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Autore: Miss Demy    30/05/2011    33 recensioni
C'è una melodia che suona scandendo i battiti del cuore. E' una melodia fatta di dolci ricordi, di tristi realtà, di amare accettazioni.
E' una melodia che suona quando si prova amore puro e incondizionato.
Che sia per la persona amata o per il frutto dell'amore per quella persona.
Usagi la sente suonare ogni giorno dentro di sè. Da ormai cinque anni.
Dal cap. 3:
- "Il tuo cuore batte forte, Usako."
"Sembra una melodia, Mamo-chan. Ascoltala insieme a me, stanotte."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chibiusa, Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Cap. 9: La Melodia del Cuore

Davanti all’armadio, la scelta fu critica: erano passati dieci minuti da quando aveva aperto le ante per decidere cosa indossare quella sera. Il problema per Usagi era quello di aver acquistato, nell’ultimo periodo, solo abiti pratici, giornalieri, da brava mammina, e non da uscite notturne per i locali della città.  Sospirò più volte, tirando fuori alcuni vestiti per poi gettarli sul letto e continuare a far scorrere le grucce all’interno dell’armadio.
Alcuni passi sempre più vicini la costrinsero a voltarsi di scatto; Mamoru era davanti alla porta, con le mani nelle tasche dei jeans e un sorriso divertito per quella scena simile a quella di un film per teen ager.
“Hai intenzioni di tirarli fuori tutti?” ridacchiò entrando e sedendo sul letto.
“Lo trovi divertente?” Usagi si innervosì un poco, continuando a guardare gli abiti all’interno del mobile e quelli sparsi sul letto.
“Voi donne siete proprio complicate, chissà se anche Chibi-chan diventerà così” osservò con tono sempre più malinconico.
Alzandosi sulle punte per cercare qualcos’altro sulle mensole alte, la ragazza rispose con tono distratto: “Tra dieci anni lo potrai scoprire tu stesso.”
Il cuore di Mamoru per un attimo smise di battere, si sentì pervadere da tanta paura che gli si palesò sul viso prima di renderlo triste e serio.
“Questo è carino” le fece notare, mentre la mano scivolava su e giù accarezzando un vestito di cotone nero con le spalline velate, e immaginando di poter dedicare quelle stesse carezze alla sua Usako.
Usagi si voltò curiosa, avvicinandosi al letto e prendendo il vestito in mano; lo fece aderire al corpo e guardandosi allo specchio sorrise. “Grazie Mamo-chan, mi hai salvata!”
Lui rise di gusto scacciando via la malinconia: “Prego, adesso esco così ti puoi vestire.”
 
Non fece in tempo a rispondere che, quando si girò indietro verso di lui, il ragazzo aveva già richiuso la porta alle sue spalle.
Lo voleva davvero? Era veramente necessaria quella formalità? In fondo lui conosceva bene ogni centimetro del suo corpo, l’aveva spogliata lui stesso, accarezzata dappertutto, baciato la sua pelle nuda e bisognosa di lui.
Sentì il petto bruciare; non le facevano bene quei pensieri.
Sospirò profondamente e iniziò a prepararsi per la serata tra amiche.
 
