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Autore: Leslie and Lalla    29/05/2011    1 recensioni
[Attenzione: può essere letta anche senza aver letto Drawing a Song 1 e 2]
Lei è Evelyn Evans, ventisei anni da compiere, laureata da poco in psicologia, insicura su tutto ma decisa a conoscere i suoi genitori biologici prima di sposare il fidanzato Danny. Ha come l'impressione che la sua vita non sia il cammino sorprendente fatto di scelte inaspettate di cui le parlano i libri, anche se vorrebbe tanto che fosse così.
L'altra è Viola Dumas, ventisei anni appena compiuti, il suo obiettivo è diventare un medico brillante, decisa e risoluta, sa quello che vuole dalla sua vita e non si concede distrazioni, soprattutto per pensare alla sua infanzia, che tutto quello che vorrebbe fare è dimenticare.
Ma cosa succederebbe se sulla strada di Evelyn si presentasse un affascinante, trasgressivo e giramondo musicista che la immerge del tutto nella bolla di sapone fatta di divertimento, arte e voglia di esprimere se stesso tramite una canzone in cui sembra che viva lui?
E a Viola, invece, cosa succederebbe se una mattina si svegliasse accanto ad un uomo completamente sconosciuto? E se quell'uomo fosse proprio l'ultima persona con cui sarebbe dovuta andare a letto?
[Scritta a quattro mani]
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'All of Drawing a Song and Sequels'
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2. It was a, uhm, pleasure?




Sabato 28 maggio

Viola's Pov.

