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Autore: Elos    01/06/2011    13 recensioni
- Questa persona aveva addosso... un ricordo di Harry e del professor Silente? -
Archer recuperò finalmente il suo muffin, facendone sparire una buona metà con un morso.
- Esattamente. Un ricordo rovinato e frammentato, ma indubbiamente un ricordo contenente Albus Silente ed Harry Potter. Sei sua amica, no? -
- Sì. - bisbigliò Hermione. Teneva tra le mani la lista come se non riuscisse a staccare le dita dal foglio, gli occhi fissi sulla data. - Sì, sono sua amica. -
18 Giugno 1996. La data della morte di Sirius Black. [...]

Sei mesi dopo la fine della Seconda Guerra Magica, il cadavere di una strega è estratto dall'acqua di un fiume nel nord della Scozia. Quando sul cadavere viene trovata un'ampolla contenente un ricordo molto speciale, Hermione Granger, Apprendista Auror fresca di M.A.G.O., e Harry Potter, Uccisore di Tu-sai-chi, Grand'Eroe, Supremo Distruttore di Signori Oscuri e diciannovenne un po' più che lievemente depresso, si trovano di fronte ad un inaspettato problema.
Prima classificata al concorso multifandom Jane Doe indetto da Lely1441.
Genere: Avventura, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Prima di King's Cross'
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Capitolo 10
In memoria




Harry si chiuse alle spalle la porta dell'appartamento dei signori Webber-Collaine, destinatari particolarmente lacrimevoli del commovente ricordo di un qualche pro-pro-pro-zio deceduto almeno dieci anni prima, ed emise un respiro profondo.
Angie sorrise, accanto a lui:
- Non riesco ancora a credere che abbiamo davvero finito. -
- Nemmeno io. - confessò Harry, esausto. - Neanche trovare lo stramaledetto medaglione di Serpeverde è stato così complicato, e quello l'aveva nascosto Voldemort. -
Angie non rabbrividiva più, adesso, quando Harry pronunciava quel nome: il ragazzo s'era assicurato di inserirlo con noncuranza nei loro discorsi almeno tre o quattro volte al giorno, durante l'ultima settimana, e dopo un po' il fantasma aveva molto semplicemente cominciato a farci l'abitudine. Erano trascorsi diciassette giorni da quando aveva portato Angie a Grimmauld Place, e avevano passato tanto di quel tempo insieme, in quel frangente, che la presenza della ragazza aveva cominciato a sembrargli naturale. Facevano colazione insieme, lavoravano sui ricordi insieme, pranzavano insieme. Nel pomeriggio Harry studiava per i suoi esami, seguendo le direttive della McGranitt, e Angie si appollaiava sul divano poco più in là, osservandolo; aveva preso l'abitudine, negli ultimi tempi, di aiutarlo con Incantesimi. Era una materia in cui Angie andava forte.
- Mi ero concentrata su Aritmanzia e Incantesimi, per i M.A.G.O.. - aveva spiegato ad Harry un pomeriggio. - Volevo mandare il mio curriculum alla Gringott, per un posto da Spezzaincantesimi. -
- E perché non l'hai fatto? -
Lei aveva scrollato le spalle, con un mezzo sorriso noncurante che era tradito dallo sguardo lievemente rammaricato:
- Il lavoro di Prestamente era una tradizione di famiglia. Mio padre non l'avrebbe mai detto apertamente, ma gli si sarebbe spezzato il cuore se non l'avessi portato avanti io. Semplicemente, quando è stato il momento di scegliere, ho fatto due conti con le mie priorità ed ho deciso che anche essere Prestamente non era poi così male. -
Harry era rimasto in silenzio per un lungo istante. Conosceva perfettamente la sensazione di non essere - o di credere di non essere, che dopotutto era esattamente la stessa cosa - all'altezza delle aspettative degli altri: lui l'aveva sperimentata per anni, prima con i Dursley, poi con Silente, e con Piton, e con Sirius. Il pensiero del modo in cui Sirius l'aveva guardato attraverso il fuoco acceso nel camino, accusandolo di non essere poi così simile a James - così simile a suo padre - certe volte arrivava la notte, nei suoi sogni, a riempirlo di nausea e di dolore. Sirius non l'aveva pensato veramente, Harry lo sapeva bene. Sirius era stato solo arrabbiato, e amaro, e Sirius era stato un ragazzo che non aveva mai avuto modo di crescere, prigioniero per tredici anni di uno dei luoghi più orribili della Terra, e come un ragazzo troppo grande aveva avuto un modo brusco e irragionevole di affrontare i problemi. Harry non era arrabbiato con lui, e sapeva che non avrebbe dovuto sentirsene ferito. Solo che saperlo ed esserne veramente certi non erano, molto semplicemente, la stessa cosa.
