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Autore: frannn    28/05/2011    1 recensioni
Faceva parte della Gilda dei Fantasmi: per il resto del mondo lei non esisteva, legalmente parlando.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bohemian Rhapsody

Bohemian Rhapsody - Queen.

 
Felix non si limitava a ricordare quanto accaduto. Quella brutta vicenda era una visione che si riproponeva all’improvviso, risucchiandolo ogni volta nell’orrore, nella sequenza rapida di azioni, nelle decisioni prese su due piedi, come se fosse reale, come se fosse il presente.
Is this the real life? Is this just fantasy? Caught in a landslide, no escape from reality, open your eyes, look up to the skies and see, I'm just a poor boy.
Il suo passato non poteva lasciarlo in pace, i suoi fantasmi erano troppo grandi per non gettare ombre anche su ciò che era rimasto, su quelle poche ceneri. Bastava un niente a far scattare la sua memoria; la stanza riprendeva forma intorno a lui con tanto di mobilio e sostituiva il paesaggio poco interessante della città, le persone venivano cancellate e al loro posto restavano solo suo padre Mason, sua madre Janis e suo fratello Tristan.
Suo fratello con un foro d’arma da fuoco nel mezzo della fronte, dissanguato sul pavimento della cucina, per essere precisi. 

- Cosa hai fatto, Felix? Cosa hai fatto? -.
Sua madre lo guardava inorridita, con le mani sulle labbra. Il sangue le macchiava il viso e i capelli, rendendo inquietante e macabra la sua figura solitamente bella e vivace. Le lacrime spezzavano la morbidezza dei suoi zigomi, veloci e tormentate come un torrente.
Suo padre gli tolse la pistola dalle mani, con la calma e la professionalità tipiche di un poliziotto esperto.

- Mamma io non...io... -.
- Come...tuo fratello era malato, era malato e...tu l’hai ucciso, Felix! -.

Janis cominciò ad urlare, piegandosi sul corpo di Tristan, inerme e sempre più pallido.
- L’hai ucciso! -.
La sua voce cominciò a suonare famelica, distrutta dall’angoscia. Lo fissò come una leonessa pronta all’attacco e a Felix passò per la mente il terribile pensiero che si sarebbe alzata e gli avrebbe sparato per vendetta.
- Nessuno dovrà mai sapere niente di questa storia. Diremo che Tristan si è suicidato -.
Mason pulì meticolosamente il calcio e il grilletto della Colt con un canavaccio, spostando lo sguardo dal corpo di Tristan, a sua moglie e infine a Felix che boccheggiava impotente.
- Ecco cosa diremo, sì, suicidio, ecco cosa -.
Cominciò a farfugliare, prima che i lamenti di Janis sovrastassero ogni voce e prima che il mondo della famiglia Bert sbiadisse, privo di speranze.

