Storie originali > Horror
Segui la storia  |       
Autore: Ulisse85    02/06/2011    6 recensioni
Dopo la duna sulla quale erano saliti, e su cui li aveva appena raggiunti Chiara, c'era una scogliera rocciosa, che sembrava scolpita con un'arma affilata per le linee nette, definite, quasi violente che tagliavano il paesaggio e delimitavano mare e orizzonte.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dentro l'ambulanza c'era posto solo per due persone oltre a Giacomo e agli infermieri che ne controllavano i segnali vitali e terminavano di tamponare e pulire la profonda ferita alla spalla.

 

“Ha fatto un bel lavoro... dove ha imparato?” chiese il più giovane dei due, un trentenne cordiale dai capelli rossi troppo ben pettinati per il lavoro che faceva e soprattutto per il turno di notte.

 

“Ho seguito un corso da infermiera per un anno prima di.. prima di rimanere incinta di Marco...” rispose Mara senza nemmeno alzare gli occhi a guardare il ragazzo.

Continuava a fissare Giacomo, la maglietta strappata e le bende intrise di sangue.

 

Il marito di Cinzia era ancora privo di sensi a causa della copiosa emorragia e adesso giaceva disteso nel lettino dei paramedici che per fortuna erano arrivati molto rapidamente: il paese era piccolo e molto tranquillo, non c'era tantissimo lavoro cui stare dietro.

Mara non riusciva a guardare negli occhi la sua amica. Ma cosa le era successo? Perchè lo aveva fatto? Lo riteneva un gesto incomprensibile.

Ma d'altra parte cercare di razionalizzare gli eventi di quella notte ancora lontana dall'essere finita, era un'operazione molto ostica.

In fondo anche lei si era svegliata di soprassalto e aveva schiaffeggiato suo marito senza una ragione per poi fare irruzione, provvidenzialmente, nella camera da letto di Cinzia.

Ma almeno io non ho fatto male a nessuno, non mi sono armata... sapevo che era un sogno.. allora perchè ero lì?

 

Le era riuscito difficile giustificare la sua presenza sul posto con i paramedici ma per fortuna non sembravano avvezzi a casi del genere e alla violenza, e il loro interesse era tutto concentrato sul tenere in vita il malcapitato ed evitare di fare sbagli.

Patrizio, il ragazzo che aveva parlato, era quasi sicuramente uno studente di medicina o qualcosa di simile, mentre l'altro, più taciturno e fisicamente piazzato, Giordano, era un tipo sulla quarantina, probabilmente un portantino con un po' di esperienza sul campo.

 

A Mara tutto questo non importava granchè. Voleva solo sbrigarsi ad arrivare in ospedale, così che un medico la rassicurasse, le dicesse che Giacomo non avrebbe avuto problemi a salvarsi.

Così che Sebastiano, che li seguiva in macchina, la abbracciasse.

Così da poter tornare a casa e da stare con i figli e Chiara, che avevano dovuto lasciare da soli in una notte del genere.

 

Una notte stupenda, senza una nuvola in cielo, con le stelle che illuminavano quell'immenso telo blu scuro teso sopra le teste di tutti.

Brillavano serene, indifferenti e sincere permettendo di vedere abbastanza bene attraverso la notte quel che era vicino e nascondendo opportunamente ciò che era più lontano.

Un venticello leggero accarezzava le fronde degli alberi mentre una lieve umidità faceva l'amore con gli steli dell'erba in un unico concerto di placida indifferenza al destino di chi si affannava a rincorrere la propria realtà.

 

Solo il suono dell'ambulanza rompeva ogni tanto il silenzio della notte, abbastanza da assicurarsi una corsa libera e rapida verso l'ospedale ma senza disturbare il sonno delle persone.

 

Proprio seguendo il suono dell'ambulanza che si allontanava crebbe l'angoscia di Marco e Chiara e il singhiozzare sommesso di Veronica.