Dopo un attimo di silenzio, lui aveva raccolto il coraggio a due mani e aveva chiesto ad Angie:
- Rimpiangi di averlo fatto, adesso? -
Il fantasma aveva sorriso con sincerità:
- Per niente. Mio padre è stato molto felice, così: sarebbe stato comunque molto orgoglioso di me, e me l'avrebbe fatto sapere, qualunque lavoro avessi scelto, ma non sarebbe mai stato altrettanto contento. Se avessi lavorato alla Gringott magari mi avrebbero uccisa ugualmente, poi, o magari arrestata e mandata ad Azkaban. Sai, per via del mio Stato di Sangue. - Aveva inclinato il capo da una parte, poi, prima di scrollare le spalle: - E non avrei mai permesso che facessero del male a mia madre. Non senza combattere. -
Anche questa era una cosa che Harry poteva capire benissimo.
Appoggiato alla porta dei signori Webber-Collaine, Harry riemerse dal fondo malinconico dei suoi pensieri per guardare verso il fantasma:
- Be'... - esclamò, sentendosi un poco a disagio. - Oggi pomeriggio dovrei incontrare la McGranitt per i miei esami. Vuoi... ti va di venire ad Hogwarts con me? Puoi restare nel parco, se pensi di non voler entrare. -
Angie sembrò pensarci su per un attimo, prima di annuire.
- Mi piacerebbe. - disse. E poi, dopo una breve esitazione: - Mi porteresti al Memoriale? -
Harry si mosse a disagio, al pensiero della pietra bianca ricoperta di nomi, ogni nome un viso, ogni viso un ricordo, troppi ricordi sporchi, macchiati, devastati, insanguinati, ma assentì e cercò di comporre il viso affinché nessuno dei suoi pensieri trasparisse; e, invece che dir di no, esclamò pianamente:
- Sicuro. -

***



- Tè, Potter? -
Harry distolse a fatica lo sguardo dal ritratto di Albus Silente, assopito con le mani intrecciate sul ventre, e guardò la McGranitt. La professoressa lo fissava con l'aria di aspettarsi una replica, e Harry faticò a riconnettersi alla realtà quel tanto che serviva a ricordarsi che gli era stata fatta una domanda.
- Sì. Sì, grazie, professoressa. -
La McGranitt spinse verso di lui una tazza, che ondeggiò a mezz'aria prima di fluttuare delicatamente nella sua direzione. Il coperchio della zuccheriera si sollevò e il cucchiaino andò a bussare sulla mano di Harry, picchiettandola per attirare la sua attenzione finché il ragazzo non disse cortesemente:
- Due cucchiaini, grazie, e un po' di latte. -
Il bricco del latte schizzò in avanti con molta meno grazia rispetto a quella che aveva mostrato la tazza, minacciando di schiantarsi, nel movimento, contro il vassoio dei biscotti: Harry fece appena in tempo a mettere in salvo la zuccheriera, che si trovava lungo il tragitto, prima che il bricco la travolgesse. La McGranitt sospirò, affermando quietamente:
- Era il vecchio servizio da tè di Albus. -
E questo, si disse Harry, spiegava tutto. Stranamente il pensiero del vecchio Preside non gli causò la solita, lacerante fitta di dolore: forse perché con il bricco del latte che aveva preso a saltellare entusiasticamente attorno alla sua tazza era difficile non sorridere, forse perché era precisamente una cosa alla Albus Silente, quella. Caramelle al limone e un servizio da tè allegramente matto. Gettò un'altra occhiata al ritratto del Preside e non si stupì di vedere che, malgrado l'uomo sembrasse profondamente addormentato, gli occhi chiusi dietro agli occhiali a mezzaluna e la barba smossa da un respiro lento e profondo, sulle sue labbra ora brillava un inconfondibile sorriso che fino a un minuto prima non c'era stato.
