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Autore: _hurricane    06/06/2011    23 recensioni
Mentre Kurt è alle prese con la sua cotta per Blaine, Finn deve affrontare l'ennesimo tradimento, quello di Rachel. Saranno proprio questi tormenti a far loro scoprire il vero significato di "fratello", e chissà... le cose si sistemeranno per entrambi?
[note in corso d'opera:
- la fic non tiene conto degli eventi successivi alla 2x09;
- lieve OOC di Finn (che preferisco definire un saggio cambiamento di rotta);
- Klaine centric, con possibili cambiamenti di rating]
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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31. Two is better than one

 

Jane guardò il sottile orologio che aveva al polso, cercando di capire che ora fosse senza essere abbagliata dal riflesso del sole sul suo vetro opaco. Erano le 11, e Finn doveva essere lì già da mezz’ora. La ragazza si sistemò il tubino nero di raso che aveva addosso specchiandosi nel vetro di un taxi parcheggiato accanto al marciapiede, irritata dal fatto che il fiore che aveva cercato di incastonare tra i suoi boccoli scuri continuava a spostarsi indipendentemente dalla sua volontà. Un ragazzo alto e robusto, con indosso uno smoking, le corse incontro attraversando la strada trafficata. Jane lo guardò con aria accigliata e di rimprovero: lei non era mai stata una campionessa di puntualità, ma non avrebbe ammesso ritardi quel giorno. Era un giorno troppo speciale.

“Sei in ritardo” sentenziò con severità, come se la sua espressione non rendesse abbastanza l’idea. “Lo so, scusami!” rispose Finn mortificato, asciugandosi qualche gocciolina di sudore dalla fronte ampia. “Li hai portati?” gli chiese Jane senza mezzi termini, sperando che il suo storico ex fidanzato non si fosse dimenticato del suo compito. “Certo che li ho portati!” rispose lui stizzito, offeso dalla silenziosa insinuazione. “Allora andiamo, manchiamo solo noi” disse Jane, sorridendogli per farsi perdonare.

Si erano amati tanto, Finn e Jane. Erano stati insieme quasi tre anni, durante i quali avevano litigato innumerevoli volte e fatto l’amore altrettante volte, per rimediare. Jane aveva imparato che uscire quasi tutti i giorni con la stessa persona non è poi così noioso, se è la persona che ami, e Finn aveva imparato che gli sbalzi d’umore di Quinn Fabray incinta non erano niente in confronto a quelli di Jane durante la settimana di ciclo. Si erano amati così tanto che, quando Jane aveva ottenuto un posto in un giornale scandalistico di New York - grazie alla sua straordinaria dote di rintracciare scoop bollenti e soprattutto di fregarsene della sensibilità dei diretti interessati - Finn, che doveva ancora finire il college a Lima, la lasciò andare e le augurò di essere felice. Si erano ripromessi di vedersi di tanto in tanto, magari nei week-end: ma era una di quelle promesse che a lungo andare non vengono mantenute, né per colpa dell’uno, né per colpa dell’altro. Silenziosamente smisero di cercarsi, dopo qualche interminabile litigata per telefono sul fatto che Jane si rifiutasse di tornare a Lima a causa della sua nuova “vita mondana”, o che Finn non trovasse mai il tempo di prendere un treno per raggiungerla. Quelle litigate che, paradossalmente, si fanno perché ci si ama troppo per rendersi conto che è già finita.

Si erano amati così tanto che anche adesso, a due anni di distanza da quando si erano lasciati, non erano in grado di odiarsi. Si presero per mano e si diressero all’interno di un alto e scuro edificio del centro di Hartford, Connecticut.

