Capitolo 10.
Sana rimase immobile
sulla soglia fissando inorridita la foto che lei e Akito avevano scattato la
sera prima, che li ritraeva abbracciati sullo sfondo di un bellissimo tramonto,
ora a pezzi per terra, strappata dalle mani della persona che le stava di
fronte. Rivolse lo sguardo con un misto di stupore e paura agli occhi di
ghiaccio che la fissavano dal salotto del suo bungalow.
“Ciao Sana.”
Quelle semplici parole
la spaventarono. Naozumi le si avvicinò lentamente, e lei rimase immobile,
pietrificata.
“Ho visto i giornali.”
continuò lui con un tono basso e atono, privo di emozione. “Vi siete sposati …”
La sua voce era quasi
un sussurro. Sana era paralizzata: era da anni che non vedeva l’attore, per
molto tempo gli aveva scritto solo qualche lettera. Naozumi le aveva spesso
mandato sms, o aveva provato a telefonarle, ma Sana non aveva quasi mai
risposto, e da quando era andata a vivere con Akito ogni contatto era caduto.
Trovarselo lì davanti, con quell’espressione vuota, l’aveva spaventata. Avrebbe
voluto scappare via e correre a cercare Akito, ma la paura la bloccava sulla
porta ancora aperta alle sue spalle. Intanto Naozumi si era avvicinato ancora
di più, fino a trovarsi a pochi centimetri da lei.
“State bene insieme?”
Sana non gli rispose,
aveva paura che qualsiasi sua reazione avrebbe potuto scatenare qualcosa. Ma il
ragazzo sembrava calmo.
“Perché non mi hai più
scritto, Sana?” ora il tono della sua voce stava salendo. “Perché non mi hai più
detto nulla? Perché sei uscita dalla mia vita in questo modo?! PERCHé STAI CON
LUI??!!”
Naozumi aveva iniziato
ad urlare. Sana, terrorizzata da quel Naozumi impazzito si voltò e fece per
correre via, per scappare, ma una mano del ragazzo l’afferrò con forza ad un
braccio e la strattonò violentemente, immobilizzandola.
“Perchè scappi?! Dove
vuoi andare? Da lui?!” Naozumi aveva perso il controllo e l’aveva sbattuta
contro una parete, tenendola ferma.
“Nao!” gridò lei,
mentre lacrime di paura iniziavano a rotolarle sulle guance. “Nao … ti prego …
lasciami!”
Ma lui non l’ascoltava.
“Tu dovevi essere mia,
Sana! Io ti amavo … io ti amo! Anche tu mi ami, non è vero?” e cercò di
baciarla, ma lei si spostò rapidamente riuscendo ad evitarlo, prima di urlare
con tutto il fiato che aveva in corpo il nome di Akito. Lui si infuriò ancora
di più e le diede uno schiaffo, ma non le impedì di continuare ad urlare: “Akito!
Aiutami! Aky!!!”
“Brutta …!!” Naozumi
alzò un braccio pronto a colpirla di nuovo. Sana chiuse gli occhi, piegandosi
su se stessa per proteggere il ventre dove cresceva il suo piccolo, ma non sentì
nulla. Quando li riaprì, vide Naozumi steso a terra con Akito sopra di lui che
lo immobilizzava con le ginocchia e continuava a colpirlo con i pugni.
Il ragazzo, non appena
aveva sentito il grido di Sana, si era messo a correre in direzione del
bungalow. Quando aveva visto Naozumi colpirla con quello schiaffo, la rabbia
era montata dentro di lui fino a farlo piombare in casa di corsa e a fargli
colpire il ragazzo con un forte pugno nello stomaco, mandandolo a terra.
Ora non risparmiava
nemmeno un colpo. Voleva solo far male a Naozumi, punirlo per ciò che aveva
fatto a Sana, per averla toccata, per averla colpita, per averla spaventata.
Era accecato dalla rabbia e se Sana non lo avesse afferrato per un braccio e
non lo avesse allontanato da Naozumi lo avrebbe ucciso.
Una volta in piedi,
Akito abbracciò la moglie, che intanto era scoppiata in singhiozzi poggiandosi
alla sua spalla, mentre Naozumi, sanguinante, cercava di rialzarsi a fatica.
Quando anche lui fu in piedi, si guardò attorno stranito, poi vide Sana
piangere e fece un passo incerto verso di lei, con un’espressione seriamente
dispiaciuta sul viso, ma Akito lo bloccò con uno sguardo tagliente quanto le
sue parole:
“Non osare avvicinarti, Kamura! Stalle lontano!”
“Sana …” mormorò lui. “Mi
… mi dispiace. Io non volevo … ti prego scusami! Ero fuori di me!”
Sana smise di
singhiozzare e si scostò lentamente da Akito, voltandosi a guardarlo. I suoi
occhi erano tristi.