Harry tenne la tazza tra due mani, sentendo il calore della bevanda trasmettersi alla pelle infreddolita. Su Hogwarts spirava un forte vento che aveva spazzato via tutte le nuvole dal cielo; se Harry si fosse affacciato da una delle finestre dello studio del Preside avrebbe visto la pietra bianca del Memoriale, scintillante nella luce limpida del pomeriggio invernale, e se avesse aguzzato lo sguardo probabilmente avrebbe colto la sagoma luminescente di una ragazza, di un fantasma, proprio lì accanto.
- Si sa niente del ritratto del professor Piton, professoressa? -
La McGranitt gli rivolse un lungo sguardo penetrante, prima di scuotere la testa.
- Al Ministero qualcuno ha sollevato obiezioni in proposito. - spiegò. - Dopotutto, il professor Piton è stato nominato Preside di questa scuola in un periodo in cui il Ministro della Magia era sotto Imperius: e questo invaliderebbe la nomina, certo, in situazioni normali. Ma ritengo di poter affermare con discreta sicurezza, Potter, che prima della fine di quest'anno scolastico avrò il piacere di avere il professor Piton molto occupato a cercare di incendiarmi la nuca con lo sguardo, anche da morto, proprio in questo ufficio. -
Harry sorrise:
- Mi dispiace molto, professoressa. -
- Anche a me, Potter. - E dal tono in cui la McGranitt lo disse apparve evidente che non era assolutamente vero. La donna si fece ruotare ancora una volta la tazza tra le mani, prima di prendere un breve sorso di tè: - Suppongo che ci farò l'abitudine; ma adesso, Potter, parliamo per un attimo di te. Vorrei che tu prendessi in considerazione ancora una volta l'ipotesi di tornare ad Hogwarts per quest'anno. -
Non sembrava particolarmente speranzosa, tuttavia, rilevò Harry: probabilmente dopo due mesi di no ripetuti e reiterati aveva cominciato ad abituarsi all'idea. Il ragazzo distolse lo sguardo e lo fissò sulla finestra: immaginò ancora una volta di poter vedere il Memoriale, tutti quei nomi di morti scritti in una lunga fila sulla pietra bianca, e la forma incorporea del fantasma di qualcuno ucciso a diciannove anni che non serbava rancore alcuno, né per i vivi, né per i morti.
- Ci penserò. - promise, a disagio. - Lo prenderò in considerazione. -
La McGranitt inarcò un sopracciglio, evidentemente stupita, e rimase per un attimo con la bocca schiusa. Sbatté le sopracciglia, poi, cercando di ricomporsi, ed Harry si sentì in dovere d'aggiungere:
- Questo non vuol dire che lo farò. Solo... ci penserò, professoressa. - ripeté.
La McGranitt - che era finalmente riuscita a richiudere la bocca - chiuse gli occhi per un lungo istante. Quando li riaprì, sembrò tutto ad un tratto un po' meno vecchia, e un po' più serena:
- Molto bene. - disse, lentamente. E poi, spingendo il vassoio dei biscotti verso Harry per invitarlo a servirsi: - Parliamo dei tuoi esercizi di Trasfigurazione, allora. Il saggio sulla Regola di Orchideus sulla Pseudo-Trasfigurazione era di buon livello, Potter, ben sopra l'Accettabile: tuttavia, ho trovato l'esempio del pulcino e del portachiavi un po' azzardato. Sebbene la Regola di Orchideus affermi che il principio della conservazione dell'energia e della materia di base possa essere aggirato in una Trasfigurazione di livello avanzato, è anche vero che... -
Harry alzò la testa e incrociò lo sguardo di Albus Silente: e l'anziano Preside, dal suo ritratto, gli sorrise apertamente e gli fece l'occhiolino.