Mi sveglio con un sapore orribile in bocca e la sensazione di aver fatto qualcosa di molto stupido. Cazzo, non mi ricordo praticamente niente di ieri sera. No, aspetta... mi ricordo un Martini o due di troppo, e una canzone. Non ho idea di quale sia, lenta, non riesco a togliermela dalla testa. Oh, e poi un ragazzo... deve avermelo presentato Maria, o forse era Dalila. Era carino, peccato che non mi ricordi il nome. Stupidi drink, al lavoro sarò uno straccio.
Okay, meglio muoversi. Con una smorfia allungo le gambe per stirare i muscoli e il mio piede sfiora qualcosa di caldo. Tiro uno strillo e cerco di alzarmi dal letto, ma riesco solo a rotolare oltre il bordo e a cadere sul pavimento, sbattendo la testa contro il comodino. Gemo e mi rimetto seduta massaggiandomi la nuca. Quando alzo lo sguardo mi ritrovo davanti il viso di un uomo.
«Tutto a posto?» chiede, perplesso.
Oh. Mio. Dio. È lui! È l'uomo che mi hanno presentato ieri sera! Ed è nel mio letto, nudo eccetto che per un paio di boxer. E anche io sono nuda. Oh santissima merda.
In un riflesso spontaneo stringo il lenzuolo al petto, cercando di trovare qualcosa di sensato da dire.
«Sto bene» gli assicuro infine, ancora frastornata.
Lui si passa una mano sul viso assonnato. «Buongiorno, comunque... che diavolo di ore sono?»
«Le sei e mezza» rispondo automaticamente, chiudendo gli occhi un momento.
Grande, e adesso? Dio, non posso lasciare che Maria lo veda, già me la vedo lanciarmi quel suo sguardo malizioso e blaterare per giorni su quanto sia contenta che abbia finalmente trovato un uomo perché sono troppo sola e roba simile. È da quando abitiamo insieme che cerca di piazzarmi con qualcuno, anzi, probabilmente è stata proprio lei a spingermi tra le braccia di questo tizio. Dio, non mi ricordo niente.
«Stai scherzando? Chi al mondo si sveglia alle sei e mezza il sabato mattina?»
«Senti... ehm» gli lancio un'occhiata vagamente imbarazzata, ma lui sorride.
«Leo» si presenta, porgendomi la mano.
Cerco di sorridere a mia volta. «Viola, piacere» dico, frettolosa.
«Viola... bel nome» commenta lui.
«Sì, grazie... devi andartene da qui.»
Lui aggrotta la fronte, poi si fa preoccupato. «Non sta per arrivare un qualche fidanzato geloso, vero?» chiede, allarmato.
«No» lo rassicuro, con un sorriso nervoso, «solo una coinquilina impicciona... beh, la conosci Maria, no?»
«Ehm... no. Era anche lei alla festa ieri sera?» chiede, perplesso.
Grande. Un perfetto sconosciuto.
«Sì, ma non importa» borbotto, alzandomi in piedi.
Leo scende dal letto e raccoglie i jeans abbandonati in mezzo al pavimento. Io pesco la vestaglia da un mucchio di vestiti sul pavimento – lo ammetto, non sono la persona più ordinata dell'universo – e la indosso, poi gli lancio un'occhiata, approfittando del fatto che sia distratto per poterlo osservare per bene. Non si può negare che sia maledettamente affascinante. Capelli castani mossi e spettinati, occhi blu e un accenno di barba sul mento. Anche come fisico è messo decisamente bene, ha un torace scolpito, pancia piatta e braccia muscolose ma non troppo. Anche se probabilmente non dovrei cerco di ricordare qualcosa su ieri notte, ho il vago ricordo che nemmeno a letto fosse niente male.
«Hai visto l'altra scarpa?» chiede all'improvviso, facendomi prima sussultare e poi avvampare. Cavolo, si sarà accorto che lo stavo fissando?
Individuo la scarpa sotto il letto e mi chino per raccoglierla, approfittando del momento per prendere un respiro profondo e riacquistare il mio solito colorito. Prendendo la scarpa sorride e mi ringrazia.
«Quindi tu abiti qui?» chiede guardandosi attorno.
Annuisco e raggiungo lo specchio. Oh Dio, sembra che qualcuno abbia appena centrifugato i miei capelli. Cosa diavolo ho fatto ieri notte per conciarli così?
«È carino... spazioso» commenta, allacciando i bottoni della camicia.
«Era dei miei nonni... si sono trasferiti a Venezia dopo il matrimonio dei miei genitori» spiego, distratta, «quando mia nonna è morta mio nonno si è trasferito a Parigi e ha lasciato l'appartamento a me e a mia sorella.»
«E a lei non serve?» chiede ancora.
«Ha sedici anni, non se ne fa molto» rispondo, poi mi volto a guardarlo. «Bene, sei vestito? Grande, è stato un piacere conoscerti, Leo.»
Lui sorride divertito. «Altrettanto.»
Annuisco, poi, sperando di non sembrare eccessivamente scortese, faccio un cenno verso la porta.
«Oh, giusto, mi stai cacciando» esclama, battendosi una mano sulla fronte.
Sono abbastanza sicura che sia una battuta e faccio un sorrisetto ironico. Sinceramente non trovo nulla di divertente in questa situazione. Non adesso, magari tra vent'anni.... no, meglio venticinque. Lo precedo fuori dalla stanza per assicurarmi che Maria non sia in salotto, poi vado ad aprirgli la porta d'ingresso.
«Che dire, allora?» indugia lui, passandosi una mano tra i capelli, «grazie per la bella serata.»
Dio, spero davvero che non sia seriamente malizia quella nel suo sorriso. Lo fulmino con lo sguardo.
«Non c'è di che» sibilo, acida.
«Viola?»
Sussulto e mi volto verso Maria, che esce dalla cucina con in pigiama e con una tazza fumante in mano. Okay, questo è uno dei tanti momenti in cui ho solo voglia che un enorme buco si apra sotto i miei piedi e mi faccia scomparire alla sua vista.
«Buongiorno!» esclamo, con voce acuta e un sorriso da orecchio a orecchio, «cosa ci fai in piedi a quest'ora?» Oddio, devo davvero abbassare il tono di voce di due ottave. Ho l'impressione che tra un po' solo i cani riusciranno a sentirmi. Magari nemmeno loro.
«Non sono riuscita a chiudere occhio questa notte» ammette lei, poi beve un sorso dalla sua tazza e sposta lo guardo su Leo. Gli sorride.
«A quanto pare non sono l'unica» commenta, leggermente divertita.
Divento immediatamente rossa come un peperone. «Se ne stava andando» mi affretto a dire, poi lo spingo fuori e gli chiudo la porta in faccia senza aggiungere altro.
Sollevando le sopracciglia, Maria si porta di nuovo la tazza alle labbra. Il suo silenzio ha qualcosa di inquietante.
«Beh, allora credo che andrò a farmi una doccia» annuncio, con un sorriso imbarazzato.
«Oh, non provare a pensare che una doccia basterà a scampare il mio interrogatorio» ribatte lei, tranquilla.
«Credimi, non l'ho fatto... mi chiedevo piuttosto come mai ci volesse tanto» ammetto, con un sorriso rassegnato.
«Ho bisogno di schiarirmi le idee... mi sono disabituata alle conversazioni post sesso selvaggio con uno sconosciuto» commenta.
Stringo le labbra, vagamente nauseata.
«Sesso selvaggio?» chiedo, seppur riluttante.
«Oh, tu non eri nella stanza accanto.»