 

* * *

 

“Cos’è? L’ansia dell’ultimo minuto?” disse Blaine a Kurt, preoccupato dalla stretta troppo insistente della sua mano, sorridendogli come soltanto lui sapeva fare. Kurt, che era seduto accanto a lui, lo guardò negli occhi, lasciandosi rapire ancora una volta da quello sguardo profondo come il mare, come se fosse la prima, come se quei cinque anni non fossero mai passati. “Ma no, cosa dici… è solo che è un’ora che aspettiamo” rispose Kurt sorridendogli di rimando. Sembravano due perfetti manichini di una vetrina: entrambi in giacca nera e camicia bianca, un giglio nel taschino, con l’unica differenza che Kurt preferiva ancora il papion alla cravatta e pertanto non aveva voluto rinunciarvi. “Sei proprio impaziente di diventare mio marito!” gli disse quindi Blaine, lanciandogli un’occhiata ammiccante e sarcastica. “Veramente mi riferivo al caldo, è insopportabile! Mi sudano anche le mani!” rispose Kurt ridendo, contagiando il suo futuro sposo.

A dirla tutta, non era così che Kurt avrebbe voluto il suo matrimonio: attendere il turno come dal salumiere, con la differenza di essere in smoking, alla sede del Comune di uno dei pochi Stati che lo consentivano, e di aver dovuto percorrere centinaia di chilometri in auto per arrivarci. Non avrebbe nemmeno voluto camminare lungo la navata di una chiesa, con Blaine ad aspettarlo sorridente ai piedi dell’altare. Kurt non credeva in Dio, e non aveva certo bisogno del suo benestare per sposare l’uomo che amava. Avrebbe voluto sposare Blaine su una spiaggia assolata, o all’ombra degli alberi di un parco, così che un soffio di vento leggero avrebbe sicuramente scompigliato i suoi bellissimi ricci scuri. E più di tutto, avrebbe voluto avere sua madre accanto a lui, vederla commuoversi e stringere la mano di suo padre, come lui stringeva quella di Blaine in quella calda mattina d’estate.

Nonostante questo, Kurt era più che sicuro che quel giorno sarebbe stato il più bello della sua vita, proprio come dicono nei film. Anche se per la cerimonia erano necessari solo due testimoni, tutti gli ex membri del Glee Club del McKinley erano stati disposti a seguirli in un altro Stato per assistere al loro matrimonio. C’era Rachel, che aveva fatto l’impossibile per trovare il tempo di esserci, nonostante i suoi impegni lavorativi a Broadway; i primi tempi dopo la scoperta della relazione tra Finn e Jane erano stati quasi depressivi, ma dopo più o meno un anno di struggenti lamentele e canzoni segretamente - e anche non segretamente - dedicate a lui, era arrivata alla fantasiosa conclusione che quello era un segno del destino, un messaggio dal cielo che voleva indirizzarla sulla giusta strada: quella della sua carriera. C’era Mercedes, visibilmente incinta e con al fianco il suo fidanzato, conosciuto nella parrocchia di Lima alle prove del coro; Santana, Brittany, Quinn, e tutti gli altri. Quasi nessuna delle coppie del liceo aveva resistito all’inesorabile scorrere del tempo, ma era come se tutto fosse rimasto uguale: loro c’erano ancora, e amavano riferirsi a loro stessi come “membri del Glee Club”. C’era anche il professor Schuester con Emma Pillsbury al suo fianco, quasi tutti gli Usignoli della Dalton, anche se non più in divisa, e ovviamente le famiglie di Kurt e Blaine, ad eccezione del signor Anderson.

Da quando i due ragazzi erano andati a convivere (più o meno due anni prima, quando Finn e Jane si erano lasciati), Blaine aveva progressivamente perso il rapporto con suo padre, che diceva di dover andare a cene di lavoro ogni qualvolta veniva invitato a casa loro. A Natale, a Pasqua e per il giorno del Ringraziamento mandava cartoline di auguri e ceste regalo piene di roba da mangiare. Chiamava una volta l’anno, per il compleanno di Blaine; lui lo ringraziava per gli auguri, poi rispondeva con frasi gentili e generiche alla domanda “Kurt come sta?”. Alla notizia del matrimonio, suo padre gli aveva detto che gli sarebbe piaciuto esserci, ma che il suo capo non gli dava il permesso di lasciare lo Stato a causa di pratiche importanti da sbrigare. Si era offerto di pagare a Kurt e Blaine il viaggio di nozze, ma Blaine aveva rifiutato.