A quell'ora del pomeriggio le scalinate di Hogwarts erano quasi deserte. La luce del tramonto passava attraverso le vetrate inondando i corridoi di una luminosità ambrata che gettava ombre lunghe su tutte le cose; le armature sembravano incombere, farsi enormi, gli elmi cigolanti che si piegavano al passaggio del ragazzo, i maghi e le streghe nei dipinti che si spostavano da un quadro all'altro per seguirlo con espressioni piene di curiosità. Harry sorrise ad un vecchio mago in una tenuta di velluto violetto e con un paio di gran baffoni da tricheco che gli ricordarono tremendamente quelli di Lumacorno; il mago nel quadro, che fino a quel momento l'aveva seguito con la coda dell'occhio fingendo noncuranza, vedendosi colto in fallo bofonchiò qualcosa ed arretrò scostante nell'enorme poltrona che torreggiava nel suo dipinto. Harry scosse la testa e aspettò che la scala ruotasse nella sua direzione, prima di cominciare a scendere i gradini. Sorpreso di vedere una coppia di studenti venirgli incontro, si fece da parte, sperando che non badassero troppo a lui; ma poi uno dei due alzò la testa, lo guardò, ed Harry lo vide bene in viso.
Draco Malfoy ricambiò il suo sguardo e aggrottò la fronte, stupito: e in quella espressione Harry rivide tutto ad un tratto il ragazzino di undici anni, incredulo, tronfio ed arrogante, al quale aveva rifiutato di stringere la mano sull'Espresso per Hogwarts, il viso pallido e minaccioso di un uomo che aveva minacciato di torturare ed uccidere i suoi amici nell'Ufficio Misteri, l'espressione superba di una donna che l'aveva guardato come fosse feccia dagli spalti d'uno stadio.
Malfoy era sorpreso di vederlo lì, capì Harry. Non si aspettava di incontrarlo. Harry, invece, sapeva benissimo che Malfoy era tornato ad Hogwarts: quando il Wizengamot aveva chiesto il suo parere - era sembrato loro così naturale coinvolgere nei processi ai Mangiamorte l'eroe che aveva sconfitto Voldemort per ben due volte, anche se quell'eroe non aveva ancora compiuto diciotto anni e non aveva il benché minimo desiderio di farsi coinvolgere - al momento di emanare il verdetto, Harry aveva detto di sì. Sì, che cadessero le accuse. Sì, era stato troppo giovane. Sì, basta, basta vendette, basta, basta. Quelli che erano ad Azkaban potevano restarci: avevano ucciso e torturato e cospirato, ed erano adulti. Malfoy non era stato adulto: aveva preso il Marchio Nero a sedici anni. A Malfoy, come ad Harry, nessuno aveva mai dato la possibilità di scegliere.
Harry si ricordò che Lucius Malfoy non aveva partecipato alla battaglia di Hogwarts: era stato troppo occupato a cercare suo figlio, disperando di trovarlo vivo, e aveva a malapena badato a guardarsi le spalle nel mezzo dello scontro. Si ricordò che Narcissa Malfoy aveva mentito a Voldemort, aveva salvato Harry, non per lui, no, ma per Draco. E questa, sicuro, era una cosa che Harry poteva capire.
Dopo un attimo di irrigidito, goffo silenzio, Malfoy piegò il capo nella sua direzione, a mo' di saluto; Harry nascose la propria sorpresa meglio che poté, prima di ricambiare. La ragazza che era con Malfoy - una bellissima ragazza con la divisa di Serpeverde, lunghi riccioli biondi e occhi d'un verde pallidissimo, traslucido, stupefacente - si limitò a gettargli un'occhiata insieme curiosa e perplessa, e priva di qualunque ostilità, prima d'adocchiare la cicatrice.