Usagi aveva raccomandato a Minako di non suonare il campanello e di non premere il clacson per avvisarla del loro arrivo; se Chibiusa si fosse svegliata, non l’avrebbe lasciata uscire.
Uno squillo al suo telefono cellulare le fece capire che le sue amiche erano fuori ad aspettarla. Prese la sua borsetta nera e uscì di casa.
Mamoru era seduto sul dondolo con una bottiglia di birra ghiacciata in mano, osservando la Mercedes CLK grigia della Star e le quattro teste che sporgevano dall’auto decapottabile.
Udendo il suono dei tacchi farsi sempre più vicino, si voltò; in quel momento una morsa strinse il suo cuore come mai prima.
Lei era lì, davanti a lui, in un tubino aderente, scollato e corto sopra al ginocchio, che sembrava essere stato realizzato solo per lei, avvolta dalla seta lucente dei suoi biondi capelli lisci che le rivestivano le braccia e la schiena.
Avrebbe voluto alzarsi, intrappolarla tra le sue braccia possenti e toglierle con un’infinità di baci, pieni di dolcissima e tremenda passione, quel lucidalabbra che rendeva la sua bocca ancora più carnosa e appetitosa del solito.
Inspirò solamente, inebriandosi di quel profumo intenso, nuovo, che la rendeva più donna, che nascondeva l’odore di borotalco che spesso le restava addosso dopo il bagno fatto alla bambina.
“Mi raccomando, se Chibi-chan si sveglia e mi cerca, chiamami subito, non lasciarla piangere.”
Mamoru non rispose subito, era ancora ammaliato da quella visione di donna bella e sensuale, dagli occhi luminosi e cristallini, valorizzati da un ombretto perlato, fissi nei suoi, e da quella voce simile a un sussurro pieno di amore.
Forzò un sorriso solamente, sollevando la schiena dalla spalliera, e con gli avambracci sulle gambe e la testa alzata verso di lei: “Stai tranquilla, ci sono io con lei.”
“Buonanotte Mamo-chan” sussurrò a malincuore; qualcosa dentro di sé le suggeriva di sedersi su quel dondolo, come tante sere precedenti, e stringersi a lui per tutta la notte.
Doveva tenere a freno quella vocina insistente che albergava nel suo cuore.
“Divertiti Usako” fu la risposta di lui, anche se il desiderio di dirle di restare lì con lui, tra le sue braccia, era troppo forte.
Lei annuì e si voltò verso il cancello d’ingresso; dopo qualche passo in avanti, istintivamente lui la bloccò:
“Usako…”
Lei si girò curiosa: “Hm?”
Deglutendo, lui riprese: “Sta’ attenta” colmo di apprensione.
Un sorriso felice le si palesò sul viso, in quel momento fu più forte di lei, era come se le sue gambe si muovessero da sole, automaticamente; tornò indietro e, poggiando le mani sulle gambe di lui, si piegò in avanti premendo le labbra sulla guancia poco ruvida di Mamoru.
“Sì, papà!” lo rassicurò imitando la vocina di Chibiusa prima di allontanarsi da lui ridacchiando.
Lui arrossì leggermente, percependo che quel contatto ingenuo, ma avvolto da un odore sensuale, aveva messo in subbuglio il suo corpo, facendo bollire il sangue nelle sue vene ed eccitandolo parecchio.
Rimase incurvato in avanti, incapace di sfiorarla per evitare di sentire il corpo fremere ancora di più al suo contatto ed essere costretto, dopo, a non poterla tenere con sé.
Non poté fare altro che osservarla mentre, sinuosamente, si allontanava sempre di più fino a salire in auto e scomparire dopo poco dalla sua visuale.
 
Sopirò profondamente, sdraiandosi con una mano sotto la nuca, e ammirando il cielo nero addensato da nuvole grigie. Non c’erano stelle, nemmeno una e, se ci fossero state, non sarebbero state mai luminose come Lei.
Già gli mancava, già era in ansia per lei; si spaventava che qualcuno avesse potuto importunarla, era certo che troppi occhi l’avrebbero mangiata, che troppe mani avrebbero voluto toccarla.
Era una sensazione atroce, accompagnata da numerose fitte allo stomaco, era un’emozione nuova, diversa da quella che provava a NYC al pensiero di lei in compagnia di qualche uomo.
Quando era nella City, poteva solo immaginare determinate cose, poteva starci male, però non era straziante, non era da mozzare il respiro, come vedere coi suo stessi occhi la sua donna farsi bella e seducente, e uscire da casa lasciandolo solo a respirare la scia di profumo che arieggiava al suo passaggio.
“Te lo sei cercato tu, idiota” si disse maledicendo se stesso.
Ne era consapevole, sapeva che l’errore era stato suo, cinque anni addietro. E in quel momento? In quei mesi in cui aveva capito che l’unica cosa che voleva era tornare a casa? Dalla sua famiglia?
Troppo tardi. Non poteva più. Usagi era troppo giovane, troppo bella, troppo in gamba per vedere rovinata la propria vita a causa sua.
E Chibiusa? Troppo piccola, troppo bisognosa di protezione, di qualcuno che potesse prendersi cura di lei giorno dopo giorno. Sempre.
Era giusto così; lui le amava troppo e, così come aveva sentito dire a lei stessa, quel pomeriggio, capì che l’amore era vero e sincero quando si desiderava solamente la felicità delle persone amate, qualunque scelta e qualunque circostanza essa richiedesse. E la felicità di Usagi richiedeva di dover stare lontana da lui.
 
