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Autore: Iridia    06/06/2011    2 recensioni
Alhira, sedici anni, nessun passato. Solo un vecchio istinto la guida attraverso il mondo, soltanto dolci occhi ambrati vede nel suo riflesso, nessuna traccia di una vita dimenticata.
Non poteva infliggere dolore. Un essere talmente perfetto, talmente angelico, non poteva sapere come far del male. Quelle iridi di miele, dolci e spaventate, quelle gote pallide che sbocciavano in un rossore lieve come fiori di pesco in primavera. Quelle labbra piene, color ciliegia, quelle che non vedevano un vero sorriso da troppo tempo. Quei capelli mai al loro posto, le mani delicate, quel corpo agile.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lasciami.




Aprì gli occhi di scatto. Un odore acre le aveva invaso le narici all'improvviso, svegliandola dal sonno. Non erano passati neanche dieci minuti. Gelil stava cercando di curare l'uomo mentre Alhira era stata portata da Iethan sul suo letto. Il composto che le aveva fatto annusare il ragazzo le fece venire la nausea, non sapeva cos'era, ma se il suo scopo era risvegliare i dormienti, funzionava meravigliosamente.
-Alhira.- ricordava quando per la prima volta lo aveva sentito parlare, le sue parole avevano un tono dolce, delicato. Ora era freddo, di pietra.
-Alhira, cosa è successo?- Non era preoccupato, era arrabbiato. Le si asciugò la gola quando si rese conto di ciò che aveva fatto.
-E' vivo?-
-Per ora si. Alhira cosa hai fatto?-
-Io … non lo so … E' entrato e mi ha spinta contro il muro. Mi teneva ferma. Era vicino. Io … io … -
-Non capisco. Parla piano.- Era difficile sentirlo così distaccato.
-Qualcuno ha bussato ed io, pensando foste voi, ho aperto senza controllare. Quell'uomo mi ha chiesto se c'era Gelil ma siccome gli ho detto che ora non era disponibile mi ha chiesto di cercare le erbe che dovevano essere già pronte. Sono andata a cercarle e lui è entrato. Mi ha spinta contro il muro, mi teneva ferma. Non riuscivo a muovermi. Iethan avevo paura! Poi ho visto il pugnale e … non ero più io. -Fece una pausa, prese fiato.
-Ero forte e agile, l'ho minacciato, ero arrabbiata. Lui si è mosso. Aveva la mia lama puntata al collo e si è mosso. Io … c'era sangue. Dalla ferita usciva tanto sangue.- Non riusciva a parlare lentamente, era agitata, preoccupata, si sentiva un'assassina.
-Ti prego dimmi che non è morto.-
-Te l'ho già detto: è vivo.- non volle aggiungere altro, era confuso. Prese una bacinella vuota e vi pose una mano sopra. Chiuse gli occhi e rimase immobile per qualche secondo. Magicamente si riempì di acqua cristallina. Prese la mano di Alhira. Lei la guardò, sconvolta. Era ricoperta di sangue, il sangue della sua vittima. La ragazza chiuse gli occhi e la immerse nell'acqua.
-Scusa. - disse piano.
Iethan non rispose ed uscì dalla stanza.


-Andrà tutto bene Ren, resisti. E' solo un taglio, guarirai.- Gelil parlava all'uomo come se stesse per morire, aveva paura, paura di Alhira. Sapeva che Ren era uno dei suoi clienti più fidati, non avrebbe mai fatto male a nessuno. Si era sempre comportato come un gentiluomo, sempre impeccabile nell'aspetto e nei pagamenti, ed ora era sotto le sue mani, sanguinante, ferito da una ragazzina che avevano trovato qualche giorno prima.
Prese un'altra garza e la mise sulla ferita. Doveva arrestare l'emorragia. Si alzò e scelse una delle tante ampolle che erano presenti sulle mensole e si versò un po' del contenuto sulle dita. Tolse la garza e toccò la ferita. Il sangue che ne usciva diminuì visibilmente, così continuò a porre piccole dosi di lozione ed a recitare un incantesimo di guarigione finché il flusso non si arrestò totalmente.