Harry si mosse, a disagio sotto a quello sguardo, per superarli il più in fretta possibile: e Malfoy - Malfoy! - si spostò impercettibilmente per lasciarlo passare. Harry mugugnò un ringraziamento a mezza voce, sinceramente stupefatto, e Malfoy scrollò le spalle senza dir niente. Sembrava più magro di quanto lo ricordasse, e più vecchio di quanto fosse giusto.
Harry non voleva sapere cosa precisamente Malfoy avesse fatto durante la guerra, perché quel che aveva visto attraverso gli occhi di Voldemort era stato più che sufficiente. Una volta di più sentì la nausea al pensiero di tutto quel che era stato portato loro via, tutto quello che non sarebbe mai più tornato: ma poi si girò per sbirciare verso Malfoy e vide che la bionda Serpeverde che era con lui gli aveva poggiato una mano sul braccio e stava ridacchiando, piena d'una malizia allegra e priva di cattiveria, mentre gli bisbigliava qualcosa all'orecchio. Malfoy - Draco - rimase per un attimo adombrato, la fronte corrugata, prima di sbuffare esasperato e alzare gli occhi al cielo. Le sue labbra sottili si piegarono per un attimo in una scheggia di sorriso, ed Harry pensò, mentre si lasciava alle spalle i due Serpeverde, che non gli importava affatto se stavano ridendo di lui. Potevano ridere di lui tutte le volte che volevano. Davvero. Non aveva importanza. Se ridevano, se qualcuno rideva e nessuno stava urlando, be', voleva dire che andava bene.
Poteva andare bene. Poteva andare tutto per il meglio.
Si fermò in cima ad una scalinata al primo piano, acquattandosi nella nicchia in ombra di un'armatura, per lasciar passare un' gruppetto di studenti nel corridoio sottostante, e sorrise quando s'accorse che erano tutti visi familiari. Erano il settimo anno dei Grifondoro e il settimo anno dei Corvonero, di ritorno evidentemente da qualche lezione: non riuscì a vedere né Ginny né Ron, ma Neville gli passò proprio davanti, il viso sporco di terra e tra le mani un gran vaso pieno di una pianta di un violetto effervescente dall'aspetto piuttosto inquietante, della quale lui davvero non voleva sapere il nome; poco più indietro, Luna Lovegood avanzava trasognatissima affiancata da Dean Thomas. I due si stavano tenendo per mano, realizzò Harry. Ne fu felice. Luna gli piaceva, Luna gli piaceva moltissimo, e anche Dean gli piaceva: e poteva perfino perdonargli di aver baciato Ginny, se adesso riusciva a fare contenta Luna.
Li guardò finché non scomparvero tutti dietro un angolo, prima di sgattaiolare giù per le scale ed affrettarsi lungo la strada che portava alle serre: prese una scorciatoia che sapeva l'avrebbe portato nell'atrio, e in un attimo fu fuori. Il vento ora soffiava più forte: sollevava ondate di foglie secche dalla terra verde, lasciandole cadere sulla superficie increspata del lago come monete d'oro. Harry vide quello che sembrava un enorme tentacolo affiorare a pelo d'acqua, al largo: la piovra doveva crogiolarsi pigramente al calore dell'ultimo sole del pomeriggio.
In quella luce d'ambra il fantasma di Angela Abigayle Glancenspark sembrava scintillare a malapena: il sole che le passava attraverso rendeva la sua figura più evanescente del solito, più... più fragile, pensò Harry, con una fitta di dolore; il fantasma gli dava le spalle, guardando la pietra bianca del Memoriale, e lui lo chiamò:
- Angie? -
Angie si girò. Harry sapeva che i fantasmi potevano provare dolore e gioia proprio come i vivi; sapeva che arrossivano, e che le loro guance diventavano più scure per l'imbarazzo; che potevano apparire trafelati, eccitati, anche stanchi. I fantasmi potevano davvero anche piangere, scoprì adesso con assoluta certezza, perché sulle guance della ragazza scorrevano lunghe striature di gocce, scintillanti come perle sulla pelle lattea e inconsistente. Riusciva a vedere la Foresta Proibita in lontananza, attraverso il corpo del fantasma, e il cielo terso oltre la sua testa, dentro i suoi occhi.
