissima! È perfetto, adesso
però devi farglielo vedere” disse
alla bambina, porgendole nuovamente il foglio. “Sono certa
che gli piacerà
moltissimo!”
Bra annuì,
entusiasta.
“Però
non dirgli che ti
ho aiutato io!” si raccomandò la donna, con aria
improvvisamente grave.
“Pecchè?”
“Perché
se non glielo
dici, la mamma ti compra quella bellissima bambola che hai visto questa
mattina
al negozio di giocattoli!” dichiarò la donna,
soddisfatta della trovata.
“Davveeo!?”
esclamò l’altra. “Va bene, allooa vado”
disse ancora,
incamminandosi verso l’uscita.
“E torna
per dirmi se
gli è piaciuto!” le ricordò Bulma con
aria civettuola, pronta a godersi la
rivincita.
Se non avesse
conosciuto
alla perfezione la moglie, Vegeta si sarebbe chiesto chi
fosse il seccante
visitatore che ardiva bussare alla sua porta a quell’ora
della sera. Neppure
fosse stato un veggente, aveva previsto il ritorno di Bra. Vegeta,
steso
svogliatamente sul letto, aspettò fosse la figlia a
delucidarlo sul proprio
arrivo.
“Tieni
papà”. Vegeta si
vide consegnato un foglio e, dopo un istante di esitazione, lo
prese tra le proprie mani. Studiò con
aria scettica il disegno, poi
inchiodò lo sguardo severo sulla figlia. “Sei
stata tu?” indagò sospettoso e
per nulla convinto che fosse stata la piccola ad averlo rappresentarlo
nelle
sembianze di un peloso scimmione steso a terra, KO.
Bra si
guardò attorno
vigile, poi, come tipico dei bambini, non resistette
all’impulso di aprire la
bocca e darle fiato con la stessa risoluzione di una rana
dalla bocca
grande “No papà! E’ stata la mamma! E
poi io l’avevo detto che non ti somiglia!
Ma non digglielo che io te
l’ho detto! ”
Il sayan emise un
ghigno: Bulma non si smentiva mai, pensava di dargliela a bere usando
proprio
la figlia come mezzo.“Dammi quella penna” le
ordinò sbrigativo, dopo aver visto
che la bambina ne teneva una tra le mani.
Bra gliela porse ed
osservò suo padre scrivere qualcosa sul foglio:
l’uomo delineò bene delle
lettere, infine piegò la carta accuratamente e la porse
nuovamente alla figlia
“Portalo a tua madre…” le
ordinò.
La bambina
osservò
confusa il contenuto, ancora incapace di leggere e comprendere il
significato
delle parole, tuttavia si accinse ugualmente ad eseguire con estrema
obbedienza
l’ultima disposizione impartitale. “Chiudo
la potta?” gli domandò
quando fu vicino l’uscio.
Vegeta ci
pensò un
istante: in un altro frangente non avrebbe esitato a dirle di serrare
l’uscio,
ma la mente elaborò rapidamente un ragionamento che lo
indusse a riflettere che
da quella situazione ne avrebbe tratto giovamento almeno il proprio
ego.
“No,
lasciala aperta, ho
caldo” le rispose adagiandosi comodamente su un fianco e
dando le spalle alla
porta. In verità, forse spinto dall’ormai remoto
sadismo che di tanto in tanto
si affacciava a punzecchiarlo, in quell’istante moriva dalla
voglia di sentire
la voce di sua moglie in preda ad una crisi di nervi perchè
sarebbe stato
pronto a scommettere la propria vita che ella sarebbe accorsa da lui
starnazzando
come un’anatra, offesa e risentita. Quelle si che erano
soddisfazioni…
Bra, frattanto, era
giunta nuovamente in cucina e Bulma l’accolse impaziente di
apprendere se l’altro
si fosse incollerito
“Allora che ha
detto? E’ piaciuto il disegno a papà?”
le domandò con aria soddisfatta,
pregustando la risposta che invece non venne.
“Tieni”
ribattè l’altra,
stranamente seria mentre le porgeva il foglio ripiegato.
La donna lo
afferrò
confusa: il volto grave di sua figlia le insinuò il dubbio
che qualcosa non fosse
andato secondo i propri piani: “Cosa
c’è?” le chiese mentre lo apriva e
metteva
a fuoco le chiare e ben delineate
lettere stampatello di un SEI
PATETICA.
Il foglio fu ridotto
in
poltiglia e le labbra emisero un borbottio sommesso.
“Bastardo…” ringhiò a
denti stretti, imboccando a grandi falcate il corridoio con una
delicatezza
elefantesca. “VEGETAAA!” urlò ai quattro
venti, lasciando per aria la pallina
di carta e facendo riecheggiare la voce acuta per tutta la lunghezza
del
tunnel.
Il grido raggiunse la
stanza dove l’uomo si era ritirato a godere del piacevole
conforto che arreca
il letto alla fine di una giornata. Il corpo robusto
non fu percorso
da alcun fremito nel sentirla arrivare battagliera, piuttosto la mano
si
allungò solamente a chiudere il cassetto dove teneva riposti
alcuni oggetti
personali per occultarne il contenuto: sarebbe stato meglio che quel
disegno
non finisse tra le mani della terrestre o sarebbe stato ridotto in
brandelli.
Chiuse gli occhi, deciso ad eludere la donna fingendosi profondamente
addormentato, e solo i passi di Bulma ruppero la
quiete, risuonando
come tonfi sordi e pesanti che si avvicinavano minacciosi
all’uscio: la donna
entrò senza mezzi termini.
“Guarda che
io e te dobbiamo
parlare!” esordì con tono solenne ed iracondo.
Ma Vegeta non le
ripose,
piuttosto la penombra ne celò l’entità
mentre la bocca si atteggiò lentamente
in un ghigno soddisfatto: che urlasse quanto gli pareva
quell’oca, ma lui
quello scarabocchio se lo sarebbe tenuto ben caro.
D’altronde, un buon
mercenario, sa perfettamente che è bene essere sempre
forniti delle migliori
armi, per un futuro regolamento dei conti.
Fine.