-Ecco, non sanguina più. Resisti.- Ren non emetteva alcun suono se non un respiro rotto dai colpi di tosse.
Iethan uscì dalla stanza di Alhira con un'espressione indecifrabile; confusione, dolore, indecisione. Anche lui aveva sempre visto Ren come una brava persona, ma ora non ne era più così sicuro. Si mise accanto a Gelil e la aiutò a medicare la ferita. Le raccontò cosa aveva capito, cosa secondo la ragazza era accaduto. La guaritrice non sembrava convinta, per lei Alhira mentiva.
-Iethan, continua tu per favore.-
-Certo.- Gelil si alzò ed entrò nella camera di Alhira.


-Menti. Tu menti.-
-Cosa? No!-
-Oh sì, Ren non avrebbe mai fatto nulla del genere!-
-Gelil, mi devi credere, non gli avrei fatto nulla.-
-Però ora è ferito, chissà se riuscirà ancora a parlare. Per fortuna non hai toccato la giugulare!-
-Io … Ho sbagliato, non avrei dovuto minacciarlo, ma è stato lui ad aggredirmi!-
-Alhira, per poco non hai ucciso un uomo!-
-Avevo paura, mi ha sbattuta contro il muro e non sapevo come reagire, dovevi vedere la sua espressione! Gelil mi dispiace così tanto per quello che è successo.-
-E deve essere così. Non so come ho fatto a fidarmi di te. -
Quelle parole la colpirono, il petto si riempì di dolore, gli occhi di Gelil erano delusi, ghiaccio. Alhira non disse nulla, semplicemente rimase a fissarla, immobile, piena di dolore.



La notte arrivò silenziosa, invase le strade di Emtia, si impadronì del mare e del cielo. Alhira era rimasta a fissare il paesaggio fuori dalla finestra. La testa le pulsava; era spuntato un rigonfiamento dove aveva colpito la parete e le doleva ogni volta che lo sfiorava.
Pensò.
Quella di poco prima era lei. Era stato il suo corpo a muoversi con grazia ed agilità, era stato il suo braccio a puntare il pugnale contro Ren, la sua bocca aveva parlato, le sue gambe avevano scartato veloci. Si guardò; aveva dei muscoli, non abbastanza per attirare l'attenzione, ma era forte. I suoi sensi erano acuti, in quel momento sentiva ogni respiro di Iethan, di Ren. Aveva sentito l'elsa nel suo palmo come un'estensione della sua mano. L'aria l'aveva lasciata passare, si era aperta per farla muovere. Le era piaciuto essere al comando, essere predatrice. Si chiese perché mai una ragazza come lei doveva conoscere l'arte del combattimento, viveva forse in zone di guerra? Aveva seguito qualche addestramento? Era una dote naturale? Ora il passato era la cosa che la tormentava meno.
Si fece forza e lentamente aprì la porta della camera. Iethan stava seduto accanto a Ren, che era stato steso a terra, mentre Gelil mescolava il contenuto di un pentolone sospesa sopra un fuoco magico. Il ragazzo alzò immediatamente lo sguardo, mentre Gelil non le diede importanza. Alhira, facendo attenzione a non far rumore, come per non rompere l'atmosfera quasi di lutto, si avvicinò al ragazzo e vi si inginocchiò accanto.
-Come sta?- chiese sottovoce.
-Ha perso molto sangue, è debole, ma respira. Il taglio era profondo.-
Alhira non aggiunse altro e rimase accanto al ferito, gli tenne la mano. Tutta la rabbia che sentiva, tutto il disprezzo che aveva provato, svanirono davanti a quell'essere pallido e malconcio che giaceva inerte sul pavimento.