A Maria occorrono solo dieci minuti per “schiarirsi le idee”. Entra in bagno mentre sono sotto la doccia e si accomoda a gambe incrociate sul water.
«Era alla festa ieri sera?» chiede, con voce assorta.
«Direi di sì, anche se non ho idea di chi se lo sia portato dietro» sospiro, cercando di trovare una bottiglia di shampoo ancora piena.
«Era carino, strano che non l'abbia notato» commenta, «come hai detto che si chiama?»
«Non l'ho detto. Si chiama Leo» rispondo, rassegnata.
«Leo e basta?»
«Per quello che ne so io sì» rifletto, «ero completamente ubriaca» aggiungo, con aria vagamente colpevole, versando un po' di shampoo sulla mano.
«Oh, questo spiega tutto» fa Maria, con l'aria di chi la sa lunga.
«Che cosa vorresti dire?» chiedo di rimando, sospettosa.
«Che quando sei ubriaca sei molto più “avventurosa” del solito» risponde.
«Che?»
«Okay, non ti offendere, ma da sobria per la maggior parte delle volte sei un pochino noiosa» ammette, «beh, non tanto come persona ma come atteggiamento. Cioè, devi sempre fare tutto secondo le regole, mai uscire dalle righe, mai una pazzia...»
«Non è vero!» protesto, «ho fatto un sacco di cose pazze nella mia vita!»
«Tipo?» chiede lei, scettica.
«Accettarti come coinquilina»
«Haha. Molto divertente, ma io parlavo sul serio.»
Lo so, solo che effettivamente non riesco a trovare niente di davvero “pazzo”. Almeno nulla che abbia fatto da quando mi sono laureata. Quando ero all'università ero diversa, più spontanea e probabilmente anche più divertente. Di certo più “avventurosa”, come dice Maria. Certo, non come lei, che invece di continuare a studiare è salita su un camioncino con alcuni amici e ha girato prima l'Europa e poi l'Asia, facendo ogni genere di cosa, provando ogni tipo di lavoro. Dice che alla fine non le dispiace nemmeno tanto di non avere una laurea, visto quello che ci ha guadagnato. L'ho conosciuta quando è tornata in Italia, tramite amici, e poi è diventata la mia coinquilina. Da allora siamo inseparabili. Ma non era questo il punto, giusto? Si parlava della mia vita incredibilmente noiosa. Sì, come dicevo, gli ultimi anni di superiori e quelli universitari sono stati molto più fuori dalla norma di quelli di altre persone, poi però la specializzazione mi ha succhiato via il tempo e la voglia di essere stravagante, e tutto quello che mi resta di quegli anni è un tatuaggio sulla nuca e album interi di foto. Ogni tanto mi manca, devo ammetterlo, vivere alla giornata, senza preoccuparmi del lavoro o dello studio, ma mi vengono le vertigini solo a pensarlo.
Mi sciacquo i capelli senza dire niente, poi allungo la mano fuori dalla tenda della doccia per prendere l'accappatoio. Maria me lo passa e la ringrazio con un sorriso.
«Lo sai vero che il fatto che tu non mi abbia risposto non fa altro che confermare quello che ho detto» osserva con aria saggia mentre cerco un pettine.
Alzo gli occhi al cielo. «Okay, come vuoi tu, sono noiosa.»
Lei sorride divertita e si scosta i lunghi capelli scuri dalla spalla per poi ripartire all'attacco. «Quindi lo rivedrai ancora?» chiede, maliziosa.
Mi mordo il labbro. Ovvio che no. Non ho nemmeno il suo numero di telefono... mi chiedo solo come mai una parte di me ne sia delusa. Beh, era un bell'uomo, questo è certo.
«Non credo» ammetto, dopo una breve pausa, passandomi le dita tra i capelli – ho rinunciato a trovare il pettine – e mettendo su un'espressione noncurante.
«Perché scusa? Cioè, a me è bastato vederlo per mezzo secondo per innamorarmi di lui!» ribatte, quasi scioccata.
«Mh, non sono così disperata.»
Maria solleva un sopracciglio. «Senza offesa eh, ma per me lo sei...»
Decido di ignorare questa sua ultima affermazione – soprattutto perché è dolorosamente vera – ed esco dal bagno per dirigermi in camera mia. Sono in ritardo, porca miseria.