Erano rimasti da soli a casa e si erano accampati nel salotto di casa di Marco, tutti seduti e silenziosi.

Chiara era avvolta da un lenzuolo e sedeva su una poltrona completamente rannicchiata, così che dal verde chiaro della coperta emergessero solo il volto e i capelli scomposti.

Aveva un po' freddo perchè indossava solo degli shorts e una magliettina leggerissimia ma soprattutto rabbrividiva all'idea che sua madre avesse accoltellato suo padre.

Anche se in fondo all'anima sapeva che non era colpa sua, sentiva che altrove non sarebbe avvenuto. Percepiva che era connesso a tutto il resto.

 

Marco stava pensando le stesse cose di Chiara mentre sedeva sulla sedia con le braccia poggiate sulle gambe e il capo chinato, assorto e pensieroso.

 

Veronica dormiva sul divano. Non le era stato detto cose era successo. E a lei non interessava. Quello che le importava già lo sapeva. Sua madre era uscita e non era lì con lei. Era di nuovo sola.

 

L'ambulanza cominciò a rallentare, per poi voltare verso destra e parcheggiare nel posto riservato.

I due infermieri scesero rapidamente dal mezzo, fecero cenno anche a Mara e a Cinzia di scendere ma la seconda rimase immobile con le spalle strette tra le mani a dondolarsi in stato semi-catatonico senza badare a ciò che la circondava.

Mara disse agli infermieri di andare e che ci avrebbe pensato lei all'amica.

Sebastiano seguì gli infermieri dentro con Giacomo ancora privo di sensi e con solo una stanca smorfia di dolore sul viso.

Gli sembrava impossibile: qualche ora priva discutevano di quanto tenere le bistecche sul barbecue, di quanto rosmarino mettere e se fosse più opportuno aggiungerlo durante gli ultimi minuti di cottura o a bistecche già nel piatto, con magari un filo d'olio. Sebastiano si passò una mano tra i capelli... resisti Giacomo..

 

Il salone era avvolto da un ovattato silenzio. E la temperatura cominciava leggermente a salire perchè Chiara aveva insistito per chiudere tutte le finestre, imposte quanto serrande.

Anche la porta era chiusa a doppia mandata.

Anche la ragazza ora cominciava però ad avere caldo pur rabbrividendo ancora se si soffermava troppo a pensare. Infatti il lenzuolo verde ora giaceva intorno a lei come una veste non necessaria posata distratta durante un pic-nic.

Marco continuava a fissare il pavimento ed era ormai concentrato sul lieve rumore che faceva l'elettricità percorrendo i fili della lampadina per tenerla accesa. Un rumorino vibrante e pressoché impercettibile che riusciva quasi a vedere nella propria mente più che sentire realmente.

La luce artificiale gettata con noncuranza dalla lampadina incontrava i sottili raggi della luna che si spandevano vicino le finestre filtrando dalle fessure delle imposte, come solo l'aria e la luce possono fare. E la nebbia.

 

Mara avrebbe voluto essere capace di rassicurare Cinzia, di dirle che tutto sarebbe andato per il meglio, di dirle che non era colpa sua, che la avrebbe protetta.

Ma non ce la faceva.

La rabbia per il sogno del tradimento era ormai svanita, come fanno i sogni a cospetto della realtà.

E la realtà era quella di un coltello da cucina luccicante che la sua migliore amica aveva conficcato nella spalla del marito. E se non ci avesse visto … lo avrebbe accoltellato al cuore? E' quindi un'assassina? Ma perchè ora.. oggi.. con noi vicino.. cosa ci avrebbe detto .. e poi.. no, non avrebbe fatto del male anche a Chiara... sarebbe scappata?

Si limitò a prendere Cinzia per mano che riluttante la seguì fuori dall'ambulanza, dentro l'ospedale e poi fino alla stanza dove sedeva Sebastiano nella stessa posa in cui Marco attendeva a casa, in salone.