Quando riuscì a scrollarsi di dosso quella sensazione di pesantezza che lo opprimeva al raffiorare dei ricordi, Felix si rese conto di essere di fronte alla porta del suo appartamento. C’era arrivato senza accorgersene, condotto da un riflesso istintivo. I suoi piedi avanzavano da soli, incastrandosi alla perfezione nelle impronte impresse su quella strada di monotonia. Tirò un lungo sospiro che sapeva di alcool e infilò la chiave nella toppa. Cercò di essere il più silenzioso possibile per non svegliare la sua coinquilina, premura che si rivelò inutile. Nelly era seduta sul divano, in attesa: il suo piccolo piede destro batteva ritmicamente sul pavimento, anticipando la sua impazienza.
Felix si aspettava la solita ramanzina, quindi si concesse un ultimo secondo di calma, fissando la sua figura per l’ennesima volta, senza riuscire a trovare in essa nulla di accattivante.
Per carità, lei era bella come le modelle sulle copertine dei giornali, con i suoi cortissimi capelli ramati e la sua magrezza, gli occhi cobalto e la pelle puntinata di simpatiche lentiggini, eppure cos’altro c’era? Cos’altro aveva da offrirgli? Felix non notava nulla di spiccato nella sua personalità, non riusciva ad apprezzare la piattezza del suo modo di essere, la sua superficialità e la sua ignoranza. La bellezza un giorno sarebbe passata anche per lei, sinuosa ed elegante bambina sulla passerella, e a quel punto cosa le sarebbe rimasto?
Felix c’era finito a letto, lo ammetteva senza vergogna, ma sapeva che nel mondo lei non era coraggiosa come in una stanza. Sapeva che il futuro con una come Nelly non era un’opzione.
Tralasciando che per lui il futuro non concedeva possibilità a prescindere.
- Dove diamine sei stato? -.
Scattò come una molla, una belva sul piede di guerra, eccitante ed agile nella sua vestaglia di seta.
- Devi reagire così tutte le santissime volte? -.
Cercò di obiettare Felix, senza successo. Nelly aggirò il divano come se fosse la carcassa di una preda dissanguata e lei si stesse semplicemente preparando ad assaporare la portata successiva.
- Certo che devo, idiota! Sono le sei del mattino ed io mi sono preoccupata per te fino a poco prima che rientrassi, poi ho capito che potevi semplicemente andare a farti fottere! -.
Lui infilò le mani nelle tasche posteriori dei jeans, osservando le bottiglie di birra sparse per l’appartamento, i fazzoletti accartocciati negli angoli e l’appiccicume sulle mattonelle, notando infine una polo bianca abbandonata sulla poltrona.
Nelly aveva dato uno dei suoi festini infrasettimanali e, con tutta probabilità, il proprietario di quella polo era ancora attorcigliato nelle lenzuola del suo letto.
 - Non mi sembra che tu ti sia annoiata in mia assenza -.
Sollevò un sopracciglio ed arrestò la replica di Nelly poggiandole l’indice sulle labbra.
- Tesoro, non fare la mammina isterica con me, non ne ho bisogno. La mia unica necessità è che tu pulisca alla svelta questo schifo -.
Girò sui tacchi, desiderando ardentemente di chiudersi in camera e non sentirla più fiatare ma, come era proprio dello stile di Nelly, lei dovette aggiungere qualcosa che le sembrava brillante e necessario all’umanità.
- Sarò pure una donna, ma non servo solo a pulirti casa, ho dei diritti e merito rispetto! -.
Schioccò la lingua e batté le palpebre dalle ciglia vertiginosamente lunghe, per conferirsi un’aria di superiorità. Felix inspirò per calmarsi: odiava dal profondo del cuore quel suo modo di portare ogni discussione sul piano del sessismo, come se lui fosse uno schifoso maschilista che la trattava a pesci in faccia. La verità era che Nelly, come molte altre donne, si faceva scudo con la discriminazione dei sessi, si parava il culo per dirla in parole povere, ma poi i suoi principali interessi si riducevano a cosmetici e gossip e lei al mondo non sapeva proprio cosa offrire, eccezion fatta per il suo corpo.  Era la prima a non rispettarsi, come mai avrebbero potuto farlo gli altri?
- Sì, dai, giochiamo a fare le femministe incallite, Nelly, molto astuto! Peccato che avere le ovaie non necessariamente voglia dire saper usare il cervello -.
Ringhiò, sbattendo alle sue spalle la porta della stanza. Si ritrovò al buio, sentendo la gola bruciargli e le mani fremere dalla voglia di spaccare qualcosa. Senza accendere la luce, raggiunse tentoni il letto e si accasciò sul materasso, addormentadosi subito.

 I need no sympathy because I'm easy come, easy go, a little high, little low. Anyway the wind blows, doesn't really matter to me.