Maria mi segue e si siede sul mio letto con l'aria frustrata di chi ha a che fare con un bambino di prima media che non sa le tabelline, io cerco di ignorarla e seleziono un paio di jeans slavati e una t-shirt a tinta unita dal mio armadio. Mentre mi vesto, Maria si liscia i capelli con le dita, pensierosa.
«Vuoi dirmi che se ti chiamasse e ti chiedesse di uscire non accetteresti?» domanda dopo un po', scettica.
Attacco la spina del phon e regolo la temperatura. «Non mi chiamerà» la correggo, sicura.
«Come fai a saperlo?»
«Non gli ho dato il mio numero» rispondo, con un sorriso angelico.
Lei si batte una mano sulla fronte, esasperata. «Viola!»
«Cosa? Te l'ho detto, ero ubriaca, è stata una cosa da ubriachi, sinceramente non mi sembrava nemmeno che fosse tutta questa simpatia, perciò non gli ho dato il mio numero.»
«Sei senza speranza» commenta, delusa.
«Come ti pare» sbuffo, asciugandomi i capelli.
«Se fossi in te cercherei di richiamarlo» aggiunge subito dopo.
«Sì, l'hai reso piuttosto chiaro»
«Sai cosa? Lo cercherò io. Per te. Ti troverò il suo numero, il suo nome completo, il suo indirizzo e monate varie e poi potrai prendere una decisione imparziale» esclama, illuminandosi.
La guardo profondamente scettica. «Spiegami come farai» la invito, senza essere del tutto sicura di volerlo sapere.
«Oh, sarà facile. Basterà fare un giro di telefonate... anche se fosse stato un imbucato dubito che tu sia stata l'unica persona con la quale abbia parlato tutta la sera» spiega con semplicità.
«Sai, stai dando davvero troppa importanza a questa faccenda» le faccio notare, nonostante sappia perfettamente che cercare di farle cambiare idea è una battaglia persa in partenza.
«Scherzi vero? Non esci con nessuno da almeno sei mesi! Se c'è un potenziale perfetto fidanzato bisogna approfittarne!» esclama, e se ne va prima che possa ribattere.
Dio, ma davvero sono così messa male? O il bisogno che sente Maria di mettermi con qualcuno è solo una manifestazione della sua tendenza a vedere le cose peggiori di quello che sono in realtà? Insomma è vero, non ho un ragazzo, ma dov'è tutta questa urgenza di averne uno? Sono già stata in relazioni prima, alcune anche importanti, ma in questo momento non sento di averne bisogno. O sì? Non lo so, comunque non è il momento di pensarci: sono in ritardo.
Una volta che i capelli sono più o meno asciutti mi fermo un momento davanti allo specchio per mettermi un filo di matita e un po' di mascara e cercare di coprire le occhiaie alla meno peggio con il fondotinta. Sembro uno zombie comunque, ma è meglio di niente.
Afferro la borsa e vado in cucina a versarmi una tazza di caffè che mando giù in un paio di sorsi assieme a due biscotti.
«Maria io vado!» esclamo, prendendo le chiavi dal piattino che teniamo apposta su un tavolino in ingresso e aprendo la porta. «Ci vediamo questa sera!» aggiungo, senza aspettare una sua risposta.
Esco sul pianerottolo e mi fermo un momento per sospirare. A volte mi chiedo se Maria si renda conto di come mi faccia sentire il suo costante “prendersi cura di me”. Non che non lo apprezzi, so che è uno dei tanti modi in cui mi fa capire di tenerci a me, ma a volte riesce davvero a farmi dubitare su dove si stia effettivamente indirizzando la mia vita, se il piano che ho di posporre cose come il matrimonio e i figli a dopo la fine della specializzazione sia davvero la cosa giusta da fare. E se perdessi la mia chance? E se l'avessi già persa? Cerco di pensare a tutti i momenti in cui ho preso una decisione che mi ha cambiato la vita in modo radicale e sulla quale non posso tornare indietro, e la prima persona a venirmi in mente è Max. È stato il ragazzo con il quale ho capito davvero cosa significa essere innamorati e con cui ho avuto la mia prima relazione seria, eravamo schifosamente perfetti assieme, nonostante le nostre diversità. A far finire la nostra relazione sono stati i caratteri, i desideri e gli interessi completamente differenti, che se inizialmente avevamo cercato di ignorare dopo un paio di