Vedendo arrivare sua moglie e la potenziale assassina fece sedere la seconda, che ripresa il lieve dondolio assorto che aveva già in ambulanza, le braccia strette e gli occhi velati, quasi irriconoscibili.

 

Sebastiano abbraccio Mara che finalmente sentì il calore del corpo del proprio compagno riscaldarla un po' da quel freddo che non era in alcun modo lenito dalle temperature estive.

L'attesa fu non breve ma nemmeno interminabile come si erano aspettati.

Un medico uscì dalla stanza in cui era stato portato Giacomo e gli fece cenno di entrare.

Mara aiutò Cinzia ad alzarsi intanto che Sebastiano apriva loro la porta.

Nell'abbassarsi per aiutare Cinzia, la guardò negli occhi e non vi rintracciò niente della sua amica di ormai tanti anni.

 

Marco stava cominciando leggermente a sudare. Un po' era il nervosismo ma in parte era anche il caldo che si era accumulato nel salone. Decise di andare a prendersi qualcosa da bere in cucina, così con l'occasione avrebbe aperto le imposte dell'altra stanza senza dirlo a Chiara e fatto circolare un po' d'aria in casa.

Alzò la testa per chiedere alle due ragazze se volessero anche loro qualcosa da bere e notò che Veronica non stava più dormendo ma lo fissava.

I suoi occhi erano freddi e pieni di quell'espressione di rimprovero e riprovazione che vi aveva letto già l'altra mattina poco prima che loro padre lo rimproverasse per averla coinvolta.

Rimase per un attimo a bocca aperta senza parlare sentendosi penetrato dallo sguardo della sorella.

 

E' colpa tua...tu sei mio fratello, mi devi proteggere...

 

Riuscì comunque a riscuotersi e a chiedere se volessero da bere.

Chiara senza alzare lo sguardo disse solo di 'no' e continuò a torturare il lenzuolo tra le mani.

Marco vedeva che stava soffrendo.

Avrebbe voluto andare lì, abbracciarla.

Stringerla a sé e ...dirle qualcosa che non sapeva.

Qualcosa che non pensava.

Qualcosa di cui lei aveva bisogno.

Ma si limitò a rispondere “ok”.

Si soffermò ancora un secondo a guardare Chiara e quindi si girò verso Veronica in attesa di almeno un gesto che gli facesse capire se doveva portarle un po' d'acqua.

La sorella continuava a fissarlo senza cambiare espressione, senza dare cenni di alcun tipo.

A Marco sembra che nemmeno sbattesse le palpebre.

 

E' colpa tua...tu sei mio fratello, mi devi proteggere...

 

Decise di alzarsi e andare in cucina. Se proprio doveva resistere tutta la sera in silenzio, senza essere di aiuto a Chiara e con la sorella che lo fissava, quanto meno un bicchiere d'acqua se lo meritava.

Passò tra poltrona e divano, e arrivato sulla soglia della porta sentì una presenza a circa un metro da lui.

Veronica senza fare rumore si era alzata e lo seguiva.

Evidentemente vuole continuare a fissarmi e a mettermi ansia anche mentre bevo...

 

Cinzia e Mara entrarono seguite da Sebastiano.

Giacomo era privo di sensi e completamente bianco in volto, quasi quanto le lenzuola candide sulle quali era disteso.

 

“Se la caverà – le tranquillizzò il dottore – abbiamo ricucito la ferita ed effettuato una trasfusione. La ferita era grave ma non mortale, ma ha perso molto sangue e questo lo ha reso estremamente debole”

 

Mara tirò un sospiro di sollievo. Erano le prime tre parole quelle di cui le importava. Se la caverà..

Sebastiano si girò ed emise uno sbuffo denso di angoscia evaporata. Si portò le mani tra i capelli sudati e si distese come se si fosse appena alzato dopo essere stato a lungo contratto.