Il rombo prolungato di un tuono lo fece destare da quelle osservazioni; si affrettò a entrare in casa udendo la bambina piangere.
“Mamma, mamma!” urlava, rannicchiata su se stessa, stringendo il suo gattino blu di peluche.
“Shh, c’è papà qui con te, piccolina” la confortò il giovane accendendo la luce e sedendo sul lettino.
“La mamma, voglio la mamma” ripeteva tra un singhiozzo e l’altro.
Mamoru le accarezzò il viso asciugando le lacrime, poi disse, con voce rassicurante: “La mamma è uscita con zia Minako, ci sono io qui, amore di papà, non aver paura.”
Chibiusa si sorprese. “Ma… ma come? Quando torna? Io voglio la mamma!”
Rimboccandole il lenzuolo, Mamoru le sorrise. “Tra qualche ora la mamma sarà qui, domani mattina quando ti sveglierai la troverai a casa.”
Un altro tuono, più prolungato, la fece sussultare; le lacrime colme di paura le rigarono il viso paffuto.
“Mamma, mamma…!” ripeteva soltanto, portandosi seduta e stringendosi a Mamoru pronto ad avvolgerla nel suo abbraccio pieno d’amore.
“Facciamo così” propose il ragazzo, “adesso fai la ninna sul lettone della mamma, così quando torna ti abbraccia forte e dormite assieme, okay?”
A Chibiusa sembrò un ottimo compromesso. Annuì più volte mantenendo un’espressione spaventata; cinse il collo del padre con le mani facendosi prendere in braccio e portare nella stanza della ragazza.
 
 Mamoru la adagiò tra le lenzuola color panna che profumavano di Usako; era un odore caldo e avvolgente che riscaldava il suo cuore. Diede un bacio sulla fronte alla bambina e scostandole alcuni ciuffi dal viso le chiese: “Va meglio Chibi-chan?” con un sorriso dolce sulle labbra.
La piccola però non riusciva a prendere sonno, non voleva restare da sola, si sentiva inquieta.
“Papà, posso ascoltare La Melodia del Cuore?” domandò con occhi lucidi e un’espressione supplichevole.
Mamoru aggrottò la fronte. “Hm?”
Chibiusa accennò un sorriso fiducioso: suo padre non sapeva cosa fosse, aveva una possibilità, quindi.
“Sì, La Melodia del Cuore, è lì” spiegò distendendo il braccio per indicare, sul comò, il portagioie d’argento, a forma di bauletto, che conteneva gli oggetti d’oro e più preziosi di Usagi.
“Amore, ma lì ci son le cose della mamma!”
“Sì… sì, però ti prego, fammela prendere!” insisteva, accennando di nuovo un pianto, mentre fremeva sul letto.
Mamoru si alzò, prendendo l’oggetto rettangolare, dal coperchio bombato, e portandolo alla bambina per evitare che riprendesse a volere la madre.
Lei fu soddisfatta e felice di essere riuscita nel suo intento; aprì cautamente l’oggetto ed estrasse un piccolo carillon a forma di stella gialla dal coperchio bombato dalle rifiniture argentee.
Un sorriso le si allargò sul volto. Mamoru sgranò gli occhi sentendo il cuore sprofondare. “Vediamo, dammelo un attimo” ordinò prendendolo in mano e osservandolo meglio, ancora incredulo.
“No, no ridammelo” ripeteva innervosita, cercando di riprendere la stella che il ragazzo rigirava tra le mani, dopo essersi voltato per poter sfuggire alla presa della figlia, “la mamma non vuole che qualcuno lo tocchi.”
Lui sorrise, porgendolo, poco dopo, alla bambina che si calmò subito e sollevò il coperchio azionando così la melodia, mentre una luna rossa, all’interno, roteava accompagnando il suono.
“Dimmi Chibiusa, è questa La Melodia del Cuore?” cercò conferma ascoltando il motivetto triste e rilassante.
Lei si sdraiò, annuendo e portando il carillon al cuore.
“E perché la chiamate così?”
La piccola alzò le spalle, pensierosa, poi confidò: “Sono io che lo chiamo così; la mamma l’ascolta sempre quando è triste; lo porta al cuore e poi sorride.”
 Chiuse un attimo gli occhi, accennando il motivetto, poi riprese: “Quando sono triste me lo fa tenere, perché dice che a lei i ricordi provocati da questa melodia scaldano il cuore e la fanno stare meglio, però poi lo riposa perché dice che se si rompe lei ne soffrirebbe.”
Mamoru ascoltava in silenzio, ancora stupito per quella rivelazione; quello era il carillon che aveva regalato alla sua Usako per il suo sedicesimo compleanno.
 