anni sono diventati dolorosamente reali. Come anche adesso, tutte le mie energie erano concentrate nel diventare un medico brillante, mentre lui è un artista, uno di quelli che dipingono sui marciapiedi, tutto quello che voleva era vivere la sua vita fino in fondo. Quando ci siamo resi conto entrambi che la fiamma se n'era andata lui mi ha chiesto di sposarlo, nella speranza che potessimo tornare quelli di un tempo. Mi ha detto che si sarebbe cercato un lavoro fisso e avrebbe fatto funzionare le cose ad ogni costo, che mi avrebbe amata come il primo giorno per tutti i giorni che sarebbero venuti. Per un momento sono stata tentata dall'accettare, ma poi l'idea che potesse davvero cambiare per me mi ha colpita e terrorizzata. Potevo davvero permettergli di rinunciare ai suoi sogni, a quello che voleva, solo per poter vivere i miei? Ed era davvero possibile ritornare quelli di un tempo? Purtroppo no, questa era la verità. Gli ho detto di no, proponendogli di aspettare ancora un po', ma ormai il nostro rapporto si era incrinato, e nonostante ci amassimo ancora ci siamo lasciati da amici. Lo siamo ancora adesso, lui vive nell'appartamento accanto al nostro assieme a suo cugino e alla sua attuale ragazza. Non mi sono mai pentita della mia scelta, è stata la scelta giusta, non avremmo mai funzionato per il resto della vita... ma ora mi chiedo se sia davvero così. Ho mai davvero provato a pensare che avremmo potuto avere una famiglia? O ho escluso l'idea a priori solo perché ero spaventata? Quello che provavo per Max è svanito da tempo, ma se mi fossi davvero lasciata sfuggire un'occasione importante?
«Viola! Buongiorno, cara» esclama una voce alla mia destra, e io sussulto, strappata dai miei pensieri.
Mi volto e mi trovo davanti Allyson, la mia vicina del piano di sopra. Ha cinquantacinque anni e lei e suo marito sono gli inquilini che vivono nel nostro condominio da più tempo. Hanno preso me e Maria in simpatia fin da quando ci siamo trasferite e ormai ci trattano quasi come se fossimo figlie loro, o comunque delle nipoti affezionate. Ci invitano a cena almeno una volta alla settimana e si preoccupano sempre per noi. Sono una coppia piuttosto conosciuta nel quartiere e ci hanno aiutate parecchio ad ambientarci e a fare le prime conoscenze, anche grazie al loro unico figlio, Peter, che ha qualche anno più di noi.
«Buongiorno, Allyson, come mai in piedi così presto?» chiedo, lanciando un'occhiata all'orologio che ho al polso.
«Oh, nessuna ragione in particolare, stavo solo andando a buttare via la spazzatura» risponde lei, sollevando appena il sacchetto nero che ha in mano. «Stai andando all'ospedale?» chiede poi, sebbene la risposta non sia difficile da intuire.
«Sì, a dire il vero sono un po' in ritardo.»
«Allora cosa te ne stai qui a parlare con me, tesoro? Sbrigati, prima di finire nei guai!»
Mi dà una pacca leggera sulla spalla e io le sorrido divertita, per poi salutarla e scendere velocemente le scale. Dio, spero davvero che non ci sia troppa gente in giro o sono fregata.
Esco dal palazzo mentre mi allaccio il casco, poi monto in sella al mio scooter e metto in modo. Non faccio in tempo a fare due metri che mi squilla il cellulare dalla tasca. Gemo, esasperata, e lo tiro fuori giusto per guardare il nome sul display. È Dalila, dovevo incontrarla fuori dall'ospedale dieci minuti fa per fare colazione assieme a me e rivedere le cartelle cliniche di alcune pazienti. Impreco, mentre rifiuto la chiamata, spero che capisca che è perché sto arrivando.
Mentre percorro la familiare strada tra casa e ospedale un po' più veloce del dovuto mi rendo conto di avere ancora la nausea per la sbronza di ieri sera e torno a pensare a quel Leo. Non ho molta fiducia nel piano di Maria, ma qualcosa, non so cosa, mi dà la sensazione che lo rivedrò ancora, e che ieri notte non porterà a nulla di buono. Dio, spero davvero che non sia così.
