 

“... ma la ferita che ha riportato è quella di un grosso coltello da cucina. Avete niente da dirmi in merito?”

 

Mara impallidì e si girò verso Sebastiano.

Cinzia continuava a dondolarsi meccanicamente anche stando in piedi.

Non se la sentivano di dire che era stata lei a pugnalarlo, di confessare che la avevano vista farlo di proposito, con cattiveria.. con un'aria folle ma fredda.. è pur sempre la mia amica ma... non voglio coprire un'assassina... io non posso...

Sebastiano cercava di pensare ad una scusa coerente e sensata da propinare al dottore.

In macchina non era riuscito ad escogitare niente perchè troppo agitato rispetto alla possibilità che Giacomo morisse e ora che serviva non aveva la prontezza di inventare una balla credibile.

Il dottore si schiarì in modo significativo la gola per spronare qualcuno a parlare.

 

Marco arrivò alla cucina e si diresse verso il frigorifero per prendere da bere.

La cucina della casa era abbastanza stretta. Su un lato c'erano frigorifero e lavello e dall'altro i pensili con dentro le posate, quello di fronte al frigo e quello accanto con dentro un po' di provviste. Era palese quale fosse il mobile con le stoviglie dalla maggiore usura e inclinazione per il tanto peso che era costretto a sopportare.

Anche se ben maggiore era il peso che Marco doveva reggere per lo sguardo di Veronica che continuava a seguirlo. A perseguirarmi....

 

E' colpa tua...tu sei mio fratello, mi devi proteggere...

 

La sorella si era fermata sulla porta della cucina, proprio al centro. Continuava a fissare il fratello.

 

Marco cercò di ignorarla tanto sapeva che non gli voleva rivolgere la parola.

Si avvicinò alla finestra e ne aprì le imposte: una piacevole folata di vento gli sfiorò il viso e lo rinfrescò un poco.

Aspirò l'aria fresca a pieni polmoni e lasciò la finestra aperta per far entrare un filo d'aria in casa.

Dalla strada arrivava appena qualche rumore, una macchina ogni tanto.

Costante era invece il rumore delle onde che si infrangevano contro gli scogli, ostinate, senza sosta andavano incontro allo stesso destino. Si dice che follia sia fare sempre la stessa cosa attendendosi un risultato diverso.. dove aveva sentito questa frase.. in un telefilm se non ricordava male...

Il rumore di questa follia bianca di spuma era soffuso e ipnotico ma sufficiente a coprire il rumore della credenza con i piatti che cominciava a gravare troppo sui fermi arrugginiti da tempo.

 

Marco dopo aver respirato un po' di fresco aprì il frigo e il freddo lo colpì dritto nello stomaco. Cominciò a guardare cosa c'era di buono.

“Sicura che non vuoi niente ?” Fece un tentativo con la sorella.

Senza risultato.

Continuava a fissarlo silenziosa.

 

E' colpa tua...tu sei mio fratello, mi devi proteggere...

 

Marco prese una lattina di coca-cola dal frigo e fece per aprirla ma ci ripensò.

Di sera gli dava fastidio e non lo faceva dormire, meglio scegliere altro.

Il primo fermo della credenza si ruppe proprio in contemporanea all'infrangersi dell'ennesima onda contro le rocce.

Ora era leggermente inclinata in avanti, proprio alle spalle di Marco, pronta a cadere sopra di lui.

 

Il dottore cominciava a spazientirsi.

Sebastiano era dell'idea di dire la verità alla fine.

Tanto Giacomo si sarebbe svegliato a breve e se avessero coperto la moglie li avrebbe smentiti facendoli passare magari per complici.

Inoltre, se da un lato trovavano inspiegabile il gesto di Cinzia, anche conoscendo Giacomo, dall'altro i fatti erano inconfutabili.

Mara lesse le intenzioni nello sguardo del marito e decise di non opporsi.