Lo aveva comprato dopo aver saputo della festa a sorpresa; voleva farle un regalo carino ma non sapeva i gusti di Usagi, lui non la conosceva, in fondo; sapeva che a scuola non era brava e che amava i dolci. Non aveva in mente nulla che le sarebbe potuto piacere. Aveva visto il carillon in una vetrina del centro e ne era rimasto colpito; tutto sommato alle ragazzine piacevano i carillon e poi la forma a stella gli era piaciuta subito.
 
Non credeva, però, che lo avesse conservato per tutto quel tempo e ne avesse fatto il tesoro più prezioso. Capì che, però, per Usagi non era l’oggetto in sé ad essere prezioso; per Usako era il valore affettivo, il valore dato dai ricordi felici assieme a lui, sulla base di quella malinconica melodia, a rendere il carillon la cosa a cui Usagi teneva così tanto da custodirla come un oggetto di inestimabile valore.
Sentì gli occhi pizzicare; guardò Chibi-chan che, con occhi chiusi e il carillon tenuto al petto, sembrava più serena. Le accarezzò la fronte e i morbidi capelli. Sembrava Usako in miniatura. “Buona notte, principessina mia” sussurrò prima di lasciare un bacio sulla sua testa.
La piccola spalancò gli occhi. “No, no aspetta; resti con me per un po’? La mamma lo fa sempre quando ci sono i tuoni.”
Non poté non accontentare quella richiesta; sorrise alla dolce ingenuità, che gli occhi castani indifesi – ancora lucidi – e le labbra umide chiuse in un’espressione speranzosa erano in grado di provocargli; sdraiandosi accanto a lei, l’avvolse tra le braccia mentre La Melodia del Cuore continuava a suonare, rischiarendo con la sua luce gialla l’oscurità della camera, coprendo il rumore della pioggia sempre più fitta, e conciliando il sonno della bambina. Anche lui, con la testa sul morbido cuscino intriso dell’odore di Usako, chiuse per un attimo gli occhi, lasciandosi trasportare dal motivetto rilassante.
 