Gabby guardò un’altra volta Berell, richiamando a sé più forza di quanta in realtà avesse a sua disposizione. Drizzò le spalle, chiuse la porta e attraversò la camera a grandi falcate. Era tenuta in penombra, spartana e senza mobili, eccetto il letto e la sedia su cui lui vegetava, apatico.
- Come ti senti? -.
Poggiò le piccole mani sulle ginocchia del suo amico, speranzosa in una risposta che forse nemmeno quel giorno sarebbe arrivata. Tutte le mattine lei passava almeno mezz’ora in sua compagnia, nella maggior parte dei casi senza fiatare. Cercava di capire, di cogliere un segno dal tanto decantato silenzio, senza riuscire a sentirci dentro alcuna verità. Non c’erano mille spiegazioni nel silenzio di Berell, non c’erano emozioni, non c’erano miglioramenti. Sospirò e lasciò la stanza.
Quella deprimente scenetta si era ripetuta più volte al giorno sin da quando erano arrivati lì, quasi due mesi prima.
- Gab, è pronta la colazione -.
Vanda si destreggiava tra padelle e pentolini come se fossero il suo habitat naturale. Fermandosi sull’uscio della cucina, Gabby si domandò se smettere di combattere e vivere una vita normale, forse noiosa e ripetitiva ma familiare, fosse una possibilità per loro oppure soltanto un’illusione.
Magari il posto di Vanda era davvero dietro ai fornelli. Ed il suo... chissà! Il mondo era un ventaglio di opportunità da capogiro, di occasioni, di proposte, c’era da aver paura di non saper scegliere più che di non aver scelta.
- Si, ehm, non ho fame -.
L’odorino del frittelle e della marmellata, in realtà, l’allettava parecchio, così come l’aroma di caffè che abbracciava la casa, ma la voglia vera e propria di mangiare le era passata da un bel po’.
Vanda le scoccò un’occhiataccia, sbattendo una presina sul tavolo e lasciandosi cadere su una sedia, con il tonfo leggero del suo bel corpo. A Gabby era sempre sembrata una donna meravigliosa, eppure la tristezza, invece di appassirla, le aveva donato un nuovo fascino, un’attraente aria da sopravvissuta.
I suoi occhi erano sempre un po’ socchiusi, nascondevano le iridi ghiacciate come se fossero un segreto imbarazzante. I lunghissimi capelli color mogano si attorcigliavano sulla schiena come tentacoli di una spaventosa creatura marina e la sua pelle bruna dava l’impressione che il Sole la cercasse e scovasse il suo viso morbido per baciarlo e baciarlo e baciarlo ancora. Non era perfetta, né truccata o magrissima, era morbida e naturale come un fiore.
- Be’, vedi di fartela venire, perché di questo passo scomparirai -.
Vanda l’aveva fulminata con lo sguardo, ma Gabby non si sentì affatto mortificata. Era ben nutrita, non era così sciocca da dimenticarsi di se stessa: il problema è che aveva perso il gusto delle cose e, in quel caso specifico, del cibo. Questo era ciò che preoccupava Vanda: la vedeva perdersi ogni giorno di più, quasi volesse raggiungere Berell nel suo mondo malato e muto.
- Ti prego -.
Gabby avrebbe voluto fare uno sforzo per Vanda, avrebbe sinceramente voluto sedersi e ridere, ostentando una serenità che le apparteneva solo nei ricordi, ma non poteva, perché Vanda scovava le bugie come un gatto a caccia di ratti. Cercare di ingannarla era solo stupidità sprecata.
- Mi dispiace -.
Mormorò, afferrando una fetta biscottata ed uscendo di corsa. Non appena mise i piedi in strada, il vento le sferzò il viso, pizzicandole gli occhi già umidi di lacrime.
Riponi le tue speranze nel domani, Vanda, oggi è ancora un giorno del passato. Oggi non c’è vita per noi, ma solo macerie. Riponi le tue speranze nel domani, perché oggi io non esisto, oggi io non posso affiancarti nei tuoi desideri.
 

Mama, life had just begun, but now I've gone and thrown it all away. Mama, didn't mean to make you cry. If I'm not back again this time tomorrow carry on, carry on, as if nothing really matters.

 

   
 
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