“Anderson, Hummel?” disse una donna da dietro una scrivania, una decina di sedie più avanti rispetto a loro nella piccola sala d’attesa. “Sì, arriviamo!” disse Kurt alzandosi in piedi come una molla. Si girò verso i pochi invitati, sperando di scorgere i due testimoni. “Dove sono Finn e Jane?” chiese a Blaine con aria preoccupata. Voleva che tutto filasse liscio, aveva i nervi a fior di pelle. Blaine alzò le spalle, cercandoli con lo sguardo. Li videro arrivare concitati, Finn con in mano una piccola scatolina bianca e l’altra mano stretta in quella di Jane. “Andiamo” disse Blaine a Kurt con voce rassicurante.

 

* * *


Burt Hummel piangeva, e anche Elizabeth Anderson. Voleva bene a Kurt quasi quanto voleva bene al suo stesso figlio. Durante le varie cene, nel corso di quegli anni, i due avevano scoperto di avere molte cose in comune in fatto di moda, ma più di tutto, la madre di Blaine aveva capito che quel ragazzo magrolino e dalla pelle chiara come la Luna avrebbe amato suo figlio per tutta la vita. E non gli sarebbe mai stata abbastanza grata per questo. Seduta accanto al suo futuro con-suocero, guardò Kurt con gli occhi lucidi e gli sorrise, sperando che potesse bastare a fargli capire quello che provava. Il ragazzo ricambiò, noncurante degli innumerevoli articoli della Costituzione che il funzionario statale in piedi davanti a loro stava leggendo.

“Blaine Anderson, vuoi tu prendere il qui presente Kurt Hummel come tuo legittimo sposo?” disse l’uomo con in mano un foglio ed una lunga lista di documenti che avrebbero dovuto firmare. Blaine strinse ancora di più la mano di Kurt; non l’aveva mai lasciata, neanche per un secondo. Temporeggiò, per far credere all’altro di essere indeciso: sapeva che ci sarebbe cascato. Kurt lo guardò preoccupato, sgranando i suoi occhi chiari. Quando vide Blaine sorridere divertito, gli diede una lieve gomitata al fianco. Gli invitati dietro di loro risero sommessamente. “Certo che lo voglio!” disse Blaine con voce entusiasta, facendo ridere ancora di più i presenti e persino il funzionario del Comune, che non sembrava essere esattamente di buonumore.

“Kurt Hummel, vuoi tu prendere il qui presente Blaine Anderson come tuo legittimo sposo?”. Kurt si girò verso Blaine, che tornò improvvisamente serio e assunse un’aria solenne, in attesa di sentire quelle tre parole uscire dalla bocca del suo fidanzato. “Sì, lo voglio” rispose Kurt al funzionario, ma mantenendo gli occhi fissi su Blaine, che gli sorrise. “Con il potere conferitomi dallo Stato del Connecticut, dichiaro in nome della Legge che siete uniti in matrimonio” disse l’uomo. Jane, che era alla destra di suo fratello, fece un lieve cenno a Finn, in modo che capisse che quello era il suo momento. Il ragazzo uscì dal taschino del suo smoking la scatolina bianca che era stato incaricato di portare e la aprì, dopo di che si avvicinò ai due novelli sposi. Kurt e Blaine presero gli anelli per scambiarseli, non prima di aver attentamente osservato la scritta incisa all’interno: “My teenage dream”. Era la prima canzone che Kurt aveva sentito alla Dalton, cantata dalla voce melodiosa di Blaine. Già allora aveva iniziato ad amarlo, stregato dalle sue movenze perfette e dal suo sguardo. Era stato come un sortilegio che da quel momento non aveva fatto altro che tenerlo legato a Blaine da un filo invisibile. Un filo che più volte si era allungato, allontanandoli, ma mai tanto da separarli. Un incantesimo impossibile da spezzare.