 
Illusion, situato al centro della città, era uno dei locali più In di Tokyo, il luogo in cui i giovani si riunivano la sera per sorseggiare ottimi drink e ascoltare sia musica dal vivo che quella scelta direttamente dagli ultimi successi discografici.
Sedute su divanetti in comoda pelle nera, le cinque ragazze ordinarono cinque Cosmopolitan.
“Sembriamo le ragazze di Sex and the City*” esclamò, entusiasta, Minako quando il giovane cameriere si allontanò con il notes delle ordinazioni.
“Ti prego, non nominarmi quella città maledetta!” Usagi appoggiò un gomito sul bracciolo sostenendo col palmo la guancia.
“Però com’eravate carini prima!” Con aria sognante, Minako sbatté le ciglia allargando un sorriso.
“Quando?” domandò la ragazza.
“Prima, quando gli hai dato il bacio sulla guancia, vi ho visti dallo specchietto retrovisore, ti ha seguito con lo sguardo per tutto il tempo.”
Usagi arrossì, sorridendo a quella rivelazione.
“Allora, parlaci del film, come procedono le riprese?” Rei, seduta accanto a Usagi, al centro del divanetto a tre posti, intervenne; Minako non sapeva dello sfogo di Usa, del suo bisogno di lasciarsi Mamoru alle spalle: quei discorsi non facevano bene alla ragazza dal cuore a pezzi.
Il cameriere adagiò sul tavolino basso di vetro i cinque bicchieri cercando di non farne fuoriuscire il liquido rosso.
Prendendo un bicchiere in mano, l’attrice annuì: “Bene, bene, la regista, Naoko Takeuchi, ha avuto dei problemi e le riprese proseguiranno il mese prossimo”, bevve un sorso del cocktail e riprese “ecco perché sono tornata prima!”
Dopo un altro sorso, accavallando le gambe scoperte da un mini abito arancione, Minako sorrise maliziosamente: “A proposito Rei, non mi hai ancora detto chi era quel ragazzo tanto gentile che ha risposto ieri al telefono!”
“Già Rei-chan, non ci hai ancora detto nulla del nuovo aiutante!” Usagi, con la complicità di sempre, si unì alla domanda dell’amica, guardando la sacerdotessa con una smorfia divertita e tenendo in mano il suo bicchiere.
“Si chiama Yuichiru” svelò, “è un bravissimo ragazzo e poi mi aiuta moltissimo alleggerendomi tanti lavori.”
“Solo coi lavori?” Makoto, con un occhiolino, sorrise divertita, poggiando il suo bicchiere semi vuoto sul tavolino.
“Dai, ragazze, lo conosco da poco, anche se devo ammettere che è molto carino e dolce” rispose la ragazza dai lunghi capelli corvini legati in una coda bassa da un foulard di raso rosso vermiglio che faceva risaltare i suoi occhi color indaco.
“Beh, potresti portarlo alla festa di Chibi-chan” propose Usagi cercando negli occhi delle altre un appoggio.
“Ah, è vero, la nostra piccolina compie cinque anni fra due settimane!” Ami, presa dai suoi esami di fine sessione, l’aveva quasi dimenticato.
“Vedremo Usagi” sorrise la sacerdotessa con sguardo complice.
“Sì, e mi raccomando Makoto, per la torta voglio la pasticciera più brava di tutta Tokyo!” Riprendendo il discorso introdotto da Ami, Usagi sperò che la ragazza dalla coda di cavallo castana accettasse di preparare una torta; per Usagi le torte di Makoto erano le migliori e la sua bravura era nota a tutta la città, infatti, la sua pasticceria Lightning  era sempre affollata e le prenotazioni erano all’ordine del giorno.
“E poi ci sarà anche Motoki a cui farla assaggiare” riprese divertita mentre l’amica arrossiva.
“Ma insomma Usa, come devo dirtelo che è evidente che non gli interesso” spiegò incrociando le braccia al petto, “è da cinque anni che glielo faccio capire ma credo che non gli interessi.”
Rimasero in silenzio, senza sapere cosa rispondere a quella che era l’evidenza; Usagi in cinque anni aveva fatto di tutto per avvicinare la sua amica al ragazzo dai capelli biondo miele, compreso invitarla parecchie volte al Crown durante il lavoro per dar loro modo di vedersi spesso e conoscersi meglio, ma per Motoki lei restava sempre l’amica di Usagi.
Ami interruppe il silenzio imbarazzante domandando:
“Allora Minako, come vi siete conosciuti tu e Yaten?”
La ragazza dai lunghi capelli legati in una mezza coda bevve l’ultimo sorso del suo drink, poi rispose:
“Naoko ha dato ai Three Lights una parte nel film e, così, alcune riprese le abbiamo girate assieme!”
“Dicci, Mina-chan, come sono dal vivo?” chiese Ami con le gote leggermente rosse, “sono simpatici? O sono i classici Idoli montati?”
“Ma no, anzi, sono molto affabili” chiarì la bionda attorcigliando una ciocca di capelli tra le dita, “figurati che Yaten, il giorno dopo avermi conosciuta, mi ha mandato un mazzo di rose rosse in albergo invitandomi a cena! Di solito gli Idol non fanno mai il primo passo!”
“Wow!” Usagi aveva sempre amato i corteggiamenti come quelli dei film e quello di Minako sembrava ancora più bello di tutti quelli che aveva visto in televisione.
“Credi sia per sempre, stavolta?” domandò Makoto, ricordando le infinite infatuazioni di Minako.

L’attrice sorrise divertita. “Credo durerà finché durerà…” rispose con tono serio.
Le amiche aggrottarono la fronte: “Ma che risposta è?” esclamò Rei.
Risero tutte, di gusto, mentre Minako estrasse dalla piccola borsetta dorata uno specchietto per dare un’occhiata al rossetto leggermente sbiadito per via del cocktail.
“Dico solo che a Hollywood è tutto diverso da qui; i flirt nati sul set durano il tempo delle riprese e poi chissà…” Conservò l’oggetto a forma di cuore nella borsa e  aggiunse: “L’America è così diversa… è divina; è difficile voler tornare dopo essere stati negli USA.”