Tutti attesero in religioso silenzio. Ogni respiro era una conferma, ogni minimo movimento era una speranza.
Gelil ora leggeva da un grosso tomo con poco interesse, la sua mente era altrove, ogni minuto alzava gli occhi per controllare Ren. Era visibilmente preoccupata. Nella sua espressione c'era paura, ma non quella di un estraneo. Quando non si conosce una persona che sta male, si è inquieti, si è preoccupati. Lei gli era legata in qualche modo. Soffriva per lui, non lo voleva dar a vedere, ma stava male. Avvicinarsi e tenergli la mano come stava facendo Alhira significava mostrare i propri sentimenti, così se ne stava seduta in disparte a guardarlo come una moglie premurosa.
Quell'intuizione spiegò l'attaccamento morboso della guaritrice a Ren; non voleva accettare che la persona a cui teneva avesse potuto far qualcosa del genere ad una ragazzina.
Alhira si risvegliò dalle sue ipotesi su Gelil quando Ren iniziò ad emettere rantoli indecifrabili. Poco a poco aprì gli occhi cerchiati da occhiaie violacee. Le sue iridi azzurre scrutarono la stanza finché non si soffermarono su Alhira. Il respiro accelerò e tentò di muoversi per allontanarsi da lei. Gelil accorse agitata.
-Vai.- disse alla ragazza con un tono che non ammetteva repliche. Alhira obbedì e si sedette lontano dall'infermo, rimanendo a guardare Iethan che portava acqua, e Gelil che lo riempiva di attenzioni.




La notte si stava disperdendo per lasciare posto ai primi raggi del sole, Alhira non si era mossa. Gelil e Iethan avevano portato Ren nel letto dove prima dormiva lei, così aveva aspettato. Non sapeva cosa, forse solo il momento giusto o il coraggio per alzarsi. Tutti dormivano, soltanto qualche uccello fuori dalla finestra rompeva l'assenza di suoni.
Si decise.
Con passo silenzioso, recuperò il pugnale ed il tascapane che aveva con sé quando era stata trovata e vi mise dentro i vestiti e tutti gli oggetti che prima conteneva. Ren sembrava essersi ripreso, Alhira aveva sentito Gelil dire che avrebbe presto riacquistato la voce e che sarebbe stato tutto come prima in neanche un mese.
Uscì dalla stanzetta e si infilò velocemente gli abiti che aveva preso; il corpetto era resistente ma lasciava libertà di movimento, le copriva l'intero busto, lasciando scoperte soltanto le braccia. I pantaloni le calzavano a pennello, la pelle sembrava essere della sua misura esatta. Infilò il pugnale nella cintura e qualche provvista nel tascapane e rimase in ascolto.
Nulla.
Cosa stava facendo? Stava scappando. Stava andando via dal suo punto di riferimento. Lasciava quella casetta, senza avere piani ben precisi, senza guide o accompagnatori. Da sola, voleva affrontare il mondo e tutto ciò che lo rendeva unico e pericoloso. Non poteva sopportare la vista di Ren, non sapeva come gestire il rapporto con Gelil e non aveva la più pallida idea su cosa pensasse ora Iethan di lei. Doveva semplicemente partire alla ricerca dei ricordi perduti, camminare, correre per i Territori d'Oriente, cercare indizi, magari qualcun altro di cui potersi fidare.
Aspettò qualche istante, forse qualche pensiero l'avrebbe convinta a restare, ma ciò non accadde. Così, in silenzio aprì la porta. I suoi piedi varcarono la soglia, ed allora si sentì diversa. Era tornata la predatrice? Non lo sapeva dire con precisione, ma i sensi si acuirono ed il coraggio aumentò. Era entusiasta di partire, felice, con un senso di liberazione nel petto.