Lei alzò una mano per strofinarsi il viso, come per asciugarlo, e le tracce scomparvero.
- Scusa. - balbettò, tirando su con il naso. - Non t-ti ho sentito arrivare. -
Harry abbassò la testa, imbarazzato oltre misura per averla sorpresa in quelle condizioni, e cominciò ad armeggiare meccanicamente con le proprie tasche. Angie parve perplessa:
- Che stai cercando? -
- Uh? Oh, un fazzoletto. -
Angie inarcò un sopracciglio e non disse niente. Dopo un attimo, Harry si immobilizzò: la fissò sorpreso, quasi non capisse, prima d'emettere un breve suono strozzato, il viso attraversato da subitanea comprensione.
- Scusa. - mugugnò.
Il fantasma sorrise debolmente, e Harry si nascose la faccia tra le mani.
- Con un po' di fortuna, la terra si aprirà e mi inghiottirà. - disse, disperatamente.
Angie ridacchiò: la sua risata si interruppe in un mezzo singhiozzo, mentre il fantasma tirava ancora su con il naso, strofinandosi gli occhi, ma Harry si sentì leggermente meglio. Rimasero in silenzio per un lungo istante, prima che la ragazza bisbigliasse:
- Mi dispiace così tanto... -
- Per cosa? -
- Un po'... un po' per tutto, credo. - Allargò le braccia quasi volesse abbracciare Hogwarts, prima di muovere le mani: - Per tutto questo. -
Harry non seppe cosa rispondere. Che cosa puoi dire per consolare qualcuno che è già morto? La vita va avanti? Vedrai che andrà tutto bene? Il peggio è passato? E il brutto era che il peggio era passato. Niente avrebbe più potuto ferire Angie. Era al sicuro, adesso. Era dall'altra parte.
Avrebbe voluto poterle mettere una mano su una spalla. Abbracciarla, anche: qualche volta Hermione l'aveva abbracciato, e lui, dopo, si era sentito sempre meglio. Il contatto fisico non era il suo forte, ma avrebbe potuto cavarsela: ma non poteva toccare lei, perché niente avrebbe più potuto toccare Angie - mai più.
Rimasero a lungo in silenzio, guardando il sole scendere oltre le montagne e l'acqua dorata del lago spegnersi, lentamente, e farsi scura.





Note del capitolo: Non vi dirò precisamente quando: ma, sicuramente, Prima di King's Cross (anche tenendo conto del fatto che probabilmente verso fine luglio mi prenderò una vacanza forzata dagli aggiornamenti per questioni di lavoro) sarà conclusa entro la fine dell'estate. Con il prossimo capitolo, la storia inizia la svolta verso la sua conclusione.

Sto lavorando ad altre due storie lunghe che (con un po' di fortuna) vedranno la pubblicazione in autunno - sempre se gli esami non mi si mangiano nel frattempo e l'illuminazione divina dell'ispirazione non mi crolla strada facendo. Una delle due è ambientata all'epoca dei Fondatori di Hogwarts; l'altra, in un futuro alternativo scritto a partire dalla fine del settimo libro... qualche cambiamento a parte, con la presenza sostanziosa di un OC sul quale sto ancora ponderando.
Con La scatola bianca (appartenente all'universo di Come (non) doveva andare) e Alla redazione del Cavillo, la serie delle domeniche buie si conclude. E' stato un esperimento divertente, e ringrazio anche qui tutti coloro che l'hanno seguito. Lunedì 6 Giugno sarà pubblicata sia qui che su NA, in corrispondenza del compleanno di Ray08, Trentacinque cose (e una di più). Che non avrà nulla né di buio né di deprimente. x°D Promesso.

Un grazie a tutti quelli che si sono fermati a leggere questo capitolo, e doppio e alle fragole a chi mi lascerà un'opinione!
Se l'opinione è critica e severa e riguarda l'IC, al grazie doppio con fragole aggiungo un'inzuppatura di cioccolata. *_*
  
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