Nonostante la musica assordante che rivestiva di allegria il locale, le tenebre oscure del silenzio colpirono le cinque ragazze. Usagi posò il bicchiere ancora pieno per metà sul tavolino, con mani tremanti, sentendo lo stomaco ribellarsi a quell’affermazione e il cuore battere a ritmo di musica. Deglutì a fatica, abbassando lo sguardo e tirando giù, con le mani, il vestito leggermente salito un poco.
“Mi dispiace Usa-chan, scusami, non volevo, non ci ho fatto caso…” Minako si scusò con la ragazza visibilmente triste, dallo sguardo imbarazzato e gli occhi spenti fissi sulle proprie gambe, “sono una stupida, perdonami.”
Usagi forzò un sorriso, voltandosi a destra verso la sua ingenua Mina-chan e rassicurandola: “Non importa, sta’ tranquilla; Mamo-chan farà sempre parte della mia vita, ma ormai è una storia che ho messo da parte” fece una pausa e, con molta convinzione aggiunse: “sono felice per lui. È giusto così, veramente.” Era sincera.
La leggera tensione che si avvertiva tra le amiche durò solo qualche minuto; improvvisamente un sorriso nacque sulle labbra di Minako, si alzò di scatto agitando una mano. Le quattro ragazze si voltarono verso l’ingresso del locale per poter scorgere tre ragazzi: Tre Ragazzi per cui migliaia di ragazzine avrebbero dato l’anima per averli al tavolo con loro.
Una volta accortisi della bionda, e del suo mini abito arancio, che di certo non passava inosservato, si avvicinarono sempre di più con aria serena.
Erano tre ragazzi normalissimi.
Yaten, il ragazzo dai lunghi capelli color dell’argento, cinse con un braccio la vita esile della Star, intrappolandole audacemente le labbra nelle proprie davanti agli occhi delle altre ragazze che, inevitabilmente arrossirono. Taiki e Seiya, invece, non prestarono attenzione alla scena in cui la lingua del fratello carezzava quella della ragazza; per loro quella era una scena abitudinaria.
Un colpo di tosse di Makoto mise fine al saluto tra i due fidanzati.
Dopo essere passati alle presentazioni, Yaten si accomodò sul divanetto a due posti accanto alla sua Sailor V, mentre Ami invitò audacemente il ragazzo dai capelli castani a sedere accanto a sé e a Makoto; la ragazza dal caschetto blu aveva un debole per quel cantante così serio, dallo sguardo enigmatico ma che, dalle interviste sui giornali, aveva sempre considerato molto simile a lei; le era sembrato un sogno avverato il messaggio di Minako che la informava della serata in cui glieli avrebbe fatti conoscere.
Seiya, l’ultimo dei tre fratelli, rimase in piedi, notando un ultimo posto libero accanto alla ragazza dai capelli corvini e lo sguardo molto serio: non gli piaceva affatto; guardando, subito dopo, alla sinistra della giovane, rimase folgorato dalla bellezza semplice, che lo incuriosiva, della fanciulla dai capelli color del grano maturato al sole che le rivestivano le braccia e il seno come una cascata di fili d’oro. Improvvisamente sentì il suo corpo fremere, il sangue ardere nelle sue vene, l’eccitazione farsi sempre più forte alla vista delle sue gambe toniche e candide scoperte e accavallate. Non riusciva a resistere, far finta di nulla, si sentiva attratto sempre di più da quella ragazza e dalle sue labbra rosse come due ciliegie; immaginava già le sue mani scivolarle lungo il corpo e impazziva al solo pensiero del suono dei suoi gemiti. Doveva averla!
Si avvicinò alle ragazze. Usagi prese immediatamente la sua borsetta, posta al centro del divanetto, adagiandola sulle sue gambe; lo stesso fece Rei riuscendo a notare, dal modo in cui Seiya osservava Usagi, la sua attrazione per l’amica. Seiya si sedette al centro fra le due giovani, accennando un sorriso ad entrambe.
 