“Non sapevo cosa
facevo, perdonami” una lacrima scese sul volto dell’attore. “È che … sapere che
ti eri sposata con Hayama, che aspettavate un figlio … non so cosa mi è
successo! Non l’ho voluto accettare … pensavo … volevo … che tu fossi mia …”
“Lei non è mai stata tua, Kamura, e lo sai!” ruggì Akito. Quelle parole
sembrarono ferirlo ancora di più, ma l’attore non fece nulla. Semplicemente
rivolse uno sguardo abbattuto a Sana e le mormorò: “Sana … perdonami …”
Lei non riuscì a dire
nulla. In quel momento provava pietà per Naozumi, ma il modo in cui l’aveva
aggredita … non riuscì a dirgli niente. Akito ruppe il silenzio con un sibilo
minaccioso: “Sparisci!”
Naozumi sospirò, poi
andò lentamente verso la porta. Si voltò un’ultima volta verso Sana, che di
nuovo si stringeva ad Akito cercando la protezione delle sue braccia, prima di
correre via.
Sana continuò a
singhiozzare per alcuni minuti, protetta dall’abbraccio del marito. La paura
era ormai scomparsa, ma l’immagine di quel Naozumi sconvolto e folle non
abbandonava la sua mente, sconvolgendola. Come aveva fatto a ridursi così? Come
poteva essere arrivato a tanto? Teneva davvero a lei in quel modo? E lei non se
n’era mai accorta … Quasi le dispiaceva per l’amico.
Il suo sguardo si posò
di nuovo sulla foto strappata di lei e Akito. Si inginocchiò a terra e prese
tra le mani tremanti i pezzi, cercando di ricomporre la loro immagine distrutta
dalla rabbia e dalla disperazione di Naozumi. Poi avvertì Akito chinarsi dietro
di lei e sentì qualcosa di freddo posarsi sul suo collo con delicatezza: Akito
le stava mettendo al collo una catenina d’oro.
“Ehi, hai visto cos’ho
ritrovato qua fuori?” le sussurrò all’orecchio.
Sana portò una mano
alla collana prendendo il ciondolo a forma di cuore. Se lo rigirò tra le dita
osservando la scritta che vi era incisa: Sana & Akito. E dall’altra
parte il disegno di un bocciolo di rosa. Si ricordò di quando Akito gliel’aveva
regalato, il giorno del loro matrimonio.
Flashback.
Sul letto di Sana
giaceva un bellissimo abito bianco, senza spalline, con un’ampia e lunga gonna
di tulle ornata da piccoli brillantini e sul petto un intricato disegno di rami
e foglioline incastonato da piccoli diamanti. Accanto c’era un lungo velo
appeso ad una coroncina di fiori bianchi. Sana stava ad ammirare il suo abito
da sposa mentre le sue amiche continuavano a complimentarsi con lei per l’ottima
scelta, quando ad un tratto qualcuno bussò alla porta. Sana corse ad aprire,
agitata per l’imminenza della cerimonia, e rimase a bocca aperta quando si trovò
di fronte lo sposo, già vestito e pronto per incamminarsi verso l’altare.
“Akito!!!!” gridò,
facendo sobbalzare Aya, Fuka e Hisae. “Vattene subito! Cosa ci fai qui?! Non
devi vedere la sposa prima della cerimonia! Vuoi portare sfiga?!”
Akito sorrise
divertito, poi la baciò frenando quel flusso di parole. Quando si scostò, si
giustificò: “Non stavi zitta … Comunque volevo solo darti questa, vorrei che la
indossassi oggi.”
Detto questo trasse
fuori da una tasca la catenina dorata con il ciondolo. Le si avvicinò e gliela
mise al collo, poi fece un passo indietro. Sana prese il ciondolo tra le dita,
osservando l’incisione che c’era su entrambi i lati. Sorrise, poi domandò al
ragazzo: “Perché c’è inciso un bocciolo di rosa sul retro?”
Lui la guardò negli
occhi con sguardo dolce, poi con un tenero sorriso le spiegò: “Rappresenta in
tutto il nostro rapporto. Le spine che si devono affrontare per poterla
cogliere sono i problemi che abbiamo superato, i litigi che abbiamo vissuto all’inizio.
Inoltre è un fiore bellissimo, fresco, puro, come noi. Ed è solo un bocciolo
perché, come il nostro amore, è destinato a sbocciare in tutto il suo
splendore, pur essendo già stupendo.”
Il ragazzo sorrise alla
vista delle lacrime di commozione che sgorgavano dagli occhi di Sana. Lei
ricambiò il sorriso, poi lo baciò con passione, mentre le loro amiche,
meravigliate dal nuovo, poetico, Akito, trattenevano anch’esse a stento le
lacrime.
Fine
flashback.
Mentre osservava quella
rosa, tra le braccia di Akito, nel loro bungalow, le sembrò di vederla
sbocciare.