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Autore: franciii    05/06/2011    3 recensioni
"Come poteva un ragazzo dagli occhi così belli essere un “paziente con tendenze suicide e incline alla violenza” come diceva il fascicolo?".
Un ragazzo in un manicomio e un agente. Due vite separate costrette ad incrociarsi
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Quando John vide per la seconda volta la clinica stava piovendo a dirotto e lui non aveva l’ombrello.
Sarebbe dovuto andarci il giorno precedente , ma la sua ragazza Marika aveva insistito  a passare una giornata insieme, solo loro due. John non si era sentito di dirle di no.
 
Così quel giorno si presentò nella stanza di Will con i capelli chiari scompigliati, il viso arrossato dalla vergogna e un sacchetto in mano.
 
Will era chino su un libro anche quel giorno, e solo una benda bianca che gli circondava la mano, impediva a John di provare una sensazione di deja-vù.
 
“Avevi promesso che saresti venuto ieri…”.
 
La voce di Will era fredda, però in essa si sentiva una nota di amara delusione mista a sorpresa. Non si aspettava di rivedere quell’agente.
John provò una grande pena per quel ragazzo.
 
“Ti ho portato l’Ipod e un paio di libri…”. Lo disse a mo’ di scusa, poi si riscosse. Lui non doveva delle scuse a nessuno, tantomeno ad un ragazzino.
 
La mano fasciata del ragazzino si tese verso il sacchetto e rimase immobile fino a che John non vi pose sopra l’Ipod. Era verde come i suoi occhi. Verde speranza.
 
“La prossima volta non fare promesse che non puoi mantenere”.
 
“Ma chi ti credi di essere? Dovresti ringraziarmi, non farmi la predica!”. Si pentì subito di quelle parole e del tono brusco.
 
Will infatti gli diede di nuovo le spalle e ricominciò a leggere quella che, notò John, era una rivista.
 
“Hai finito il libro? Io te ne ho portati un paio…spero ti piacciano”.
 
“Non ho finito il libro, m lo hanno requisito…sai le pagine delle riviste sono plastificate e non tagliano così tanto…peccato”. John ci mise un po’ a capire quello che il ragazzo gli stava dicendo.
 
Voleva avere delle prove, delle certezza, però la sua domanda fu un’altra.
 
“Perché lo hai fatto?”.
 
Due occhi color di foglia annegarono in un paio color del mare.
Smith si accorse di avere freddo, i vestiti bagnati gli si stavano appiccicando addosso.
 
“Hai freddo. Ti ammalerai…”
 
“Non eludere la domanda! Io mi asciugherò più tardi”.
 
Will gli si avvicinò e gli tolse la giacca, poi prese uno degli asciugamani  che erano poggiati su letto e glielo lanciò.
 
John non capiva. Non capiva nulla.
Quel ragazzo era troppo…troppo complicato per lui.
Più tardi sarebbe andato dal suo capo e gli avrebbe detto che abbandonava il caso.
Lo voleva davvero fare, ma non lo fece.
 
“Comunque lo fatto perché mi annoiavo…”
 
Come quella di un genitore arrabbiato, la mano di John si abbatté sulla guancia di Will.
 
“Stupido ragazzo! Ti annoiavi? Ma porca puttana! Io posso capire che qui non ci sia nulla da fare, ma una persona sana di mente non fa queste cose! Fai così la prossima volta che ti annoi fatti una sega oppure chiamami! OK?”. Aveva urlato.
 
E finalmente la vide. Vide quella scintilla, quella rabbia trattenuta, quella voglia di reagire.
La vide per un attimo negli occhi del ragazzo. Il tempo di un battito di ciglia ed era già sparita. Nascosta dietro quella maschera di sicurezza e insofferenza.
 
“Lo terrò a mente agente. Ah e si cambi per favore, sta bagnando il pavimento. Le felpe sono nell’armadio”.
 
Il ritorno al “lei” fu prevedibile e Will si girò troppo in fretta per vedere il ghigno soddisfatto sulle labbra violacee di John. In quella stanza si gelava.
 
A malincuore si avvicinò all’armadio e prese la felpa più grande e se la infilò.
Non gli stava perfetta ma almeno non sentiva più freddo.
Venne avvolto dall’odore del ragazzo. Un odore dolce, tutto zucchero e farina.
John pensò che l’acqua gli avesse creato qualche problema serio, dove lo trovava lo zucchero quel ragazzo?
 
“Senti Will…mi dispiace per prima, so che ora non hai voglia di parlarmi, però devi farlo!”.
 
Le pagine della rivista smisero di essere girate e John capì di aver ottenuto la sua attenzione.
 
“Io entro il mese prossimo devo decidere se lasciarti qui dentro oppure portarti in prigione…”
 
“E quale sarebbe la differenza?”
 
John si accigliò. Odiava essere interrotto.
 
“Bè…la differenza è che qui ci passeresti la vita, in carcere solo cinque o sei anni…è per questo che mi devi dire quello che è successo! Will ti prego…aiutami ad aiutarti!”.
 
Le pagine ricominciarono il loro lento viaggio e John pensò di aver perso l’ennesima battaglia.
 
John resistette in quella stanza per un’altra ora e ventitré minuti, poi si alzò e andò alla porta.
 
“Will io vado…la prossima volta ti riporto la felpa lavata e stirata…”.
 
“Quand’è la prossima volta?”
 
“Non lo so…presto, ti prometto che torno presto”.
 
Will annuì e John si chiuse la porta alle spalle.
Andare lì era solo una perdita di tempo, il suo capo però lo aveva avvertito. Gli aveva detto che probabilmente non avrebbe ottenuto risultati. Lui però non aveva voluto ascoltarlo e ora si ritrovava in questa situazione senza via d’uscita.
 
L’agente Smith si avviò verso la macchina parcheggiata vicino alla clinica.
La felpa del ragazzo ancora addosso e il suo odore ancora nella testa.
 

 
Note:
Eccoci qui con il secondo capitolo! Mi dispiace molto di non averlo postato prima ma sono stata piuttosto impegnata  ç_ç
Che dire…è un po’ noioso lo so, però è necessario!
Ringrazio SilverAlchemist e damnedmoon per aver recensito e un grazie anche ai lettori anonimi :)
A presto
Fra ^^

  
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