Kurt infilò l’anello all’anulare di Blaine, che fece la stessa cosa e gli sussurrò all’orecchio quella che sapeva essere la sua strofa preferita: “No regrets, just love”. Kurt gli sorrise e lo baciò teneramente sulle labbra. Tutti i presenti applaudirono felici, ma per Kurt la stanza sembrava avvolta da un silenzio surreale. Era come se tutto fosse sfocato e lontano, come ricoperto da uno strato di nebbia sottile. Ai suoi occhi c’era solo Blaine, le sue labbra perfette allungate in un sorriso bellissimo e rassicurante e le dita della sua mano intrecciate indissolubilmente alle sue. I suoi ricci scuri che accarezzava ogni sera, prima di andare a letto. Le sue guance lisce e morbide, tranne quando si lasciava crescere quel filo di barba che gli pizzicava le labbra quando lo baciava. E i suoi occhi, nei quali si perdeva ogni singola volta che si fermava più di un secondo a guardarvi dentro.

Kurt prese per mano suo marito e lo condusse verso l’uscita. La loro vita era appena iniziata.

 

 

The End.

 

 

_hurricane's corner:

Ebbene sì, è arrivato il momento dei saluti. Devo dire che mi dispiace che la storia sia finita, anche perchè quando l'ho iniziata non pensavo che l'avrei fatta durare così tanto e soprattutto che così tante persone l'avrebbero seguita!

Forse alcuni di voi non apprezzeranno la scelta stilistica di spostare la storia nel futuro proprio all'ultimo capitolo, lasciando in sospeso molte cose: la storia tra Finn e Jane, le cene a casa Anderson, Karofsky dopo che ha fatto outing... Ma non so perchè, sento che è giusto così. Il centro di tutto erano Kurt e Blaine, e dopo il capitolo 30 non riuscivo a trovare un modo per renderli più felici, all'infuori di questo. Volevo far finire la storia con un numero tondo per una specie di stupido capriccio, ma dettagli. Posso solo dirvi, se ne avrete voglia, di sforzarvi e immaginare come tutte queste cose avrebbero potuto essere. E poi l'idea per quest'ultimo capitolo mi è balenata in testa all'improvviso - come buona parte delle mie idee d'altronde - e dovevo per forza scriverla. Mi piaceva troppo.

Molti mi hanno chiesto se continuerò a scrivere su Glee, perciò volevo anticiparvi che la mia testa è già strapiena di idee, il problema più che altro è che mi manca il tempo. Posso solo dirvi che sentirete ancora parlare di me, e che tra queste idee c'è sicuramente una future-fic che continui questa storia, probabilmente con il titolo di questo capitolo proprio per dare continuità. Avrei anche intenzione di scrivere una CrissColfer, ma non ne sono molto sicura. Spero con tutto il cuore di poter leggere recensioni dalle stesse persone che hanno commentato questa mia storia, perchè anche se non vi conosco posso dire che mi avete fatto sentire davvero apprezzata... Non avevo mai scritto storie così lunghe e sentirmi dire da alcuni di avere talento è stata una gioia.

Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito - e con tutti, intendo proprio TUTTI - ma in particolare coloro che hanno seguito la storia con molto interesse, dandomi la loro opinione su ogni singolo capitolo: JulesCullenMeyer, Lusio, Kklaine (scusate se non cito tutti, non ho buona memoria!) e Writer_V, con la quale è nato una specie di rapporto di reciproca ammirazione che spero continui per molto tempo!

Inoltre volevo ringraziare le varie pagine Klaine di Facebook che mi hanno gentilmente concesso di pubblicare i singoli capitoli sulla loro bacheca, una fra tutte •You're kιllιng me now. Anιmαl ιnsιde of you• che mi ha permesso di trovare lettori appassionati, fantastici e gentilissimi, amministratrici comprese! Spero davvero che mi permetterete di farlo ancora in futuro, vi ringrazio tanto!

Con questo (visto che ho scritto un poema più lungo del previsto) _hurricane vi saluta e vi augura buone vacanze.

A presto!

 

   
 
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