Uscì nel fresco della notte, l'odore di salsedine invadeva l'aria, le stelle brillavano, e la luna, non più piena, ma con uno spicchio nascosto, brillava di luce argentea. Sapeva come muoversi, sembrava volare, un essere che non ha bisogno di toccare terreno per spostarsi. Nessuno sentì nulla, nulla si muoveva. Le case parevano vuote, abitate soltanto dalle ombre proiettate dalle pareti, la città riposava, Emtia attendeva una nuova giornata di lavoro mentre si riposava.
Alhira raggiunse la Via degli Zoccoli, sorrise pensando al nome buffo che le era stato dato. Si dirigeva verso sud seguendo la costa, sapeva che se avesse continuato per quella direzione avrebbe potuto arrivare a qualche grande centro marittimo, così cominciò a seguirla. La città poco a poco spariva dietro le curve e si confondeva nella macchia scura delle montagne. Se ne stava andando. Non aveva dato troppa importanza a ciò che davvero stava facendo, e nemmeno ora sembrava curarsene più di tanto. Era spinta dalla necessità di trovare risposte, dalla paura di ciò che era, di quello che sapeva fare e di quello che aveva fatto. Anche Gelil l'aveva guardata come si guardano gli assassini, Ren non ne sopportava nemmeno la vista e Iethan era sembrato quasi neutrale negli ultimi momenti passati assieme. Le sembrava una scelta. Né buona, né cattiva. Era una decisione che aveva preso dopo averci pensato, non sapeva se per il tempo necessario, ma lo aveva fatto.
Si arrestò all'improvviso, le orecchie in ascolto.
Passi.
Passi affrettati, l'incedere era insicuro ed il respiro affannato. Alhira si nascose tra gli arbusti che costeggiavano la strada ed attese. Non aveva calpestato nemmeno un rametto o una foglia secca, era come se non fosse esistita.
Lo vide passare, guardarsi attorno in cerca di lei.
-Iethan?- Disse uscendo dal nascondiglio. Il ragazzo si voltò, gli occhi verdi che la fissavano non sapevano se essere felici o turbati, i capelli dorati e mossi dalla brezza gli ricoprivano ogni tanto il volto.
-Dove …?-
-Iethan, cosa ci fai qui?-
-Dove vai?-
-Da qualche parte, a cercare il mio passato, lontano da Emtia.-
-Da sola?!- era preoccupato, le parole della ragazza le sembravano così stupide … Si era risvegliata due giorni prima, non aveva nessuno oltre a lui, come poteva pensare di andarsene così?
-E'… è troppo pericoloso.- Alhira adorava il suo balbettare quando era agitato.
-No. Hai visto cosa ho fatto? Posso cavarmela, qui non ci voglio rimanere.-
-Tu non hai fatto niente! Io ti credo, non sono come Gelil; lei ne è innamorata. Non vede oltre, non vuole vedere. Io ti credo, tu ti sei difesa.-
-C'era di più. Quello non era difendersi. Non so se mi sarei fermata se lui non si fosse mosso. Se fossi stata me stessa non lo avrei mai ferito, ma quella non ero io. E' di questo che ho paura. Cosa avrei potuto fare?-
Iethan non rispose.
-Alhira, ascoltami. E' stato l'istinto, non hai nulla di sbagliato. Ora andarsene da qui è pericoloso, sei sola. Non fare azioni di cui potresti pentirti.- Alhira gli si avvicinò e puntò i suoi occhi caldi in quei smeraldi che la guardavano.
-Ti prego, sono abbastanza grande per poter decidere cosa fare e cosa no. Io voglio andare.-
-Resta. - Iethan le prese una mano. -Gelil è soltanto sconvolta, accecata dalle emozioni. Le passerà presto vedrai. Resta.-
Alhira si chiese perché mai un ragazzo come lui potesse tener tanto ad una sconosciuta; dopotutto si erano conosciuti soltanto due giorni prima. Lei era piombata dal nulla vicino a quel paesino isolato dal mondo, e Iethan le aveva fatto da balia, tutto qui. Non le serviva più nessuno che la accompagnasse ovunque, aveva risvegliato una parte di sé che le avrebbe permesso di sopravvivere alle situazioni più estreme.
