Si siede sull’erba, poggiando la schiena ad un tronco. Apre le gambe e mi fa segno di andargli a fare compagnia. Correndo vado a sedermi davanti a lui, poggio la testa sulla sua spalla spingendola verso dietro. Sento le sue braccia passarmi sulle spalle e abbracciarmi. Ad occhi chiusi giro la testa avvicinandola all’incavo del suo collo. Assaporo la sua pelle, lasciandogli qualche bacio e inspiro il suo profumo che tanto amo. Stiamo insieme da 6 mesi. Sembrano una vita.
“Gà…”
-Mmmmh?-
“Secondo te il liceo cambierà qualcosa, tra noi?”- dico sussurrando e rimanendo sempre nella stessa posizione.
-Ele…-
“Gà…”
-CHE CAZZO DICI?-
“Dico che potremmo cambiare, scoprire nuove persone e capire di non volerci poi così bene.”
-Hai paura di questo?-
“Un po’. Ho paura di non riconoscerti più, un giorno…”
-Ele, le cose cambiano, spesso. Se qualcosa dovesse farci sentire diversi, ben venga. Stiamo crescendo, insieme. Non è possibile che io rimanga il tuo ragazzo, per sempre. Abbiamo meno di 15 anni. Forse è meglio così.-
“Hai ragione…”
Le sue parole risultano tanto come un voler mettere le mani avanti. Siamo troppo realisti per pensare al “per sempre”. Le cose finiranno, meglio cominciare a pensarci.
14 settembre 2010.
Le mie dita scivolano lentamente sul finestrino dell’auto. I polpastrelli premono sul vetro facendo un movimento circolare. Cerco di guardare meglio fuori. Piove a dirotto, mi farò una pezza. Abbasso lo sguardo sul foglio stropicciato che ho tra le mani. 28 nomi. 27 completamente estranei e nuovi.
Primo liceo scientifico. 27 compagni di classe. sezione N.
I N. Cazzo, già? Non conosco nessuno! Dove minchia mi siedo, adesso? Sta tranquilla, Ele, un posto deve pur esserci, che cavolo!Sì, DEVE.
-Eleonò, ti sbrighi?-
“Sì sì pà, calma! Ora scendo.”
-Buon primo giorno, in bocca al lupo.-
“Crepi, ciao!”
Apro lo sportello e molto goffamente anche l’ombrello. Afferro lo zaino e sbatto la portiera, richiudendola. Mi dirigo verso l’ingresso. Cazzo, quanta gente! Mi guardo in giro cercando di sembrare meno ebete possibile. Entro dentro, chiudendo l’ombrello. Vedo lo sportello informazioni e a passo svelto lo raggiungo.
“Scusi…”
-Dimmi!-
“Sono del 1 N. Vorrei sapere dov’è la mia classe.”
-Guarda prendi quel corridoio. E’ la seconda porta a sinistra. Ci sono già due tue compagne, dentro. Il primo giorno si fa un’eccezione, gli altri sennò, si entra a e 5, al suono della campana.-
“La ringrazio!”
Ma quale eccezione! Sono le 8 e 02, capirai! Per tre minuti. Che bisbetica! Raggiungo velocemente la classe ed entro con cautela. Una serie di banchi verdi pulitissimi è la prima immagine che vedo. C’è un odore fortissimo di detersivo. Sugli ultimi due banchi sono poggiati tre zaini e, di spalle, ci sono 3 ragazze. Busso alla porta, tentando di richiamare l’attenzione. Si girano. Il mio cuore batte a 3000. Il mio primo giorno di liceo. Sento una vibrazione sulla coscia sinistra, il cellulare.
-Oi! Ciao!-
“Ehm… ciao…” ELEONORA, sembri un’imbecille!
- Anche tu nel primo N!?- Certo idiota! No, guarda sono qua a vedere te e le tue amiche che il 14 di settembre con il diluvio universale, sono arrivate in leggins e ballerine.
-Ah, ciao Elena. Io sono Martina. Lei è Ginevra e lei è Maria.-
“Piacere!” stringo le mani a tutte cordialmente. Mamma mia, ma da dove sono uscite ste tre oche?
-Se…-
Fortunatamente, qualunque cosa Ginevra stava per dire è stata interrotta dal suono della campana e da un riversamento di massa di persone, in classe. Dopo pochi secondi quasi tutti i banchi sono pieni. C’è solo un posto vuoto vicino ad uno che sembra l’orso Yoghi e un altro vicino ad una sfigatella con gli occhiali. BENE! Grande Elena! Non erano meglio le tre oche del pantano? NO. Beccati la sfigata!