 

Cinzia sembrava ormai indifferente alla questione, presa soltanto dal proprio dondolio ripetitivo.

 

Sebastiano cominciò: “Dottore, Giacomo è stato accoltellato...”

Non riuscì a completare la frase perchè fu interrotto da un bisbiglio appena udibile proveniente da dietro il medico. Si voltarono tutti. Era Giacomo che cercava di parlare. L'infermiera lo aiutò, mettendolo nelle condizioni necessarie.

 

“... ci sono entrati i ladri in casa .. ho sentito dei rumori di sotto.. sono sceso e .. poi mi sono ritrovato che sanguinavo e Cinzia sopra di me che cercava di aiutarmi. L'arrivo di Seba e Mara li deve aver fatti scappare...” un colpo di tosse lo interruppe, faceva molta fatica a parlare.

 

Giacomo disse il tutto continuando a fissare la moglie la quale, sentendo la voce del marito, smise di dondolarsi e, per la prima volta da quando era rinvenuta, alzò gli occhi da terra e lo guardò come se solo adesso riuscisse a vederlo nuovamente, a riconoscerlo veramente.

 

Perchè non hai badato a me... sei come tutti gli altri...Veronica vedeva la credenza che si inclinava lentamente, sapeva che da quella posizione sarebbe caduta sulla schiena e la testa di Marco con tutti i piatti e si farà molto male.... se lo merita.

La piccoletta voleva dire qualcosa ma non ce la faceva, ce la aveva ancora con il fratello e sentiva un pensiero nella propria testa che ostinato come un'onda continuava: Non dirgli niente.. lascia che soffra.. lascia che impari.. ti doveva proteggere... ti doveva proteggere.... non dirgli niente

 

Marco finalmente optò per una bottiglietta di the al limone e chiuse il frigorifero.

Stava per bere un sorso, ma prima si girò verso Veronica con aria scocciata per verificare che si, mi sta ancora fissando con aria di rimprovero.. perchè non ti giri almeno mentre bevo?

 

Veronica voleva avvertire Marco, ci stava provando ma la voce non le usciva, sentiva la nebbia dentro di lei che soffocava le sue parole, soffocava la sua volontà.

Non riusciva nemmeno a muoversi.

Poteva solo rimanere immobile a fissarlo.

 

Qualche secondo ancora e la credenza sarebbe crollata su Marco.

E lui, invece di spostarsi, rimaneva davanti al frigo.

Voleva approfittare di essere solo con Veronica per parlarle, per sentire la sua voce.

Non lo avrebbe creduto mai possibile, ma la voce fastidiosa di quella peste della sorella gli mancava.

Veronica avrebbe tanto voluto accontentarlo e parlare, dire qualcosa.

Dirgli di spostarsi... ma non ci riusciva.

 

Marco dopo aver provato a chiederle due o tre volte di dire qualcosa.. anche solo di dire ad alta voce “no” per rifiutare un po' del suo the, sbottò infine arrabbiato: “Sei solo una piccola cretina...”

 

Una lacrima scese sulla guancia di Veronica, perchè aveva capito che tra qualche secondo il fratello si sarebbe fatto molto male e lei non ci avrebbe potuto fare niente.

 

Marco vide quella lacrima sfuggire dagli occhi colmi di rimprovero della sorella e, poggiato il the, gli andò incontro, si chinò e gli asciugò la lacrima come faceva sempre da quando lei era piccolissima.

 

Pochi secondi dopo la credenza si schiantò al suolo esattamente da dove si era appena spostato Marco.

 

La sorella lo abbracciò e lui capì quanto aveva rischiato.

 

Sollevato ma con ancora un brivido lungo la schiena, stringendo a sé la piccoletta, borbotto “Meno male che sei una frignona...”

Veronica si limitò a sussurargli debolmente all'orecchio : “Tu sei mio fratello, ti devo proteggere...

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Ulisse85