Faceva quasi freddo, la ragazza tremava leggermente, lui era scosso dai brividi. Erano vicini, si fissavano, Iethan stringeva convulsamente la mano di Alhira, come se avesse potuto tenerla per sempre.
-Torna a casa, torna da Gelil, studia quel poco che ti manca e dai l'esame. Non preoccuparti di ciò che farò, saprò cavarmela. Devo vivere, trovare la mia vecchia vita assieme a tutti i ricordi che ho perso. Lasciami andare.-
- N-no. -
-Devo andare-
-No.-
-Iethan lasciami.- disse allora con tono fermo. La presa non allentò. Il volto del ragazzo era sofferente, gli occhi lasciavano trasparire la sua lotta interiore, la paura di perderla.
-Come vuoi.- Alhira fece ruotare il braccio sfilandolo dalle sue mani. Le dita trovarono in un istante l'elsa ed estrassero il pugnale. La lama era puntata dritta verso il petto di Iethan. Lo sfiorava appena, ma gli aveva bloccato il respiro.
Cosa voleva fare ora? Doveva aver paura?
-Ascoltami attentamente.- fece lei. - Ora tu tornerai da Gelil, a casa tua, e la aiuterai a curare Ren. Io per te non sarò mai esistita.-
Il felino era tornato. Più delicato e docile di prima, ma era lì, sotto la sua pelle. Sentiva gli artigli, la libertà che le fremevano dentro.
Iethan rimase in silenzio, rassegnato. Soltanto dopo qualche secondo decise di fare un passo indietro, e poi un altro, ed un altro ancora. Ora teneva la testa bassa, non poteva guardarla in viso. Non l'avrebbe sopportato. Alhira abbassò l'arma.
-Addio, Iethan.- e si incamminò nell'oscurità.
Era partita di notte per evitare tutto questo; per non farsi male, per rendere tutto più immediato, per non lasciare nessun segno. Ed ora? Ora si sentiva sola, non aveva più nessuno, forse se non avesse parlato con lui sarebbe stato tutto più semplice. E se avesse deciso di rimanere cosa avrebbe fatto? Si sarebbe trovata un lavoro o si sarebbe messa a studiare, senza sapere più nulla su di sé. Si era fatta un amico in due giorni, ed era stata la sua colonna, la sua guida provvisoria. Ora era lei la sua guida. Era il suo istinto a decidere cosa fare e dove portarla.
Gli aveva già dato le spalle e si era allontanata di qualche passo, quando le sue parole la fermarono:
-Alhira, io … -
No. Non dire nulla. Non serve, torna a casa e basta.
- I-Io … io ti auguro buona fortuna.- non si era voltata e non si voltò nemmeno adesso. Rimase in silenzio aspettando di sentire i passi di Iethan allontanarsi, e quando così fu, lasciò che una goccia le scivolasse lungo la guancia e che si dissolvesse all'aria. Non sapeva, e forse non l'avrebbe saputo, che un'altra, piccola, lacrima aveva solcato il volto del ragazzo.
Aveva spezzato il filo che la congiungeva alla magia di quel luogo, aveva tracciato una linea di confine ed aveva eretto un muro.
Si sentì cadere, ma il suo corpo era in perfetto equilibrio. Era la vecchia Alhira che tornava, era la forza e l'apatia che riprendevano il comando sigillando la sua nuova persona in un angolino. Era un'ombra nella notte, parte della terra e dell'aria, nient'altro.
Niente più legami o dolore, solo un corpo.







*Lo so, è breve, in confronto agli altri lascia molto a desiderare, ma questo è proprio un brutto periodo, sto facendo notti in bianco ed alzatacce per la scuola, appena finirà spero di ritrovare l'ispirazione per continuare un po' più energica di ora ^^''''*
   
 
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