*** Spazio Autrici ***

Ed eccomi qui, io, Leslie, piacere, per chi di voi non mi conosca già e, o, quante virgole... >.<

Beeenebeeene, eccoci qui, questo era il mio primo capitolo (e non ascoltate quella scema dillà, quando dice che sono cooosììì brava, perché restate delusi u.u) (tanto ho ragione io u.u NdLalla).
Viola è la mia protagonista (mahvaaah?!) e personalmente mi piace come mi sta venendo. La vedo molto diversa da Cleo e Michelle, molto più matura della prima e più sicura della seconda. Viola è una che sa quello che vuole, ma anche lei ha dei fantasmi nell'armadio. Che fantasmi? Lo scoprirete leggendo *W* sto seminando in giro degli indizi, però, non molto in questo capitolo ma abbastanza nei prossimi due... magari poi è tremendamente ovvio e io mi sto illudendo di creare un sacco di suspense quando tutti hanno già capito tutto leggendo la descrizione della fic xP

Okayokay, che altro da dire? Per quanto riguarda la stesura di questa bella storia Lallus è al capitolo 7 e io sono al capitolo 6 e siamo (immagino di poter parlare al plurale, o?) piuttosto soddisfatte di come sta venendo (sì, parla pure al plurale... in linea di massima anche io sono soddisfatta! :)) NdLalla). Anche se io sto praticamente improvvisando perché non ho ancora un piano degli avvenimenti. Beeeeh, dettagli, l'importante è che riusciamo ad essere puntuali, no? ;D

Sìì, parlo troppo, passiamo a quello che interessa davvero, ovvero i volti che ho trovato per i miei personaggiii!!
Viola
Leo
Maria

Okay, è tutto per questa settimana. Continuate a recensire, mi raccomando, io e Lalla ci impegneremo a rispondervi personalmente il prima possibile, in più tutti i vostri consigli ci sono davvero davvero utili. Davvero, eh!

Adesso è davvero tutto xP
loooove, Leslie and Lalla
   
 
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