La serata continuò in allegria; dopo aver ordinato una bottiglia di Champagne per festeggiare l’incontro con le cinque ragazze, Yaten e i suoi fratelli raccontarono dei loro impegni lavorativi. Spiegarono di persona che la loro carriera di cantautori era iniziata un anno addietro e il loro successo era arrivato subito grazie alla loro canzone ‘Search for your love’, che era entrata nei cuori delle ragazzine, facendoli arrivare in vetta a tutte le classifiche giapponesi e americane. Naoko Takeuchi li aveva voluti per una parte nel film dell’anno Sailor V, tre mesi addietro, convinta che avrebbe attirato fans, non solo del videogame che spopolava tra i giovani amanti della paladina della giustizia, ma anche dei Three Lights.
Parlarono anche delle tournee e dei vari concerti che avrebbero tenuto in Giappone, loro Paese, in quei due mesi a venire, prima di ritornare negli States per iniziare a incidere il loro secondo album.
 
Quella sera, Usagi era serena; si lasciò trasportare dal divertimento provocato dalle battute esilaranti dei tre fratelli e cantanti, ridendo come non mai negli ultimi cinque anni. Non c’era Mamoru lì con  lei, e neppure Chibiusa; per la prima volta dopo ormai tanti anni era soltanto lei, Usagi, la ragazza di quasi ventuno anni ch trascorreva una serata allegra come tutte le giovani della sua età.
Taiki era molto serio in televisione o sui giornali di gossip, pensò, però in compagnia di Ami-chan era più sciolto, più estroverso; entrambi erano molto dediti allo studio e alla cultura e durante la serata non mancarono le occasioni i cui parlarono dei loro libri preferiti o delle materie che studiavano con più piacere. L’intervento scherzoso di Seiya che cercava di far apparire Taiki come un ragazzo che in realtà non aveva voglia di studiare ma che appariva come il colto fra i tre per attirare anche le studentesse modello, fece arrossire Ami e ridere di gusto le altre.
Negli occhi vispi e allegri di Seiya, quel giovane carino dai capelli corvini legati in un codino basso, in quei modi di fare così simili ai suoi, sempre pieni di vita e di voglia di far divertire chi gli stava intorno, Usagi rivide la se stessa di cinque anni prima; il carisma, le parole che, innocentemente uscivano dalla bocca di lui, simili a ingenui complimenti dedicati a lei, sciolsero la morsa al cuore che provava tutte le volte che guardava negli occhi Mamo-chan, tutte le volte che lui la sfiorava e ogni volta che ripensava ai bei momenti trascorsi assieme. Senza quella morsa al cuore, la vita sembrava più semplice, meno complicata. Senza quel dolore straziante al petto, Usagi si sentì bene. Dopo cinque anni, forse, Mamoru era davvero uscito dal centro del suo cuore, lasciandola respirare senza sentire il petto bruciare, entrando in quell’angolino di quell’organo vitale dove sarebbe sempre rimasto senza, però, farle del male.   
 
“Dobbiamo assolutamente rivederci, Principessa del cielo blu” disse Seiya, a fine serata, prendendo la mano di Usagi e baciandone il dorso dolcemente.
Lei arrossì, lusingata per essere stata chiamata come la destinataria della canzone che li aveva resi famosi.
“Ma certo, dopo il loro concerto faremo un’altra uscita!” Minako si intromise, prendendo sottobraccio Yaten, garantendo che quella bellissima serata non sarebbe rimasta un incontro isolato.
Le ragazze entrarono nella Mercedes parcheggiata di fronte al locale, sotto lo sguardo dei tre fratelli che attesero che Minako mettesse in moto l’auto e si allontanasse sempre più dalla loro visuale.
A Usagi non sfuggì l’occhiolino di Seiya prima che Minako svoltasse l’angolo.
Non sapeva cos’era quella sensazione però sapere di essere apprezzata e di avere le attenzioni di un ragazzo molto carino, simpatico e pieno di vita come Seiya la faceva stare bene. La morsa al cuore era sempre più simile a un lontano ricordo.
 
 
La casa era completamente avvolta dal nero totale; Usagi tolse i tacchi per evitare che il rumore al contatto col pavimento potesse destare dal sonno Mamoru e Chibiusa. Era stata una serata bellissima pensò mentre teneva in mano il cellulare per far luce verso la camera da letto. Una volta sulla soglia della stanza, il petto iniziò a bruciare di nuovo. Era un bruciore che avvolgeva il suo cuore e che le regalò un sorriso spontaneo; di quelli che non necessitavano di battute o frasi esilaranti.
Deglutì a fatica sentendo il cuore battere sempre più forte, come se volesse manifestare con una danza la sua felicità.
Voltato verso di lei, Mamoru dormiva con un’espressione serena e rilassata sul volto, alcuni ciuffi spettinati sulla fronte gli donavano un’aria ancora più ingenua; avvolgeva, da dietro, Chibiusa tra le braccia.
La piccola, con le labbra socchiuse, era  tranquilla, come se stesse facendo un sogno meraviglioso. In una mano, tenuta sul materasso, la presa della Melodia del Cuore si era allentata. Usagi rimase incantata da quella visione che poteva definire con una sola parola: Amore.
Non resistette; con il suo cellulare scattò una foto a quelle due persone che ingenuamente e involontariamente le avevano scaldato il cuore. Doveva rendere eterno quel momento.
Entrò subito dopo e, voltata verso l’armadio – di fronte al letto -, abbassò la cerniera facendo scivolare il vestito a terra prima di indossare una camicia da notte blu, come l’intimo che aveva addosso. Quando si girò indietro, notò che Mamoru pian piano sbatteva le palpebre.
“Scusami, mi sono addormentato qui con la bambina” sussurrò con la voce ancora impastata dal sonno, quando si rese conto che La Melodia del Cuore lo aveva condotto nel regno dei sogni.
Cercò di sollevarsi dal cuscino senza svegliare la piccola ma Usagi, posandogli una mano sul braccio, rispose con un soffio pieno di dolcezza:
“No, resta. Dormi, Mamo-chan.”
Lui sorrise, non c’era melodia più bella e soave della voce delicata di Usako, per lui.

Usagi scorse il carillon a forma di stella sul materasso; pensò che sicuramente Mamoru lo aveva riconosciuto; non le importò, per la prima volta, quale era stata sua reazione alla vista, dopo sei anni, di quell’oggetto; lo prese in mano e lo appoggiò con cura sul comodino, cercando di non fare movimenti bruschi.
Si sdraiò coprendosi con il lenzuolo e voltandosi verso la bambina e il ragazzo che aveva richiuso gli occhi.
Sorrise alla vista di quella piccola creatura che le aveva cambiato completamente la vita, impedendole di vivere una vita spensierata, da adolescente, ma che le aveva fatto il dono più bello a cui non avrebbe mai voluto rinunciare, di cui non si sarebbe mai pentita; se fosse tornata indietro avrebbe rifatto tutto, senza esitazione, senza rimpianti.
Non avrebbe mai voluto una vita senza la sua Chibiusa. Non riusciva neppure a immaginarla.

Le scostò alcune ciocche dal viso, premendo le labbra sulla sua fronte.
“Notte angelo mio” sussurrò carezzandole la guancia, come se fosse sicura che, nonostante dormisse, la sua voce l’avrebbe raggiunta nel regno dei sogni.
Chiuse gli occhi pure lei; quella notte, i suoi battiti avrebbero seguito spontaneamente il suono della Melodia del Cuore, nonostante il coperchio del carillon fosse rimasto chiuso.
 
 
Il punto dell’autrice
 

 

Chiedo perdono perché mi rendo conto che attendevate questo capitolo e avrei dovuto fare di meglio, invece mi rendo conto che non ho dato il massimo.
Probabilmente lo revisionerò in seguito.
È arrivato Seiya, ammetto che la parte dedicata a loro tre non è volutamente approfondita, lo farò nel prossimo capitolo.
Avete notato la special guest? Mi sembrava giusto citare Naoko Takeuchi, autrice di Sailor Moon e Sailor V. in qualche modo, dato che non l’ho fatto con Moonlight (che aggiornerò presto!), volevo farlo qui.
Aspetto i vostri commenti, se saranno negativi – come presumo - spero di trovare suggerimenti per migliorare il capitolo.
Grazie a tutti coloro che mi seguono e mi dimostrano giorno dopo giorno il loro affetto!
Un bacio e a presto
!

Demy
 

   
 
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